Locomotiva FS 356
Le locomotive 356 erano delle "locomotive di guerra" italiane che, rimaste nel territorio italiano dopo la fine della seconda guerra mondiale, vennero incorporate dalle Ferrovie dello Stato nel proprio parco.
Locomotiva 356 | |
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Locomotiva Diesel | |
Anni di progettazione | 1942 |
Anni di costruzione | 1942/1943 |
Anni di esercizio | 1943-1960 |
Quantità prodotta | 4 |
Dimensioni | 11.160 x ? x ? mm |
Interperno | 3.550 mm |
Passo dei carrelli | 2.850 mm |
Massa in servizio | 32,6 t |
Massa aderente | 17,4 t |
Rodiggio | 1A A1 |
Diametro ruote motrici | 910 mm |
Potenza oraria | 170 kW |
Potenza continuativa | 150 kW |
Velocità massima omologata | 50 km/h |
Alimentazione | gasolio |
Storia
Le locomotive, che costituirono il gruppo 356, furono costruite in Italia dalle Officine Materiale Rotabile FS di Torino utilizzando motori e carrelli di automotrici ALn 556 Fiat[1], secondo alcuni agli inizi del 1943, secondo altri nel 1942, per gli usi delle forze armate italiane in Libia ma, rimaste sul territorio nazionale a causa del precipitare degli eventi bellici, trovarono impiego nei servizi connessi alle operazioni belliche e dopo la fine della seconda guerra mondiale rimasero affidate alle Ferrovie dello Stato [2]. Secondo il Molino e il Pautasso svolsero servizio tra Bressana-Bottarone e Stradella con corse sino a Pavia trainando alcune carrozze viaggiatori; successivamente furono impiegate sulla Livorno-Collesalvetti ma data la poca efficienza del rotabile furono infine assegnate al Deposito locomotive di Roma smistamento per lo sporadico servizio merci della linea Gaeta-Formia[3][4]. Altre fonti riportano che alla fine della guerra si trovavano sparse per la penisola, la 356.1 a Palermo, la 356.3 ad Asti e la 356.4 a Foggia. La "l" venne spostata a Firenze nel 1951 e a Roma nel 1954. La "3" nel 1948 era a Torino, poi fino al 1960 a Foggia e Bari e infine accantonata a Roma. La "4" dopo la Puglia fu trasferita a Roma e distaccata a Formia per i servizi su Gaeta[5].
Le Ferrovie dello Stato presero in carico le 4 unità tra 1948 e 1950. La classificazione di origine fu quella di locomotive D.356.1-4 ma le FS le considerarono sempre automotori anche se, data la potenza di 170 kW superiore al limite in uso, avrebbero dovuto essere considerate locomotive[6]. Lo schema di coloritura fu quello normalmente adottato con la cassa isabella, il telaio e il tetto castano, con le traverse di testa colore rosso segnale. La 356.002 venne demolita nel 1949; all'inizio degli anni sessanta anche le altre risultavano accantonate al Deposito locomotive di Roma San Lorenzo mentre la loro demolizione avvenne durante gli anni settanta[7].
Caratteristiche
Le "356" erano locomotive diesel costruite con componenti di recupero provenienti da rotabili esistenti caratterizzate dall'allestimento molto spartano e piuttosto rabberciato; la cassa era costituita da un telaio rigido montato su due carrelli a due assi provenienti dallo smontaggio delle automotrici a nafta Fiat ALn 556 1347, 1348, 1354 e 1358 completi di motore Fiat 356C. Sul telaio era stata allestita una struttura molto rudimentale dotata di 2 cabine di guida alle estremità sui cui frontali spigolosi spiccava una imponente griglia per la ventilazione dei radiatori. La trasmissione del moto alle ruote avveniva per mezzo di un gruppo frizione a dischi multipli collegato al cambio meccanico di tipo Fiat a 4 marce e da questo con un albero di trasmissione con doppio giunto elastico scorrevole a guide scanalate che trasmetteva il moto ad un ponte riduttore con un rapporto atto ad ottenere una velocità massima di 50 km/h, quindi con una forza di trazione più elevata rispetto alle automotrici[8]. Dato che si trattava di rotabili di emergenza non brillavano particolarmente per le prestazioni anche perché la massa aderente era circa la metà della massa totale[9]. Poca era la funzionalità complessiva del rotabile che rese difficile la sua utilizzazione nell'esercizio ferroviario; l'aspetto particolarmente sgraziato le rese oggetto dei più disparati epiteti da parte dei ferrovieri[10].
Note
- ^ Molino-Pautasso, p. 34
- ^ Angelo Nascimbene,Anni cinquanta; l'evoluzione con le locomotive 225 in TuttoTreno & Storia,19/2003
- ^ Molino-Pautasso, pp. 34-35
- ^ Lestradeferrate.it - Ex ferrovia Sparanise Formia Gaeta
- ^ Angelo Nascimbene-Vanni, p. 37
- ^ Tamilio, iTreni 44, p.18
- ^ Tamilio, iTreni 44, p.22
- ^ Angelo Nascimbene-Vanni, p. 37
- ^ Non era l'esatta metà a causa della dissimmetria del perno di rotazione del carrello tipico delle ALn Fiat di provenienza
- ^ "Carrozzoni", "carrelloni", "casciapanchi" etc.
Bibliografia
- Nico Molino Sergio Pautasso, FS-Italia,Le automotrici della prima generazione (monografie ferroviarie/14), Torino, Edizioni Elledi, 1983, ISBN 88-7649-016-7.
- Donato Tamilio, Li chiamavano "carrozzoni" (breve storia del Gruppo 356), in I Treni Oggi, anno V, n.44, pp. 18-22, Salò, ETR, 1984.
- Angelo Nascimbene Luca Vanni, FS Trenitalia, Locomotive diesel,pp. 37, 38, 115, Albignasego, Duegi editrice.