Straziami ma di baci saziami
Straziami ma di baci saziami è un film commedia italo-francese del 1968 diretto dal regista Dino Risi.
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Paese di produzione | Italia |
Durata | 100 min |
Genere | commedia |
Regia | Dino Risi |
Soggetto | Dino Risi, Age, Furio Scarpelli |
Sceneggiatura | Age, Furio Scarpelli |
Produttore | Edmondo Amati, Jacques Roitfeld, per Fida Cinematografica/Les Productions Jacques Roitfeld |
Fotografia | Alessandro d'Eva |
Montaggio | Antonietta Zita |
Musiche | Armando Trovaioli |
Scenografia | Luigi Scaccianoce |
Costumi | Gaia Rossetti Romanici |
Interpreti e personaggi | |
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Trama
Il destino ha fatto incontrare ad una manifestazione folklorista a Roma il barbiere ciociaro Marino Balestrini e la bella e prosperosa operaia marchigiana Marisa Di Giovanni. Si è trattato di un breve incontro, ma ormai il colpo di fulmine è scoppiato tra i due giovani. È questo il motivo per cui Marino, "prima forbice" ad Alatri, lascia il suo paese per andare a Sacrofante Marche (paese inesistente nella realtà), per incontrare di nuovo Marisa. Qui avviene il reciproco innamoramento dei due, che vivono la loro passione citando e cantando i versi delle canzonette che ispirano il loro amore[1]. Ma il padre di lei, marmorista e scultore di monumenti funebri, ritiene il barbiere non adatto alla figlia perché socialmente inferiore e si oppone al matrimonio. I due allora, seguendo gli insegnamenti delle canzonette e dei fotoromanzi e rivivendo il dramma del film Il dottor Živago, decidono di por fine al loro disperato amore facendosi travolgere dal treno, che invece riesce a fermarsi in tempo e da dove scende un infuriato macchinista, che li caccia a male parole dai binari. La prematura morte dello scultore libera però i due giovani, che si preparano ormai a sposarsi.
Ma ecco che scoppia il dramma: Adelaide, la padrona di casa che ospita Marino, vedova inconsolabile, lo tenta con le sue mature grazie, che il barbiere, amante fedele alla sua bella, respinge. Adelaide, offesa per il rifiuto, si vendica insinuando il dubbio a Marino che Marisa, durante una gita parrocchiale, si sia comportata da "malafemmina" con un certo Scortichini Guido. Marino vorrebbe che Marisa confessasse il suo "turpe" passato ma la ragazza, offesa dall'ingiusto sospetto, abbandona il paese per Roma. Conosciuta alla fine la verità, Marino, pentito, lascia tutto per inseguire Marisa e farsi perdonare da lei, che nel frattempo è scomparsa nella grande città. Dopo varie vicissitudini, il povero ex barbiere, senza più un soldo e ridottosi a fare il barbone, disperato poiché non riesce a rintracciare Marisa, decide di suicidarsi, questa volta da solo, gettandosi nel Tevere, ma viene salvato da mister Okay, famoso bagnino "fiumarolo" già autore di tanti altri salvataggi.[2]
L'accaduto viene pubblicato dai giornali e così Marisa, che nel frattempo ha sposato il sarto sordomuto Umberto, va a visitare Marino degente in ospedale, al quale racconta la terribile verità: ormai è diventata la signora Ciceri. Dietro suggerimento di un vicino di letto, Marino, pur disperato, gioca al lotto i numeri della sua travagliata storia d'amore e vince una forte somma. Risolti così i problemi economici, Marino dapprima vorrebbe cinicamente vendicarsi dell'abbandono, poi l'antica passione per Marisa prende il sopravvento e tra loro riscoppia l'amore. Ma c'è di mezzo il sordomuto, per cui i due decidono di eliminarlo facendo esplodere la stufa a kerosene non appena il sarto accenderà un ferro da stiro. L'esplosione, presa per un incidente casuale, invece di uccidere il sarto gli fa riacquistare la parola e l'udito; per assolvere a un voto fatto anni prima, il sarto, per la grazia ricevuta, si farà frate con l'obbligo del silenzio e sarà proprio lui a cantare, con voce angelica, alle nozze di Marino e Marisa.
Produzione
Il titolo è tratto da un verso della canzone Creola, un tango del 1926 di cui è autore Ripp, al secolo Luigi Miaglia, autore di commedie musicali degli anni venti. Il testo[3] fortemente, e forse involontariamente, kitsch, proprio per i suoi toni esageratamente passionali ed erotici, si adatta bene a fare da titolo al film dal contenuto comico popolare.[4]
Luoghi del film
Il paese di Sacrofante Marche in realtà non esiste. Il luogo di ripresa utilizzato per ricostruire il paese di Marisa è Pescocostanzo, in Abruzzo.
La sequenza iniziale dei titoli di testa è girata, come dice lo speaker (Fabrizio Jovine) nel film, nello stadio olimpico di Roma durante un raduno nazionale di gruppi folcloristici locali e dove Marisa e Marino s'incontrano per la prima volta.
L'appuntamento che Marino dà a Marisa tramite un semplice annuncio sul giornale viene girato davanti all'obelisco di Axum, in quanto a quell'epoca questo si trovava ancora a Roma (oggi è stato restituito all'Etiopia).
Il tratto di ferrovia da dove arriva Marino era la Ferrovia Sulmona-Isernia definita La transiberiana d'Italia e la stazione di Rivisondoli-Pescocostanzo era la seconda stazione più alta d'Italia dopo il Brennero ed il tratto oggi non più utilizzato per il servizio regolare ma solo in maniera sporadica e per motivi turistici.
Distribuzione
Il film è stato distribuito in Italia il 4 ottobre 1968.
Il film è stato distribuito in DVD dalla Multivision nel 2001.
Critica
«Il film è un grande fotoromanzo comico. C'è l'amore e il tradimento, il dramma e la disperazione. Tutto in marchigiano stretto» (Walter Veltroni, Certi piccoli amori. Dizionario sentimentale di film, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1994)
«... interpretato con giusta misura da un Nino Manfredi in buona forma, da un Tognazzi irresistibile nella macchietta del sordomuto, da una Pamela Tiffin proprio caruccia, il film trova infine in una fitta schiera di bravi caratteristi freschi motivi di critica di costume che contribuiscono all'equilibrio dei toni e al sapore del raccontino.» (G.Grazzini, Corriere della Sera, 9 ottobre 1968).
«... Il regista Dino Risi amalgama con sobrietà i personaggi della vicenda e meglio di Ettore Scola (Dramma della gelosia), di Salvatore Samperi (Malizia) e di Luigi Comencini (Mio Dio, come sono caduta in basso!) riesce a rendere l'atmosfera di una cultura sentimentale popolare» (M.Morandini, Dizionario dei film)
Colonna sonora
La canzone che dà l'incipit alla colonna sonora del film è Io ti sento cantata da Marisa Sannia.
Curiosità
- Nella sequenza in cui i due protagonisti sono al cinema del paese a vedere Il dottor Živago, le voci del doppiaggio italiano che si sentono in sala non sono quelle della versione italiana del celebre film di Lean: infatti, Živago ha la voce di Cesare Barbetti e Lara quella di Vittoria Febbi, mentre nel vero doppiaggio italiano, Živago (Omar Sharif) era doppiato da Giuseppe Rinaldi e Lara (Julie Christie) da Maria Pia Di Meo.
Note
- ^ Dice lo stesso regista: «Marino e Marisa sono due stupidi che vivono citando i versi, non di Leopardi, ma di Mogol e Vito Pallavicini, i grandi parolieri delle canzonette italiane utilizzando fra l'altro un linguaggio storpiato da un generico idioma campagnolo centroitalico (con vaghe risonanze piceno-maceratesi): «...e un giorno droverò un bo’ d'amore anghe per me…» (lui), «...per me che sono nullidà…» (lei), «nell’immenzidà…» (insieme)
- ^ Il personaggio di Mister OK è veramente esistito: si chiamava Rick De Sonay, un italo-belga, che salutava il 1º gennaio di ogni anno tuffandosi, con un cilindro in testa, da un ponte nel Tevere. Ancor oggi, emuli di mister OK celebrano l'arrivo del nuovo anno tuffandosi dallo stesso ponte nel fiume.
- ^ «Che bei fior carnosi/son le donne dell'Havana/hanno il sangue torrido,/come l'Ecuador./Fiori voluttuosi/come coca boliviana/chi di voi s'inebria/ci ripete ognor: /Creola/dalla bruna aureola/per pietà sorridimi/che l'amor m'assal./Straziami ma di baci saziami/mi tormenta l'anima/uno strano mal. /La lussuria passa/come un vento turbinante/che gli odor più perfidi/reca ognor con sé/ed i cuori squassa/quella raffica fragrante/e inginocchia gli uomini/sempre ai nostri piè».
- ^ La canzone Creola divenne molto diffusa nel ventennio fascista nella versione di Isa Bluette. Ebbe nuovo successo negli anni cinquanta e sessanta per l'interpretazione di cantanti "nazional-popolari, reduci dalle glorie sanremesi", come Nilla Pizzi, Milva, Achille Togliani, Claudio Villa.