Ugo Cavallero
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Ugo Cavallero (Casale Monferrato, 20 settembre 1880 – Frascati, 14 settembre 1943) è stato un generale e politico italiano.
Biografia
Laureato in Matematica a Torino, aveva una buona conoscenza del tedesco. Nel 1907 fu iniziato in Massoneria nella Loggia "Dante Alighieri" di Torino del Grande Oriente d'Italia[1]. Passato in seguito alla Loggia "Nazionale" di Roma, della Serenissima Gran Loggia di Rito scozzese antico ed accettato, il 15 agosto 1918 fu elevato al 33° e massimo grado del rito[2]. Con il grado di capitano del 34° Fanteria, partecipò alla guerra italo-turca, e nella prima guerra mondiale si distinse durante la ritirata di Caporetto, tanto da essere nominato capo dell'Ufficio Operazioni del Comando Supremo. Fu lui, nel 1918, a preparare il piano per la battaglia di Vittorio Veneto, il che gli valse di essere promosso, a soli 38 anni, Generale per meriti eccezionali.
Rappresentò l'Italia presso il Comitato interalleato di Versailles (1919). Nel 1920 lasciò l'Esercito, e fu collocato a domanda in posizione ausiliaria speciale. Divenne direttore generale della Pirelli nonché Sottosegretario al Ministero della Guerra dal maggio 1925 al novembre 1928. Nel 1926 fu nominato Senatore e nel 1928 ebbe il titolo di Conte.
Alla fine del 1928 ritornò alla vita civile, assumendo la presidenza dell’Ansaldo. Richiamato in servizio, venne nominato comandante delle truppe dell'Africa Orientale Italiana dal 1937 al 1939; in quell'anno viene nominato vice presidente della Commissione economica e militare per l’applicazione del Patto d’Acciaio con la Germania. Nel dicembre 1940 è promosso comandante di Corpo d’Armata con retrodatazione al 1934, e comandante designato d’Armata per meriti di guerra. Dal 4 dicembre 1940 all'inizio del 1943 fu capo di Stato Maggiore generale in sostituzione di Pietro Badoglio.
Fu Comandante del gruppo d’armate in Albania in sostituzione del generale Ubaldo Soddu. Venne promosso Maresciallo d'Italia il 1º luglio 1942. Dopo il 25 luglio 1943 Badoglio lo fece arrestare accusandolo di preparare un colpo di Stato fascista; per il suo rango di senatore, gli fu consentito di evitare il carcere e di essere rinchiuso in Palazzo Madama[3]. Successivamente fu liberato per iniziativa di Vittorio Emanuele III, ma venne nuovamente arrestato alla fine di agosto e custodito a Forte Boccea.
A seguito dell'Armistizio di Cassibile e dell'occupazione di Roma da parte dei tedeschi, il 12 settembre 1943 fu liberato e trasferito presso il comando tedesco di Frascati, ove il Feldmaresciallo Albert Kesselring gli propose a nome di Hitler di guidare le forze armate italiane che avessero desiderato continuare la guerra a fianco della Germania; tuttavia Cavallero rifiutò di assumere tale incarico. La mattina del 14 settembre 1943 fu trovato cadavere, con un colpo di pistola alla tempia destra (egli però era mancino), nel giardino dell'albergo Belvedere di Frascati, ove era rimasto "ospite" dei tedeschi: proprio in quella giornata era previsto il suo trasferimento a Monaco di Baviera.[4]
Controversie
Cavallero non si distinse, durante la Seconda guerra mondiale, né per capacità militari (fu quasi sempre lontanissimo sia dal fronte libico che da quello russo ed anche da quello greco-albanese, prevalentemente risiedendo a Roma, e le operazioni vennero dirette solo dai suoi subordinati: Ettore Bastico, Gastone Gambara, Italo Gariboldi e Giovanni Messe), né per capacità gestionali: Ciano riporta che Cavallero, per accontentare i sogni di onnipotenza di Mussolini, gli fece ripetutamente credere che la produzione di cannoni e pezzi di artiglieria, carri armati e altro materiale bellico fosse sempre ottimale, quando, in ammissioni private con lo stesso Ciano, ammetteva che esse erano semplicemente "il potenziale" che l'industria italiana avrebbe potuto mettere in campo, ma la realtà era solo una minima frazione di quei numeri. Infine, Ciano riporta racconti di sottoposti e diplomatici che osservarono Cavallero far sparire dalle località nelle quali era inviato (Albania, Grecia, Nord Africa) pezzi di antiquariato, derrate alimentari e valuta preziosa.[5].
Promozioni
Sottotenente (1902), Tenente (1903), Capitano (2/1912), Maggiore (10/1915), Tenente Colonnello (31/5/1917), Colonnello (21/10/1917), Maggiore Generale (12/12/1918), Generale di divisione (1927), Generale di corpo d'armata (1936), Generale d'armata (10/5/1940), Maresciallo d'Italia (1/7/1942). Da notare che quest'ultima promozione venne concessa per adeguare il suo grado a quello di Erwin Rommel, che comandava de facto l'Armata italo-tedesca d'Africa, e la cui promozione a Feldmaresciallo da parte di Hitler lo avrebbe posto in effetti di grado superiore a Cavallero, al quale in teoria sarebbe dovuto invece essere sottoposto. Sempre nel Diario di Galeazzo Ciano, sono riportate le rimostranze degli alti ufficiali Italiani e di membri del Governo che reputarono al tempo la promozione di Cavallero come uno "scandalo".
Decorazioni
— Settori e cieli dello Scioa - Goggiam gennaio 1938 dicembre 1938 XVII
— Sidi Garbà 16 maggio 1913
Onorificenze
Note
- ^ V. Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Mimesis-Erasmo, Milano-Roma, 2005, p.65.
- ^ L. Pruneti, Aquile e Corone, L’Italia il Montenegro e la massoneria dalle nozze di Vittorio Emanuele III ed Elena al governo Mussolini, Le Lettere, Firenze, 2012, p. 112.
- ^ Ferrari Zumbini, Appunti e spunti per una storia del Parlamento come amministrazione. Il Senato, in "Rivista di storia del Diritto italiano", 1987.
- ^ Biografia ufficiale di Ugo Cavallero.
- ^ Galeazzo Ciano, Diario 1939-1943, vol. 1 e 2, Rizzoli, Milano 1963.
- ^ ww2awards.com.
Bibliografia
- Lucio Ceva. “Il maresciallo Cavallero”. Storia Militare N° 19, aprile 1995, pp. 4–12;
- Lucio Ceva. La condotta italiana della guerra. Cavallero e il Comando supremo 1941/1942. Milano, Feltrinelli, 1975.
- Stato Maggiore dell'Esercito - Gli Ufficiali di S.M. Caduti in Guerra - Roma 1954
- Lucio Ceva, CAVALLERO, Ugo, in Dizionario biografico degli italiani, XXII, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1979.
Collegamenti esterni
- Biografia di Ugo Cavallero
- Ulteriori informazioni nella scheda sul database dell'Archivio Storico del Senato, I Senatori d'Italia.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 3383040 · ISNI (EN) 0000 0001 1035 8282 · SBN CFIV008896 · BAV 495/370728 · LCCN (EN) n85208907 · GND (DE) 123556783 · BNE (ES) XX1485442 (data) · BNF (FR) cb127157407 (data) · J9U (EN, HE) 987007449372105171 · CONOR.SI (SL) 56180835 |
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