Strage di Bologna
La strage di Bologna, compiuta la mattina di sabato 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, è uno degli atti terroristici più gravi avvenuti in Italia nel secondo dopoguerra, da molti indicato come uno degli ultimi atti della strategia della tensione.
Strage di Bologna | |
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Tipo | Attentato dinamitardo |
Data | 2 agosto 1980 10:25 |
Luogo | Bologna |
Stato | ![]() |
Coordinate | 44°30′21″N 11°20′33″E{{#coordinates:}}: non è possibile avere più di un tag principale per pagina |
Obiettivo | Stazione ferroviaria |
Responsabili | Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini (membri dei neofascisti Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR)[1]) |
Motivazione |
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Conseguenze | |
Morti | 85 |
Feriti | 200[4] |
Come esecutori materiali furono individuati dalla magistratura alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), tra cui Giuseppe Valerio Fioravanti. Gli ipotetici mandanti sono tuttora sconosciuti.[5]
Nell'attentato rimasero uccise 85 persone ed oltre 200 rimasero ferite. Le indagini si indirizzarono quasi subito sulla pista neofascista, ma solo dopo un lungo iter giudiziario e numerosi depistaggi (per cui vennero condannati Licio Gelli, Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza), la sentenza finale del 1995 condannò Valerio Fioravanti e Francesca Mambro «come appartenenti alla banda armata che ha organizzato e realizzato l'attentato di Bologna» e per aver «fatto parte del gruppo che sicuramente quell’atto aveva organizzato», mentre nel 2007 si aggiunse anche la condanna di Luigi Ciavardini, minorenne all'epoca dei fatti.[6]
L'avvenimento
Il 2 agosto 1980 alle 10:25, nella sala d'aspetto di 2ª classe della stazione di Bologna, affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, venne fatto esplodere e causò il crollo dell'ala ovest dell'edificio [7]. La bomba era composta da 23 kg di esplosivo, una miscela di 5 kg di tritolo e T4 detta "Compound B", potenziata da 18 kg di gelatinato (nitroglicerina a uso civile)[8].
L'esplosivo, di fabbricazione militare, era posto nella valigia, sistemata a circa 50 centimetri d'altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell'ala ovest, allo scopo di aumentarne l'effetto[9]; l'onda d'urto, insieme ai detriti provocati dallo scoppio, investì anche il treno Ancona-Chiasso, che al momento si trovava in sosta sul primo binario, distruggendo circa 30 metri di pensilina, ed il parcheggio dei taxi antistante l'edificio. L'esplosione causò la morte di 85 persone e il ferimento o la mutilazione di oltre 200.
La città reagì con orgoglio e prontezza: molti cittadini, insieme ai viaggiatori presenti, prestarono i primi soccorsi alle vittime e contribuirono ad estrarre le persone sepolte dalle macerie e, immediatamente dopo l'esplosione, la corsia di destra dei viali di circonvallazione del centro storico di Bologna, su cui si trova la stazione, fu riservata alle ambulanze e ai mezzi di soccorso. Dato il grande numero di feriti, non essendo tali mezzi sufficienti al loro trasporto verso gli ospedali cittadini, i vigili impiegarono anche autobus, in particolare quello della linea 37, auto private e taxi.
Al fine di prestare le cure alle vittime dell'attentato, i medici e il personale ospedaliero fecero ritorno dalle ferie, così come i reparti, chiusi per le festività estive, furono riaperti per consentire il ricovero di tutti i pazienti. L'autobus 37 divenne, insieme all'orologio fermo alle 10:25, uno dei simboli della strage. Di una delle vittime (la ventiquattrenne Maria Fresu) non venne ritrovato il corpo. Soltanto il 29 dicembre 1980, fu accertato che alcuni resti ritrovati sotto il treno diretto a Basilea appartenevano a lei. Evidentemente ella si era trovata così vicino alla bomba che il suo corpo fu completamente disintegrato dall'esplosione.
Nei giorni successivi, la centrale Piazza Maggiore ospitò imponenti manifestazioni di sdegno e di protesta da parte della popolazione e non furono risparmiate accese critiche e proteste rivolte ai rappresentanti del governo, intervenuti il giorno 6 ai funerali delle vittime celebrati nella Basilica di San Petronio. Gli unici applausi furono riservati al presidente Sandro Pertini, giunto con un elicottero a Bologna alle 17:30 del giorno della strage, che in lacrime affermò di fronte ai giornalisti: «non ho parole, siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia»[10].
Le indagini giudiziarie
Nell'immediatezza dell'attentato la posizione ufficiale sia del Governo italiano (allora presieduto dal Senatore democristiano Francesco Cossiga) sia delle forze di polizia fu quella dell'attribuzione dello scoppio a cause fortuite, ovvero all'esplosione di una vecchia caldaia sita nel sotterraneo della stazione. Tuttavia, a seguito dei rilievi svolti e delle testimonianze raccolte sul posto, apparve chiara la natura dolosa dell'esplosione, rendendo palese una matrice terrorista. Ciò contribuì ad indirizzare le indagini nell'ambiente del terrorismo nero.
Molti anni dopo, ricordando l'ipotesi della caldaia, il magistrato Libero Mancuso ebbe a dire in un'intervista televisiva che i depistaggi erano già iniziati pochi minuti dopo la strage. Ciò fu particolarmente grave perché, essendo esclusa nelle prime ore l'ipotesi di un attentato, gli esecutori poterono dileguarsi indisturbati. L'Unità, nell'edizione del 3 agosto, basandosi su una presunta rivendicazione da parte dei NAR, sostenne l'idea della matrice neofascista dell'attentato.[11] Ci furono da subito, infatti, alcune cosiddette rivendicazioni, da parte dei NAR, poi dalle Brigate Rosse, seguite da altrettante telefonate di smentita dei due gruppi terroristici, fatti che contribuirono al depistaggio.[12]
Già il 26 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna emise ventotto ordini di cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari: Roberto Fiore e Massimo Morsello, Gabriele Adinolfi, Francesca Mambro, Elio Giallombardo, Amedeo De Francisci, Massimiliano Fachini, Roberto Rinani, Giuseppe Valerio Fioravanti, Claudio Mutti, Mario Corsi, Paolo Pizzonia, Ulderico Sica, Francesco Bianco, Alessandro Pucci, Marcello Iannilli, Paolo Signorelli, PierLuigi Scarano, Francesco Furlotti, Aldo Semerari, Guido Zappavigna, GianLuigi Napoli, Fabio De Felice, Maurizio Neri. Vengono subito interrogati a Ferrara, Roma, Padova e Parma. Tutti saranno scarcerati nel 1981.
Fasi principali del processo:
- 19 gennaio 1987: inizio del processo di primo grado;
- 25 ottobre 1989: inizio del processo d'appello;
- 18 luglio 1990: pronuncia della sentenza, gli imputati sono tutti assolti dall'accusa di strage;
- 12 febbraio 1992: le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione dichiarano che il processo d'Appello dev'essere rifatto, in quanto la sentenza viene definita illogica, priva di coerenza, non ha valutato in termini corretti prove e indizi, non ha tenuto conto dei fatti che precedettero e seguirono l'evento, immotivata o scarsamente motivata, in alcune parti i giudici hanno sostenuto tesi inverosimili che nemmeno la difesa aveva sostenuto;
- ottobre 1993: inizia il secondo processo d'appello;
- 16 maggio 1994: pronuncia della sentenza che conferma l'impianto accusatorio del processo di primo grado;
- 23 novembre 1995: pronuncia della sentenza della Corte di Cassazione che conferma quella del secondo processo d'Appello.
I depistaggi e la disinformazione
Vi furono svariati episodi di depistaggio, organizzati per far terminare le indagini, dei quali il più grave è quello ordito da parte di alcuni vertici dei servizi segreti del SISMI, tra i quali Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte (il primo era affiliato alla loggia P2 di Licio Gelli), che fecero porre in un treno a Bologna, da un sottufficiale dei carabinieri, una valigia piena di esplosivo, dello stesso tipo che fece esplodere la stazione, contenente oggetti personali di due estremisti di destra, un francese e un tedesco, legati a Stefano Delle Chiaie.
Musumeci produsse anche un dossier fasullo, denominato "Terrore sui treni", in cui riportava gli intenti stragisti dei due terroristi internazionali in relazione con altri esponenti dell'eversione neofascista, tutti legati allo spontaneismo armato, senza legami politici, quindi autori e allo stesso tempo mandanti della strage. La motivazione del depistaggio viene da taluni individuata nell'obiettivo di celare la strategia della tensione, oppure, secondo tesi minoritarie, nel proteggere Gheddafi e la Libia da possibili accuse, in quanto divenuti ormai partner commerciali importanti per FIAT ed ENI.[13] Lo stesso giorno della strage, a Malta, si firmò l'accordo della Valletta, in cui l'Italia si impegnava a proteggere Malta da attacchi libici, come quelli che si sarebbero poi verificati in quella zona del Mediterraneo.[14]
Le affermazioni di Francesco Cossiga
Francesco Cossiga, il 15 marzo 1991, al tempo della sua presidenza della Repubblica, affermò di essersi sbagliato a definire "fascista" la strage alla stazione di Bologna e di essere stato male informato dai servizi segreti. Dopo la dichiarazione del 1980 poi ritrattata da Cossiga, venne abbandonata la scomoda pista libica, sostenuta fin dall'inizio da Giovanni Spadolini[15], per puntare solo su quella neofascista.[16] Attorno a questa strage, come era già avvenuto per la Strage di piazza Fontana nel 1969, si sviluppò un cumulo di affermazioni, controaffermazioni, piste vere e false, tipiche di altri tragici avvenimenti della cosiddetta strategia della tensione.
I processi e le condanne
Lentamente e con fatica, attraverso una complicata e discussa vicenda politica e giudiziaria, e grazie alla spinta civile dell'associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, si giunse ad una sentenza definitiva della Corte di Cassazione il 23 novembre 1995. Vennero condannati all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti (mentre hanno ammesso e rivendicato decine di altri omicidi), mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini.
Il 9 giugno 2000 la Corte d'Assise di Bologna emise nuove condanne per depistaggio: 9 anni di reclusione per Massimo Carminati, estremista di destra, e quattro anni e mezzo per Federigo Mannucci Benincasa, ex direttore del SISMI di Firenze, e Ivano Bongiovanni, delinquente comune legato alla destra extraparlamentare. Ultimo condannato per la strage è Luigi Ciavardini, con condanna a 30 anni confermata nel 2007: anche lui continua a dichiararsi innocente. Eventuali mandanti della strage, con un ipotetico movente simile a quello degli altri attentati della strategia della tensione (destabilizzare per instaurare un regime autoritario), non sono ancora stati scoperti.[17] Un altro imputato, Sergio Picciafuoco (criminale comune e simpatizzante di destra, presente alla stazione di Bologna per sua ammissione), venne condannato in primo grado ma assolto in via definitiva.[18] Analoghe assoluzioni saranno pronunciate nei confronti di Stefano Delle Chiaie e Avanguardia Nazionale.[19]
Testimonianze
L'incriminazione e la condanna dei tre esecutori neofascisti si basò principalmente sulla testimonianza del criminale comune Massimo Sparti e del militante di destra Luigi Vettore Presilio, entrambi ex simpatizzanti del gruppo terroristico di estrema destra Ordine Nuovo (Sparti fu vicino anche alla banda della Magliana, per la quale compì numerosi reati) e poi collaboratori di giustizia, che riportarono affermazioni - allusive alla strage - di Fioravanti e di Ciavardini, ad esempio quella in cui quest'ultimo consigliava ad un'amica di non prendere il treno il 2 agosto e confidenze di detenuti neofascisti nelle carceri, in cui si parlava di un grosso evento preparato per i primi giorni di agosto.
Già nella sentenza del 1994 venivano elencati numerosi fatti e documenti che provavano come nell'ambiente del terrorismo di destra si sapesse già da tempo, prima del 2 agosto, del progetto di strage. Era emerso, tra le altre cose, che il 10 luglio 1980, nel carcere di Padova, il detenuto neofascista Luigi Vettore Presilio aveva rilasciato una dichiarazione al giudice istruttore. In essa si alludeva a un "evento straordinario" previsto per i primi di agosto.
La strage fu di proporzioni superiori a quelle forse volute dagli stessi neofascisti organizzatori: due poliziotti penitenziari asserirono di aver ascoltato una conversazione tra due neofascisti che affermavano che questo era quello che accadeva ad "affidarsi a dei ragazzini" (per la sentenza è un riferimento alla giovane età di Mambro, Fioravanti e soprattutto del diciassettenne Ciavardini).[20]
Sparti e il vestito "tirolese"
Sparti riferisce di aver ricevuto una visita della coppia poco dopo la strage. In quell'occasione, Fioravanti avrebbe fatto anche una battuta sulla bomba ("hai visto che botto?"). I due volevano procurarsi, tramite lo stesso Sparti, un documento falso per la Mambro. Quest'ultima temeva, in quanto erano già ricercati per numerosi omicidi, di essere riconosciuta in qualche posto di blocco e si era perciò tinta i capelli (secondo quanto dedotto da Sparti). Fioravanti avrebbe aggiunto di non essere preoccupato per sé in quanto a Bologna si era camuffato da turista tedesco, con il tipico "vestito di cuoio ed il cappello con la piuma" (questa frase non compare in tutti i documenti), e che dovevano andare a nascondersi in Sicilia.[21][22] La testimonianza è stata interpretata sia nel senso che Fioravanti indossasse un costume "tirolese", sia che fosse vestito in un modo che ricordasse l'abbigliamento dei turisti tedeschi.[22]
Inoltre i presunti alibi, dichiarati dai tre - che affermavano di essere insieme il 2 agosto, ma a Padova, per incontrare Gilberto Cavallini, che a sua volta doveva vedersi con Carlo Digilio di Ordine Nuovo, poi condannato per aver partecipato alla strage di Piazza Fontana - non furono confermati, né da Digilio né da Cavallini.[23][24] Una testimone ha affermato di aver visto una coppia vestita stranamente, una donna e un uomo, quest'ultimo vestito con un costume che ricordava un tipico vestito tedesco, alla stazione di Bologna, fatto collimante con il racconto di Sparti; li vide poi parlare con una terza persona e andare via dieci minuti prima dello scoppio. La testimone afferma di aver collegato i fatti una volta letto il resoconto delle indagini in cui Fioravanti sembrava essere l'uomo della stazione. Più tardi, dopo aver parlato con Paolo Bolognesi, affermò, anche se con incertezza, che la donna poteva essere Francesca Mambro, ma non fu convocata fra i testimoni del processo, fatto che avrebbe aggravato forse ulteriormente la posizione degli accusati.[25] Sparti (e il figlio, dopo la morte del padre: Sparti jr. riferì di una confessione in punto di morte in cui il padre gli disse di essere stato costretto ad inventare la storia, forse per avere benefici come collaboratore di giustizia), alcuni anni dopo, tentò di ritrattare la testimonianza, ma non fu creduto.[1][12] Il figlio di Sparti e la moglie affermarono che l'uomo era con loro e non si incontrò con nessuno la sera del 2 agosto né il giorno seguente, e nemmeno il pomeriggio del 4. Anche un amico di Sparti, Fausto De Vecchi, arrestato con lui, affermerà la versione del testimone, ma poi smentirà e cadrà in contraddizione. Le testimonianze saranno considerate però attendibili.[26][27]
Sparti in particolare non conosceva la Mambro, ma affermò che si era tinta i capelli; dopo un'indecisione iniziale affermò di aver osservato la ricrescita dei capelli e aver pensato di conseguenza. La polizia scientifica prelevò una ciocca di capelli dalla Mambro dopo l'arresto, ma non trovò tracce di tintura (che solitamente rimangono in residuo anche dopo anni). Inoltre, a parte la testimone non citata in giudizio, sfilarono in aula molti sopravvissuti e nessuno ricordò costumi da tirolese alla stazione, né riconobbe i due neofascisti Mambro e Fioravanti. Nella sentenza si riconoscerà l'affidabilità di Sparti, e la veridicità delle sue accuse.[26]
Dichiarazioni di Vincenzo Vinciguerra sul neofascismo e su Ustica
Nel 1984, Vincenzo Vinciguerra, terrorista neofascista di Ordine Nuovo e poi di Avanguardia Nazionale (il gruppo diretto da Stefano Delle Chiaie, già coinvolto nelle indagini sulla strategia delle tensione e attivo nel golpismo della CIA in America latina)[23], condannato e reo confesso per la strage di Peteano in cui vennero uccisi tre carabinieri, ha inoltre reso dichiarazioni spontanee ai magistrati (non motivate dall'avere sconti di pena come quelle dei "pentiti", per questo ritenute più attendibili) sui coinvolgimenti dell'estrema destra nella strategia della tensione e, riguardo a Bologna, ha fatto riferimento alla struttura clandestina anticomunista della NATO in Italia, nota poi come Organizzazione Gladio, e ai suoi settori deviati; queste allusioni e rivelazioni furono da lui ripetute in varie interviste successive. Ha inoltre paragonato la dinamica a quella di due tentate stragi, fallite: quella del 28 agosto 1970 alla stazione di Verona e quella di Milano del 30 luglio 1980; ha poi affermato la colpevolezza di Mambro e Fioravanti nella strage del 2 agosto (e quindi il fatto che anche i NAR furono spinti a partecipare alla strategia della tensione, come era accaduto agli altri gruppi di estrema destra, in cambio di protezione), e che, a suo parere, avrebbero avuto coperture politiche anche da parte del Movimento Sociale Italiano e dei suoi eredi diretti, e queste pressioni - di persone che poi avrebbero avuto importanti ruoli governativi e amministrativi negli anni '90 e 2000 - attribuisce, sempre secondo il suo personale parere, i benefici di legge a loro concessi, nonostante i numerosi ergastoli comminati. Vinciguerra non sarà testimone diretto nel processo di Bologna.[28][29][30][31]
Vinciguerra sconta l'ergastolo da più di 30 anni, dal 1979, attualmente nel carcere di Opera; non ha ricevuto gli sconti di pena possibili dopo 26 anni né ha mai avuto lo status di "collaboratore di giustizia", ma è divenuto uno dei più convinti accusatori dei neofascisti nella strategia della tensione. Egli sostiene, come molti altri, che Bologna fu un tentativo di depistaggio per i fatti di Ustica e si definisce "fascista" anziché "neofascista" per marcare la differenza, sostenendo che le stragi non sono fasciste ma "di Stato" e "atlantiche" (nonostante l'accertata manovalanza di estrema destra, gli obiettivi non erano prettamente ideologici). Afferma che:
Angelo Izzo
Un altro testimone dei processi, decisivo in particolare per la condanna di Ciavardini, fu il criminale comune e militante neofascista Angelo Izzo (soprannominato il "mostro del Circeo", per un efferato massacro compiuto contro due donne negli anni '70, assieme ai suoi complici Andrea Ghira e Gianni Guido), autore di tre omicidi (due compiuti negli anni 2000, dopo la sua prima scarcerazione dopo la pena per i precedenti atti delittuosi) e ripetuta violenza sessuale, che ha reso numerose e controverse testimonianze sugli anni di piombo.[33] Il pluriomicida ha accusato anche Stefano Delle Chiaie (accusato anche da Vinciguerra), che però è stato assolto, come già avvenuto in altre occasioni in cui il leader di Avanguardia Nazionale venne imputato.[19]
Rapporti tra servizi segreti, neofascismo e crimine organizzato
A metà luglio del 1980, il colonnello Amos Spiazzi, già coinvolto nel golpe Borghese e nella Rosa dei venti, poi incarcerato, viene incaricato dal SISDE di indagare sulla riorganizzazione dei gruppi eversivi di estrema destra. Spiazzi andò a Roma per incontrare un "informatore" neofascista, Francesco Mangiameli detto Ciccio. Mangiameli avrebbe raccontato a Spiazzi dell'omicidio di Mario Amato e di un progetto per assassinare il giudice che indagò su piazza Fontana, Giancarlo Stiz. Mangiameli afferma di essere stato incaricato da Stefano Delle Chiaie - che poi verrà accusato dai depistatori (o meglio, saranno due uomini legati al suo gruppo internazionale le vittime del depistaggio, Delle Chiaie sarà assolto, come per le altre stragi) - di reperire armi ed esplosivo ad ogni costo e afferma che per i primi di agosto era previsto un attentato di enormi proporzioni, come si era detto già da parte di detenuti neofascisti). Il colonnello Spiazzi rilascia il 31 luglio 1980, come dimostrato dal timbro di protocollo, un rapporto dettagliato alla direzione del SISDE su quanto riferitogli da Mangiameli e ne parlerà poi, in un'intervista pubblicata dopo il 2 agosto, anche con il giornale L'Espresso, non rivelando il nome dell'informatore, ma solo il soprannome Ciccio.[34] Il 9 settembre del 1980, Francesca Mambro, Valerio e Cristiano Fioravanti, con Giorgio Vale e Dario Mariani, uccidono Mangiameli e gettano il corpo zavorrato in un bacino artificiale. Spiazzi sarà ancora arrestato, ma uscirà dalle inchieste nel 1989. Non sarà interrogato sul ruolo dei servizi segreti a Bologna, sempre che ne sapesse qualcosa.[35] Spiazzi, il 2 luglio 1980, e poi il 2 agosto, annotò nei suoi appunti due frasi simili; il giorno della strage infatti scrisse: «andato ore 10.30» (le 10.25 è l'ora dell'esplosione) e «ritirato pacco».[36]
Il depistaggio di Gelli invece non avrebbe dovuto coinvolgere Delle Chiaie in prima persona o deviare dalla pista neofascista, ma fabbricare due colpevoli stranieri, personaggi minori del gruppo degli ex Avanguardia Nazionale. Gelli e Delle Chiaie erano amici e frequentavano alcune logge massoniche deviate e la criminalità organizzata, non solo la P2, di cui Gelli era il Maestro Venerabile.[37] Gelli incontrò Elio Cioppa del SISMI, dicendo che stavano sbagliando e indicando una pista internazionale.[38]
Per quanto riguarda la criminalità comune, la Banda della Magliana partecipò ai depistaggi con la P2, ed ebbe rapporti con i servizi segreti e con l'eversione nera.[39] Il faccendiere romano Gennaro Mokbel, vicino alla Banda e alla 'ndrangheta[40], alla massoneria deviata e al neofascismo (oltre che conoscente di numerosi importanti uomini politici, tra cui Marcello Dell'Utri[41]), affermò in un'intercettazione del 2010 di aver pagato 1 milione e 200mila euro per far uscire di prigione Francesca Mambro e Valerio Fioravanti; egli ebbe numerosi contatti telefonici, anche successivi alla loro scarcerazione, con i due ex terroristi neri.[42]
Infine, vi è anche una possibile connessione, che non esclude il resto, con la cosiddetta trattativa stato-mafia, tramite infiltrazione o l'adesione di ex ordinovisti a Cosa nostra (secondo quando affermato dal magistrato Antonio Ingroia), un filo che porta dalla strage mafiosa a sfondo politico di Portella della Ginestra (1º maggio 1947) al rapido 904 (1984, per la quale venne processato il "padrino" o "capo dei capi" Totò Riina) e le varie bombe del 1992-93 (contro Falcone, Borsellino o quella degli Uffizi, ecc.), come parte di una continuazione di una cospirazione o disegno affaristico-politico-mafioso (andato molte oltre la classica strategia della tensione), che spinse Riina e gli altri boss alla guerra diretta contro lo Stato.[43][44][45]
La ricostruzione dei giudici sul terrorismo nero
I giudici accoglieranno nei fatti il teorema Amato - pur arrivando a condannare solo esecutori e depistatori - dal nome del giudice assassinato: cioè che i NAR fossero sfruttati e manovrati da altri neofascisti più esperti, e che lo "spontaneismo" fosse una copertura, mentre la direzione del terrorismo nero fosse ancora nelle mani dei vecchi ordinovisti e dei membri di Avanguardia Nazionale.[46] L'operazione viene descritta su tre diversi livelli: gli esecutori materiali (i NAR), il livello intermedio dei vecchi ordinovisti (tra cui gli indagati Massimiliano Fachini e Paolo Signorelli), i mandanti occulti e ispiratori (la P2, servizi segreti deviati, ambienti politici, strutture come quella che verrà poi identificata come Gladio).[47][48][46]
I possibili moventi della strage
Oltre alle cosiddette trame della strategia della tensione, c'è chi indica come movente la ritorsione degli ambienti dell'estrema destra, poiché quel giorno venne rinviato a giudizio Mario Tuti, con altri militanti di Ordine Nero, per la strage dell'Italicus, uno degli atti intimidatori e destabilizzanti seguiti a Piazza Fontana e Piazza della Loggia. Da ricordare che i NAR organizzarono molte azioni "punitive" come la citata uccisione di Mario Amato, il giudice che aveva fatto arrestare Pierluigi Concutelli di Ordine Nuovo per l'omicidio del giudice Vittorio Occorsio e che stava scoprendo le connessioni dei neofascisti con la malavita romana organizzata, e Bologna sarebbe quindi legata all'Italicus, che doveva passare proprio per questa stazione.[49]
Secondo alcuni, come Giovanni Pellegrino (deputato dei Democratici di Sinistra ed ex presidente della Commissione parlamentare Stragi), il movente non sarebbe la strategia della tensione e la spinta verso una svolta a destra, ma altri contrasti di potere, che siano stati internazionali tra NATO e Patto di Varsavia, tra Israele e Palestina, o tra USA e Libia, con l'Italia in posizione ondivaga, che si trovò in mezzo a questa "guerra segreta"; sia interni, come minaccia per silenziare chi sapeva qualcosa sulle bombe del 1969-1974, ad esempio come faida interna alla P2. La stessa sentenza di condanna degli esecutori emessa della Cassazione afferma che, se essi sono accertati, il movente occulto è oscuro, così come i mandanti.[5][17] Pellegrino si espresse così, nel 2003:
Anche chi sostiene nettamente la veridicità della sentenza ufficiale, afferma talvolta che, se i neofascisti dei NAR collocarono l'esplosivo militare in nome dello "spontaneismo armato" e della loro ideologia (esplosivo forse fornito dai servizi segreti deviati e da settori eversivi di Gladio), furono spinti da qualcuno più in alto (il che spiegherebbe la mancata rivendicazione), e la P2 e lo stesso SISMI depistarono (ai danni di un altro neofascista, Stefano Delle Chiaie) per motivi poco chiari[1]: c'è chi ipotizza anche che la bomba fu un'azione diversiva per sviare l'attenzione da alcuni scandali del periodo: il crack finanziario del banco Ambrosiano, la bancarotta e la caduta del faccendiere Michele Sindona[1] (colluso con la mafia e la P2, e, secondo Luigi Cipriani, deputato di Democrazia Proletaria, anche finanziatore della strategia della tensione fino al 1974[50]), l'affacciarsi degli attacchi di Cosa Nostra contro lo Stato[51] e le indagini che avrebbero condotto agli elenchi dei piduisti, ritrovati a Castiglion Fibocchi, tutti casi in cui venne coinvolta la loggia massonica eversiva diretta da Gelli, il cui scopo era l'instaurazione di una repubblica presidenziale bipartitica, con tratti di autoritarismo e controllo dei mass media, mascherata da intenti "liberali" e "anticomunisti".[52]
Altre piste legano la strage anche alla criminalità organizzata connivente col terrorismo nero, come alla Banda della Magliana.
L'ipotesi del "diversivo" per Ustica
Un'altra ipotesi fu che Bologna servì ad avvalorare la tesi, poi clamorosamente invalidata, della bomba a bordo del DC-9 Itavia distrutto nella strage di Ustica, oltre a distrarre da Ustica stessa e sviare dalle responsabilità della prima strage (questa pista è nata dalle citate rivelazioni di Vinciguerra, il primo che parlò di un collegamento diretto con Ustica). Questo sarebbe stato fatto per coprire la responsabilità della NATO, le cui forze, forse caccia inglesi e francesi col colpevole disinteresse o assenso del governo italiano, avrebbero lanciato un missile per tentare di colpire il jet privato del leader libico Gheddafi (che si trovava in volo sul Mediterraneo), centrando invece l'aereo civile italiano e un caccia libico ritrovato in Calabria. Secondo questa pista, la bomba di Bologna doveva quindi accreditare la tesi della "bomba di Ustica", riproposta molte volte negli anni[53], ad esempio da Carlo Giovanardi (ma anche da Paolo Guzzanti) e molto gradita - a livello teorico - ai diplomatici statunitensi, come mostrano i cablogrammi dell'ambasciata di Roma, resi pubblici dal sito Wikileaks nel 2011.[54]
In particolare l'on. Luigi Cipriani fu un forte sostenitore della tesi "atlantica" in contrapposizione alla pista neofascista, e accusò la massoneria deviata di seguire ordini e progetti anticomunisti dell'amministrazione Nixon e di Henry Kissinger, tramite la mediazione delle logge statunitensi.[50] Per Cipriani le logge americane e inglesi avrebbero forzato il Grande Oriente d'Italia, tradizionalmente democratico, facendone convergere gli obiettivi con quelli della Gran Loggia Regolare d'Italia, di ispirazione conservatrice, e con elementi reazionari della Gran Loggia d'Italia degli Alam; da ciò sarebbe derivata anche l'ascesa di Gelli nella P2. Il politico di Democrazia Proletaria dichiarò inoltre alla Commissione Stragi e per il decimo anniversario della strage che
La ricerca dei mandanti
L'Associazione dei Familiari delle Vittime delle Strage di Bologna ha sempre sostenuto che, come in altre stragi analoghe, chi posizionò la bomba era solo un esecutore di ignoti mandanti. Il presidente dell'associazione, l'on. Paolo Bolognesi, ha affermato che essi vanno cercati nelle istituzioni dell'epoca e in gruppi come la P2.[5] Egli afferma che Licio Gelli diede 10 milioni di dollari a persone dei servizi segreti e ad appartenenti all'Organizzazione Gladio, prima e dopo il 2 agosto 1980.[57] L'Associazione Familiari delle Vittime respinge invece le piste "estere", sia di estrema sinistra e arabe, sia quelle che coinvolgono i servizi segreti dei paesi NATO, affermando che la strategia della tensione fu ideata da mandanti italiani (persone che stavano "nel cuore delle istituzioni"), per mantenere il potere in maniera autoritaria.[5] Bolognesi afferma che Fioravanti e Mambro negano la strage (sia come effettivo attentato, sia come incidente o errore[58]), nonostante l'ammissione di tutti gli altri omicidi, perché troppo infamante e diversa dagli obiettivi e dal messaggio di lotta armata contro lo Stato (a differenza dello stragismo del vecchio neofascismo) che i NAR volevano rappresentare, quando cominciarono la loro attività.[59] I NAR avrebbero collaborato non per motivi ideologici (come avevano fatto le precedenti organizzazioni armate di estrema destra), ma perché ricompensati con una contropartita, in collusione con la criminalità organizzata e le strutture segrete deviate, della quale avrebbero agito come semplice sicari e ultimo anello della catena.[60]
Sempre Bolognesi ha dato alle stampe, con Roberto Scardova, il libro Stragi e mandanti. Sono veramente ignoti gli ispiratori dell'eccidio del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna? (2012) in cui viene ipotizzata un'unica strategia anticomunista internazionale, attuata in Grecia con la dittatura dei colonnelli, in Italia con la strategia della tensione, comprendente falsi golpe di avvertimento e reali stragi, di cui Bologna fu il culmine, e in America latina con i colpi di stato (Cile, dittatura argentina appoggiata dalla P2, ecc.) dell'Operazione Condor (della quale l'Operazione Gladio fu l'equivalente europea), con mandanti originari uomini dei servizi segreti anglo-americani, importanti politici stranieri e, localmente, italiani. La strategia della tensione sarebbe partita da prima della fine della seconda guerra mondiale con la costituzione, in ambito fascista, della struttura parastatale denominata Noto Servizio o "Anello", il cui capo durante la Repubblica, secondo quanto detto anche da Licio Gelli, sarebbe stato Giulio Andreotti. Lo stragismo avrebbe quindi da sempre usato manovalanza neofascista, neonazista, criminali comuni e mafiosi e avrebbe goduto di finanziamenti esterni provenienti dall'estero (sia dalla NATO, sia dal petrolio della Libia di Gheddafi, in affari segreti con i governi di Andreotti e con l'ENI di Eugenio Cefis) e da faccendieri italiani.[61]
Ipotesi alternative alla sentenza giudiziaria
A causa del protrarsi negli anni delle vicende giudiziarie e dei numerosi comprovati depistaggi, intorno ai veri esecutori e ai mandanti dell'attentato si sono sempre sviluppate numerose ipotesi e strumentalizzazioni politiche divergenti dai fatti processuali che hanno portato alle condanne definitive dei presunti esecutori materiali della strage.
I due punti chiavi delle tesi di chi non accetta la versione ufficiale sono le stranezze del racconto di Sparti (il citato "vestito tirolese" di Fioravanti; qualcuno ha fatto notare l'incongruenza e la stranezza che due ricercati usassero un travestimento così visibile e facile da notare - non c'erano comitive di turisti tedeschi e austriaci vestiti così in stazione - accusando che potessere essere una messa in scena per incastrare il neofascista Fioravanti, come venne fatto con l'anarchico Pietro Valpreda per la strage di piazza Fontana nel 1969) e il depistaggio verso la pista neofascista, che avrebbe avuto poco senso se la strage era davvero neofascista (cosiddetta "tesi dell'inpistaggio").[62]
Nel maggio 2007 il figlio di Massimo Sparti (malvivente legato alla banda della Magliana, gruppo criminale coinvolto nella strategia della tensione e nei depistaggi, e principale accusatore di Fioravanti e Mambro) dichiara «mio padre nella storia del processo di Bologna ha sempre mentito».[63]
Il terzo condannato, Ciavardini, venne invece accusato da Angelo Izzo, criminale pluriomicida noto come "il mostro del Circeo", spesso rivelatosi inattendibile.[64] Il 19 agosto 2011 la Procura di Bologna pone sotto indagine due terroristi tedeschi, Thomas Kram e Christa Margot Frohlich, entrambi legati al gruppo del terrorista Carlos, i quali risulterebbero presenti a Bologna il giorno dell'attentato, seguendo così la pista del terrorismo palestinese e/o mediorientale, mai accettata dal presidente dell'Associazione famigliari vittime Paolo Bolognesi e invece ripetutamente riproposta da Francesco Cossiga.[65]
Anche persone appartenenti ad aree opposte rispetto alla destra hanno espresso dei dubbi sulla verità emersa dalle indagini giudiziarie. Ad esempio, il giornalista Andrea Colombo, ex militante del movimento Potere Operaio e poi senatore di Rifondazione Comunista, si espresse così riguardo alla sentenza sui tre neofascisti:
Oltre a Cossiga, Pellegrino e Colombo, esiste un movimento innocentista che afferma che Mambro, Fioravanti e Ciavardini non siano colpevoli della strage; in una sede romana dell'associazione di sinistra ARCI, nacque nel 1994 il Comitato "E se fossero innocenti?", ad opera di personalità politiche e culturali di estrazione diversa, quali Elio Vito[67], Liliana Cavani[67], Giovanni Negri[67], Marco Taradash[67], lo stesso Andrea Colombo[67], Giovanni Minoli[67], Sandro Curzi[67], Oliviero Toscani[67], Giampiero Mughini.[68] Dubbi - a vario titolo - sulla sentenza sono stati espressi da Marco Pannella[69], Sergio D'Elia, Luca Telese[70], Andrea Camilleri[71], Paolo Mieli, Furio Colombo, Marcello De Angelis, Rossana Rossanda, Luigi Manconi, Enzo Fragalà, Enzo Raisi, Ersilia Salvato, Luigi Cipriani, Ennio Remondino (giornalista che scoprì che la cartella clinica di Sparti era andata distrutta), Sandro Provvisionato, Adriano Sofri, Gabriele Adinolfi, Gianfranco Fini, Paolo Guzzanti, Daniele Capezzone, le ex terroriste delle BR Anna Laura Braghetti e Barbara Balzerani[72], Gianni Alemanno, Massimo Fini[73], Giovanni Spadolini, Ugo Volli[74], Deborah Fait[75], Leonardo Sciascia[76], Magdi Allam[77] e dal giudice Rosario Priore.[78][73]
Lo stesso Valerio Fioravanti ha affermato che
L'ipotesi di Licio Gelli
Licio Gelli ha dichiarato che crede che la strage sia dovuta a un mozzicone di sigaretta che cadendo accidentalmente su dell'esplosivo o in una caldaia, e ne ha causato la detonazione[80]. Paolo Bolognesi ha affermato invece che la natura dell'esplosivo ritrovato, che è inerte se non azionato da un detonatore, impedisce e rende del tutto inverosimile questa ipotesi.[5]
Ipotesi della ritorsione della NATO
Oltre al citato depistaggio su Ustica, forse ad opera dei servizi segreti, c'è chi ipotizza una ritorsione.[53] È da tenere in considerazione il fatto che il 27 giugno 1980, ovvero 35 giorni prima della strage della stazione, da Bologna era partito l'aereo DC9 Itavia volo IH870 per Palermo, che fu misteriosamente abbattuto al largo di Ustica provocando la morte di 81 persone. Le versioni ufficiali hanno sempre tenuto le due stragi separate al punto che tuttora per l'opinione pubblica italiana i due fatti appaiono slegati da qualsiasi fattore o nesso comune. Esiste tuttavia, per alcuni, la possibilità che alcuni servizi segreti (CIA, Mossad) avessero provocato la strage di Bologna al fine di mettere sotto pressione il governo italiano e il suo filoarabismo ("lodo Moro"), in quanto considerato ambiguo e controproducente agli interessi atlantici. Tale filoarabismo dello Stato italiano avrebbe suggerito la protezione del Colonnello Gheddafi nel presumibile attacco subito nei cieli di Ustica il 27 giugno di quella stessa estate. Questo spiegherebbe la copertura successiva e la deviazione delle indagini sulla strage da parte dello Stato italiano. Tale ipotesi deriva principalmente dalla tesi del terrorista Carlos e di alcuni suoi compagni di lotta.[81]
Dalla sua cella, a Parigi, Carlos, pseudonimo del terrorista filo palestinese Ilich Ramírez Sánchez, affermò che «la commissione Mitrokhin cerca di falsificare la storia» e che «a Bologna a colpire furono CIA e Mossad», con l'intento di punire e ammonire l'Italia per i suoi rapporti di fiducia reciproca con l'OLP, che si era segretamente impegnato a non colpire l'Italia in cambio di una certa protezione.[82] Carlos ha poi cambiato più volte versione, affermando che il movente era distruggere un carico di armi palestinesi e dare la colpa a loro, poi dichiarando che il Mossad e la Cia non c'entrano, né c'entrano i neofascisti, ma la colpa è di Gladio e dei servizi segreti militari americani.[83] In un allegato pubblicato in fascicoli del settimanale di destra L'Italia Settimanale viene fornita una particolare ipotesi sulla strage; viene accomunata alla strage di Ustica (ne viene definita letteralmente il "bis"); poi viene paragonata al caso di Enrico Mattei e al caso Moro. Il testo prosegue con
Senza contestare le sentenze giudiziarie che hanno riconosciuto gli esecutori materiali, il testo vuole indicare alcuni possibili mandanti internazionali.[84]
Antonino Arconte, militare ed ex agente segreto di Gladio con il numero G-71, ha affermato il collegamento tra Ustica e Bologna (in molti documenti che sono stati dichiarati "un falso" dal SISMI, sollecitato da Giulio Andreotti), sostenendo l'innocenza di Mambro e Fioravanti, definiti "capri espiatori" per persone coperte dal segreto di stato.[85] Le sue rivelazioni sono state riprese da alcune pubblicazioni di ambiente eterodosso e accusato di complottismo, ma anche in relazione al caso Moro, come nel libro dell'ex magistrato Ferdinando Imposimato, I 55 giorni che hanno cambiato l'Italia.[86] Sempre Imposimato, in altre opere e dichiarazioni afferma però che Fioravanti è colpevole, e potrebbe aver agito come agente di Gladio[23]; indica poi come mandante di tutte le stragi il cosiddetto gruppo Bilderberg, un noto argomento di teoria del complotto.[87]
Il gruppo di "Carlos" e la "pista palestinese" del FPLP
Stando quanto riportato dai media nel 2004 e ripreso nel 2007[88] (ribadito poi nell'autobiografia La versione di K), Francesco Cossiga, in una lettera indirizzata a Enzo Fragalà (misteriosamente assassinato nel 2010), capogruppo di Alleanza Nazionale nella commissione Mitrokhin (che si occupava del noto archivio di documenti del KGB sovietico) - il cui presidente, Paolo Guzzanti, si trovò poi d'accordo con le rivelazioni di Cossiga - ipotizza un coinvolgimento palestinese (per mano del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e del gruppo tedesco Separat di Ilich Ramírez Sánchez, noto come "comandante Carlos", venezuelano filopalestinese e insignito della cittadinanza onoraria di Palestina dal leader OLP Yasser Arafat, secondo le sue affermazioni) dietro l'attentato.[89]
L'ipotesi dell'"incidente"
Nel 2008 Cossiga ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera in cui ribadiva la sua convinzione secondo cui la strage non sarebbe da imputarsi al terrorismo nero, ma ad un "incidente" di gruppi della resistenza palestinese operanti in Italia; il compound B, l'esplosivo al tritolo e T4 non può detonare accidentalmente, occorre comunque un innesco per le gelatine esplosive, di cui la bomba era composta in parte maggiore. Si dichiara altresì convinto dell'innocenza di Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti.[3]
Il "lodo Moro" e la possibile ritorsione
Un'ipotesi nota riguarda il cosiddetto "lodo Moro", del quale parla anche lo stesso Aldo Moro nel memoriale della prigionia, riguardante un accordo segreto con la dirigenza palestinese, trattato dal colonnello del SISMI Stefano Giovannone. Tra il 1999 e il 2006, durante i lavori istruttori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi (XIII legislatura, 1996-2001) e poi della Commissione d'inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l'attività d'intelligence italiana (XIV legislatura, 2001-2006) sono emersi elementi inediti sui collegamenti internazionali del terrorismo italiano e sulle reti dei servizi segreti dell'ex blocco sovietico e dei principali Paesi arabi come Siria, Libano, Libia, Yemen del Sud e Iraq, una rete di rapporti accennati anche, ad esempio, nel cosiddetto "olografo Senzani", un biglietto manoscritto ritrovato nei documenti delle BR.[90] Il capo brigatista Giovanni Senzani attribuirebbe, probabilmente secondo quanto riferito da Abu Ayad (un membro del gruppo terroristico Settembre Nero), la strage (assieme all'attentato alla sinagoga di Parigi e quello alla SIOT di Trieste) alla regia del KGB, che tramite la STASI (polizia politica della Germania Est) finanziava il gruppo di Carlos e la causa palestinese del FPLP[91]:
Grazie a queste informazioni è stato possibile riannodare i fili di una trama occultata per 25 anni e scoprire i punti nevralgici di uno dei segreti più sensibili della Repubblica: gli accordi con la dirigenza palestinese (il cosiddetto «lodo Moro», che prevedeva nessun coinvolgimento diretto dell'Italia in attentati palestinesi in cambio di libero accesso al territorio da parte dei gruppi anti-israeliani legati all'OLP; in più i paesi arabi avrebbero garantito adeguato afflusso di petrolio per l'ENI); i retroscena del traffico di armi tra l'Fplp e l'Italia (e l'origine militare, occidentale o sovietica, dell'esplosivo usato a Bologna); le minacce al governo italiano per il sequestro dei missili di Ortona e l'arresto del capo dell'Fplp in Italia Abu Anzeh Saleh; i legami di Abu Anzeh Saleh con il terrorista internazionalista Ilich Ramírez Sánchez, detto Carlos; l'allarme dell'antiterrorismo italiano ai servizi segreti tre settimane prima della strage; il fallimento delle manovre della nostra intelligence per evitare l'azione ritorsiva; l'arrivo in Italia il 1º agosto 1980 del terrorista tedesco Thomas Kram legato al gruppo Carlos e ai palestinesi, e presente a Bologna il giorno della strage (poi rifugiatasi temporaneamente a Berlino Est il 5 agosto), possibile ritorsione per la rottura del lodo Moro. Il depistaggio del SISMI sarebbe stato atto a coprire gli accordi segreti italo-palestinesi. A fronte di queste evidenze, il 17 novembre 2005 la procura bolognese apre un procedimento contro ignoti (7823/2005 RG)[92].
Mino Pecorelli, il giornalista misteriosamente assassinato nel 1979, parla del lodo Moro commentando le parole del leader democristiano in una lettera a Flaminio Piccoli, in cui Moro afferma che
Il lodo Moro sarebbe stato coperto dai depistaggi in altre situazioni, come nel caso dei giornalisti Graziella De Palo e Italo Toni, scomparsi e probabilmente rapiti e poi assassinati (forse dalla frangia OLP-Fplp di George Habbash) in Libano il 2 settembre 1980, mentre indagavano a Beirut sui legami tra servizi segreti, terrorismo e organizzazioni palestinesi.[94] Cossiga afferma che lo stesso Habbash gli mandò un telegramma dopo il sequestro dei missili di Ortona nella macchina di Daniele Pifano, leader di Autonomia Operaia, per avvisarlo che l'Italia stava rompendo l'accordo e violando i patti.[95] Il terrorismo arabo-palestinese si rese responsabile di due stragi sul territorio italiano, entrambe a Fiumicino: nel 1973 (prima della stipula dell'accordo) e nel 1985 (dopo la rottura). Inoltre nel 1984 (15 febbraio), su richiesta dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, con la quale i brigatisti collaboravano da anni, le BR-PCC uccisero a Roma Leamon Ray Hunt, il comandante in capo della Sinai Multinational Force and Observer Group.[96] Occorre ricordare che Carlos lo Sciacallo fu anche responsabile di alcune bombe in Francia, come rappresaglia per l'arresto della sua prima moglie e di altri militanti (il che non rende inverosimile la vendetta per il sequestro dei missili e l'arresto di Abu Anzeh Saleh), e che egli stesso, pur essendo condannato per 11 omicidi, ha riconosciuto di aver causato più di 1000 vittime, di cui 200 come "danni collaterali"; a differenza delle BR o dei NAR, che colpivano obiettivi precisi e rivendicavano il tutto, l'associazione Separat-FPLP non esitava nel colpire anche persone che erano, dal loro punto di vista, innocenti conclamati, pur di raggiungere l'obiettivo "rivoluzionario" (o per semplice ritorsione, come le bombe sui TGV francesi e l'attentato della stazione Saint-Charles di Marsiglia).[97]
I magistrati titolari dell'indagine, sempre secondo Paolo Bolognesi, stavano andando già nel 2013-14 verso l'archiviazione della pista tedesco-palestinese[57], cosa avvenuta, pur con qualche dubbio da parte della procura sulla presenza di Kram a Bologna, nel febbraio 2015.[98]
Ricostruzione dei fatti in breve (pista alternativa)
Questa pista è stata anche collegata da alcuni, come Enzo Raisi (parlamentare di AN, poi di Futuro e Libertà, che il 2 agosto stava per partire per il servizio militare proprio da Bologna ed era nei pressi della stazione quando scoppiò l'ordigno, evitando per pochi minuti di rimanerne possibile vittima[99]) nel libro Bomba o non bomba, con la morte nella strage del giovane comunista Mauro Di Vittorio, affermando che potesse essere un ignaro o incauto portatore di un ordigno che non era destinato a Bologna.[100][101] La bomba sarebbe stata destinata ad un obiettivo più simbolico per la causa palestinese, come accadde con le due stragi di Fiumicino (in cui si colpirono, tra le vittime, alcuni italo-israeliani), ma per un errore (o cambio di programma) sarebbe stato fatto detonare durante il trasporto, secondo Cossiga, mentre secondo l'archivio Mitrokhin Bologna sarebbe stata l'obiettivo fin da subito.[101] Nel citato libro di Enzo Raisi, si ricostruisce la possibile vicenda, seguendo la tesi innocentista sui NAR proposta da Cossiga e dai documenti della Commissione Mitrokhin[102]:
- la bomba, ordinata dai palestinesi del FPLP (dalla frazione di George Habbash) e da Carlos del gruppo Separat, doveva esplodere in un obiettivo sensibile, con molte vittime israeliane o militari della NATO, oppure su un treno nei pressi di Roma[103]
- Carlos ne incaricò Thomas Kram (la cui presenza è accertata da alcuni documenti in un albergo di Bologna quel giorno, nonostante lui neghi) e altri membri di Separat come Christa Frohlich (che alloggiava all'Hotel Jolly di fronte alla stazione, e fu vista con una grossa valigia)[103][104]
- per un errore di impostazione del timer e dell'innesco, di comunicazione o un sabotaggio (Carlos afferma che il carico di armi e tritolo era destinato alla resistenza palestinese, ma venne fatto esplodere appositamente dall'Organizzazione Gladio e dai servizi segreti della NATO[105]), esplose a Bologna (in alternativa per ritorsione alla rottura del lodo Moro)[103]
- il portatore disattento della bomba non è stato identificato poiché il suo corpo sarebbe stato completamente disintegrato dall'improvvisa deflagrazione ravvicinata[103]
- Kram allora fuggì immediatamente a Berlino Est, mettendosi sotto la protezione della DDR (ufficialmente andò ad un incontro con altri elementi del gruppo di estrema sinistra)[103]
- i servizi segreti e la Gladio incaricarono la P2 di dirigere il depistaggio che portasse alla pista del neofascismo, attribuendo all'ormai scoperta strategia della tensione l'attentato, prima ad Avanguardia Nazionale, poi ai NAR; Cossiga stesso puntò con decisione la pista nera, per poi abbandonarla molti anni dopo, quando la situazione si era calmata; difatti la priorità sarebbe stata innanzitutto di nascondere il lodo Moro, in quanto accordo segreto e illegale con l'OLP di Arafat, e salvare le apparenze[103]
- l'assassinio della De Palo e di Toni in Libano è parte del depistaggio; sarebbe stato compiuto dal FPLP e dai servizi segreti italiani per coprire il secondo scandalo (dopo Ustica) che, nel giro di un mese, aveva messo in imbarazzo i servizi segreti militari, causando immani stragi di cittadini, tuttalpiù che Bologna nuoceva anche alla causa dei palestinesi stessi, in quanto città tradizionalmente di sinistra e filo-palestinese[103]
La pista libica e il possibile coinvolgimento di Gheddafi
C'è anche chi pensa che la Libia stessa abbia avuto una larga parte nella strage di Bologna quale ritorsione per l'attacco al Colonnello Gheddafi avvenuto presumibilmente a Ustica il 27 giugno del 1980, forse ad opera di forze anglo-francesi.[106] L'attacco sarebbe fallito perché il colonnello fu avvisato, come avverrà con Bettino Craxi che salverà Gheddafi dal bombardamento aereo su Tripoli del 1986, da qualche personaggio importante della politica italiana.
Ustica e la Libia
In questa occasione aviazioni NATO avrebbero lanciato, col consenso del governo italiano che non si occupò di vigilare sulle rotte civili, un missile che appunto non colpì Gheddafi, ma un caccia libico (ritrovato in Calabria) e l'aereo DC9 Itavia. Poco più di un mese dopo, proprio il 2 agosto, l'Italia, alla Valletta, firmò un accordo per proteggere Malta da possibili attacchi libici, nell'ambito della crisi Malta-Libia. Il rais libico, presente, avrebbe minacciato il diplomatico Giuseppe Zamberletti dicendo che "fra poco gli italiani conosceranno il significato della parola terrore". Le minacce libiche, proferite poche ore prima dello scoppio della bomba, sono state confermate anche dallo stesso diplomatico. Bologna era anche il luogo da cui era partito l'aereo abbattuto a Ustica.[107][108]
Nel 1999 il collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo (ex mafioso di Altofonte), interrogato dal giudice Rosario Priore, dichiarò che, quando era detenuto in Inghilterra per traffico di droga, il suo compagno di cella era «il braccio destro di un colonnello siriano che si stava esercitando in Libia nel 1980» che gli confidò che la strage di Bologna era stata compiuta dai servizi segreti libici «per ripicca contro i servizi italiani che avevano aiutato gli americani», i quali volevano abbattere l'aereo sul quale viaggiava Gheddafi, sfociando appunto nella strage di Ustica[109].
Il depistaggio "petrolifero"
Giovanni Spadolini si dichiarò convinto della pista libica, in un'interrogazione parlamentare del 4 agosto[110], quando si capì che era detonata una bomba e non una caldaia, ma Cossiga dichiarò subito la strage come "fascista", apparentemente senza prove certe (all'epoca di questa affermazione), ritrattando alcuni anni dopo accusando il terrorismo palestinese. Lo stesso depistaggio dei servizi segreti e della P2, sarebbe servito ad indicare la pista del fascismo, anche se non quella dei NAR ma quella "internazionale", per scagionare la Libia ed evitare incidenti diplomatici, poiché Gheddafi aveva importanti partnership commerciali e petrolifere con l'ENI e la FIAT, nonché quote di partecipazioni azionarie. Il leader libico coltivava anche buoni rapporti con Giulio Andreotti. L'ex spia e faccendiere Francesco Pazienza, condannato a 13 anni per i depistaggi verso la pista neofascista, ha sostenuto questa tesi in interviste concesse dopo la scarcerazione, affermando che anche il procuratore Domenico Sica propose la pista libica, rivelando il motivo per cui Gelli volle depistare, e cioè la difesa degli interessi finanziari e petroliferi italiani con il regime di Gheddafi[111], poiché "coinvolgerla (la Libia)", sempre secondo la "confessione" dell'ex agente nell'intervista a Milena Gabanelli, «in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e per l'Eni».[112][113]
Analogia nel tipo delle bombe
Thomas Kram nel periodo 1979-1983 ebbe rapporti con il colonnello Gheddafi e lavorò con i servizi segreti della Jamahiyria e inoltre si sa che due ex-agenti della CIA, Frank Terpil e Ed Wilson, avevano probabilmente venduto del T4 (esplosivo al plastico, usato anche a Bologna) e alcuni timer a Gheddafi nel 1977.[114][115] Il terrorismo libico colpirà molto negli anni successivi: le bombe sul TGV in Francia nel 1983 (posta da uomini di Carlos), la bomba nella Discotheca “La Belle” in Germania nel 1986, la strage di Lockerbie nel 1988 (anche qui una bomba al plastico), oltre all'attacco missilistico su Lampedusa.[114]
Bologna e Lockerbie
La bomba al tritolo di Bologna - di fabbricazione militare - sarebbe stata posta da agenti segreti libici come quella della strage di Lockerbie del 1988 (270 vittime), in cui è riconosciuta la responsabilità del governo di Tripoli e di un suo agente, Abd el-Basset Ali al-Megrahi[116] che la attuò, probabilmente, per vendicare un abbattimento per errore di un aereo di linea della Repubblica Islamica dell'Iran, con cui la Libia aveva un'alleanza strategica, causato dall'aviazione statunitense), o dal citato Thomas Kram del gruppo filopalestinese e filoarabo di Carlos, che fu collaboratore anche dei libici. La tesi è sostenuta anche da uno dei condannati per la strage, Valerio Fioravanti, ma anche da elementi dissociati delle Brigate Rosse[117][90], mentre Cossiga affermò invece che Gheddafi non era coinvolto.[118] Gheddafi si fece anche promotore di un lancio di missili contro il territorio italiano nel 1986, prima della distensione degli anni '90. Peraltro la NATO ufficialmente avversava Gheddafi come nemico globale n.1, e quindi anche l'Italia era tenuta a farlo, ma i produttori di armi italiani trafficavano anche in armamenti ed esplosivi con la Jamahiyria (la Libia aveva molti rapporti di questo tipo anche con l'URSS).[119][120] Anche gli stessi NAR, condannati come esecutori materiali, professavano una posizione di anti-imperialismo (vedere i rapporti tra NAR e Terza Posizione[121]), come gli stessi libici. Parte degli archivi di Gheddafi, contenenti forse informazioni sui finanziamenti e i coinvolgimenti del regime di Tripoli con il terrorismo internazionale e gli accordi petroliferi occulti, sono stati ritrovati, mentre parte sono andati persi durante la guerra civile libica e con la morte del rais stesso durante questo conflitto.[122][123]
Il punto debole della teoria è che Gheddafi non rivendicò l'attentato, mentre sfidò apertamente persino gli Stati Uniti in altre occasioni. Tuttavia, nemmeno la strage di Lockerbie venne rivendicata, benché sia accertata la colpevolezza dei libici, e così sarà anche per la bomba di Berlino, anche se i libici, messi alle strette, si offriranno negli anni 2000 di pagare un risarcimento danni alle vittime e ai parenti.[124]
Vittime
Nazionalità[125] | Vittime |
---|---|
Italia | 77 |
Germania Ovest | 3 |
Regno Unito | 2 |
Spagna | 1 |
Francia | 1 |
Giappone | 1 |
Le vittime furono 85, la più giovane di 3 anni (Angela Fresu) e la più vecchia di 86 anni (Antonio Montanari). Qui sotto un elenco dei nomi, seguiti dall'età.
- Antonella Ceci, 19
- Angela Marino, 23
- Leo Luca Marino, 24
- Domenica Marino, 26
- Errica Frigerio, 57
- Vito Diomede Fresa, 62
- Cesare Francesco Diomede Fresa, 14
- Anna Maria Bosio, 28
- Carlo Mauri, 32
- Luca Mauri, 6
- Eckhardt Mader, 14
- Margret Rohrs, 39
- Kai Mader, 8
- Sonia Burri, 7
- Patrizia Messineo, 18
- Silvana Serravalli, 34
- Manuela Gallon, 11
- Natalia Agostini, 40
- Marina Antonella Trolese, 16
- Anna Maria Salvagnini, 51
- Roberto De Marchi, 21
- Elisabetta Manea, 60
- Eleonora Geraci, 46
- Vittorio Vaccaro, 24
- Velia Carli, 50
- Salvatore Lauro, 57
- Paolo Zecchi, 23
- Viviana Bugamelli, 23
- Catherine Helen Mitchell, 22
- John Andrew Kolpinski, 22
- Angela Fresu, 3
- Maria Fresu, 24
- Loredana Molina, 44
- Angelica Tarsi, 72
- Katia Bertasi, 34
- Mirella Fornasari, 36
- Euridia Bergianti, 49
- Nilla Natali, 25
- Franca Dall'Olio, 20
- Rita Verde, 23
- Flavia Casadei, 18
- Giuseppe Patruno, 18
- Rossella Marceddu, 19
- Davide Caprioli, 20
- Vito Ales, 20
- Iwao Sekiguchi, 20
- Brigitte Drouhard, 21
- Roberto Procelli, 21
- Mauro Alganon, 22
- Maria Angela Marangon, 22
- Verdiana Bivona, 22
- Francisco Gómez Martínez, 23
- Mauro Di Vittorio, 24
- Sergio Secci, 24
- Roberto Gaiola, 25
- Angelo Priore, 26
- Onofrio Zappalà, 27
- Pio Carmine Remollino, 31
- Gaetano Roda, 31
- Antonino Di Paola, 32
- Mirco Castellaro, 33
- Nazzareno Basso, 33
- Vincenzo Petteni, 34
- Salvatore Seminara, 34
- Carla Gozzi, 36
- Umberto Lugli, 38
- Fausto Venturi, 38
- Argeo Bonora, 42
- Francesco Betti, 44
- Mario Sica, 44
- Pier Francesco Laurenti, 44
- Paolino Bianchi, 50
- Vincenzina Sala, 50
- Berta Ebner, 50
- Vincenzo Lanconelli, 51
- Lina Ferretti, 53
- Romeo Ruozi, 54
- Amorveno Marzagalli, 54
- Antonio Francesco Lascala, 56
- Rosina Barbaro, 58
- Irene Breton, 61
- Pietro Galassi, 66
- Lidia Olla, 67
- Maria Idria Avati, 80
- Antonio Montanari, 86
Associazione dei familiari delle vittime
L'Associazione dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 si costituì il 1º giugno 1981 allo scopo di "ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta"; costituita inizialmente da 44 persone, il numero di associati crebbe fino ad arrivare a 300 elementi.
L'Associazione negli anni successivi alla strage è rimasta attiva, tanto per il ricordo della strage quanto per proporre iniziative che si sono affiancate alle indagini; con scadenza quadrimestrale i componenti sono soliti recarsi presso il tribunale, al fine di incontrare i magistrati inquirenti e, esaurito l'incontro, indicendo una conferenza stampa a scopo informativo sullo stato delle cose.
Il 6 aprile 1983, l'Associazione, assieme alle Associazioni delle vittime delle stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia e del treno Italicus, costituì, con sede a Milano, l'Unione dei Familiari delle Vittime per Stragi[126].
Declassificazione degli atti
Con una direttiva del 22 aprile 2014, tutti i fascicoli relativi a questa strage non sono più coperti dal segreto di Stato e sono perciò liberamente consultabili da tutti.[127]
Responsabilità civile e penale
Responsabilità penale
I due terroristi Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, neofascisti, ex NAR, sono stati riconosciuti definitivamente colpevoli - assieme a Luigi Ciavardini - per la bomba del 2 agosto 1980 che uccise 85 persone alla Stazione di Bologna.[128]
Responsabilità civile e risarcimento danni
Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro per la strage dovranno risarcire due miliardi, 134 milioni, 274 mila, 7 euro e due centesimi. Più gli interessi, dalla sentenza al saldo effettivo. Più 22.500 euro di spese di processo.[129]
Commemorazioni
Il 2 agosto è considerata la giornata in memoria di tutte le stragi, e la città di Bologna con l'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 organizzano ogni anno un concorso internazionale di composizione musicale con concerto in Piazza Maggiore.
Per ricordare la strage, nella ricostruzione dell'ala della stazione distrutta è stato creato uno squarcio nella muratura. All'interno, nella sala d'aspetto, è stata mantenuta la pavimentazione originale nel punto dello scoppio. Il settore ricostruito presenta l'intonaco esterno liscio e non "bugnato" come tutto il resto del fabbricato, in modo che sia immediatamente riconoscibile e più visibile. È stato mantenuto intatto uno degli orologi nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, quello che si fermò alle 10:25; qualche tempo dopo la strage l'orologio venne rimesso in funzione,[131][132] ma di fronte a decise rimostranze le Ferrovie convennero sull'opportunità che quelle lancette rimanessero ferme a perenne ricordo.
Il cippo commemorativo nella stazione di Bologna contiene l'elenco delle "vittime del terrorismo fascista". Durante il mandato di Giorgio Guazzaloca, sindaco di Bologna dal 1999 al 2004, l'esponente locale di Alleanza Nazionale Massimiliano Mazzanti propose al sindaco di non citare più la "matrice fascista" della strage nella commemorazione ufficiale del 2 agosto, anche se confermata con le condanne del 1995.[133] Nonostante le critiche dell'opposizione, il sindaco, pur non ammettendo di aver accolto l'invito che veniva da una parte della sua maggioranza, così fece per tutte e quattro le prime celebrazioni che lo videro protagonista. Dal 2004, invece, il nuovo sindaco, Sergio Cofferati, è tornato a scandire la vecchia formula durante la manifestazione ufficiale.
Il 2 agosto 2010, giorno del trentennale della strage, per la prima volta nessun rappresentante del governo è stato presente alla commemorazione svoltasi dapprima in Comune e successivamente nel piazzale antistante la stazione; rappresentante per lo Stato è stato il prefetto di Bologna, Angelo Tranfaglia[134]. Il 24 settembre 2010 è stata posta sul binario 1 della stazione di Bologna una targa commemorativa con cui Unesco dichiara la Strage parte dei Patrimoines pour une Culture de la Paix Onu-Unesco per la promozione di una cultura di pace anche attraverso i patrimoni culturali locali.
Nell'arte
Cinema e teatro
- Circa un anno dopo la strage, il 31 luglio 1981, Carmelo Bene esegue una "lectura Dantis" di vari canti della Divina Commedia e di due sonetti dedicandola non ai morti, bensì ai feriti della strage.[135]
- Il cortometraggio di Massimo Martelli Per non dimenticare (1992) mostra la vita di diverse persone (interpretate perlopiù da attori famosi, come Giuseppe Cederna, Massimo Dapporto, Giuliana De Sio, etc.) nell'ora immediatamente precedente la strage.
- Il documentario Iltrentasette di Roberto Greco (2005) contiene le testimonianze di diverse persone che presero parte ai soccorsi.
- La strage di Bologna è stata ricordata nel romanzo di Giancarlo De Cataldo Romanzo criminale ed appare nell'omonimo film del 2005 con la regia di Michele Placido, in cui viene fatta intendere la responsabilità di uomini dello Stato. Nel film si vede esplodere l'ala est della stazione, anziché l'ala ovest come realmente accadde. L'omonima serie televisiva, trasmessa prima da SKY Cinema 1 e successivamente da Italia 1, ne ha fatto il soggetto dell'undicesima puntata, seguendo la tesi della connivenza dei servizi segreti con gli autori della strage.
- Il tragico evento viene ricordato anche nel film Da zero a dieci di Luciano Ligabue (2002), nel quale Libero, uno dei quattro protagonisti, rivela che un suo amico ha perso la vita, essendo rimasto coinvolto nell'esplosione mentre si trovava alla stazione di Bologna.
- Il regista Filippo Porcelli ha dedicato tre film alla memoria del 2 agosto 1980:
- Il narratore Daniele Biacchessi, racconta la strage alla stazione di Bologna negli spettacoli La storia e la memoria e Il paese della vergogna con il gruppo Gang.
- Il film del 2010 L'estate di Martino, di Massimo Natale, ricorda nel finale la strage alla stazione, anche se indirettamente, poiché tutta la negatività delle ore 10:25 viene convogliata sul protagonista che muore, lasciando scorrere senza alcuna esplosione il momento fatidico delle 10:25 a Bologna.
- Il documentario del 2011, ispirato all'omonimo libro, Giusva, la vera storia di Valerio Fioravanti, racconta la versione di uno dei tre condannati per la strage.
- Il documentario del 2012 Un solo errore – Bologna, 2 agosto 1980, di Matteo Pasi, riporta le testimonianze di alcuni sopravvissuti, parenti delle vittime, soccorritori, rilasciate trenta anni dopo il fatto, oltre a interviste a magistrati, giornalisti ed in particolare una a Licio Gelli,[136].
- Nel 2013 Pupi Avati ricorda la strage del 2 agosto nella miniserie televisiva Un matrimonio con Micaela Ramazzotti e Flavio Parenti.
- Il film del 2014 Bologna 2 agosto... I giorni della collera di Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio, si concentra sulla storia dei NAR e sulla strage di Bologna.
Musica
- Fabrizio De André, Se ti tagliassero a pezzetti. C'è un velato riferimento alla strage nel testo scritto con Massimo Bubola e presente nell'album detto L'indiano (1981)[137]: "T'ho incrociata alla stazione / che inseguivi il tuo profumo / presa in trappola da un tailleur grigio fumo / i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino / camminavi fianco a fianco al tuo assassino".
- Francesco Guccini, Bologna (dall' album Metropolis del 1981). Il cantautore tosco-emiliano, alludendo alla strage, descrive una "Bologna capace di vita, capace di morte".
- Pierangelo Bertoli, Nicolò (dal 33 giri Album pubblicato nel 1981). Bertoli cita il tragico evento nei versi: "Col fiato sospeso nel fuoco e nel fumo / Bologna si staglia sfinita".
- Giorgio Gaber, Qualcuno era comunista (1992). C'è un riferimento esplicito, come per altre stragi del periodo: "Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica, eccetera, eccetera, eccetera".
- Frankie hi-nrg MC, Fight da Faida
- I Fratelli di Soledad, Brescia Bologna Ustica
- Daniele Silvestri, La bomba (dall'album Il dado, 1996)
- Lucilla Galeazzi, Per Sergio
- Paolo Fiorucci, Dieci e venticinque (Bologna)
- Oblivion, La stazione di Bologna
- Offlaga Disco Pax, Sensibile
- Lo Stato Sociale, Linea 30
Letteratura
- Nel 2010 viene ripubblicato il libro Strage di Loriano Macchiavelli (Einaudi editore). Il romanzo era già uscito nel 1990 sotto lo pseudonimo di Jules Quicher, per l'editore Rizzoli, e fu ritirato dalle vendite dopo una settimana in seguito ad una querela. Il romanzo, di stile poliziesco, rappresenta gli avvenimenti della Strage di Bologna e le successive indagini. Nella nota dell'autore viene negato ogni riferimento a personaggi reali.
La sovracoperta dell'edizione Rizzoli del 1990 riproduceva alcune immagini della stazione distrutta, inclusa quella dell'orologio fermo alle 10:25. - Maria Fresu, l'unica vittima di cui non venne ritrovato il corpo perché completamente disintegrato dall'esplosione, viene ricordata nella poesia Il nome di Maria Fresu[138] di Andrea Zanzotto.
- Nel romanzo Il pendolo di Foucault di Umberto Eco si parla a un certo punto di una valigia piena di esplosivo abbandonata su un treno, in transito tra Bologna e Firenze.[139]
- Uno dei racconti[140] della raccolta Bar sport duemila di Stefano Benni si svolge nella stazione di Bologna la mattina della strage e termina un istante prima dell'esplosione.
- Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli, nel libro Appennino di sangue[141], ricordano la strage, seppure indirettamente. I due personaggi principali, infatti, giungono nell'area ovest della stazione di Bologna il due agosto alle ore 10:25.
Opere figurative
- Il 17 agosto 1980 L'Espresso uscì con un numero speciale sulla Strage. In copertina figurava un quadro a cui Guttuso dette lo stesso titolo del quadro di Goya "Il sonno della ragione genera mostri" ed aggiunse la data del 2 agosto 1980.
Note
- ^ a b c d Fioravanti, Mambro e Ciavardini rimangono gli esecutori materiali
- ^ da parte palestinese per la rottura del "lodo Moro" o libica per il presunto attacco contro Gheddafi a Ustica e l'accordo della Valletta, cfr. La minaccia e la vendetta. Ustica e Bologna, un filo tra due stragi di Franco Angeli; o da parte di forze legate alla NATO per collaborazione tra Italia, palestinesi e Gheddafi stesso, cfr. Strage di Bologna, il giudice Rosario Priore: "Chiedete a Carlos, lui potrebbe dire cose che non immaginiamo"
- ^ a b "La strage di Bologna, fu un incidente della resistenza palestinese", Corriere della Sera, 8 luglio 2008
- ^ La strage di Bologna
- ^ a b c d e Antonio Amorosi, Esclusivo, strage di Bologna. Nuova pista per i mandanti
- ^ Bologna, il processo surreale. Troppi dubbi sui neri «colpevoli»
- ^ http://www.internazionale.it/portfolio/la-strage-di-bologna/
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- ^ Filmato "Il Caso della Strage di Bologna" di Carlo Lucarelli - Blu notte, quinta serie, puntata n.6 - 2002.
- ^ La storia d'Italia, Vol. 23, Dagli anni di piombo agli anni 80, Torino, 2005, pag. 587
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- ^ a b La strage di Bologna, Cinquantamila giorni, Corriere della Sera
- ^ I depistaggi per Gheddafi
- ^ l'affare Italia-Libia: dossier
- ^ Milena Gabanelli, "Io, Gelli e la strage di Bologna". Ecco le verità della super-spia
- ^ "SuperSISMI", dodici anni per una verità
- ^ a b c Pellegrino: strage di Bologna, il movente non è credibile
- ^ Sergio Picciafuoco, su cinquantamila.corriere.it
- ^ a b "... si è visto il persistente rapporto fra Delle Chiaie e ambienti della P2 e della massoneria, messo in evidenza non solo da Vincenzo Vinciguerra, ma anche da tutti quegli elementi che legano direttamente il Delle Chiaie al Gelli e cioè i loro contatti in forma telefonica durante la latitanza del Delle Chiaie, di cui parla la Nara Lazzerini ed il loro incontro del 1989 di cui parla il teste Villone, ma soprattutto ben più significativa circostanza che i nomi di entrambi sono stati esclusi dal rapporto definitivo sul golpe Borghese. Non va sottaciuto infine che sia Gelli che Delle Chiaie sono stati infine avvantaggiati da quel complesso di attività di sviamento delle indagini che ha percorso la prima istruttoria e che è ricaduto anche su decisioni giurisdizionali successive. Come ben si vede, come nel caso di Augusto Cauchi, si è giunti a raccogliere un insieme di elementi tale da avvicinarsi notevolmente all'adeguatezza per disporre il rinvio a giudizio. Anche in questo caso, tuttavia, occorre tenere conto delle elusività di Vinciguerra, della mancanza di conferme da parte delle fonti di Angelo Izzo, nonché di alcuni elementi non chiari della deposizione Spiazzi a suo tempo messi in evidenza dalla sentenza ordinanza dei Giudici Istruttori di Bologna del 14.6.1986. Tutto ciò considerato, allo stato degli atti, conviene disporre il proscioglimento di Stefano Delle Chiaie e dell'intera dirigenza di Avanguardia Nazionale dai delitti loro rispettivamente ascritti concernenti la strage di Bologna del 2 agosto 1980 per non aver commesso i fatti.
- ^ Stralcio della sentenza della Corte d'appello per la strage di Bologna
- ^ CONTRIBUTI ALLA VERITA' dai documenti del comitato pro Fioravanti - Mambro
- ^ a b Stralcio della sentenza con interrogatorio di Massimo Sparti
- ^ a b c Ferdinando Imposimato, La repubblica delle stragi impunite, estratto
- ^ 30 anni dopo
- ^ Riccardo Bocca, «Sì, ho visto la Mambro»
- ^ a b Andrea Colombo, Storia nera. Bologna. La verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, 2007, edizioni Cairo, pag. 256-258
- ^ 2 agosto, vacilla il teste chiave. «I documenti falsi? Non c'entro»
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- ^ Gladio, assoluzione per l' ex vertice Sismi: «Non hanno mentito»
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- ^ Recensione a "Stragi e mandanti"
- ^ Dalla Commissione Mitrokhin ai terroristi indagati per la strage di Bologna. Intervista esclusiva all’on. Enzo Raisi
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- ^ Conversazioni settimanali di Marco Pannella
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- ^ Camilleri: Alla ricerca dell’impegno perduto - micromega-online - micromega
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- ^ Gli eroi palestinesi, commenti di U. Volli, D. Fait, F. Steinhaus
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- ^ a b c Bologna, cade anche l’ultimo segreto. L’olografo di Senzani e gli accordi segreti tra Br e palestinesi
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- ^ Dossier
- ^ La strage? Figlia del tradimento del «lodo Moro»
- ^ Sismi, OLP e strage di Bologna: quante bugie su Italo e Graziella
- ^ Renato Farina, Cossiga mi ha detto. Il testamento politico di un protagonista della storia italiana del Novecento, Capitolo "La mezza verità di Carlos", Marsilio, che riprende un articolo di Aldo Cazzullo sul Corriere;
- ^ Il 15 febbraio 1984, a Roma, l'auto blindata del diplomatico statunitense Leamon Ray Hunt, responsabile logistico della forza militare multinazionale dell'ONU nel Sinai, viene raggiunta da vari colpi. Il diplomatico resta ucciso. L'attentato mortale viene rivendicato dalle BR-PCC con un documento nel quale, a fronte del riacutizzarsi delle tensioni internazionali, viene affermata la necessità di un intervento antimperialista. Le FARL (Frazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi) rivendicano l'azione insieme alle BR-PCC. Giorgio Galli, nel suo libro: "Storia del Partito Armato", indica in Maurizio Folini ("Corto Maltese") il tramite per cui le armi dell'OLP e di Muammar Gheddafi giungevano alle BR, circostanza confermata dal terrorista in persona il quale utilizzava la sua barca da diporto per il trasporto del materiale bellico. Secondo un articolo sul Corriere della Sera di Marco Imarisio [1] le BR erano in contatto fin dal 1973 con l'OLP al fine di ricercare un trampolino di lancio sulla scena internazionale. La figura della terrorista palestinese Leila Khaled affascinava addirittura Mara Cagol.
- ^ Parigi, nuovo processo per Carlos lo Sciacallo, il "rivoluzionario di professione"
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- ^ Terza Posizione
- ^ I segreti del raìs. I dossier di Gheddafi che possono ribaltare gli equilibri
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Bibliografia
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- Antonella Beccaria, Riccardo Lenzi. Prefazione di Claudio Nunziata, Schegge contro la democrazia – 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari. Socialmente Editore, 2010
- Carlo Lucarelli, La strage di Bologna in Nuovi misteri d'Italia. I casi di Blu Notte. Torino, Einaudi, 2004. pp. 190 – 213. ISBN 978-88-06-16740-0.
- Alex Boschetti e Anna Ciammitti, La strage di Bologna, fumetto con prefazione di Carlo Lucarelli. Casa editrice Becco Giallo.
- Andrea Colombo, Storia nera. Bologna, la verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, 2007, Cairo publishing.
- Biblioteca di Repubblica: La storia d'Italia, Vol. 23, Dagli anni di piombo agli anni 80, Torino, 2005.
- Patrick Fogli Il tempo infranto, Romanzo, Milano, Piemme, 2010.
- Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro, François de Quengo de Tonquédec, "Dossier strage di Bologna. La pista segreta" Giraldi Editore, Bologna, 2010.
- Valerio Cutonilli "Strage all'italiana", Edizioni Trecento, 2007.
- Fedora Raugei, Bologna, 1980 vent'anni per la verità. Il più grave attentato della storia italiana nella ricostruzione processuale, prefazione di Mario Guarino, Prospettiva, Roma, 2000.
- Gianluca Semprini, La strage di Bologna e il terrorista sconosciuto. Il caso Ciavardini, Bietti, Roma, 2003.
- Enzo Raisi, Bomba o non bomba. Alla ricerca ossessiva della verità, Minerva edizioni, 2005
- Riccardo Bocca, Tutta un'altra strage, Milano, Rizzoli, 2007, ISBN 88-17-01692-6.
- Francesco Cossiga, La versione di K. Sessant'anni di controstoria, Rizzoli, 2009
- Andrea Paolella, Paolo Bolognesi, Roberto Roversi, Gianni D'Elia, Carlo Lucarelli, "La strage dei trent'anni", Clueb, Bologna 2010
Voci correlate
- Affare Maltese
- Anni di piombo
- Attentato della stazione Saint-Charles di Marsiglia
- Banda della Magliana
- Carlos lo sciacallo
- Commissione Stragi
- Francesca Mambro
- Francesco Cossiga
- Giuseppe Valerio Fioravanti
- Iltrentasette
- Libero Mancuso
- Licio Gelli
- Loggia P2
- Nuclei Armati Rivoluzionari
- Organizzazione Gladio
- Pietro Musumeci
- Storia di Bologna
- Strage di Piazza Fontana
- Strage dell'Italicus
- Strategia della tensione in Italia
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Strage di Bologna
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Strage di Bologna
Collegamenti esterni
- Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980
- Testo integrale della sentenza di cassazione del 23 novembre 1995
- Centro di documentazione storico politica su stragismo, terrorismo e violenza politica
- Ricostruzione della vicenda giudiziaria
- (PDF) Lorenzo Matassa, Gian Paolo Pelizzaro, Relazione sul gruppo Separat e il contesto dell'attentato del 2 agosto 1980"
- Bibliografia sulla strage
- Sito ufficiale della Stazione Centrale di Bologna
- blog de "iltrentasette, memorie di una città ferita"
- Concorso 2 agosto (in memoria della strage)
- Osservatorio Democratico
- "REBUS Speciale: Bologna, la strage dai due volti?", video della trasmissione speciale di Odeon tv incentrata sui misteri ancora irrisolti di questa strage.
- "Bologna 2 agosto, 1980. La strage" La Storia Siamo Noi, Rai Educational.
- "10,25 Cronaca di una strage" Racconto di Daniele Biacchessi sulla strage.
- Intervista con Paolo Bolognesi (Presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna)
- Le stragi dell'estate 1980: Bologna e Ustica
- I film di Filippo Porcelli sul 2 agosto 1980