Conventio ad excludendum

locuzione latina

Conventio ad excludendum è una locuzione latina con la quale si intende definire un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l'esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione.

Il caso del PCI

L'espressione, molto usata nel linguaggio politico italiano, venne coniata negli anni settanta da Leopoldo Elia, politico e giurista italiano, per denunciare il persistente rifiuto di molte forze politiche, sostanzialmente del pentapartito DC-PSI-PSDI-PLI-PRI, a considerare il partito comunista quale possibile forza democratica di governo. Queste forze temevano il legame tra il PCI e l'Unione Sovietica e i paesi satelliti, retti tutti da sistemi di dittatura.

Tale periodo di "quarantena" si risolse, dopo le elezioni amministrative del 1975 e le successive elezioni politiche del 1976, con il governo di solidarietà nazionale, anche detto "governo della non-sfiducia", guidato da Giulio Andreotti . Segue il tentativo di "compromesso storico" tentato dal segretario del PCI Berlinguer con l'appoggio del segretario della DC Aldo Moro (1973)

Commentando l'autobiografia di Giorgio Napolitano, la giornalista Barbara Spinelli sostiene che la "conventio ad excludendum" sarebbe stata, in buona parte, una "conventio ad auto-excludendum", in quanto sarebbe stato il P.C.I. a non voler scegliere una strada riformista e a non volersi separare dall'Unione Sovietica.[1]

Il caso del MSI

Un altro tipo di conventio ad excludendum, di segno opposto, nella politica nazionale italiana fu quello che escluse per decenni il M.S.I. non solo dall'accesso al governo, ma spesso anche da qualunque tipo di collaborazione o dialogo con le altre forze politiche, a causa del legame troppo stretto tra questo partito e il disciolto Partito Fascista. In questo caso, il tacito accordo di esclusione era formalizzato dall'espressione arco costituzionale, che includeva tutte le forze (P.C.I. compreso) che avevano partecipato alla Resistenza antifascista ed alla stesura della Costituzione, e teneva fuori i neofascisti.

Conventio ad tacendum

Molto simile al precedente è il caso indicato da un'altra formula latina: Conventio ad tacendum. La locuzione indica un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine il tacere su una particolare circostanza, dato o realtà.

Assume spesso funzioni di autodifesa: una minoranza, ad esempio, evita di sottolineare o decide di tacere gli aspetti di diversità rispetto alla maggioranza, allo scopo di non suscitare sospetti o risentimenti. Può essere ad esempio il caso di Ebrei in Paesi Cristiani oppure di Ebrei o di Cristiani in Paesi Musulmani.

Nella storia, si trovano anche esempi in campo politico: nella Spagna di Francisco Franco, ad esempio, era un titolo di merito per una persona od un'azienda il fatto di essere italiana, almeno fino al 1943. Dopo, era più opportuno evitare di citare questa circostanza, che sarebbe risultata più di svantaggio che di vantaggio. Nell'Italia successiva alla seconda guerra mondiale, invece, per alcuni decenni venne particolarmente colpita da questa "esclusione di menzione" la città di Forlì, in quanto era percepita, essendo stata la "Città del Duce", come uno dei simboli del passato regime fascista: in sostanza, tutte le volte che non fosse proprio inevitabile citarla, Forlì non doveva essere nemmeno nominata[2]. Giorgio Bocca, negli anni Sessanta, riferendosi al caso di Forlì, usa anche l'espressione complesso del Duce[3]

La conventio ad tacendum, come si vede, può presentare, ma solo per alcuni aspetti, qualche somiglianza con la Damnatio memoriae, ma se ne distingue in quanto può essere spesso volontariamente accettata o perfino voluta da coloro stessi a cui si applica.

Note

  1. ^ La questione comunista, articolo di Barbara Spinelli su La Stampa.it del 14 maggio 2006. La frase di Napolitano da cui la giornalista prende spunto è la seguente: "«Naturalmente era facile denunciare come causa della "democrazia bloccata" il permanere di una conventio ad excludendum nei confronti del Pci. Ma per quanto si potesse bollare questa preclusione come arbitraria, (...) sarebbe stato ormai necessario riconoscerne il fondamento nel persistente ancoraggio (...) al campo ideologico e internazionale guidato dall'Unione Sovietica»"
  2. ^ M. Landi, Propaganda e antipropaganda. Il caso Forlì.
  3. ^ La Forlì di Giorgio Bocca.
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