Filumena Marturano

commedia di Eduardo De Filippo
Versione del 5 feb 2015 alle 09:36 di Gierre (discussione | contributi) (I atto: Non risulta nel copione)

Filumena Marturano è una commedia teatrale in tre atti scritta nel 1946 da Eduardo De Filippo e inserita dall'autore nella raccolta Cantata dei giorni dispari. È uno dei lavori di Eduardo più conosciuti e apprezzati dal pubblico e dalla critica internazionale.[1]

Filumena Marturano
Commedia in tre atti
Titina De Filippo in Filumena Marturano
AutoreEduardo De Filippo
Titolo originaleFilumena Marturano
Lingua originaleItaliano
GenereTeatro napoletano
Composto nel1946
Personaggi
  • Filumena Marturano
  • Domenico Soriano
  • Alfredo Amoroso
  • Rosalia Solimene
  • Diana
  • Lucia, Cameriera
  • Umberto
  • Riccardo
  • Michele
  • Avvocato Nocella
  • Teresina, sarta
  • 1° facchino
  • 2° facchino
«'E figlie so' figlie e so' tutt'eguale!»

Scritta originariamente da De Filippo per la sorella Titina De Filippo, che rese una grande interpretazione del personaggio femminile di Filumena, in seguito fu interpretata da Regina Bianchi, Pupella Maggio, Valeria Moriconi, Isa Danieli, Lina Sastri e Mariangela Melato.[2]

Dalla commedia Eduardo trasse il film omonimo (1951), diretto e interpretato da lui stesso e da sua sorella Titina, nonché la versione televisiva (1962) con Regina Bianchi nella parte che fu di Titina; Vittorio De Sica ne trasse altresì Matrimonio all'italiana (1964), con Sofia Loren e Marcello Mastroianni, sempre ambientato a Napoli. Racconta Andrea Camilleri,[3] che ebbe frequentazioni di lavoro e d'amicizia con Eduardo De Filippo, che, in occasione della trasposizione televisiva della commedia, Eduardo disse a Regina Bianchi: «Regì, guarda che poi questo Titina se lo guarda». Regina Bianchi recitò con tutta l'anima, dando tutta sé stessa. Alla fine del primo atto - negli anni '60 non c'era montaggio, si registrava un atto intero - Camilleri, profondamente emozionato, si precipitò ad abbracciare l'attrice, che gli svenne tra le braccia per la tensione emotiva della recitazione che, con quelle parole, Eduardo le aveva provocato.

La commedia fu tradotta in varie lingue, tra cui l'inglese: nella versione londinese fu diretta (1977) da Franco Zeffirelli e interpretata da Joan Plowright, moglie del celebre attore Laurence Olivier. Nel 1979 la stessa Plowright, dopo due stagioni di clamorosi successi a Londra, interpretò la commedia a Broadway la cui regia fu firmata, in questa edizione, dal marito. Tra le altre attrici straniere che hanno dato volto alla protagonista, si ricordano la messicana Katy Jurado [4] e le brasiliane Heloisa Helena [5] e Yara Amaral [6].

Trama

I atto

Napoli. Filumena, una matura signora con un passato da prostituta, è stata per venticinque anni la mantenuta di Don Domenico (Mimì) Soriano, ricco pasticciere napoletano e suo cliente di vecchia data, di fatto amministrando i beni e la casa di lui come una vera e propria moglie.

Per costringere Don Mimì al matrimonio e ad abbandonare la sua condotta dissoluta, si finge morente, ingannando anche un prete e un medico; Domenico, credendola in fin di vita, la sposa con la falsa prospettiva di un breve legame. La scoperta dell' inganno sconvolge l'uomo che intanto aveva intessuto anche una relazione con una giovane donna di ventidue anni, Diana, addirittura affidando a questa le cure di Filumena in presunta malattia e mancanza di coscienza, che era così costretta ad assistere, durante la finzione, alle effusioni scambiate tra i due anche in sue presenza. Nonostante una reazione decisa ancorché in elaborazione di Mimì, Filumena mette le carte in tavola: gli racconta di avere tre figli, frutto di un faticoso giuramento fatto alla Madonna delle Rose come combattuta alternativa all' aborto quando era venuta a conoscenza della prima gravidanza, di aver rinunciato a cambiare vita con un altro uomo che l'avrebbe sposata, in attesa di una improbabile fine del precedente matrimonio di Soriano, che intanto aveva comunque provveduto gelosamente ad allontanare Filumena dal lupanare.

L'atto si conclude dopo lo sfogo di Filumena che incontra Diana a casa di Mimì e la allontana a malo modo e dopo che esprime al marito la richiesta di riconoscimento della paternità dei tre figli: il suo inganno era motivato dala volontà di dare un futuro sereno ai suoi figli che ha cresciuto sino allora sottraendo a Domenico piccole somme. Ma Mimì si allontana con spocchia dichiarando il proposito di voler fare di tutto per ottenere l'annullamento del matrimonio.

II atto

In questa fase sono maggiormente presenti altri personaggi che gravitano nell' orbita di casa Soriano o sono da egli ospitati presso la sua abitazione: il vecchio amico Alfredo Amoroso, la confidente di Filumena, la cameriera Lucia i cui dialoghi regalano pezzi esilaranti.

Diana trionfante confida a Domenico di aver parlato con un conoscente, l'Avvocato Nocella, della situazione. Lo stesso avvocato rassicura Domenico: essendo quiesti stato tratto in inganno dalla donna, il matrimonio non è valido.

Davanti al trionfo di Domenico, Filumena gli esprimerà il proprio disprezzo e gli rinfaccerà la sua ingratitudine verso di lei raccontando in un monologo durante il quale sono presenti i figli, l'infanzia povera e infelice da lei trascorsa nel Vico San Liborio e quindi la natura della sua decisione di prostituirsi: alla fine del racconto comunica ai figli di essere la loro madre.

Rimasti soli Filumena spiega a Domenico il motivo che l'ha spinta a rivelare ai figli la propria maternità: uno dei tre, è figlio di Domenico stesso. Don Mimì non le crede, ma Filumena gli ricorda di quando una notte volle amarlo di un amore vero senza limiti che lui non capì, pagandola come al solito. Filumena ha conservato la banconota di quella notte sulla quale ha segnato la data del concepimento di suo figlio e ne restituisce una metà a don Mimì (la parte non scritta, affinché egli non possa risalire all'identità di suo figlio), «...perché i figli non si pagano» e va via di casa in un moto d'orgoglio.

III atto

Don Mimì e Filumena hanno deciso di sposarsi sul serio: ma l'uomo ancora non conosce chi è il suo vero figlio e cercherà inutilmente di scoprire quali di questi possa esserlo. Filumena non glielo dirà mai perché sa che don Mimì dedicherà solo a lui le sue attenzioni, favorendolo a scapito degli altri due.

Quindi, se don Mimì vuole essere padre di suo figlio, lo dovrà essere per tutti e tre indistintamente. Sulle prime Domenico sembra allontanarsi nuovamente ed il matrimonio pare andare a monte ma proprio nel momento in cui l'uomo sta per spiegare la situazione ai tre figli di Filumena questi, chiamandolo per la prima volta "papà" dopo una dibattuta riflessione, lo fanno commuovere ed il matrimonio ha luogo perché "'E figlie so' ffiglie... E so' tutte eguale..."

La crisi della famiglia

Ancora una volta Eduardo mette in scena la crisi della famiglia patriarcale borghese, quella che è nei desideri di don Mimì, mentre Filumena sa che sarebbe «fondata sul privilegio degli uni sopra gli altri e dunque sull'esclusione dei figli illegittimi.» [7] Filumena è consapevole che per loro il tempo della famiglia basata sull'amore è trascorso:

«Dummì, o' bello de' 'figlie l'avimmo perduto...'Figlie so chille che se teneno mbraccia, quando so' piccirille ca te danno preoccupazione quanno stanno malate e nun te sanno dicere che se sénteno... che te corrono incontro cu’ è braccelle aperte, dicenno: "Papà" ... Chille ca’ è vvide venì d’ ’a scola cu’ ’e manelle fredde e ’o nasillo russo e te cercano ’a bella cosa...»

Filumena sa bene che di quella famiglia rimane ben poco e che, se la si vuol far sopravvivere, bisogna rinsaldarne l'unità economica. Forse, col tempo, come spera don Mimì, si formerà una famiglia, non più quella ormai persa, ma quella ricostruita, basata sul reciproco rispetto anche verso i figli di una prostituta.[8]

Note

  1. ^ Carlo Filosa, Eduardo de Filippo: poeta comico del tragico quotidiano : saggio su napoletanità e decadentismo nel teatro di Eduardo de Filippo, ed. La nuova cultura, 1978 p.529
  2. ^ Grazie all'interessamento del direttore del quotidiano democristiano Il Popolo, il primo cast della commedia fu ricevuto da Papa Pio XII, in udienza privata. Durante l'udienza, il pontefice inaspettatamente chiese di ascoltare uno dei monologhi della commedia e Titina De Filippo recitò la preghiera che la protagonista rivolge alla Madonna delle Rose. (In Eduardo De Filippo, Teatro, Volume 1, Arnoldo Mondadori, 2000 p.CXLII
  3. ^ Vigata.org
  4. ^ Internet Brodway Database
  5. ^ Filumena Marturano
  6. ^ Enciclopédia Itaú Cultural
  7. ^ Donatella Fischer, Il Teatro Di Eduardo De Filippo: La Crisi Della Famiglia Patriarcale, MHRA, 2007 p.84
  8. ^ Donatella Fischer, Op. cit, p.85 e sgg.

Bibliografia

  • Eduardo De Filippo, Teatro (Volume secondo) - Cantata dei giorni dispari (Tomo primo), Mondadori, Milano 2005, pagg. 487-646 (con una Nota storico-teatrale di Paola Quarenghi e una Nota filologico-linguistica di Nicola De Blasi)

Collegamenti esterni

  Portale Teatro: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Teatro