Lizzie Borden
Lizzie Andrew Borden (Fall River, 19 luglio 1860 – Fall River, 1 giugno 1927) accusata di aver ucciso a colpi d'ascia il padre e la matrigna fu protagonista di un celebre processo dove non si riuscì a provare la sua colpevolezza [1]..

Biografia
La famiglia Borden viveva a Fall River in un modesto palazzina dove abitavano Andrew Bordon, la sua seconda moglie Abby Borden, le figlie Emma, all'epoca dei fatti di 42 anni e Lizzie di 32, e da qualche tempo una domestica d'origini irlandesi Bridget Sullivan. Il capofamiglia era un uomo molto ricco, proprietario di banche, terreni e fattorie, e nello stesso tempo di una parsimonia ai limiti della grettezza che lo portava a vendere personalmente le uova delle sue galline ai vicini. Una taccagneria mal sopportata soprattutto da Lizzie che rimpiangeva ancora dopo vent'anni la morte della madre Sarah A. Morse e che non aveva approvato le seconde nozze del padre. Anche l'altra sorella Emma non aveva buoni rapporti con la matrigna e si era apparentemente rassegnata a condurre una vita da zitella rinchiusa in quella scomoda casa dove mancava persino il bagno e l'acqua corrente che il padre aveva considerato fosse una inutile spesa. Andrew per risparmiare poi aveva deciso di vendere la carrozza e il cavallo così che nella stalla ormai vuota erano rimasti solo dei piccioni parte dei quali erano stati rubati da ladruncoli. Per la rabbia del furto subito Andrew aveva ucciso il resto degli uccelli particolarmente cari a Lizzie che ne pianse a lungo la morte. Ma ben più irritata e amareggiata fu quando il padre, così avaro con la famiglia, aveva donato una casa alla sorella della moglie. Un altro più importante furto avvenne nella casa dei Borden con la perdita di gioielli e denaro ma Andrew Borden stranamente ritirò la denuncia presentata alla polizia affermando di sapere chi era il ladro e che avrebbe risolto la faccenda a modo suo.
Il 4 agosto 1892 la mattinata si svolse secondo l'ordinario. In casa erano rimaste Abby, la domestica e Lizzie. Emma era andata in vacanza da alcuni lontani parenti mentre Andrew e John Morse, fratello della defunta Sarah il quale era in visita dalle nipoti e che Lizzie amava particolarmente, erano usciti per i loro affari. Alle 10,40 Andrew rientrò e si dedicò alla lettura del giornale. Lizzie e la matrigna erano nelle loro stanze. Verso le ore 11,10 la domestica Sullivan che era nella sua stanza sentì un lacerante grido di Lizzie che aveva trovato il padre ucciso steso sul divano e per questo la chiamava e la mandava in cerca di aiuto. La Sullivan tornò nella casa con il medico di famiglia Bowen e una vicina Adelaide Churchill che ispezionando la casa per vedere se vi fossero estranei trovò il cadavere di Abby Borden. Ambedue i corpi erano lacerati da numerosi e violenti colpi di ascia.
L'autopsia accertò che Abby Borden era morta almeno un'ora prima del marito quando ancora questi doveva rientrare in casa; se vi fosse stato un estraneo in casa prima di uccidere anche l'uomo avrebbe dovuto nascondersi e aspettare un'ora e questo era poco probabile. Le testimonianze invece attestarono che in casa erano presenti solo la Sullivan e Lizzie che quindi venne accusata del duplice omicidio non avendo la domestica alcun movente apparente. Lizzie invece avrebbe ereditato con la sorella il patrimonio dei Borden e inoltre precisi indizi l'accusavano: venne ritrovata in casa l'arma dei delitti, un'ascia perfettamente ripulita compatibile con le ferite trovate sulle vittime, e la presunta assassina era stata vista bruciare un vestito che poteva essere quello che la donna indossava il giorno degli omicidi e che non era stato più ritrovato.
L'avvocato Robinson difensore al processo fece comunque notare che le modalità della morte delle vittime, 18 colpi d'ascia alla testa per Abby Borden e 13 per il marito, escludevano che poteva essere stata una donna che non avrebbe avuto la forza necessaria per infierire su quei corpi così violentemente. Non bisognava trascurare poi che Lizzie era di una morigeratezza esemplare che esercitava con opere di beneficenza, partecipando ad associazioni religiose e insegnando catechismo in una scuola domenicale e il cui unico divertimento era quello di modellare statuine di ceramica; avrebbe dovuto essere un mostro per aver compiuto quegli efferati delitti. La giuria assolse l'imputata da tutte le accuse.
Lizzie tornò alla ribalta della cronaca quando fu accusata di aver rubato in una galleria d'arte di Providence due costose porcellane. La denuncia non fu presentata dal proprietario per un accordo intervenuto con la donna costretta a confessare il furto.
La ricchissima Lizzie Borden morì nel 1927 lasciando tutto il suo patrimonio a parenti, amici e alla Lega per la protezione degli animali.
Note
- ^ Ove non indicato diversamente, le informazioni contenute nel paragrafo "Biografia" hanno come fonte: Cinzia Tani, Assassine, Edizioni Mondadori, 2014
Bibliografia
- Angela Carter, The Fall River Axe Murders (prima edizione in London Review of Books (1981) con il titolo Misenscene for Parricide