Il 2014 evidenzia una recrudescenza di Scontri armeno-azeri con una particolare intensità nei mesi di gennaio e di agosto allorché lungo la linea di demarcazione tra Nagorno Karabakh e Azerbaigian e lungo il confine tra questo e l'Armenia si registrano attività belliche che vanno oltre le consuete azioni di cecchinaggio.

Antefatto

L’incontro a Vienna, il 19 novembre 2013, tra i presidenti di Armenia (Serž Sargsyan) ed Azerbaigian (Ilham Aliyev) dopo quasi due anni di incomunicabilità determinata dagli Scontri al confine armeno-azero nel 2012 e dall’affare Ramil Safarov, aveva aperto le speranze ad una ripresa dei negoziati di pace ed era stato salutato con favore da tutti gli osservatori internazionali e dal Gruppo di Minsk dell’Osce che aveva patrocinato il meeting austriaco. Nonostante l’ottimismo, tuttavia, la tensione lungo la linea di contatto tra l’Azerbaigian, l’Armenia ed il Nagorno Karabakh rimaneva alta con continue violazioni del cessate-il-fuoco. Il 14 dicembre il ministero della Difesa dell’Armenia denuncia l’uccisione di un suo soldato lungo il confine settentrionale (regione di Tavush) proprio mentre i mediatori Osce si trovano in visita in Azerbaigian. Il 22 dicembre due soldati dell’Esercito di difesa del Nagorno Karabakh vengono leggermente feriti da cecchini nemici.


Incidenti di gennaio

Secondo quanto riportano fonti armene[1], nella notte del 20 gennaio alcuni gruppi di soldati azeri avrebbero tentato una sortita simultanea da almeno un paio di punti della linea di demarcazione: il villaggio di Jraberd (Regione di Martakert) e quello di Korand (Regione di Martowni). Il 21 le agenzie di stampa danno la notizia di un giovane soldato armeno, Aram Hovhannesyan, rimasto ucciso nell’incursione nel territorio del Nagorno Karabakh e riferiscono che l’azione nemica sarebbe stata respinta con gravi perdite per il nemico. In seguito emergono dettagli che parlano di otto morti e due dozzine di feriti nelle file azere. Sulle agenzie di stampa dell’Azerbaigian vengono riportate le morti di soldati azeri in data 23 e 27 gennaio[2] [3]. Nel frattempo fonti armene (confermate da fonti azere) segnalano il ferimento di una ragazza residente nel villaggio armeno di Aygepar.[4] Il 29 gennaio viene denunciata la morte di un altro soldato armeno nel settore nord orientale del confine tra Azerbaigian e Nagorno Karabakh.[5] [6]


Incidenti di agosto

All'inizio di agosto, lungo il confine tra Nagorno Karabakh e Azerbaigian si hanno altri gravi incidenti che lasciano presagire a molti osservatori l'inizio di una attività bellica su più larga scala e richiamano l'attenzione delle organizzazioni internazionali e delle diplomazie dei paesi del Gruppo di Minsk in un difficile lavoro di raffreddamento della tensione. Secondo fonti di informazione, dopo tre giorni di scontri a fuoco a partire dal primo agosto, risultano caduti dodici soldati azeri (otto il primo agosto e quattro il giorno successivo) mentre il ministero della Difesa del Nagorno Karabakh ammette la perdita di un proprio soldato. La parte azera denuncia che "gruppi di sabotatori armeni" avrebbero condotto operazioni nella zona di Agdam- Tartar, mentre la parte armena accusa l'Azerbaigian di aver tentato una incursione nel territorio del Nagorno Karabakh, conferma di aver respinto con successo tale attività ed eleva il numero delle proprie vittime a tre. Al 6 agosto il numero totale di caduti raggiunge quota diciotto. Lo stesso giorno, su iniziativa russa, i presidenti di Armenia e Azerbaigian accettano di incontrarsi a breve a Sochi. Il meeting presidenziale si tiene il giorno dieci e, anche per le forti pressioni internazionali, si attenua la tensione lungo la linea di confine.

Il caso Petrosyan

La conflittualità fra le parti è peraltro acuita dalla vicenda del giovane Petrosyan. Il 7 agosto Karen Petrosyan, un armeno proveniente dal villaggio di Chinari e affetto da disturbi mentali, vaga in stato confusionale nella zona intorno al suo villaggio (che è prossimo alla linea di confine tra Armenia e Azerbaigian) e si ritrova, diversi chilometri più avanti, nel villaggio azero di Ağbulaq. Qui chiede a una anziana del posto del té. Viene consegnato alle autorità militari. Fonti azere hanno sostenuto che Petrosyan faceva parte di un commando di cinque sabotatori armeni che si era infiltrato in territorio azero e che gli altri quattro componenti erano stati uccisi, circostanza questa smentita dalle autorità armene. Le immagini rilasciate dalle autorità azere mostrano Petrosyan vestito con tuta mimetica e circondato da uomini dei servizi speciali azeri, con il volto coperto, mentre un video girato da uno dei residenti del villaggio al momento dell'arrivo dell'armeno lo inquadrava vestito di abiti civili. L'Azerbaigian comunica due giorni più tardi la morte di Petrosyan per un "attacco di cuore";[7] il suo corpo viene riconsegnato all'Armenia circa due mesi più tardi.[8] La vicenda preoccupa la comunità internazionale anche alla luce della crescente tensione fra le parti. [9]



Azerbaijani citizen, Shahbaz Guliyev, and a Russian national, Dilgham Asgarov, were taken captive in Karabakh for suspected commando activities. The Armenian government said that the two were caught in the act, with a third man, Hasan Hasanov, killed during their capture.[14] The announcement of Guliyev’s capture coincided with an official confirmation that a 17-year-old ethnic Armenian resident of Kelbajar, Smbat Tsakanian, went missing a week prior. Officials in Stepanakert did not rule out a connection between his disappearance and the alleged Azerbaijani infiltration.[15] Baku has denied that the two individuals have anything to do with the military, and has demanded that the International Committee of the Red Cross secure their release, as well as the return of Hasanov's body. “If Armenia is currently demonstrating such a position on releasing the hostages and returning the body, how we can talk about the desire to coexist in the future based on mutual confidence[?]” senior presidential administration official Ali Hasanov asked the ICRC last month. (Baku does not negotiate with representatives of separatist Karabakh.) Azerbaijani media reported that the ICRC visited the two men on 12 August 2014. The organization did not comment publicly. Meanwhile, Armenian Defense Minister Seyran Ohanian called for the punishment of both men—a call that was likely to pick up popular momentum after the death of Petrosian.[14]

Note