Template:Avvisounicode Ḍirār ibn al-Azwar al-Asadī (in arabo ضرار بن الأزور الأسدي?; La Mecca, ... – 640 ?) è stato un Sahaba.

Appartenente al clan dei Banu Asad della tribù dei Quraysh di Mecca, fu uno dei Mubārizūn e un abile guerriero, impegnato nella guerra della ridda sotto il califfato di Abu Bakr e nella conquista islamica della Siria, agli ordini del generale Khālid b. al-Walīd, all'epoca del secondo califfo ʿUmar b. al-Khaṭṭāb (634-644), in cui mise in luce un indomito coraggio e una feroce determinazione.
Fu presente nella battaglia di Ajnādayn e nella Campagna dello Yarmūk.

Biografia

Figlio del Sayyid dei B. Asad, Mālik b. Aws, apparteneva a una famiglia che fu tra le ultime a convertirsi all'islam (dopo la conquista di Mecca, ossia fatḥ Makka). Assai ricco, abbandonò la sua vita di lussi per la causa islamica.
Dopo la battaglia del Fossato, assieme a Ṭulayḥa b. Khuwaylid, fu inviato da Maometto per convincere i suoi contribuli ad abbracciare la nuova religione.[1]

Guerra della ridda

Ḍirār passò la sua vita a combattere nella guerra della ridda, operando come percettore delle imposte (della zakāt) prima di dedicarsi al mestiere delle armi, servendo come esploratore a cavallo nella "Guardia mobile", una unità di élite costituita dal generale Khālid b. al-Walīd. Fu inviato da Maometto a porre fine alla ribellione, insorta dopo l'apostasia di Ṭulayḥa.[2]

Un altro evento particolare che riguardò Ḍirār fu quello di essere inviato da Khālid b. al-Walīd, alla guida di un distaccamento di guerrieri appartenenti ai Banū Tamīm per affrontare Mālik b. Nuwayra, capo dei Banū Yarbūʿ, sottotribù dei Tamīm, accusato di apostasia.[3]

Battaglia di Ajnādayn

Le forze dell'esercito dei Rashidun lasciarono la capitale di Medina probabilmente nell'autunno del 633 o agli inizi del 634. Essa dapprima impegnarono combattimento coi Bizantini e li sconfissero nella battaglia di Dathin il 4 febbraio. L'Imperatore Eraclio, fermatosi a Emesa (ora Homs, in Siria), ricevette rinforzi e li spedì a sud a protezione di Caesarea Maritima. Per reagire a ciò, il comandante Khalid ibn al-Walid ricevette l'ordine del califfo d'interrompere le operazioni contro l'Impero sasanide e di guadagnare il Bilād al-Shām, impegnando il nemico in battaglia. A metà di essa si tramanda che l'impetuoso Ḍirār abbia così apostrofato Khālid:

«Perché aspettiamo, quando Allah, l'Altissimo, è dalla nostra parte? Per Allah, i nostri nemici penseranno che noi abbiamo paura di loro. Li aggrediremo con te.[4]»

Khālid decise di permettere che i singoli campioni musulmani combattessero contro i campioni bizantini anche perché, in caso di loro vittoria, sarebbero stati eliminati ufficiali bizantini abili, facilitando il compito delle forze islamiche. Pertanto Khālid permise a Ḍirār di agire secondo questo intendimento e Ḍirār prese quindi con sé corazza ed elmetto per proteggersi dagli arcieri bizantini, notoriamente molto abili, tenendo col braccio il suo scudo fatto di pelle d'elefante, una volta appartenuto a un Bizantino. Waqidi afferma che Ḍirār lanciò il suo personale grido di battaglia quando s'avvicinò al nemico:

«"Io sono la morte dei Pallidi (vólti)
Io sono l'uccisore dei Bizantini
Io sono un flagello mandato su di voi
Io sono Ḍirār ibn al-Azwar!" [4]»

Bibliografia

Fonti primarie

Note

Voci correlate