Ducato di Atri
Il Ducato di Atri, occupava la parte più settentrionale del Regno di Napoli nell’Abruzzo Ulteriore I, confinante nel periodo di massima espansione a nord con lo Stato Pontificio, ad ovest con la contea di Montorio, con Teramo, con i beni del Vescovado Aprutino, con Amatrice e con il Contado dell'Aquila, ad est con il mare Adriatico, a sud con il fiume Vomano, con lo stato di Città Sant'Angelo ed altri feudi minori.
Facevano parte del territorio le località di Montepagano, Canzano, Morro, Cellino, Castelvecchio, Castelvecchio Trasmondo, Notaresco, Guardia Vomano, Corropoli, Mosciano Sant'Angelo, Poggio Morello, Ripattoni, Controguerra, Colonnella, Torano, Sant’Omero, Tortoreto, Bellante, Forcella, Montagna di Roseto con le sue ville (oggi Cortino e Crognaleto), Valle Castellana, Montone e Giulia, già San Flaviano, con titolo di contea[2].
Ducato di Atri | |
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Dati amministrativi | |
Nome ufficiale | Hatriae Ducatus |
Lingue parlate | italiano, latino |
Capitale | Atri |
Dipendente da | Regno di Napoli |
Politica | |
Forma di governo | (ducato) |
duchi | Duchi Acquaviva |
Nascita | 1395 con Andrea Matteo I Acquaviva |
Causa | Diploma reale |
Fine | 1755 - 1760 con Rodolfo Acquaviva d’Aragona e Isabella Acquaviva d'Aragona Strozzi. |
Causa | Estinzione della famiglia Acquaviva ed avocazione del Ducato nei Regi Stati Allodiali. |
Territorio e popolazione | |
Bacino geografico | Abruzzo Ultra |
Economia | |
Valuta | Ducato e Carlino, Bolognino d'argento della Zecca di Atri (sec. XV)[1] |
Risorse | agricoltura, risicoltura, pastorizia, allevamento bestiame, produzione e vendita legname. |
Produzioni | lana, prodotti agricoli, riso |
Commerci con | Regno di Napoli, Stato Pontificio. |
Esportazioni | lana, riso e altri cereali. |
Religione e società | |
Religioni preminenti | Chiesa cattolica |
Religione di Stato | cattolicesimo |
Classi sociali | clero, nobili, civili, agricoltori, pastori, mercanti, artigiani. |
Evoluzione storica | |
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Capitale
La sede dei duchi Acquaviva, era ufficialmente collocata nel palazzo ducale di Atri a cui si aggiungeva la residenza estiva di Giulianova. I duchi possedevano altri immobili di rappresentanza in particolare a Napoli dove risiedevano per lunghi periodi per ragioni di ufficio, tra i quali si ricorda il palazzo Atri sito nella via omonima non lungi da piazza San Domenico Maggiore.
Cenni storici
Eretto a ducato sin dal 1395, divenendo il più antico ducato del Regno di Napoli non appartenente a famiglia reale, in persona di Andrea Matteo Acquaviva (+1407), figlio ed erede di Antonio conte di San Flaviano e di Montorio (+ 1395) che aveva acquistato Atri nel 1393[3] e di Ceccarella Cantelmo, sposato con Caterina Tomacelli nipote di papa Bonifacio IX; i suoi titolari vennero insigniti del titolo onorifico di 1º Duca del Regno. La costituzione dello stato di Atri in ducato avvenne in un momento di difficoltà economiche di re Ladislao a cui gli Acquaviva seppero prontamente rispondere con cospicui sostegni finanziari divenendo ferventi partigiani degli Angiò della linea di Durazzo, dei quali godettero i loro favori fino alla loro estinzione.
Con l’avvento della dinastia aragonese gli Acquaviva, soprattutto nelle persone di Giosia e Andrea Matteo III subirono menomazioni nel territorio del ducato a causa della loro infedeltà dovuta principalmente a pretese territoriali non corrisposte dai sovrani.
Particolarmente aspri furono gli scontri durante la seconda metà del secolo XV quando il ducato passò per alcuni anni nelle mani di Matteo di Capua, che occupò il ducato e lasciò morire di peste il duca Giosia arroccato nel castello di Cellino nel 1462, e successivamente subì il sequestro di alcune località e roccaforti annesse al demanio regio.
L’essere la famiglia Acquaviva simpatizzante del partito francese e la sua partecipazione alla congiura dei Baroni, costò il ripetuto sequestro del ducato ad Andrea Matteo III imprigionato a Napoli, e la cui successione venne tolta al suo primogenito Gio. Francesco, potendolo riottenere solo nel 1530, dopo una breve concessione fatta ad Ascanio Colonna, trasferendolo al suo secondogenito Gio. Antonio Donato, a seguito di una difficile e costosa causa con il fisco.
Durante il periodo spagnolo il ducato visse un periodo di relativa tranquillità anche se le condizioni finanziarie della famiglia ducale la costrinsero ad ipotecare numerose località appartenenti al territorio dello stato, delle quali alcune vennero recuperate solo dopo la metà del XVII secolo altre perse definitivamente.
Alla morte dell’ultimo duca Rodolfo nel 1755, e di sua sorella Isabella nel 1760, ultima duchessa del suo ramo, sposata a Filippo Strozzi, la Corona considerata la natura di territorio di confine del ducato, avocò a se l’intero stato che tranne brevi periodi fu posseduto sempre ed esclusivamente dagli Acquaviva, evitando di riconcederlo al ramo degli Acquaviva conti di Conversano che avevano avanzato istanza di concessione come eredi legittimati alla successione, facendolo confluire nella amministrazione dei regi stati allodiali che condivise la medesima normativa speciale con gli stati mediceo farnesiani. Ai conti di Conversano venne tuttavia concesso di conservare il solo titolo di Duca di Atri fino all'ultima rappresentante di tale famiglia Giulia (1887 - 1972), ultima duchessa titolare di Atri di casa Acquaviva.
Economia
Tra i maggiori cespiti economici tradizionali del ducato vi erano i proventi derivanti dalla transumanza del bestiame ovino che d'estate risaliva sui pascoli appartenenti al ducato posti sul versante orientale dei Monti della Laga e veniva indirizzato in buona parte durante l'inverno nelle "Poste di Atri" e in alcuni dei "Regi Stucchi" inclusi nel territorio del ducato, nell'ambito del sistema fiscale della Doganella d'Abruzzo[4] e la coltivazione del riso (Atri, Colleranesco, Bellante, Poggio Morello, Sant'Omero ecc.)[5]
Note
- ^ Vincenzo Lazari - Zecche e monete degli Abruzzi nei bassi tempi (1858) - Atri
- ^ Niccola Palma, Storia della città e diocesi di Teramo, Teramo 1832-1836
- ^ L'acquisto che comprendeva anche la città di Teramo comportò una spesa di 35.000 ducati d'oro. L. Sorricchio, Hatria-Atri, vol. III, Dalla dinastia Durazzesca alla morte di Filippo II di Spagna (1382-1598), a c. di B. Trubiani, Teramo, Cassa di Risparmio della provincia di Teramo, 1980, pp. 25-31. La città di Teramo lungamente contesa dalla famiglia, fu ripetutamente persa e riconquistata durante il XV secolo, per essere definitivamente ceduta al regio demanio.
- ^ Melchiorre Delfico, Memoria per l'abolizione o moderazione della servitù del pascolo invernale detto de' Regi Stucchi nelle provincie marittime di Apruzzo, Napoli 1791
- ^ Melchiorre Delfico, Memoria sulla coltivazione del riso nella provincia di Teramo, Napoli 1783, pp.8-9.