Trionfo di Bacco e Arianna
Il Trionfo di Bacco e Arianna è il riquadro in cui culmina la decorazione ad affresco della volta della Galleria di Palazzo Farnese, a Roma, dedicata alla celebrazione degli Amori degli Dèi.
Trionfo di Bacco e Arianna | |
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Autore | Annibale Carracci |
Data | 1597-1600 |
Tecnica | affresco |
Ubicazione | Palazzo Farnese, Roma |
Gli affreschi della Galleria Farnese, realizzati da Annibale Carracci con l'aiuto di suo fratello Agostino Carracci sono uno dei testi fondativi della pittura barocca italiana[1].
Descrizione e stile
Eseguito tra il 1597 e il 1600[2] da Annibale Carracci, il Trionfo di Bacco e Arianna rappresenta un corteo nuziale, con i due sposi - il dio Bacco e la mortale Arianna - seduti su due carri, uno dei quali è dorato e trainato da due tigri, l'altro argentato trainato da due arieti. I carri, avanzano accompagnati da figure danzanti - eroti, menadi, satiri, Pan, il Sileno - che recano strumenti musicali, stoviglie e ceste con le cibarie, secondo la tipica iconografia del tiaso dionisiaco.
La struttura complessiva di tutta la Galleria, di cui fa parte il dipinto, riprende, per alcuni aspetti, sia la Volta della Cappella Sistina di Michelangelo[3] sia la Loggia di Psiche, della villa sul Tevere di Agostino Chigi, affrescata da Raffaello e dalla sua scuola.
Le figure nude manifestano una conoscenza approfondita della statuaria classica, di cui lo stesso Palazzo Farnese, sede allora della celeberrima omonima collezione, ospitava esempi di estremo rilievo.
Molteplici, infatti, sono le statue farnesiane citate negli affreschi della Galleria, tra le quali, nel Trionfo di Bacco e Arianna, quella di Pan e Dafni (ora nel Museo archeologico di Napoli). Il Pan che nell’affresco regge le briglie del mulo ingroppato dal Sileno (sulla destra del riquadro) è, in effetti, una derivazione di questa statua.
Allo stesso tempo, le figure della Galleria, oltre che un omaggio all'antico, sono il frutto delle riflessioni del Carracci sui grandi del tardo Rinascimento romano, su tutti il Buonarroti. Le forme, infatti, sono ampie e monumentali, piene di vigore, ben proporzionate ed armoniose.
Il contesto e il significato allegorico
La volta della Galleria Farnese fu affrescata, su commissione di Odoardo Farnese, forse per celebrare, con funzione epitalamica, le nozze tra suo fratello Ranuccio (duca di Parma e Piacenza con il titolo di Ranuccio I) e Margherita Aldobrandini, nipote del papa Clemente VIII, celebrate il 7 maggio del 1600[2].
Il tema della decorazione è quello degli Amori degli Dèi, ma il significato allegorico del ciclo della Galleria non è ancora del tutto svelato. In esso probabilmente si cela la descrizione dell’antagonismo tra l’amore sensuale e quello spirituale, sfaccettature inscindibili di un rapporto coniugale.
Nella scena del Trionfo di Bacco e Arianna l'antagonismo tra le due forme d'amore trova la sua sintesi finale e nello stesso tiaso compaiono sia la Venere Celeste (Arianna) - simbolo dell'amore spirituale - sia la Venere Terrena (la figura femminile seminuda, in basso a destra nel riquadro) - simbolo dell'amore sensuale.
Nella figura di Arianna/Venere Celeste potrebbe essere colto, inoltre, un intento celebrativo verso Margherita Aldobrandini: lo si potrebbe dedurre dalla sua incoronazione con un diadema di stelle, che allurebbe, su un duplice registro, sia al mito della formazione della Costellazione di Arianna, ma anche, in ipotesi alle stelle che compaiono nello stemma familiare degli Aldobrandini.
Le storie della Galleria rimandano sia a fonti classiche – in particolare alle Metamorfosi di Ovidio – sia, probabilmente, ad alcuni componimenti contemporanei.
A quest’ultimo proposito, in particolare, è stata avanzata l’ipotesi che la decorazione della Galleria possa essere connessa anche ad un testo di Melchiorre Zoppio (1544 – 1634), cofondatore dell’Accademia dei Gelati, dal titolo La Montagna Circea (1600)[4].
Si tratta di un componimento elegiaco, a sua volta riferibile alle Metamorfosi ovidiane, esplicitamente dedicato alla celebrazione delle nozze Farnese-Aldobrandini ed incentrato, per l’appunto, sul concetto che la felicità coniugale è garantita dall’armonia tra amore dei sensi e amore dello spirito[4].
Potrebbe avvalorare quest’ipotesi la circostanza che Agostino Carracci, fratello di Annibale e con questi partecipe alla campagna decorativa della Galleria, fu anch’egli accademico dei Gelati. Ed invero, che all’ideazione iconologica del ciclo della Farnese possa aver preso parte lo stesso Agostino – dei tre Carracci il più erudito – è un’ipotesi pur essa formulata[5], quantunque allo stato attuale degli studi si ignori chi effettivamente sia l’ideatore del celebre ciclo di affreschi.
Occorre evidenziare, tuttavia, che quella della lotta e poi concordia tra moti dei sensi e afflati spirituali non è l’unica lettura proposta del significato degli Amori degli Dèi. Altra interpretazione - che non dà credito nemmeno alla funzione epitalamica del ciclo - fa leva soprattutto sull'esplicita carica erotica che caratterizzerebbe le storie della volta della Galleria che sono, quindi, viste essenzialmente come una decisa celebrazione delle gioie dell’eros[6].
Si ritiene di trovar conferma di questa chiave interpretativa nella circostanza che le storie inscenate sulle pareti dell’ambiente (di qualche anno successive a quelle della volta) hanno un tono assai più morigerato. Per questa lettura, gli affreschi delle pareti sarebbero sostanzialmente un correttivo moralizzante delle storie della volta, forse giudicate troppo audaci[7].
Precedenti figurativi e fonti iconografiche
Oltre ai rimandi di carattere compositivo agli affreschi michelangioleschi della volta sistina e a quelli raffaelleschi della Villa Chigi, sul piano strettamente iconografico il riquadro del Trionfo di Bacco e Arianna è debitore dei dipinti di Tiziano raffiguranti Bacco e Arianna e il Baccanale degli Andrii, realizzati per i Camerini d'alabastro di Alfonso I d'Este, duca di Ferrara[8]. Opere entrate a far parte delle collezioni del cardinale Pietro Aldobrandini, fratello di Margherita, dopo la devoluzione di Ferrara, nel 1598, allo stato pontificio e per questa ragione verosimilmente accessibili ad Annibale Carracci. Al servizio del cardinale Aldobrandini, infatti,
operò Giovanni Battista Agucchi, sodale e sostenitore di Annibale, così come lo stesso Pietro Aldobrandini ebbe rapporti di committenza con il Carracci.
Alle tele tizianesche, secondo alcuni autori, potrebbe essere aggiunto, come ulteriore, possibile, riferimento utilizzato da Annibale Carracci, il Trionfo di Bacco di Dosso Dossi[8], anch'esso parte del ciclo estense ed attualmente custodito nel Chhatrapati Shivaji Maharaj Vastu Sangrahalaya di Mumbai (museo originariamente denominato Prince of Wales Museum of Western India).
Altro rilevante precedente figurativo, individuato come possibile fonte di influenza per gli affreschi carracceschi per i Farnese, è costituito dalla decorazione della Loggia Orsini a Roma, realizzata dal Cavalier d'Arpino tra il 1583 e il 1589, la cui ideazione iconografica è attribuita a Torquato Tasso. Ciclo anch’esso dedicato ad un’occasione nuziale, cioè il matrimonio tra Virginio Orsini e Flavia Peretti, e relativo al tema dell’Amor Omnia Vincit.
Non mancano, infine, riferimenti a fonti antiche. Tra le quali, si segnala l’evidente ripersa di un rilievo sepolcrale in marmo[9], di epoca romana, parimenti raffigurante il corteo nuziale di Bacco e Arianna (ora il reperto è custodito presso il British Museum di Londra, ma ai tempi della decorazione della Galleria Farnese era ancora a Roma, dove fu disegnato da vari artisti come Jacopo Ripanda e Amico Aspertini). La figura del Sileno ebbro sul dorso di un mulo, che compare nell’affresco del Carracci, è, infatti, una citazione letterale della stessa figura scolpita sul rilievo del British[10].
Con ogni probabilità il progetto iniziale di Annibale Carracci, per il riquadro centrale della volta, era diverso da quello poi effettivamente portato a compimento.
Infatti, in un celebre (e bellissimo) disegno preparatorio[11], ora custodito presso l’Albertina di Vienna, si osserva che l’idea originaria era quella di un Trionfo di Bacco, piuttosto che il corteo nuziale di Bacco ed Arianna.
Arianna, infatti, nel disegno dell’Albertina, compare come Arianna dormiente (in basso a sinistra): si fa quindi riferimento ad un momento diverso del mito. Cioè, quello in cui Teseo, approfittando per l’appunto del sonno di Arianna, fugge da lei. Subito dopo sopraggiunge Bacco/Dioniso che alla vista della giovane donna se ne invaghisce profondamente.
Se si accetta la tesi della celebrazione nuziale, si può ipotizzare che il progetto compositivo sia mutato allorché i propositi matrimoniali di Ranuccio e Margherita furono perfezionati e quindi si decise di dare alla decorazione della Galleria, e in special modo al suo riquadro principale, funzione celebrativa di queste nozze.
Tecnica di realizzazione
Le storie della volta Farnese, ivi compresa quella del Trionfo di Bacco e Arianna, furono realizzate ad affresco con non poche rifiniture a secco.
Le vicende degli dèi sono ambientate in quadri riportati, creando l’illusione che la scene dipinte siano state stese su tele poi applicate al muro, quasi a dar vita ad un'immaginaria quadreria, ed anche per questo aspetto Annibale Carracci si è rifatto a Michelangelo e Raffaello che utilizzarono lo stesso accorgimento illusionistico, rispettivamente, nella Sistina e nella Farnesina.
Ulteriore ripresa dai due maestri del Rinascimento romano, sta nell’ utilizzo di una tecnica di stesura del colore, su ampia parte della volta, puntinata, che esalta gli effetti chiaroscurali[12]. Per la definizione dei chiaroscuri, inoltre, Annibale si avvalse anche di fitti tratteggi che marcano le zone più in ombra, tecnica che verosimilmente mutuò dalla pratica incisoria, di cui è stato tra i principali maestri del suo tempo.
Il ciclo fu progettato con cura da Annibale (e, in parte, da suo fratello Agostino), come dimostra l’amplissimo numero di disegni preparatori conservatisi.
La stesura del colore sui muri fu preceduta dall’applicazione di un disegno guida con la tecnica dello spolvero, mediante l'utilizzo di cartoni.
Proprio del riquadro del Trionfo ci è giunto, parzialmente, l'unico cartone superstite, tra quelli di mano di Annibale[13]: è quello relativo al gruppo del Sileno ebbro che incede a dorso di mulo (è conservato presso la Galleria nazionale delle Marche).
La meticolosità con la quale Annibale progettò gli affreschi della Galleria Farnese, testimoniata proprio dal rilevantissimo numero di disegni preparatori realizzati a tal fine, è un ulteriore aspetto del recupero della grande tradizione rinascimentale italiana (e segnatamente, per questo riguardo, di quella tosco-romana) che ne caratterizzò l‘approccio alla pittura e dimostra, viceversa, il suo rifiuto per la prestezza esecutiva che il tardomanierismo raccomandava.
Fonti
- Giovanni Battista Agucchi, Trattato della pittura, 1646.
- Giovanni Pietro Bellori, Vite de' pittori, scultori e architetti moderni, 1672.
Bibliografia essenziale
- Tomaso Montanari, Il Barocco, Einaudi, Torino, 2012, ISBN 978-88-06-20341-2.
- Silvia Ginzburg Carignani, Annibale Carracci a Roma, Donzelli, Roma, 2000.
- Roberto Zapperi, Annibale Carracci, Einaudi, Torino, 1988.
- Giuliano Briganti, André Chastel, Roberto Zapperi (a cura di), Gli amori degli dei: nuove indagini sulla Galleria Farnese, Edizioni dell'Elefante, Roma, 1987.
- Donald Posner, Annibale Carracci: A Study in the reform of Italian Painting around 1590, Phaidon Press, Londra, 1971.
- Denis Mahon, Studies in Seicento Art and Theory, The Warburg Institute University of London, Londra, 1947.
Note
- ^ Montanari, 2012, pp. 37-47.
- ^ a b La data di conclusione degli affreschi, benché sulla volta compaia la sigla MDC (1600), è stata messa in dubbio dopo il ritrovamento di un Avviso (un tipo di pubblicazione del tempo che è una sorta di antesignano dei giornali quotidiani) del giugno 1601 che dava notizia del disvelamento degli stessi alla presenza di Pietro Aldobrandini. Questa circostanza, oltre a mettere in dubbio la data di ultimazione della decorazione della volta, ha messo in discussione anche la sua finalità celebrativa del matrimonio tra il Farnese e la Aldobrandini (avvenuto il 7 maggio 1600), apparendo incongruo che il ciclo fosse stato portato a termine ben un anno dopo l’evento che avrebbe dovuto commemorare. Spiegazione alternativa di quest’Avviso, formulata dalla studiosa Silvia Ginzburg (2000), che fa salve le precedenti ipotesi sui tempi di completamento dell’opera e sulla sua natura di epitalamio, è che esso dia notizia di una cerimonia ufficiale di presentazione della decorazione, ferma restando la sua già avvenuta ultimazione entro il maggio del 1600.
- ^ Montanari, 2012, p. 19.
- ^ a b Silvia Ginzburg Carignani, Annibale Carracci a Roma, Roma, 2000, pp. 135-150.
- ^ Diane De Grazia, L'altro Carracci della Galleria Farnese: Agostino come inventore. In Les Carrache et les décors profanes: Actes du Colloque organisé par l'ecole française de Rome 2-4 Octobre 1986, Roma, 1988, pp. 110-111.
- ^ Roberto Zapperi, Eros e controriforma. Preistoria della galleria Farnese, Torino, 1994.
- ^ Charles Dempsey, Annibale Carrache au Palais Farnèse, Ecole francaise de Rome, Roma, 1981, p. 294.
- ^ a b Silvia Ginzburg Carignani, Annibale Carracci a Roma, Roma, 2000, p. 83.
- ^ Scheda del rilievo sul sito del British Museum di Londra
- ^ Federico Rausa, L'Idea del bello, viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro Bellori. Catalogo della mostra Roma 2002 (due volumi), Roma, 2002, p. 243 (Vol. II).
- ^ Scheda del disegno sul sito dell’Albertina di Vienna (inserire nella maschera il n. di inventraio 23370)
- ^ Silvia Ginzburg Carignani, Annibale Carracci a Roma, Roma, 2000, p. 35.
- ^ I soli altri cartoni pervenutici dell’impresa della Galleria sono quelli relativi alle scene eseguite da Agostino Carracci (autore anche dei cartoni). Si tratta delle scene di Aurora e Cefalo e di Glauco e Scilla (o secondo altra interpretazione di Venere condotta sul mare ad una cerimonia nuziale), entrambi presso la National Gallery londinese.