Giacomo Perlasca, nome di battaglia "Capitano Zenith" (Brescia, 19 dicembre 1919Brescia, 24 febbraio 1944), è stato un militare, partigiano e antifascista italiano, medaglia d'argento al valor militare. Tra l’ottobre del 1943 e il gennaio del 1944 coordina i piccoli gruppi di ribelli in Valsabbia e organizza alcune azioni nella zona. Nel febbraio 1944 viene catturato e giustiziato a Brescia.

Giacomo Perlasca

Biografia

Giacomo Perlasca nasce a Brescia il 19 dicembre 1919 da Francesco e Gina Vimercati, originari di Como. Il padre, Francesco, (1868-1936) promuovendo opere benefiche, nel 1923 fonda un banco poi assorbito dall’Unione Bancaria Nazionale che nel 1932 è costretta al fallimento per le difficoltà frapposte dal regime fascista. Dopo aver studiato al collegio “Cesare Arici”, si iscrive alla facoltà di ingegneria al Politecnico di Milano, ma nel 1941 parte volontario. Arruolato alle armi entra a far parte del corpo degli alpini come sottotenente del 4° Reggimento Artiglieria a Riva del Garda. L’8 settembre 1943 si trova a Roma, viene fatto prigioniero dai tedeschi ma riesce a fuggire in una parapiglia e raggiunge avventurosamente, il 14 settembre, Brescia. Il 22 settembre decide di entrare nella Resistenza. Si rivolge ai padri della Pace che lo mettono in contatto con l’organizzazione clandestina nascente. Alla fine di ottobre inizia la sua attività partigiana[1] come comandante e coordinatore delle formazioni Fiamme Verdi in Valle Sabbia e Valtenesi, col nome di battaglia “Franco Zenith” e “Capitano Zenith”. Promuove la costituzione di nuove formazioni stabilendo un collegamento con la Svizzera per permettere ai prigionieri alleati di fuggire dall’Italia, inoltre dirige a Rocca d’Anfo colpi di mano su autocolonne ed attrezzature del nemico[2]. Va alla ricerca di armi nelle cascine e nei boschi di quelle lanciate l’8 dicembre dagli Alleati e finite per errore in Val Degagna anziché in Val di Vesta. Ma con il suo vice comandante Bettinzoli cade ben presto nella rete della polizia[3]. A causa di una delazione viene arrestato dai tedeschi il 18 gennaio 1944 a Brescia per opera di fascisti in via Moretto e quale organizzatore di bande armate ma anche per contatti col nemico viene processato il 14 febbraio 1944 dal Tribunale Militare tedesco di Brescia [4] viene condannato a morte assieme a Bettinzoli. Pur avendo sottoscritto la domanda di grazia e nonostante i tentativi compiuti soprattutto dalla madre per ottenere la commutazione della pena, il mattino del 24 febbraio 1944 alle otto viene portato in automobile, assieme a Bettinzoli, al maneggio della ex caserma del 77° Reggimento Fanteria, attuale caserma Randaccio, dove poco dopo vengono fucilati[5].

Teresio Olivelli, su Il Ribelle, periodico delle Fiamme Verdi, lo ricorda con queste parole:

«Pensando a Te sentiamo che l'Italia rinasce... non nei reparti arruolati con la minaccia del piombo o con l'incentivo del denaro, ma sulle fosse insanguinate di quanti, come Te, hanno dato opera e vita per la Patria libera da stranieri e da tiranni, pura nella sua povertà, grande nello spirito dei suoi figli»

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Perlasca e la resistenza nella Valsabbia (ottobre 1943 - gennaio 1944)

La situazione delle bande in Valsabbia subito dopo l’armistizio

Subito dopo l’8 settembre 1943 in Valsabbia, spontaneamente e autonomamente, si formano i primi gruppi di ribelli. In questa fase tali gruppi sono da considerare più della bande che dei gruppi organizzati, malgrado ci siano alcuni tentativi di organizzare la rivolta anche se con scarso successo. Questi gruppi sono formati sia da sbandati, ovvero soldati dell’esercito italiano che dopo l’8 settembre sono tornati in valle dalle loro dislocazioni originarie e che si rifugiano per non essere deportati in Germania dai nazisti, sia da popolazioni locali ostili al regime. I quali prevedendo la sconfitta dei repubblichini, volevano dare una speranza di riscatto agli italiani che stavano per essere liberati dagli alleati. In una evoluzione sempre maggiore, il primo tentativo di coordinare le bande è di Giorgio Oliva originario Vestone. Poco dopo si aggiunge André Petitpierre[7] che organizza la prima azione alla Rocca d’Anfo per recuperare armamenti necessari alla rivolta. Con Petitpierre si iniziano a organizzare i primi contatti tra i gruppi della Valsabbia e la città. A fine ottobre Petitpierre viene inviato in Svizzera dal CLN bresciano per coordinare il collegamento tra gli alleati e i partigiani delle valli[8]. Dopo la sua partenza, nei mesi di ottobre e novembre, viene a mancare un’organizzazione centralizzata dei gruppi di ribelli della Valsabbia ma dopo la seconda metà di novembre l’organizzazione viene garantita in maniera continuativa da Perlasca e Bettinzoli ma questo solo dopo la costituzione del Comando delle Fiamme Verdi avvenuta a Brescia in novembre[9].

La coordinazione di Perlasca e Bettinzoli dopo la costituzione del Comando Fiamme Verdi

In questo contesto di scarsa organizzazione dei gruppi, la costituzione del Comando delle Fiamme Verdi è di grande impulso per la resistenza, in particolare nella Valsabbia. Perlasca e Bettinzoli, prima dell’incarico ottenuto dal Comando delle Fiamme Verdi, erano già presenti in valle ma le loro mansioni si limitavano allo stabilire contatti e collegamenti tra alcuni esponenti del movimento ribellistico della Valsabbia[10].

Dopo la creazione delle Fiamme Verdi si risolvono i maggiori problemi organizzativi dei gruppi già esistenti in valle e vengono avviati contatti sia pur precari e difficili con la città. Da questo momento l’azione di Perlasca e Bettinzoli ha un carattere organizzativo e questo rende possibile l’aggregazione sotto una sola organizzazione dei molti sbandati e dei gruppi esistenti. Grazie alla presa in carico dell’organizzazione da parte di Perlasca e Bettinzoli, nel gennaio del 1944 è possibile realizzare delle attività di guerriglia[11]. Questa nuova organizzazione delle azioni viene subito avvertita da tutti i gruppi attivi in valle. Una volta terminata la guerra, Severino Liberini stende una relazione dove afferma:

«In ottobre giunge in valle il capitano Zenith. Calmo e sorridente si mette immediatamente all’opera per risolvere problemi appena impostati [...] con l’arrivo di Zenith incomincia un nuovo periodo di attività più intensa. È un esempio che trascina. Poche ore di sonno gli sono sufficienti. Scappare a Brescia di giorno, operazioni in montagna di notte»

[12]

Da questo momento si tengono molti incontri dove si discute sopratutto di problemi organizzativi, si stabiliscono i nomi di battaglia e le parole d’ordine ma anche il recapito delle staffette[13], si fa l’inventario delle armi e delle munizioni e si individuano i punti stradali più favorevoli in cui effettuare azioni contro i fascisti. Grazie all’influenza di Perlasca si stabilirono anche dei contatti con un gruppo di resistenti sorto e stanziato a Vobarno. Per facilitare i contatti e l’organizzazione delle riunioni, durante questi incontri si stabilisce che Perlasca, quando si trova in Valsabbia, si stabilisca a Vestone nella casa di Maria Guerra (madre di Giorgio Oliva) o a Forno d’Ono nell’abitazione di Antonio Zanaglio[14]. Perlasca organizza una spedizione a Capovalle per recuperare dei muli lasciati dagli alpini scappati dopo l’8 settembre. Bettinzoli e Valerio Mor si occupano di mantenere i contatti con il comando di Brescia e di recuperare cibo e vestiario. In particolare Bettinzoli il 5 dicembre dà l’incarico a Davide di trasportare generi alimentari e dalla pianura e pochi giorni dopo anche del vestiario[15].

L’aviolancio dell’8 dicembre

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Gli arresti del gennaio 1944 e la cattura di Perlasca e Bettinzoli

Il processo e la fucilazione di Perlasca e Bettinsoli

La Brigata Perlasca

Onorificenze

Riconoscimenti

Brescia gli ha dedicato un quartiere. Anche l'Istituto di Istruzione Superiore di Idro-Vobarno (BS) e la Scuola Secondaria di Primo Grado di Rezzato (BS) sono stati intitolati a Giacomo Perlasca.

Note

  1. ^ Anni 2008 vol. 2,  p. 296 - AAVV Le vie della Libertà,  p. 127
  2. ^ Malvezzi, Pirelli 2009,  p. 246
  3. ^ AAVV Le vie della Libertà,  p. 127
  4. ^ Anni 2008 vol. 2,  p. 296
  5. ^ Anni 2008 vol. 1,  p. 51 - Anni 1980,  p. 53 - Anni 1985,  p. 25
  6. ^ Brescia libera 1943-1945 (ristampa anastatica del 1974) - ANPI 2010 - Satta 2014
  7. ^ nome di battaglia Michele Rovetta, Capitano Rovetta Anni 1980,  p. 26. André Petitpierre nasce a Brescia nel 1937 ma è cittadino svizzero. Dopo avere partecipato alle prime fasi dell’organizzazione del ribellismo in Valle sabbia viene inviato in Svizzera dove mantiene i contatti tra le formazioni Fiamme Verdi e le ambasciate americane e inglesi di Zurigo e Berna per organizzare aviolanci nelle valli bresciane Anni 2008 vol. 2,  pp. 296-297
  8. ^ Anni 1980,  pp. 30-31
  9. ^ Le Fiamme verdi nascono da un’idea di Gastone Franchetti, un tenente degli alpini di Rive del Garda e di Rino Dusatti e assieme cercano un consenso generalizzato nell’ambiente ostile al fascismo nel bresciano per organizzare la resistenza. è così che si arriva alla fine di novembre con l’effettiva creazione delle Fiamme Verdi a Brescia. Durante la riunione a casa dell’Ingegnere Mario Piotti in via Aleardi 11, il 30 novembre 1943 nasce quindi il raggruppamento di tutte quelle formazioni armate non legate a partiti politici. Il nome deriva dalle mostrine verdi degli alpini. Alla riunione partecipano il generale Masini, Enzo Petrini, Laura Bianchini, il colonnello Bettoni, Astolfo Lunardi, Giuseppe Pelosi, Giacomo Perlasca e Romolo Ragnoli. In questa riunione viene deciso che il comando viene assegnato al generale Luigi Masini (nominato A. Fiori) e vengono creati tre battaglioni, il “Valcamonica”, il “Valtrompia”, e il “Valsabbia” che viene viene affidato a Perlasca Anni 2008 vol. 1,  p. 158
  10. ^ Anni 1985,  p. 21
  11. ^ Anni 1980,  p. 32
  12. ^ Anni 1985,  p. 21
  13. ^ presso l’abitazione di Renzo Laffranchi
  14. ^ Anni 1985,  p. 22
  15. ^ Anni 1985,  p. 22
  16. ^ cid,  p. xx

Bibliografia

  • Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli (a cura di), Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945), nota introduttiva di Gustavo Zagrebelsky, prefazione di Enzo Enriques Agnoletti, 16ª ed., Torino, Einaudi, 2009, ISBN 9788806200763.
  • AAVV, "Brescia libera" e "Il Ribelle" (1943-1945). Ristampa anastatica, a cura di Dario Morelli, Brescia, Editrice Sintesi - Istituto storico della Resistenza bresciana, 1974.
  • Giannetto Valzelli (a cura di), Brescia ribelle : 1943-1945 : cronaca e testi della Resistenza bresciana per le scuole primarie e medie, Brescia, Il Comune di Brescia, 1966.
  •   Angio Zane, Ribelli Brigata Perlasca, Museo Archivio Audiovisivo Gardesano Onda, giugno 2003.
    «...arrivano i nostri»

perché è stata aggiunta la citazione "Arrivano i nostri?"

  • Rolando Anni, Fiamme Verdi in Valsabbia (8 settembre 1943 - 24 febbraio 1944), in Supplemento del Giornale di Brescia, n. 78, Brescia, Editoriale Bresciana S.p.A., 16 aprile 1985, pp. 21-25.
  • Rolando Anni, Storia della Brigata «Giacomo Perlasca», Brescia, Istituto storico della Resistenza Bresciana 1980, 1980.
  • Rolando Anni, Dizionario della Resistenza bresciana (A-M), vol. 1, Brescia, Morcelliana Edizioni, 2008, ISBN 9788837222802.
  • Rolando Anni, Dizionario della Resistenza bresciana (N-Z), vol. 2, Brescia, Morcelliana Edizioni, 2008, ISBN 9788837222802.
  • Emilio Arduino, Brigata Perlasca. Ristampa anastatica dell'edizione del 1946, Brescia, Massetti Rodella, 2011, ISBN 9788884864895.

dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), coordinatore Marino Ruzzenenti, Brescia, Provincia di Brescia, 2005. URL consultato il 20/04/2016.

  • Roberto Cucchini, Pier Luigi Fanetti, Bruna Franceschini, Matteo Guerini e Maria Piras, Le vie della Libertà. Un percorso della memoria (Brescia 1938-1945), a cura di Gruppo di ricerca della Commissione scuola

dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), coordinatore Marino Ruzzenenti, Brescia, Provincia di Brescia, 2005.

Collegamenti esterni

  •   I Ribelli della Brigata Perlasca di Angio Zane (1986), su YouTube, Angio Zane, 24 febbraio 2012. URL consultato il 06/04/2016. (estratto del DVD "Ribelli Brigata Perlasca", un film di Angio Zane)
  • Brescia libera, su fiammeverdivallecamonica.it. URL consultato il 16/04/2016. (a questo link possiamo trovare in download i numeri del foglio Brescia Libera. Le date dei 5 numeri esistenti sono del: 19 novembre 1943, 26 novembre 1943, 15 dicembre 1943, 21 dicembre 1943, 15 gennaio 1944)
  • Massimo Tedeschi, Una tragedia partigiana, su lovatti.eu. URL consultato il 16/04/2016. (in questa pagina si trova qualche informazione sul foglio Brescia libera e la vicenda di Franco Passarella, articolo ripreso dall'omonimo articolo sul Corriere della Sera, nella sezione locale bresciana del 12 settembre 2013)




[1]

  1. ^ cid,  p. xx