Sepp Innerkofler

militare e alpinista austriaco

Sepp Innerkofler (Sesto, 28 ottobre 1865Monte Paterno, 4 luglio 1915) è stato un alpinista e militare austriaco, divenuto molto famoso come guida alpina delle Dolomiti. Con lo scoppio della guerra tra Impero austro-ungarico e Regno d'Italia, decise di arruolarsi volontario negli Standschützen, nonostante l'età avanzata, per combattere nelle sue montagne. Cadde in combattimento durante un'ardita azione sul monte Paterno, la cui conquista avrebbe consentito agli austro-ungarici di controllare le forze italiane nel settore di Lavaredo.

Sepp Innerkofler
Innerkofler in un ritratto di Franz von Defregger
NascitaSesto, Impero austro-ungarico, 28 ottobre 1865
MorteMonte Paterno, 4 lugli 1915
Luogo di sepolturaCimitero di Sesto
Dati militari
Paese servito Impero austro-ungarico
Forza armata Imperial regio Esercito
CorpoStandschützen
Anni di servizio1914 - 1915
GradoSergente maggiore[1]
GuerrePrima guerra mondiale
Fonti presenti nel testo
voci di militari presenti su Wikipedia

Biografia

I primi anni e l'attività di guida alpina

Nato nel Maso Unteradamer[2] a Sesto, nell'allora Tirolo facente parte dell'Impero austro-ungarico, il giovane Sepp era il quarto figlio di Christian, contadino e scalpellino, con cui trascorse i primi anni di vita prima di trasferirsi nell'Alta Pusteria presso altri contadini. Amante della montagna e della sua valle, dopo alcuni anni di lavoro in una segheria durante i quali deidicò il tempo libero alla caccia e all'arrampicata, nel 1889 ottenne il brevetto di guida alpina dal Deutscher und Österreichischer Alpenverein, e decise di impiegare la sua vita in questa attività[3]. Le sue ottime capacità alpinistiche e la sua intraprendenza lo resero in breve tempo un personaggio famoso e ricercato, e con questa attività iniziò a guadagnare discrete somme di denaro. Poco dopo decise di sposare Maria Stadler, da cui ebbe sette figli, e poi di aprire un rifugio su monte Elmo. Tre anni dopo apre la Dreizinnenhütte (oggi rifugio Antonio Locatelli) sulle Tre Cime di Lavaredo, e successivamente anche il rifugio Zsigmondy. Con i proventi della gestione dei rifugio, nel 1903 costruì a Sesto «villa Innerkofler» e cinque anni dopo apre in Val Fiscalina l'albergo Dolomiten, dotato dei più moderni comfort per l'epoca. Grazie all'afflusso turistico creato, migliaia di turisti iniziano a interessarsi delle Dolomiti e Sepp diventa uno degli uomini più ricchi e famosi della valle di Sesto, conosciuto negli ambienti alpinistici di tutta Europa[3]. Alpinisticamente Sepp aveva fatto parlare di sè appena ventenne per la straordinaria scalata della parete nord della piccola Zinne (Cima Piccola di Lavaredo) il 28 luglio 1890, assieme a Hans Helversen e Veit Innerkofler[4], e da allora iniziò ad accompagnare centinaia di persone, tra le più facoltose del continente, sulle Dolomiti[5].

L'arruolamento volontario e la guerra

 
Sepp Innerkofler nel 1906

Il 28 luglio 1914, quando scoppiò il conflitto, l'allora 45enne innerkofler, ritenuto troppo anziano, non venne richiamato nell'esercito e lasciato alla sua attività, ma quando i venti di guerra tra Austria-Ungheria e Italia si avvicinano alle sue montagne, il 19 maggio 1915 Sepp decise di arruolarsi volontario fra gli Standschützen, formazioni territoriali tirolesi e altoatesine nate da nuclei di volontari di tiratori scelti il cui impiego in guerra era previsto non lontano dalle loro sedi di appartenenza. La zona dove è chiamato ad operare Innerkofler è il V Rayon, ossia il settore compreso tra il passo Pordoi e il monte Peralba. Il 20 maggio è costituita la «Pattuglia Volante» composta da Innerkofler e le guide alpine Rogger, Forcher, Piller, suo figlio maggiore Gottfried e altri, con il compito di pattugliare continuamente il tratto di fronte montano con l'obiettivo di scoprire le iniziative nemiche, indirizzare il tiro delle artiglierie e trovare i percorsi migliori per lo spostamento delle truppe[6]. Tre giorni prima della dichiarazione di guerra Sepp scalò per l'ultima volta in solitaria la vetta a lui forse più cara, il monte Paterno (Paternkofel), sono le ultime ore di pace, infatti due giorni dopo, quando venne incaricato di scalare con la sua pattuglia il Paterno per indirizzare il tiro delle artiglierie, la guerra ormai imperversa su tutto il fronte. E proprio dal Paterno, il 25 maggio Innerkofler è costretto a vedere gli italiani che sparano sul suo rifugio, incendiandolo[7]: «24 maggio 1915. Al quinto colpo la mia casa s'incendia. Mentre scrivo qui sul Paterno, brucia il Rifugio giù in fondo, il rogo tra i monti fa un'impressione imponente. Laggiù il fuoco, quassù battiamo i denti dal gelo.[...] Adesso, Dio sia lodato, c'è il sole, e tutto questo mi appare più interessante che pauroso e terribile» scrisse a tal proposito sul suo diario[8]. Nonostante una grande bandiera con la Croce Rossa sventolasse sul rifugio Dreizinnenhütte, gli italiani, replicando al bombardamento austriaco a forcella Lavaredo e forcella Col di Mezzo, bombardarono il rifugio. Erano infatti convinti che il rifugio non ospitasse feriti o malati, e che la bandiera della Croce Rossa nascondesse in realtà un deposito di munizioni o un comando austriaco[6].

 
Sepp Innerkofler (al centro) con i componenti della Pattuglia Volante

Nel corso della notte di due giorni dopo Innerkofler e Forcher salirono nuovamente sul Paterno per dirigere il fuoco di artiglieria sulle posizioni italiane, mentre dietro loro suggerimento, il comandante dei Landstürmer decise di attaccare forcella di Lavaredo. Appena gli austriaci avanzarono furono però subito presi di mira dal fuoco dei fucilieri italiani appostati sulla sinistra della base del Paterno; le due guide alpine dall'alto aprirono quindi il fuoco contro gli italiani, che si ritirarono ritenendo il monte totalmente in mano nemica. Innerkofler gridò quindi ai Landstürmer di continuare ad avanzare verso la forcella ormai sgombra, ma gli austriaci sospesero comunque l'attacco, probabilmente a causa di un ordine telefonico impartito da un ufficiale in Val Pusteria[9]. Il 29 maggio un plotone di Alpini, sfidando una bufera di neve, salì sulla vetta del Paterno stabilendovi un presidio, e causando notevoli preoccupazioni per il comando austriaco[6]. Dopo aver conquistato forcella Passaporto e la cresta tra la forcella del Camoscio e forcella Pian di Cengia, il presidio sulla la vetta del Paterno avrebbe ora consentito agli italiani di minacciare gravemente lo schieramento austro-ungarico sull'altopiano delle Tre Cime e dirigersi verso la Val Pusteria[6]. Seguono settimane di intensa attività per la guida e la sua pattuglia, mentre gradualmente gli ufficiali di carriera si rendono conto che in questo settore è possibile organizzare una difesa efficiente soltanto a condizione di far operare pattuglie composte da ex-guide alpine agli ordini di Innerkofler, che poteva sfruttare la sua enorme conoscenza dei luoghi. La guida opera instancabilmente tra Kreuzberg e le Tre Cime, dispensando consigli ai comandanti, e probabilmente fu grazie alla molta considerazione che questi avevano di lui che furono respinti gli attacchi italiani dal Rotwand all'Elfer, da Cima Dodici all'Einser[9].

 
Il monte Paterno a sinistra con sullo sfondo le Tre Cime di Lavaredo

Così nella seconda metà del mese di giugno il feldmaresciallo Ludwig Goiginger in persona intervenne per organizzare un'attacco per riprendere la vetta del Paterno a cui avrebbero partecipato pochi uomini. Sepp Innerkofler si disse molto perplesso sull'azione, giudicata dall'esperta guida molto difficile: avrebbero dovuto compiere un'ascesa di per sè stessa difficile, appesantiti dalle armi, per poi giungere in vetta e ingaggiare battaglia contro forze numericamente superiori. L'azione però era ormai decisa, e Innerkofler per non passare da vigliacco vi volle prender parte, impedendo però al figlio di seguirlo; «[...] che la mamma pianga almeno uno solo di noi» gli disse prima di partire per la missione[6]. Nella notte tra il 3 e il 4 luglio Innerkofler assieme ad Andrea Piller, Hans Forcher, Benitius Rogger e gli Standschützen Franz von Rapp e Josef Taibon[10], iniziarono la scalata del Paterno (lungo la via nord nord-ovest aperta proprio da Sepp nel 1896), e al sorgere del giorno arrivano poco sotto la vetta. La batteria austriaca quindi aprì il fuoco verso la vetta presidiata da una manciata di alpini, mentre in basso una piccola schiera di Schützen (di cui faceva parte Christian Innerkofler, il fratello di Sepp) iniziò ad avanzare verso forcella del Camoscio[11][12]. Dopo pochi minuti di bombardamento Sepp Innerkofler sventola una piccola bandiera gialla, ordinando di cessare il bombardamento. Assieme a Forcher iniziò quindi la breve scalata verso la vetta, ma la reazione degli alpini fu immediata, e mitragliatrici e artiglieria aprirono il fuoco contro le due colonne degli attaccanti. La colonna inviata contro la forcella fu rapidamente costretta a ritirarsi a causa dell'intenso fuoco degli alpini proveniente dalla forcella, e dal fuoco amico proveniente dall'Alpe dei Piani, dove gli austriaci non erano stati informati dell'azione[13]. Più in alto, ormai a poco meno di dieci metri dalla cima, Innerkofler iniziò il suo attacco lanciando una prima bomba a mano contro gli alpini a cui non seguì nessuna esplosione, quindi tentò una seconda volta, ma anche questa non esplose. Fu in questo frangente che Sepp Innerkofler cadde per mano dei difensori italiani[14].

L'azione ebbe esito negativo e gli attaccanti si ritirarono e ridiscesero a valle. Nei giorni seguenti gli alpini tentarono invano di recuperare la salma, impediti però dalle difficoltà tecniche e dal tiro degli austriaci che dalle loro postazioni mitragliavano chiunque si mostrasse. La salma di Sepp Innerkofler venne recuperata solo alcuni giorni dopo per iniziativa del portaferiti Angelo Loschi, che con un alpino, sotto il fuoco nemico riuscì con grande difficoltà a recuperare il corpo dal camino Oppel. Per questo atto di pietà Loschi ricevette un encomio solenne dal comando di brigata, mentre la salma venne tumulata in cima al Paterno per poi essere riesumata nel 1918 e trasportata al cimitero di Sesto[15].

Le diverse testimonianze sulla sua morte

 
Lapide commemorativa sul monte Paterno

Da questo momento in poi però le diverse testimonianze discordano sul motivo della morte della guida alpina: lo storico ed ex tenete d'artiglieria austro-ungarico Fritz Weber nel suo libro Guerra sulle Alpi riporta che fu una pallottola a colpire in fronte Sepp Innerkofler[16], mentre Antonio Berti (tenente medico del battaglione Val Piave, che presidiava la vetta) ricostruì in base ai suoi ricordi di guerra e dei suoi compagni che furono protagonisti dell'azione, affermando che mentre stava attaccando, sopra Sepp apparve la figura dell'alpino Piero De Luca, del battaglione Val Piave, che con un masso colpì in pieno la guida austriaca facendola precipitare dentro il "camino Oppel"[17]. Le principali divergenze sulla morte di Sepp Innerkofler riguardano fondamentalmente la causa: masso o arma da fuoco? e, nella seconda ipotesi, fuoco italiano o austriaco? Sull'episodio del Paterno è stato scritto molto, e diverse testimonianze si trovano negli scritti di Gunther Langes, Springenschmid, del generale Viktor Schemfil, e di Josef Anton Mayr, Peter Kübler e Josef Reider. A più di sessant'anni di distanza, il più giovane dei figli di Sepp, Joseph Innerkofler, fornì una inedita versione secondo la quale il padre vene ucciso nella concitazione dell'attacco dal fuoco di una mitragliatrice austriaca situata sulla forcella di San Candido, e stabilmente puntata verso la vetta del Paterno[17]. Non esistono risposte certe, e dopo il recupero della salma non fu possibile accertare le cause della morte dato che sia nel caso di un colpo di arma da fuoco sia nel caso fosse stato colpito da un masso, il corpo precipitato per molti metri in un canalone, rimase per molto tempo esposto a lesioni sia per lancio di massi sia per colpi da arma da fuoco. La riesumazione dalla vetta del Paterno nel 1918 non riuscì a fugare i dubbi, come neppure le diverse testimonianze discordanti, forse però molto più importante e significativo è il tributo a Sepp Innerkofler scritto molti anni dopo da Myer: «La morte di Sepp costituì una commevente tragedia militare e umana. La sua figura ha giustamente raggiunto una fama leggendaria. Nessuno potrà mai dire con certezza come si siano svolti i fatti lassù sulla cima del Paterno. Da tutte le testimonianze emerge comunque la figura di un grande tirolese che ha offerto in sacrificio alla patria tutte le sue capacità e infine anche la vita»[18]

La sua figura nel dopoguerra

A guerra finita, la rifondata sezione Alta Pusteria del Club Alpino Sudtirolese cominciò a ricostruire il Rifugio Tre Cime (Dreizinnenhütte), ma poche settimane dopo l'apertura fu ritirata la concessione al gestore, nel 1935 i CAI di Bolzano e di Padova nel 1935 ampliarono la struttura e nel 1937 per ordine del Comitato Centrale del CAI il nuovo rifugio fu intitolato ad Antonio Locatelli. Durante la seconda guerra mondiale l'edificio fu gravemente danneggiato; negli anni dell'immediato secondo dopoguerra iniziarono i lavori di ripristino e il 3 luglio 1949 il rifugio venne consegno al nuovo gestore, la guida alpina Josef Reider di Sesto. Il 21 settembre 1997 presso il rifugio è stato inaugurato un cippo alla memoria di Sepp Innerkofler[19].

La difesa delle Dolomiti della val di Sesto fin dal dopoguerra è stata legata alla figura di Innerkofler, considerato un eroe dal popolo austriaco, ricordato in molte pubblicazioni sia di carattere alpinistico, storico e narrativo[20][21]. Dal rifugio si può intraprendere la via ferrata dedicata ad Innerkofler e all'alpino Piero De Luca, ossia la Via ferrata De Luca-Innerkofler, che dal rifugio Auronzo permette di arrivare sulla cima del Paterno dalla sponda sud, ripercorrendo le vie che utilizzarono i soldati durante la guerra. In occasione del centenario della sua morte si è tenuta a Sesto una commemorazione presenziata da Reinhold Messner, in cui è stato presentato anche un libro dedicato a Innerkofler[22].

Note

  1. ^ Giorgio Zambon, La guerra di Sepp Innerkofler, su win.caiconegliano.it, caiconegliano.it. URL consultato il 5 gennaio 2016.
  2. ^ Maso Unteradamer, su bauernhof.bz. URL consultato il 5 gennaio 2016.
  3. ^ a b Galbiati-Seccia, p. 573.
  4. ^ Vianelli-Cenacchi, p. 87.
  5. ^ Weber, p. 87.
  6. ^ a b c d e Galbiati-Seccia, p. 574.
  7. ^ Weber, pp. 88-89.
  8. ^ Vianelli-Cenacchi, p. 81.
  9. ^ a b Weber, p. 90.
  10. ^ Fritz Weber non cita la terza guida Benitius Rogger, citata invece nella breve biografia di Galbiati-Seccia e nella pubblicazione di Antonio Berti
  11. ^ Berti, p. 156.
  12. ^ Weber, p. 91.
  13. ^ Berti, p. 158.
  14. ^ Weber, pp. 92-93.
  15. ^ Berti, p. 156.
  16. ^ Weber, p. 93.
  17. ^ a b Berti, pp. 158-159.
  18. ^ Berti, pp. 161-162.
  19. ^ La guida alpina Sepp Innerkofler, su cimeetrincee.it. URL consultato il 5 gennaio 2016.
  20. ^ Sepp Innerkofler, eroe della Grande guerra, raccontato ai ragazzi in un romanzo della milanese Ave Gagliardi, su mountcity.it. URL consultato il 5 gennaio 2016.
  21. ^ Weber, pp. 86-87.
  22. ^ ALta Pusteria: Il 4 luglio con Reinhold Messner per ricordare Sepp Innerkofler, su dovesciare.it. URL consultato il 5 gennaio 2016.

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

Altri progetti

Controllo di autoritàVIAF (EN10629013 · ISNI (EN0000 0000 0905 1788 · LCCN (ENn2016016464 · GND (DE117653411