Dittatura
La dittatura è una forma autoritaria di governo in cui il potere è accentrato in un solo organo, se non addirittura nelle mani del solo dittatore, non limitato da leggi, costituzioni, o altri fattori politici e sociali interni allo Stato.[1][2]
In senso lato, dittatura ha quindi il significato di predominio assoluto e perlopiù incontrastabile di un individuo (o di un ristretto gruppo di persone) che detiene un potere imposto con la forza. In questo senso la dittatura coincide spesso con l'autoritarismo e con il totalitarismo. Sua caratteristica è anche la negazione della libertà di espressione e di stampa. La dittatura è considerata l'opposto della democrazia. Va inoltre detto che il dittatore può giungere al potere anche democraticamente e senza violenza (valga l'esempio di Adolf Hitler, eletto dal popolo tedesco). La salita al potere di una dittatura è favorita da situazioni di grave crisi economica - per esempio dopo una guerra - sociali - lotte di classi - politiche - instabilità del regime precedentemente esistente. Altre due forme di dittatura sono l'assolutismo monarchico e la teocrazia (vedi Ebraismo, Cattolicesimo, Calvinismo e Islam).
Cenni storici
Il termine dittatura ha origine nella Repubblica romana, dove indicava l'ufficio del dittatore e la durata di quell'ufficio. Infatti la carica dell'antico dittatore romano - che assumeva il potere prevalentemente in tempo di guerra - era circoscritta nel tempo durando circa sei mesi. Il dittatore era un capo militare (un Dux), nominato dai Consoli Repubblicani Romani su proposta del Senato romano; i consoli non potevano nominarsi dittatori, e il Senato poteva in ogni momento far decadere il mandato del dittatore. La nomina di un dittatore aveva luogo solo in circostanze particolarmente delicate o pericolose per lo Stato Romano, in cui era necessario che una sola persona prendesse le decisioni, al posto del senato. Furono nominati dittatori ad esempio Cincinnato, durante la guerra contro gli Equi e Quinto Fabio Massimo durante la seconda guerra punica, entrambi momenti in cui era a rischio l'esistenza stessa di Roma.
Nell'epoca moderna, a Ginevra, il riformatore Giovanni Calvino organizzò una teocrazia dittatoriale fondata su un rigido moralismo e un fanatismo che non lasciava scampo a nessuno e i suoi successori non furono da meno.
Un esempio di dittatura con forti motivazioni etiche, su basi teologiche e morali, è quella instaurata da Oliver Cromwell (ispirandosi all'esempio ginevrino) in Gran Bretagna tra il 1645 e il 1658, nata dalla ribellione al Sovrano Carlo I, giustiziato nel 1649 con l'accusa di immortalità, tirannia, tradimento e omicidio.
L'accezione negativa di dittature è nata con la Rivoluzione Francese: il Terrore instaurato da Robespierre fu chiamato Dittatura con riferimento a un regime politico tirannico. Karl Marx riteneva che tutti i regimi politici fossero in fin dei conti delle dittature, e per questo parlava della necessità di instaurare una dittatura del proletariato come fase propedeutica per il passaggio dal Capitalismo al Comunismo. Questa idea fu poi alla base dell'affermazione del Comintern secondo cui non vi era differenza tra Fascismo e sistemi rappresentativi occidentali.
Però c'è da dire che il comunismo aveva in sé delle forti connotazioni dittatoriali: Marx aveva ideato la formazione di uno stato parecchio autoritario, che curava i propri interessi e lasciava il popolo a sé e che imponeva un forte ateismo (dimostrando anche una propaganda simile a quella nazifascista) e questo forma di dittatura fu poi rappresentata maggiormente da Lenin, Stalin e Mao Zedong.
È nel XX secolo che le dittature nelle più svariate parti del mondo, un po' in tutti i continenti (Europa, America latina, Africa, Asia), trovano la loro massima espressione con il loro carico di sofferenza, guerre, soprusi, violazione dei diritti umani fino a crimini di guerra o contro l'umanità.
Classificazione delle dittature
Le dittature della storia moderna si classificano in base a due variabili: l'intensità e l'ideologia. L’intensità prende in considerazione la raffinatezza e l’efficacia del potere, il rapporto tra forza e consenso, il grado di pluralismo, il ricorso alla mobilitazione di massa. L’ideologia prende in considerazione l’atteggiamento sociale e i valori di fondo della dittatura, l’atteggiamento verso l’ordine politico-sociale esistente, il tipo di rappresentanza di classe.
In base all'intensità generalmente si distingue tra Autoritarismo, Cesarismo e Totalitarismo.
- Nell'Autoritarismo ovvero la dittatura della repressione: il mantenimento e consolidamento del potere si basa in via prevalente o esclusiva sulla repressione, poiché, instaurandosi in società tradizionali, il regime non vive la necessità di coinvolgere le masse tramite ricorso frequente e costante alla propaganda. Lascia quindi una certa libertà e autonomia, non avvertendo l’esigenza di controllare tutti gli aspetti della società. Talvolta rappresenta il tentativo di alcune élite conservatrici di bloccare il processo di modernizzazione, talaltra il tentativo del ceto dominante di favorire la modernizzazione traghettando la società verso un nuovo ordine. In base all'ideologia si distingue tra:
- Franchismo (Autoritarismo reazionario), legato ai valori tradizionalisti (Forze Armate, Chiesa, Patria); esempio fu la dittatura del Generalissimo Francisco Franco in Spagna;
- Pretorianesimo (Autoritarismo apolitico), in genere una dittatura militare, priva di una vera e propria base ideologica; ad esempio la dittatura del Generale Augusto Pinochet in Cile, del Generale Jorge Videla in Argentina, il cui scopo fu principalmente l'anticomunismo. Un esempio attuale può essere la Birmania del Generale Than Shwe;
- Terzomondismo (Autoritarismo rivoluzionario), pone spesso l'accento sull'opposizione ai paesi stranieri e imperialisti, pur senza una vera ideologia codificata, se non l'orgoglio della propria cultura; è il caso di alcuni regimi islamisti, come quello dei talebani in Afghanistan (vedi Teocrazia).
 
- Il Cesarismo ovvero la dittatura del "capo" ("uomo della Provvidenza", "padre del popolo"): è la categoria in cui Max Weber e Antonio Gramsci facevano ricadere le dittature del loro tempo. Questi regimi non si basano solo su strumenti di repressione, ma anche sul consenso. Sono incentrati sulla figura di un capo carismatico e su un forte apparato statale. All’ideologia si sostituisce il carisma del capo. Caratteristica di questa dittatura è la mediazione tra interessi contrastanti. Il termine deriva dalla dittatura di Cesare nell’antica Roma. In base all'ideologia si parla di:
- Sultanismo (Cesarismo reazionario), il capo è l'espressione dei ceti dominanti e tradizionali o è ad essi alleato (il forte culto del capo e l'ideologia lo distinguono dal Franchismo); ad esempio il Fascismo di Benito Mussolini in Italia (basato sul culto dell'Impero, sull'alleanza Chiesa-Stato - dopo i Patti Lateranensi - , sulla supremazia del Popolo Italiano), la Persia (Iran) degli Scià, la Corea del Nord di Kim Il Sung;
- Peronismo (Cesarismo apolitico, definizione talora considerata ambigua), in esso il capo vuole rappresentare l'intero popolo, identificandosi in esso e nei suoi valori "migliori" e non un'ideologia che spesso divide; ad esempio il Peronismo classico in Argentina o il regime di Saddam Hussein in Iraq;
- Bonapartismo (Cesarismo rivoluzionario), il capo è il garante della rivoluzione, colui che protegge il nuovo ordine, soprattutto per conto della classe sociale che l'ha portato al potere, sovvertendo il vecchio ordine, in genere un altro regime autoritario o sultanistico, come una monarchia assoluta, ma dominato da altri interessi; esempi furono gli Imperi di Napoleone I e Napoleone III in Francia, il Castrismo a Cuba.
 
- Il Totalitarismo ovvero la dittatura del controllo totale: è il tipo più moderno di regime dittatoriale. Oltre alla repressione, all'ideologia e al capo si aggiunge la presenza del regime in ogni ambito. Il concetto è sviluppato nelle Origini del Totalitarismo di Hannah Arendt. Ritiene l'autrice che il totalitarismo necessiti di tre fattori per potersi sviluppare: una società industriale di massa, la persistenza di un’arena mondiale divisa e lo sviluppo della tecnologia moderna. Secondo la Arendt gli elementi distintivi del totalitarismo sono l’ideologia e l’uso del terrore, e la massima espressione del medesimo il lager (Germania nazista) e il gulag (Unione Sovietica), dove avviene la cancellazione dell’individualità tramite un dominio assoluto sulle persone.
Esempi furono lo Stalinismo in U.R.S.S. e il Nazionalsocialismo di Adolf Hitler in Germania. Un esempio attuale è la Corea del Nord di Kim Jong-un. Mussolini e Giovanni Gentile, uno degli ideologi del Fascismo, ritenevano il loro regime un totalitarismo (considerandolo ovviamente in un'accezione positiva). Nonostante ciò, molti storici sostengono che quella di Mussolini fosse una dittatura autoritaria e non totalitaria, siccome, formalmente, il re era più potente del Duce, ed inoltre la Chiesa era molto potente.
Note
- ^ definizione di dittatura sul Dizionario della Lingua Italiana Sabatini-Coletti.
- ^ definizione di dittatura sul Grande Dizionario Italiano di Aldo Gabrielli.
Voci correlate
Altri progetti
- Wikisource contiene una pagina riguardanti la dittatura e i regimi dittatoriali
- Wikiquote contiene citazioni sulla dittatura
- Wikizionario contiene il lemma di dizionario «dittatura»
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla dittatura
Collegamenti esterni
- Template:Thesaurus BNCF
- Antonio A. Martino, Osservazioni sulla definizione di "dittatura" (PDF), in Il Politico, XLIII, n. 2, 1978. URL consultato il 25 marzo 2012.
| Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 29205 · LCCN (EN) sh92001903 · GND (DE) 4149920-7 · J9U (EN, HE) 987007553853605171 · NDL (EN, JA) 00561659 | 
|---|
