Alfa Romeo 16C Bimotore
L'Alfa Romeo 16C Bimotore è un'autovettura da competizione monoposto prodotta dall'Alfa Romeo nel 1935 in due esemplari.
Alfa Romeo 16C Bimotore | |
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Descrizione generale | |
Costruttore | ![]() |
Categoria | Formula Grand Prix |
Produzione | Nel 1935 |
Progettata da | Luigi Bazzi Arnaldo Roselli e Enrico Beltracchini |
Sostituisce | Alfa Romeo P3 |
Sostituita da | Alfa Romeo 158 |
Descrizione tecnica | |
Meccanica | |
Telaio | Longheroni e traverse in lamiera stampata con sezione a "C" |
Motore | Due otto cilindri in linea Alfa Romeo. Cilindrata totale: 5,8 L o 6,3 L |
Trasmissione | Manuale a tre rapporti |
Risultati sportivi | |
Piloti | Tazio Nuvolari, Luis Chiron e Raymond Sommer |
Il contesto
La "Bimotore" nacque da un'idea di Enzo Ferrari, al tempo direttore del reparto corse Alfa Romeo, nel tentativo di contrastare lo strapotere di Auto Union e Mercedes nelle competizioni di "Formula libera" che la coeva Alfa Romeo Monoposto 8C 35 non riusciva a contenere.
La soluzione - che si dimostrò scarsamente foriera di risultati - venne presa da Ferrari in seguito alle assillanti "esortazioni" del regime che male sopportava la supremazia tedesca nelle gare internazionali.
Il compito di progettare la nuova macchina fu affidato, nel gennaio 1935, al capo tecnico della scuderia Luigi Bazzi che dovette disegnarla e realizzarla in soli quattro mesi, allo scopo di poter partecipare al Gran Premio di Tripoli e all'AVUS di Berlino.
Storia
Modificando un telaio della vecchia Alfa Romeo P3, vennero posizionati due motori a 8 cilindri, uno davanti ed uno dietro al pilota, accoppiati con un lungo albero, gestito da un unico cambio ed un'unica frizione. Il moto è trasmesso alle ruote posteriori, mediante coppie coniche , da due alberi laterali.
Un primo esemplare fu approntato per il collaudo, effettuato sul tratto autostradale Brescia-Bergamo il 10 aprile 1935. La difficoltà di imprigionare l'enorme potenza erogata (540 CV) ed il precario equilibrio di ripartizione sulle ruote, furono immediatamente rilevati dai collaudatori, ma non c'era il tempo necessario a trovare e sperimentare altre soluzioni.
Il 12 maggio 1935 due "Bimotore" vennero schierate al Gran Premio di Tripoli, affidate a Tazio Nuvolari e Luis Chiron che giunsero, rispettivamente, quarto e quinto, con distacchi abissali dalle Mercedes-Benz W25 di Caracciola e di Fagioli e dall'Auto Union Type B di Varzi. I principali problemi di guida consistevano nell'incertezza in uscita dalle curve a causa della difficoltà di dosare la potenza, oltre ad una forte instabilità sui rettilinei che non consentiva di sfruttare pienamente l'esuberanza dei motori.
Nel tentativo di dare maggiore elasticità, la cilindrata totale venne aumentata da 5.810 a 6.330 cm³, appena in tempo per schierare al "5º Internationales Avusrennen" di Berlino, il 26 maggio 1935, le tre vetture rinnovate con alla guida Nuvolari, Chiron e René Dreyfus. Ma i problemi non erano risolti e, nonostante la lunghezza dei rettilinei dell'AVUS, fu la Mercedes W25B di Fagioli a tagliare per prima il traguardo, seguita dalla "Bimotore" di Chiron, con un distacco di un minuto primo e trentacinque secondi. Nuvolari dovette ritirarsi.
Fu proprio il "Mantovano volante" a demolire ogni speranza di sviluppo, dicendo a Ferrari e Bazzi che la Bimotore non era vettura da poter competere in circuito e pretendendo di tornare alla vecchia ed obsoleta "P3", in attesa di tempi (ed auto) migliori. Si dimostrò buon profeta, rendendosi protagonista della vittoria al "VIII Grosser Preis von Deutschland" del 28 luglio 1935, destinata a restare nella leggenda dell'automobilismo sportivo.
Il progetto "Bimotore", tuttavia, non poteva essere accantonato senza aver ottenuto qualche risultato di pregio e si decise di impiegare uno dei prototipi per attaccare i record di velocità sulle basi del chilometro e del miglio lanciati. Sull'autostrada Firenze-Mare, il 15 giugno 1935, Nuvolari conquistò i record europei alle velocità di 321,428 km/h sul chilometro lanciato e di 323,125 km/h sul miglio lanciato, raggiungendo la punta massima di 364 km/h, nonostante durante le prove il pilota, il celebre Tazio Nuvolari avesse rischiato per due volte di schiantarsi per via del forte vento e dell'instabilità della vettura. Conseguito il consolatorio obiettivo, la "Bimotore" venne definitivamente accantonata, per dedicare ogni energia al progetto ed alla realizzazione della futura "Alfetta".
Gli esemplari
Dei due esemplari costruiti, uno fu venduto a una coppia di piloti inglesi. L'altro, non trovando compratori, fu demolito.
L'esemplare superstite, dopo varie vicissitudini e trasformazioni, fu ritrovato in Nuova Zelanda e restaurato negli anni '90 da un collezionista inglese. Precedentemente, negli anni '70, l'Alfa Romeo realizzò una replica della "16C Bimotore", costruita sulla base dei disegni originali. La replica, voluta da Giuseppe Luraghi per fini principalmente espositivi, è caratterizzata da una "carrozzeria didattica", con parti trasparenti laterali, in corrispondenza dei due propulsori.
La differenza più significativa tra le due vetture, però, consiste nel diverso marchio di fabbrica posto sulla calandra. La vettura replicata reca il marchio Alfa Romeo vigente all'epoca, mentre la vettura originale si fregia del classico scudetto con cavallino rampante in campo giallo della Scuderia Ferrari.
Enzo Ferrari, infatti, sentiva quelle due vetture come di sua costruzione, dato che l'aveva ideata e realizzata in sostanziale autonomia. Decise quindi di far scendere le vetture in pista con il marchio della sua scuderia in sostituzione di quello Alfa Romeo. Inizialmente la cosa non provocò gravi problemi, anche visti gli scarsi risultati in gara, ma quando la vettura conquistò il record mondiale di velocità, le foto di Tazio Nuvolari a bordo della "16C Bimotore" con marchio Ferrari furono pubblicate dalla stampa internazionale, causando una forte protesta della direzione Alfa Romeo che sfociò in un furibondo litigio con Enzo Ferrari.
Il particolare riveste una certa importanza storica, dato che si tratta della prima comparsa del simbolo Ferrari quale marchio automobilistico e non come insegna di scuderia sportiva.
Bibliografia
Aldo Zana, Alfa Romeo Bimotore 1936, Ruoteclassiche, febbraio 2005
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- (EN) The 1935 Alfa Romeo Bimotore: The First Ferrari?, su atlasf1.com.