Civitaretenga
Civitaretenga è un antico borgo dell'Abruzzo interno, in provincia dell'Aquila, che, con attualmente circa 200 residenti, è l'unica frazione di Navelli
Civitaretenga frazione | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Comune | Navelli |
Territorio | |
Coordinate | 42°14′19″N 13°43′46″E |
Altitudine | 850 m s.l.m. |
Abitanti | |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 67020 |
Prefisso | 0862 |
Fuso orario | UTC+1 |
Cod. catastale | F852 |
Cartografia | |
Geografia
Il paese domina l’altopiano di Navelli, a circa 850 metri dal livello del mare, con una posizione strategica, aperta verso nord-ovest su Caporciano e San Pio delle Camere, e verso sud-est su Navelli stesso. Civitaretenga si trova a circa 35 chilometri dal capoluogo di regione, L'Aquila, e ad altrettanti da Sulmona.
Il nome
Il nome Civitaretenga sembrerebbe derivare da Ardenghe (Civitatis), anche se non è chiara l’origine di tale toponimo. Un altro nome cui si fa risalire un centro vestino situato pressappoco nello stesso territorio è Cingilia.
Architettura e storia
Il nucleo centrale
La struttura del paese è dominata dal borgo fortificato, chiamato semplicemente castello, nel quale prima del sisma del 6 aprile 2009 svettava la torre medievale, completamente distrutta dal terremoto. Il nucleo più storico è distinto in due zone, una è appunto quella del castello e l’altra del cosiddetto ghetto, detto "ru busc", caratterizzato da brevi e stretti vicoletti, attorno alla piazza Giudea, poi ridenominata Guidea, su cui si affaccia il portone del Palazzo Perelli, che sembra fosse la vecchia sinagoga. Si tratta, infatti, di un ghetto ebraico risalente al periodo tra il XII ed il XV secolo, di cui molte tracce sono andate perse nei tentativi successivi di eliminarne la presenza, coprendo gli stipiti contraddistinti da simboli giudaici con simboli cristiani, ed in particolare con il simbolo di S. Bernardino da Siena, il cristogramma IHS.
Castello e ghetto sono racchiusi dalle case mura che identificano il nucleo centrale del paese, da cui si aprono le porte di ingresso al borgo fortificato, alcune delle quali tuttora visibili.
All’interno del borgo fortificato, oggi interamente inaccessibile e ricompreso nella zona rossa a seguito del sisma, erano visibili l’impianto delle strette vie, senza molte evidenze di pregio, ma con alcuni scorci molto caratteristici.
Al di fuori delle mura
All’esterno delle case-mura si è sviluppato nel corso dei secoli l’area denominata dagli abitanti come borgo, a partire dal XVII secolo, che occupa la zona verso nord-est, più pianeggiante, essendo invece l’altro versante molto scosceso verso la gola che divide in due l’altopiano di Navelli.
Ai margini del castello, la chiesa principale, intitolata al patrono SS. Salvatore, domina l’omonimo largo con la sua facciata in stile settecentesco. A fianco, la Cappella della Congrega, cui fino agli anni ’50 si tenevano vespri e riunioni della congregazione intitolata sempre al SS. Salvatore.
In realtà, il santo più venerato resta S. Antonio da Padova, cui sono intitolati chiesa ed ex convento, situati leggermente fuori il centro abitato, accanto al cimitero. L’ex convento, rimasto tale fino alle riforme napoleoniche di inizio ottocento, è stato ristrutturato nei decenni scorsi, e presenta un notevole chiostro, con alcune delle originali lunette affrescate riportate di recente alla loro bellezza, e raffiguranti scene di vita del santo. La chiesa, dalla facciata romanica è stata danneggiata dal sisma del 2009, senza particolari danni.
Notevole la chiesa di S. Egidio, situata nel cosiddetto borgo, riportata alla luce da un intervento degli ultimi anni, di origine molto antica e non perfettamente databile, sembra sui resti di un'antica chiesa con annesso convento, i cui resti sarebbero serviti per l’edificazione del convento di S. Antonio. Molto belli gli affreschi interni, in particolare sull’altare, e alcuni bassorilievi su pietra.
Accanto alla chiesa di S. Egidio, nel cosiddetto borgo, sorge il settecentesco palazzo Cortelli, molto danneggiato dal sisma, con la sua facciata che domina il borgo e il suo bel cortile interno.
Tradizioni
La Madonna dell'Arco e lo "Squadro"
La notte che precede la ricorrenza della Madonna dell'Arco, che cade sempre la domenica successiva all'8 settembre, i giovani del paese compiono il cosiddetto "tiro dello squadro", un particolare rito di passaggio che unisce il lato pagano alla festa religiosa, un tempo riservato ai soli maschi coscritti ed oggi aperto a tutti i ragazzi che compiono i 19 anni nell'anno in corso.
Dopo la mezzanotte del sabato, dopo la festa in piazza, da qualche anno abbinata alla distribuzione di pizze fritte e porchetta, i ragazzi raggiungono la zona sottostante il paese, nei pressi dell chiesa di Santa Maria delle Grazie, con trattore e aratro. Illuminato da altri trattori e da automobili di tanti altri partecipanti al rito, l'aratro viene guidato nella scritta "W MARIA SS", con l'aggiunta variabile dell'anno che si festeggia di volta in volta. La nottata procede su in paese con un piatto di pasta che gli stessi giovani provvedono a preparare per tutti gli avventori e infine con le scritte che gli stessi sono liberi di fare per tutto il paese, ma usando solo calce che andrà via pian piano con le intemperie, scrivendo frasi a piacere e ovviamente del loro anno di nascita.
Un tempo, quando il rito rappresentava l'ingresso dei giovani nell'età adulta, la scritta nei campi veniva fatta a mano, con un erpice trainato a braccia, e si completava con un lungo solco fino ai pressi del paese di fronte, Caporciano. La rivalità tra i paesi portava a concludere il solco con un palo di legno nel terreno, in cui si inseriva una testa di maiale della porchetta che gli stessi giovani consumavano quella notte, e con la scritta "TPC", acronimo di "testa di porco di Caporciano", il cui stemma comunale riporta proprio una testa di maiale o, meglio, di cinghiale.