Dialetto tergestino
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Il tergestino è un dialetto estinto del friulano. Era parlato a Trieste fino all’Ottocento, quando fu sostituito dall’attuale triestino, che è un dialetto veneto.
Storia
Il tergestino era parlato a Trieste dalla maggior parte della popolazione fino al 1700. A partire dal Settecento iniziò un rapido processo di sostituzione linguistica che portò alla scomparsa del tergestino ed al prevalere di un dialetto veneto di tipo coloniale: il triestino. La sostituzione avvenne quando Trieste, asburgica dal 1382, divenne un importante porto commerciale (a partire dal 1719) e la sua popolazione passò rapidamente da 6.000 abitanti circa a più di 200.000 abitanti. Tale incremento demografico, dovuto alla massiccia immigrazione da zone di lingua diversa, stravolse il tessuto linguistico di Trieste e portò alla scomparsa del tergestino. Esso sopravvisse fino alla prima metà dell’Ottocento come lingua delle famiglie aristocratiche più antiche della città (chiamate lis tredis fameis).
All’Ottocento risalgono le testimonianze più importanti sulle caratteristiche del tergestino, che si trovano nell'opera "Dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino", raccolta composta da G. Mainati nel 1828.
Nel XX secolo c’è stato un tentativo di rivitalizzazione dl tergestino, con scopi puramente poetico-letterari, da parte di Ivan Crico, che ha composto alcune liriche in tergestino.
Classificazione
Il tergestino era un dialetto friulano affine a quello parlato a Muggia (detto muglisano). Anche il muglisano ebbe una sorte analoga a quella del tergestino, poiché si estinse nell’Ottocento (l'ultimo parlante, Giuseppe de Jurco, morì nel 1889). Non esiste, invece, alcun rapporto tra il tergestino e il successivo dialetto veneto coloniale (triestino attuale). Si noti che Trieste in epoca moderna non è stata parte dei domini della Serenissima, quindi l’affermarsi del dialetto veneto non si accompagnava ad un’influenza di tipo politico.
Estratto linguistico
Parte di un dialogo pubblicato nel 1828.
- Bastian - Quand che ti avaràsto imparà plui bem l’architetura, cognossaràsto mièi, e no favelaràsto cussì.
- Jaco - Aimò impar malapèna i set ordim architetònich.
- Bastian - Zà che imparisto i set òrdim de architetura, dìme, da ze òrdim xem stis colònis?
- Jaco - Del òrdim Corintìo scanelà.
- Bastian - Come cognossisto che lis sèis del òrdim Corintìo?
- Jaco - Dai chiapitièi, che ham lis fòiis come chela planta che se clama acànto.
- [...]
- Jaco - Ze xe scrit intòl pedestàl?
- Bastian - Lèj, e po savàrastu ze che xe scrit.
- Jaco - Numine... Me par che sìis paràulis latìnis, mi no capèss.
- Bastian - Va là, va là, zuss. Lejerài mi. Nùmine sub nostro felìces vìvite cives; arbìtri vestri quidquid habètis, erit.
- Jaco - Ze vol dì?
- Bastian - Aimò te disarài par taliàm. Sòta i nuèstri auspìzj podarèi vive contiènti Tristini, chel che ghavèi sarà uèstro, de podè fà chel che volèi.
Bibliografia
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