Processo mediatico
Processo mediatico è un'espressione della lingua italiana entrata nell'uso giornalistico e sociologico per riferirsi a una patologia della rappresentazione di eventi criminosi da parte dei mezzi di comunicazione di massa italiani, in particolare da parte di quelli televisivi. In simili casi, sono i mass media ad assumersi il ruolo di mettere in piedi percorso extra-processuale, per via mediatica, al fine di individuare un colpevole, attraente dal punto di vista mediatico, che finisce per essere additato alla pubblica riprovazione.
Questo processo di "invenzione" (o "fabbricazione") del colpevole riesce a essere così convincente e suggestivo da influenzare l'opinione pubblica anche quando la soluzione del caso ha permesso di accertare i veri responsabili, e di scagionare chi è stato oggetto di accuse mediatiche. Il ruolo principale, nel "processo mediatico", viene svolto dal mezzo televisivo; questo si spiega con il maggior favore accordatogli dagli italiani rispetto ad altre fonti di informazione.
In dottrina, si è discusso dell'influenza che tale costume nazionale dispiega sulla condotta dei processi e sulle strategie difensive in sede giurisdizionale.
Fenomenologia del processo mediatico
Da un punto di vista fenomenologico, la patologia sottesa al cosiddetto "processo mediatico" si realizza, soprattutto mediante il mezzo televisivo, attraverso la formazione di un generalizzato giudizio di colpevolezza, condiviso da una grande platea di spettatori, per effetto di un «processo celebrato sui mezzi d'informazione»[1]. Questo fenomeno della comunicazione televisiva e del giornalismo italiano emerge da una sinergia patologica che si stabilisce tra cittadini-telespettatori e mezzi di comunicazione di massa, soprattutto televisivi[2]. È ritenuto emblematico del mutamento sociale che ha trasfigurato il volto antropologico della società italiana nei circa due decenni a cavallo del cambio di secolo[2].
Questo fenomeno ha stimolato riflessioni dottrinarie sulle evidenti storture che esso dispiega sul corretto accertamento della verità giudiziaria[1], un accertamento che, in uno stato di diritto, deve essere di esclusiva competenza di un equo processo regolato da norme, in cui accusa e difesa, vittime e carnefici, colpevoli e innocenti, possano confrontarsi nel perimetro certo e garantito del complesso di regole e procedure che governano l'azione penale nell'ordinario giudizio dibattimentale.
I processi mediatici prendono il loro percorso mantenendo "sempre meno punti di contatto con quello giuridico"[3], emettendo "sentenze mediatiche" di condanna, o assoluzione, in tempi molto più rapidi di quelli della giustizia, con inizio il giorno stesso dell'evento criminoso arrivando a conclusione, spesso, quando il processo vero è appena alle prime battute procedurali[3]. Le "sentenze mediatiche" sono verdetti di condanna (o assoluzione) sociale[4] che producono immediati effetti sociali ed economici[3], con "conseguenze devastanti"[4] sulla vita sociale, sul mondo degli affetti, sulla cerchia professionale del colpevole mediatico: disagio e isolamento sociale, vergogna, che possono destabilizzare perfino la salute psichica della persona[4]. Gli esiti di tali verdetti si consolidano in "giudizi senza appello" con la sola presentazione di indizi a carico[5]. Essi non vengono scalfiti, e diventano irreversibili, con tutte le loro conseguenze sociali, perfino quando già le risultanze dell'indagine, o quelle del successivo processo, sortiscono risultati differenti: in casi del genere, l'immaginario collettivo risulta indelebilmente segnato dalle impressioni generate nella vicenda mediatica, motivo per cui i risultati delle indagini, chiarimenti degli investigatori, risultati dei processi arrivano "mediaticamente troppo tardi"[5] rispetto ai tempi strettissimi di cui si nutre la televisione.
Un altro profilo problematico associato al fenomeno sociale riguarda la possibilità che il rumore mediatiche e le aspettative delle moltitudini degli spettatori televisivi finiscano per turbare la serenità della giuria popolare nei vari gradi e condizionarne l'espressione del giudizio[4].
Il giudice Ferdinando Imposimato, parlando del caso Marta Russo (e della condanna di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro) e di altri casi, analizzò due diversi atteggiamenti della stampa. In certi casi ci fu un "silenzio della stampa", che ha favorito una certa tolleranza del potere giudiziario verso alcune irregolarità diffuse; in altri casi ci fu molto clamore, spesso di tono colpevolista. Secondo il magistrato la maggioranza dei processi mediatici generano errori giudiziari. In tal modo il giornalista diventa complice: quello che accade e che si scrive nei primi giorni diviene spesso determinante l'opinione pubblica né quella dei giudici popolari, che si rifanno alla prima impressione, adeguandosi alla tesi dell'accusa. A causa del "libero convincimento del giudice", una campagna di stampa colpevolista può avere effetti irreversibili ai fini di un'ingiusta condanna.[6]
La maggioranza dei processi mediatici con impostazione colpevolista, da parte dei mass media, si è infatti conclusa, a differenza di altri casi giudiziari, con la condanna dei principali imputati. Una delle poche eccezioni è considerato il processo per l'omicidio di Meredith Kercher, in cui due imputati su tre (Raffaele Sollecito e Amanda Knox) vennero assolti dopo un lungo e travagliato iter giudiziario.
Note
- ^ a b Luca D'Auria, La difesa penale davanti al nuovo modello processuale mediatico-popolare. Alcune riflessioni anche in relazione a singole vicende processuali, «Il Foro Ambrosiano», 2004, (p. 408)
- ^ a b Ranieri Polese, Come si cambia: 1989-2006. La metamorfosi italiana, 2006 (p. 262)
- ^ a b c Barbara Carfagna, Processo mediatico e processo giuridico, in Luisella De Cataldo Neuburger (a cura di), La prova scientifica nel processo penale, 2007 (p. 303)
- ^ a b c d Barbara Carfagna, Processo mediatico e processo giuridico, in Luisella De Cataldo Neuburger (a cura di), La prova scientifica nel processo penale, 2007 (p. 306)
- ^ a b Barbara Carfagna, Processo mediatico e processo giuridico, in Luisella De Cataldo Neuburger (a cura di), La prova scientifica nel processo penale, 2007 (p. 304)
- ^ Tavola rotonda su informazione e giustizia
Bibliografia
- Rita Di Giovacchino, Il libro nero della Prima Repubblica, Fazi, 2005.
- Rita Di Giovacchino, Delitti privati. Trent'anni di omicidi in famiglia: da Maso a Erika e Omar, dai Carretta a Tullio Brigida, dal piccolo Tommy alla strage di Erba, Fazi Editore ISBN 978-88-6411-863-5, 2012, ISBN 978-88-6411-863-5.
- Massimiliano Frassi, Ho conosciuto un angelo. La storia di Tommaso Onofri, Marna-i Quindici, 2011 ISBN 978-88-6670-029-6.
- Luisella De Cataldo Neuburger (a cura di), La prova scientifica nel processo penale, CEDAM, 2007 ISBN 978-88-13-27247-0.
- Luca D'Auria, La difesa penale davanti al nuovo modello processuale mediatico-popolare. Alcune riflessioni anche in relazione a singole vicende processuali, «Il Foro Ambrosiano»,, anno 2004, vol. 6, Fasc. 3, pp. 407-415.
- Enzo Biagi e Loris Mazzetti, Quello che non si doveva dire, Rizzoli, 2006. ISBN 88-17-01310-2.
- Ranieri Polese, Come si cambia: 1989-2006. La metamorfosi italiana, Guanda, 2006 ISBN 88-8246-925-5.
- Jones Tobias, Sangue sull'altare. Il caso Elisa Claps: storia di un efferato omicidio e della difficile ricerca della verità, Milano, Il Saggiatore, 2012, ISBN 978-88-4281-773-4.
- Daniel Soulez Larivière, Il circo mediatico-giudiziario, Macerata, Liberlibri, 1994, ISBN 88-8514-015-7.
- ed. orig.: (FR) Daniel Soulez Larivière, Du cirque médiatico-judiciaire et des moyens d'en sortir, Parigi, Éditions du Seuil, 1993.
- Marco Catino, Sociologia di un delitto. Media, giustizia e opinione pubblica nel caso Marta Russo, Roma, Luca Sossella, 2001.
- Salvatore Ferraro, Il dito contro. Memoriale del processo per l'assassinio di Marta Russo, prefazione di Vittorio Feltri, Avagliano, 2001.
- Enzo Tortora, Cara Silvia. Lettere per non dimenticare, Venezia, Marsilio, 2003.
- Luisella De Cataldo Neuburger (a cura di), La prova scientifica nel processo penale, CEDAM, 2007
- Ilaria Cavo, La chiamavano Bimba. Annamaria Franzoni nei racconti di chi l'ha conosciuta, Milano, Mondadori, 2007. ISBN 978-88-04-56466-9
- Alan Dershowitz, Dubbi ragionevoli. Il sistema della giustizia penale e il caso O.J. Simpson, Giuffrè, 2007
- Sabina Marchesi, I processi del secolo. Enigmi, retroscena, orrori e verità in trenta casi giudiziari italiani da Gino Girolimoni a Marta Russo, Olimpia, 2008.
- Sabina Marchesi, I processi del secolo. Enigmi, retroscena, orrori e verità in trenta casi giudiziari italiani da Gino Girolimoni a Marta Russo, Olimpia, 2008.
- Ferdinando Imposimato, L'errore giudiziario. Aspetti giuridici e casi pratici, Milano, Giuffrè, 2009. ISBN 88-14-14779-5.
- Annalisa Chirico, Condannati preventivi. Le manette facili di uno Stato fuorilegge, Rubbettino, 2012.
- Gennaro Francione, Paolo Franceschetti e Ferdinando Imposimato, Temi Desnuda (Vademecum per creare una giustizia giusta), Roma, Herald, 2015
Voci correlate
- Televisione in Italia
- Giornalismo in Italia
- Circo mediatico
- Giusto processo
- Scoop (giornalismo)
- Libertà d'informazione
- Libertà di stampa
- Diritto di cronaca, diritto di critica
- Diritto di difesa
- Verità giudiziaria
- Casi giudiziari mediatici in Italia
- Omicidio di Marta Russo
- Delitto di Cogne
- Omicidio di Meredith Kercher
- Strage di Erba
- Delitto di Avetrana
- Omicidio di Yara Gambirasio
- Nel mondo