Il problema di Basilea è un famoso problema dell’analisi, proposto per la prima volta da Pietro Mengoli nel 1644 e risolto da Eulero nel 1735. Il problema aveva resistito agli attacchi dei più grandi matematici dell’epoca quindi la soluzione di Eulero (ancora ventottenne) suscitò stupore e ammirazione. Il problema di Basilea chiede di scoprire la forma chiusa (cioè la formula) a cui tende la somma dell’inverso di tutti i quadrati dei numeri naturali, cioè la somma precisa della serie infinita:

La serie è approssimativamente uguale a 1.644934. Il problema di Basilea chiede la somma esatta di questa serie (nella forma chiusa). Eulero dimostrò che la somma esatta è e annunciò questa scoperta nel 1735. Le sue dimostrazioni erano basate su passaggi non chiariti appieno. Per una dimostrazione rigorosa bisognerà aspettare fino al 1741.

La funzione zeta di Riemann

La funzione zeta di Riemann è ζ(s) è una delle più importanti della matematica in parte perché è in relazione con la distribuzione dei numeri primi. La funzione è definita per tutti i numeri complessi con parte reale > 1 dalla formula:

 

Con s = 2, noi vediamo che ζ(2) è uguale alla somma dell’inverso di tutti i quadrati dei numeri naturali.

 


Come sappiamo che converge? Si può dimostrare che essa converge con questa diseguaglianza:

 


Ciò ci dà il limite superiore ζ(2) < 2

Eulero attacca il problema

La dimostrazione di Eulero è intelligente ed originale. Essenzialmente egli suppose che le regole dei polinomi finiti fossero valide anche per le serie infinite. Naturalmente il ragionamento originale di Eulero richiede una dimostrazione di questo, ma anche senza giustificazione, semplicemente ottenendo un valore prossimo a quello ottenuto col calcolo, egli poteva essere piuttosto sicuro della correttezza del suo risultato. Per seguire la dimostrazione di Eulero, bisogna ricordare lo sviluppo in serie di Taylor della funzione seno:

 

Dividendo per x entrambi i termini abbiamo:

 

Supponiamo di poter esprimere questa serie infinita come prodotto dei fattori lineari forniti dalle relative radici, come facciamo per i polinomi limitati:

 

 

Se riordiniamo tutti i termini  , vediamo che il coefficiente   di   è:

 

Ma dall'espansione infinita originale (espansione di sin(x)/x), il coefficiente di x2 proviene −1/(3!)= −1/6.

Questi due coefficienti devono essere uguali; quindi:

 

Moltiplicando entrambi i termini per   otteniamo la forma chiusa per la funzione zeta di 2, ossia il famoso π2/6

Una dimostrazione rigorosa

La seguente dimostrazione di ζ(2) = π2/6 è la prova di gran lunga più semplice disponibile; mentre la maggior parte delle prove utilizzano i risultati dalla matematica avanzata, quale analisi di Fourier, analisi complessa e calcolo a più variabili...

Storia della dimostrazione

L'origine della prova è poco chiara. È comparsa nel giornale Eureka in 1982, attribuita a John Scholes, ma la prova era “conoscenza comune” a Cambridge verso la fine degli anni 60.

Cosa bisogna conoscere

Per capire la dimostrazione dobbiamo conoscere le seguenti nozioni

  • La Formula di De Moivre', che asserisce:  
  • Il Teorema binomiale , vale a dire:  

(Dove il coefficiente binomiale è : 

  • La funzione cot2 x ha una corrispondenza biunivoca nell’intervallo(0, π/2).
    • Dimostrazione: Supponiamo che cot2 x = cot2 y per alcuni x e y nell'intervallo (0, π/2). Avvalendoci della definizione di cotangente cot x = (cos x)/(sin x) e dell'identità trigonometrica cos2 x = 1 − sin2 x, vediamo che (sin2 x)(1 − sin2 y) = (sin2 y)(1 − sin2 x). Aggiungendo (sin2 x)(sin2 y) a entrambi i termini, otteniamo sin2 x = sin2 y. Poiché la funzione seno non è mai negativa in (0, π/2), si ha sin x = sin y, ma è geometricamente evidente (per esempio dando un'occhiata alla circonferenza goniometrica) che la funzione seno cresce proporzionalmente nell'intervallo (0, π/2), per cui x = y.
  • Se p(t) è un polinomio di grado m, p non può avere un numero di soluzioni diverso da m.
  • Se p(t) = amtm + am − 1tm − 1 + ... + a1t + a0, dove am ≠ 0, allora la somma delle radici di p (contando le molteplicità) è −am − 1/am
    • Dimostrazione: Se am = 1, allora p(t) = prodotto di tutti i (ts), dove s spazia tra tutte le radici di p. Espandendo questo prodotto, si vede che il coefficiente di tm − 1 è l'inverso della somma di tutte le altre radici. Se am ≠ 1, allora possiamo dividere per esso ogni termine, ottenendo un nuovo polinomio con le stesse radici, il cui coefficiente di partenza è 1; reiterando lo stesso ragionamento, si vede che la somma di tutte le radici del p(t) = somma di tutte le radici del nuovo polinomio = −am − 1/am.
  • L’identità trigonometrica csc 2 x = 1 + cot 2 x.
    • Dimostrazione: E' conseguenza dell'identità fondamentale 1 = sin2 x + cos2 x dove ogni termine è stato diviso per sin2 x.
  • Per un numero reale x compreso tra 0 e π/2, abbiamo la diseguaglianza cot 2 x < 1/x2 < sc2 x.
    • Per x piccoli, è ampiamente dimostrato che 0 < sin x < x < tan x, come è possibile vedere qui:

 

Per notare che 0 < sin x < x, si osservi il fatto che nella figura sin θ è la lunghezza della linea AC, e θ è la lunghezza dell'arco circolare AD.
Per notare che x < tan x, si osservi che l'area del triangolo OAE è tan(θ)/2, l'area del settore OAD è θ/2, e che il settore è contenuto nel triangolo.
Ora, si consideri il reciproco di ogni elemento trigonometrico fin qui nominato, e se ne calcoli il quadrato. Si tenga altresì presente che la disequazione, in presenza dei reciproci, cambia direzione.
  • Dati tre numeri reali a, b, c con a ≠ 0; il limite della funzione (am + b)/(am + c) con m che tende a infinito è 1.
    • Dimostrazione: Si divida ogni termine per m, e si prenda (a + b/m)/(a + c/m). Se dividiamo un numero piccolo per una quantità straordinariamente grande, il quoziente tende a zero; così, sia numeratore che denominatore tendono ad a, e il loro quoziente tende a 1.
  • Il teorema del confronto per le funzioni (o dei carabinieri): se una funzione è maggiorata e minorata da due funzioni che tendono allo stesso limite, allora anche la funzione in questione tenderà a tale limite.
    • Dimostrazione: vedi articolo.

La dimostrazione

L’idea principale di questa dimostrazione è trovare un limite alle somme parziali

 

tra due espressioni tendenti ciascuna a π2/6 (con m che tende a infinito). Le due espressioni sono derivate dalle identità che coinvolgono le funzioni di cosecante e di cotangente. Queste identità a loro volta sono derivate dalla formula di De Moivre dato il numero reale x compreso tra 0 e π/2, e n un intero positivo, con la formula di De Moivre abbiamo:

 

Dal teorema binomiale invece ricaviamo:

 

 

La combinazione delle due equazioni dà l’identità:

 

Definiamo ora n = 2m + 1, dove m è in naturale, e x = rπ/(2m + 1), (dove r = 1, 2, ..., m): come conseguenza, nx = rπ, e quindi sin(nx) = 0 per ogni valore di n. Portando questi valori all'interno dell'identità sopra esposta, otteniamo:  

Questa equazione tiene conto dei valori x = rπ/(2m + 1), dove r = 1, 2, ..., m. Questi valori di x sono numeri compresi tra 0 e π/2, e poiché la funzione cot^2(x) ha corrispondenza biunivoca nell’intervallo (0, π/2), ogni cot^2(x) = cot^2(rπ/(2m + 1)) ha un valore diverso per ciascun r = 1, 2, ..., m. Poiché però dalla suddetta equazione ciascuno di questi numeri diversi da m è la radice di un polinomio di grado m,

 

questo vuol dire che ogni x = cot^2(rπ/(2m + 1)), per r = 1, 2, ..., m è precisamente radice per il polinomio p(t). È dunque possibile calcolare la somma delle radici direttamente esaminando i coefficienti. Inserendo l'identità trigonometrica csc^2 x = cot^2 x + 1, abbiamo:

 

 

Ora, consideriamo la diseguaglianza cot2 x < 1/x2 < csc2 x. Se aggiungiamo queste diseguaglianze per ciascuno dei numeri x = rπ/(2m + 1) e se usiamo le due identità qui sopra, otteniamo  

A questo punto, moltiplicando per (π/(2m + 1))2, si ha:

 

Per m divergente a infinito, i termini a sinistra e a destra convergono a π2/6, e abbiamo, dal teorema del confronto:

 

E questo completa la dimostrazione. Q.E.D.

Voci correlate

Referenze