Pietro Paolo Vasta
Pietro Paolo Vasta (Acireale, 31 luglio 1697 – Acireale, 28 novembre 1760) fu pittore italiano. In attività nell'acese dal 1732 fino al 1755, è considerato uno dei maggiori artisti siciliani del secolo XVIII.


Biografia
Inizia come apprendista nel cantiere del pittore messinese Antonio Filocamo che nel 1711 insieme ai fratelli Paolo e Gaetano affrescava il coro e la cappella di Santa Venera nella Chiesa Madre di Acireale. Si trasferisce a diciassette anni a Roma[1], dove sposa, nel 1726, Isabella Adami, di Albano Laziale, da cui avrà sette figli. Il primogenito Alessandro, che diverrà anch'egli pittore, non inferiore al padre, viene battezzato in Roma, nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, padrino lo scultore Simone Martinez, nipote di Filippo Juvarra. Tale fatto non è secondario se si pensa all'influenza esercitata da Juvarra su Vasta in architettura e nelle vicende dei suoi spostamenti nella Penisola. Del periodo romano si conosce finora solo un disegno riproducente la statua dell'Ercole Farnese su carta, con lapis e biacca.[2]
Ad Acireale ritorna dopo 17 anni, nel 1731 nel pieno della ricostruzione dopo il terremoto del Val di Noto del 1693. Nel 1732 otterrà l'incarico di eseguire gli affreschi del nuovo tempio dedicato in città a San Sebastiano. Continuerà quindi a lavorare nel territorio acese, anche per via di una fortunata congiuntura: come può leggersi nei documenti d'archivio, specie riferiti alle vicende degli affreschi nella Cattedrale, uno dei motivi fondamentali che spingevano il Municipio e il clero a decorare le chiese era il risparmio sull'addobbo periodico in occasione delle solennità che se ne traeva. Nel 1734 apre una bottega d'arte, ben nota in Sicilia, dove si succederanno fra gli apprendisti Vito D'Anna, palermitano, considerato uno dei maggiori esponenti della pittura siciliana del XVIII secolo, Michele Vecchio, Giuseppe Grasso Naso, il figlio Alessandro ed altri.
Di seguito effettuerà grandi affreschi per la Chiesa Madre, oggi Cattedrale di Acireale, per le chiese di San Camillo e Santa Maria del Suffragio. Fatti i dovuti distinguo, può tentarsi una lettura di vite parallele tra Vasta e il napoletano Francesco De Mura per i sincronismi, per gli ambienti artistici visitati, per la committenza e l'unicità del potere politico e religioso. Nel 1755, mentre stava eseguendo un ciclo di affreschi nella piccola chiesa di Sant'Antonio di Padova, sempre ad Acireale, colpito da un attacco apoplettico cadde da una impalcatura e rimase paralizzato. Il resto della vita, come dice il Gravagno, lo trascorse "afflitto dalla paralisi, incalzato dai creditori, scontento dei figli".
Opere
Il Vasta mise a frutto le proprie capacità, ingegnosità e creatività, in un ambiente non facile, a volte ostile, fortemente legato a una figurazione con radici in Antonello da Messina, Filippo Paladini e Giacinto Platania e nella committenza cappuccino-conventuale al cui servizio si era distinto a cavallo tra Sei e Settecento Giovanni Lo Coco con gli affreschi in San Biagio, Sant'Antonio in Acicatena, chiesa di Santa Caterina in Pedara, che seppe conquistare anche con la grandiosità e la novità del programma decorativo: nella sola Acireale ne eseguì per oltre mille metri quadri, con la leggiadria compositiva e coloristica ormai lontana dalla drammaticità seicentesca (Nozze di Cana, Cattedrale; le tre Virtù teologali, Sant'Antonio di Padova) ma forte anche degli studi svolti nel periodo romano, come anche dei viaggi a Firenze, Torino, Napoli, forse Bologna e Venezia, ma con rimandi evidenti a Maratta, Garzi, Reni, Veronese, Solimena, Conca, Salviati, Raffaello e bottega, Tiziano, anche Tiepolo. La sua pittura raggiunge spesso toni di armoniosa compostezza e dolce espressività (Nascita di Maria nella chiesa dei Crociferi) specie quando ha per soggetto figure femminili, o temi complessi come i tempi e i collegamenti testamentari, trattati con sicurezza e equilibrio spaziale (la Mensa eucaristica nella chiesa del Suffragio, affresco concepito in una temperie circolare che coinvolge Corrado Giaquinto e Olivio Sozzi). Le opere su tela denotano un filo conduttore meno incalzante degli affreschi; tuttavia alcune (Madonna delle Grazie, sull'altare dei Crociferi) raggiungono livelli di alto lirismo.
Oggi le sue opere sono principalmente in luoghi di culto. Ad Acireale:
- Cattedrale: affreschi Gloria di Santa Venera, Nozze di Cana e altri, le tele Natività di Nostro Signore, Sant'Anna, San Nicolò da Bari.
- Basilica Collegiata di San Sebastiano: il ciclo degli affreschi dedicato al Titolare nel coro; altri nelle cappelle laterali e nel transetto.
- Chiesa di San Camillo (o dei Padri Crociferi, già chiesa di Nostra Signora delle Grazie): i 20 affreschi e la tela dedicata alla Madonna delle Grazie sull'altare;
- Chiesa del Suffragio: affreschi e tele.
- Chiesa di Sant'Antonio di Padova: ultimi affreschi.
- Chiesa di Santa Maria Odigitria: tela.
- Santuario della Madonna di Loreto: affreschi(restauro 2014-15).
- Chiesa Collegiata dei Santi Pietro e Paolo: sua è la facciata, con influenze spagnolo-gesuitiche e di Juvarra; opere su tela.
- Pinacoteca Zelantea: alcune tele e disegni.
Altre opere si possono ammirare ad Aci Sant'Antonio (chiesa di Sant'Antonio abate), nella Matrice di Giarre, a Santa Venerina, a Catania (Martirio di San Lorenzo, dal modello tizianesco dei Gesuiti di Venezia, chiesa di Santa Chiara) ed a Caltagirone (chiesa di San Bonaventura). Non rintracciabili gli affreschi in case nobiliari di Catania (palazzo del marchese di Sangiuliano, palazzo Biscari), Caltagirone (palazzo del barone Cimia) e chiese in altri centri della Sicilia centrorientale (Troina, etc.). Sconosciuta, finora, una sua attività a Palermo, dove ebbe modo di trattenersi a lungo anche per vicende civilistiche legate a incarichi artistici. Ivi gli fu affidato come allievo Vito D'Anna, che lo seguì per otto anni ad Acireale.
Curiosità
Lionardo Vigo ritiene che "Molta conformità era nella di lui fisionomia e quella di An.Car[r]acci, ch'è in vero rimarchevole cosa; poiché era il volto di Annibale alquanto olivastro con gli occhi intensi, la fronte magnifica e il naso rotondo".
Il Vigo, nell'informarci che i manoscritti del Vasta ebbero la stessa sorte delle sue bozze pittoriche, disperse, tramanda una sua ottava in consumati endecasillabi scritta dietro a un foglio di disegni: « Cori crudili inclinatu a lu mali/ Laberintu d'affanni e di duluri;/ Fora megghiu pri mia non sicutari /Pri cui mi duna basca tutti l'uri./Vasta, misiru tia chi speri fari?/Si' pazzu, e nun t'adduni di l'erruri/Tu sai lu muttu, e s'un lu sai lu 'mpari:/Megghiu servu di mori ca d'amuri ».
Il mistero delle spoglie
La mancanza di informazioni precise sulla tumulazione del corpo del Vasta ha fatto nascere interrogativi, a partire dal Vigo, sul perché gli acesi non lo avessero degnamente onorato. Si sapeva che era sepolto nella Cappella del Divino Amore nella Basilica dei Santi Pietro e Paolo. Nel 1952, durante una ricognizione cui partecipò il vescovo Salvatore Russo, si è creduto di aver trovato le sue ossa che sono state richiuse in una cassetta di legno, lasciata entro un armadio.
Note
Bibliografia
- M. Blanco, La pittura del '700 in Sicilia. Gli affreschi di Pietro Paolo Vasta nelle antiche chiese di Acireale, Cassa di Risparmio per le Province siciliane, 1969.
- M. T. Di Blasi (a cura di), Pietro Paolo Vasta. Affreschi nelle Chiese di Acireale, Maimone Editore, Catania, 1993.
- F. Saporita, Pietro Paolo Vasta, 1697-1760, Galatea Editrice, Acireale, 1987.
- L. Vigo, Memorie storiche di Pietro Paolo Vasta pittore di Aci-Reale, Palermo, 1827.
- G. Frazzetto, Pietro Paolo Vasta, Ist. p. la cultura e l'arte, Catania, 1987.
- I. Castrogiovanni, Relazione e schede analitiche per il restauro d. affreschi di P.P.Vasta, Proprietà Comune di Acireale, 1985.
- S. Alberti, Biblia pauperum, Acireale, 2002.
- C. Nicolosi, G. Contarino, A. Sciacca, A. Scaccianoce, Omaggio a P.P.Vasta, Accademia d. Zelanti e Dafnici, Acireale, 1999.
- L. Cervesato, A. Grasso, K. Trovato, A. Vastano, Un artista del Settecento: P.P.Vasta, Palermo, 1999.
- C. Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia, Roma, 1986.
- G. Gravagno, Storia di Aci, Acireale, 1992.
- Diocesi di Acireale, Gli affreschi del Santuario Maria SS.di Loreto, dal restauro alla fruizione, Acireale, 2015.
Altri progetti
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