Falange Armata

presunta organizzazione terroristica italiana
Disambiguazione – "Falange Armata" rimanda qui. Se stai cercando l'omonimo romanzo del 1993 di Carlo Lucarelli, vedi Falange armata (Lucarelli).

La Falange Armata fu un'organizzazione terroristica italiana venuta alla ribalta nei primi anni novanta.

Rivendicazioni principali

La prima rivendicazione anonima a nome della sigla "Falange Armata" arrivò il 27 ottobre 1990, al centralino dell'Ansa di Bologna e riguardava l'omicidio di Umberto Mormile, un educatore del Carcere di Opera.[1] L'assassinio era avvenuto l'11 aprile precedente. La formazione è divenuta famosa per il motto: Il terrorismo non è morto, vi faremo sapere poi chi siamo.[1][2] La frase fu pronunciata, sempre in una telefonata all'Ansa, durante la rivendicazione della strage del Pilastro, ritenuta poi inattendibile. Secondo il collaboratore di giustizia Maurizio Avola[2]: Per quanto riguarda gli obiettivi da colpire, si trattava di azioni di tipo terroristico anche tradizionalmente estranee al modo di operare e alle finalità di Cosa Nostra. Queste azioni secondo una prassi che erano già in atto da tempo dovevano essere rivendicate con la sigla Falange Armata.[2] Cominciò a farsi strada anche l'ipotesi che l'organizzazione fosse una sigla di comodo[2], usata per depistare gli inquirenti o per rivendicare azioni che non sarebbero mai state rivendicate da nessuno, o addirittura che il tutto fosse opera di un mitomane.[2] I falangisti, infatti, arrivarono a rivendicare azioni clamorose come l’omicidio di Salvo Lima, l'omicidio di Giuliano Guazzelli e la strage di Capaci.[2] Scriveva Gianluca Di Feo per il Corriere: In questa bufera Falange ha sicuramente avuto un ruolo particolare: ha monopolizzato l’ attenzione dei mass media. Facendo chiedere più sicurezza e distraendo da quello che succedeva a Sud. Un’operazione che può aver fatto comodo a molti.[1] Nel febbraio 2014, la sigla Falange Armata tornò alla ribalta per una lettera inviatà a Totò Riina, nel carcere di Opera, in cui l'organizzazione invitava il boss mafioso a tacere: Chiudi quella maledetta bocca. Ricorda che i tuoi familiari sono liberi.[3] Fatta eccezione per questa comunicazione a Riina, la sigla Falange Armata risulta inattiva dal 1994 e i suoi misteri ancora irrisolti.[3]

Trattativa Stato-mafia

Il 25 giugno 2015 l'ambasciatore e diplomatico italiano Francesco Paolo Fulci, ex presidente del Cesis, ha rivelato, durante il processo sulla trattativa Stato-mafia, che le telefonate rivolte all'Ansa in cui la Falange Armata rivendicava omicidi e stragi durante gli anni novanta provenivano tutte dalle sedi dell'allora Sismi[4].

Bibliografia

  • Massimiliano Giannantoni e Paolo Volterra, L'operazione criminale che ha terrorizzato l'Italia. La storia segreta della Falange Armata, Newton Compton Editori, 2014 ISBN 978-88-541-6061-3

Note

  1. ^ a b c Falange armata, mix d' eversione e criminalità archiviostorico.corriere.it
  2. ^ a b c d e f Falange Armata: ‘Riina chiudi la bocca’. Dopo 20 anni ricompare la sigla del terrore ilfattoquotidiano.it
  3. ^ a b Mafia, il ritorno della sigla "Falange armata" Lettera a Riina in carcere: "Chiudi quella maledetta bocca" palermo.repubblica.it
  4. ^
    «C’era questa storia della Falange Armata e allora incaricai questo analista del Sisde, si chiamava Davide De Luca [...], gli chiesi di lavorare sulle rivendicazioni. [...] Dopo alcuni giorni [...] mi disse: questa è la mappa dei luoghi da dove partono le telefonate e questa è la mappa delle sedi periferiche del Sismi in Italia, le due cartine coincidevano perfettamente, e in più De Luca mi disse che le chiamate venivano fatte sempre in orario d’ufficio.»
    Giuseppe Pipitone, Trattativa, l’ex capo dei Servizi Fulci: “la Falange chiamava dalle sedi Sismi, alcuni 007 usavano esplosivi”, 25 giugno 2015, Il Fatto Quotidiano.