Cena in Emmaus (Caravaggio Milano)

dipinto di Caravaggio conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano

La Cena in Emmaus è un dipinto a olio su tela (141x175 cm) realizzato nel 1606 dal pittore italiano Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio.

Cena in Emmaus
AutoreMichelangelo Merisi da Caravaggio
Data1606
Tecnicaolio su tela
Dimensioni141×175 cm
UbicazionePinacoteca di Brera, Milano

È conservato nella Pinacoteca di Brera di Milano.

Raffigura l'episodio del Vangelo di Luca (Lc 24,13-35).

Fu realizzato da Caravaggio a Palestrina o a Zagarolo, feudi dei suoi protettori Colonna, subito dopo essere scappato da Roma per l'assassinio di Ranuccio Tommasoni. Come racconta il suo biografo, Bellori, fu commissionata dal marchese Patrizi; si trattava quindi di un'opera destinata alla devozione privata.[1] Pervenne a Brera nel 1939, donato dall'Associazione "Amici di Brera".

Descrizione e stile

Il rimando immediato è alla tela col medesimo soggetto del 1601 e conservata a Londra; ma mentre nella prima c'era più luce e la composizione era più complessa, qui la scena è estremamente semplice e scura, con pochi oggetti sul tavolo che creano profonde ombre. Rispetto alla tela giovanile, il momento qui raffigurato è successivo, in quanto il pane appare sulla tavola già chiaramente spezzato. Caravaggio vuole evidentemente rappresentare il momento del congedo. Al posto dell'accurata natura morta che compariva sulla tavola dell'opera londinese, che comprendeva una splendida canestra di frutta molto simile alla celebre canestra conservata all'ambrosiana, qui compaiono solo pochi elementi poveri e dimessi: il pane, la brocca dell'acqua, due semplici piatti. La gamma cromatica è notevolmente ridotta, tendente al monocromo, con poche tinte terrose dalle quali si stacca soltanto l'azzurro della tunica di Cristo. Lo stile abbandona decisamente la grande accuratezza che aveva caratterizzato le opere giovanili, dove venivano enfatizzati i dettagli in grado di conferire verità e concretezza alla scena. Qui la resa più sommaria contribuisce a focalizzare l'attenzione sul forte contenuto emotivo del soggetto, che colpisce fortemente lo spettatore non più distratto dalla minuzia dei particolari. Permangono comunque brani di notevole naturalismo che mostrano l'eccezionale perizia dell'autore, quali il contrasto fra le due mani appoggiate alla tavola, giovane e delicata quella del Cristo, segnata dal sole e dalla fatica quella del pellegrino.[2] Il Cristo di Brera non ha più nulla a che vedere con quello androgino di Londra: qui è un uomo stanco, col viso profondamente segnato dal dolore e dalle fatiche. Grande attenzione è posta anche nella descrizione dell'aspetto umile e dimesso dei pellegrini, dell'oste e della serva, indugiando sui volti e sui colli rugosi come già nella celebre e di poco precedente Madonna dei Pellegrini.

Con quest'opera, Caravaggio inaugura quello che sarà l'ultimo periodo della sua vita, caratterizzato dalla notevole riduzione dei personaggi che sembrano quasi ritirarsi a favore dello spazio, e dalla progressiva drammatizzazione della luce, non più potente come negli anni romani, ma più scura, o tragicamente guizzante.

Note

  1. ^ Giovan Pietro Bellori, Le vite de' Pittori, Scultori et Architetti moderni, Roma 1672.
  2. ^ Mina Gregori, Caravaggio, Milano 1993, p. 123.

Bibliografia

  • Mina Gregori, Caravaggio, Milano, Electa, 1993.
  • Francesca Marini (a cura di), Caravaggio, Milano, Skira, 2003.
  • Pinacoteca di Brera, a cura di Carlo Ludovico Ragghianti, Arnoldo Mondadori, Milano, 1970

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

  Portale Pittura: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Pittura