Cappella del Sacro Cingolo

cappella del Duomo di Prato

La cappella del Sacro Cingolo si trova nel Duomo di Prato. Nata per conservare la preziosa reliquia, conserva un notevole ciclo di affreschi di Agnolo Gaddi e bottega, e varie opere d'arte tra cui una Madonna col Bambino di Giovanni Pisano e la rara grata bronzea del primo Rinascimento.

Cappella del Sacro Cingolo

Storia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sacra Cintola.

La sacra Cintola fu donata, secondo la tradizione, alla pieve di Prato verso il 1172, diventando, attestamente almeno della seconda metà del XIII secolo, il fulcro della vita religiosa di Prato e anche la ragione delle rivendicazioni di indipendenza politica dalle vicine Firenze e Pistoia. Dalla fine del secolo la reliquia era conservata nei pressi dell'altare maggiore della pieve, (poi duomo e cattedrale), in custodia ai canonici, ma la sua importanza fece sì che una sommossa popolare, guidata dal Comune, la sottraesse ai religiosi. Fu infatti istituita l'Opera della Cintola, che amministrava le ricche rendite legate ai lasciti e alle donazioni, e i cui responsabili erano scelti dal Comune stesso. Per la custodia materiale della reliquia venne simbolicamente scelta una zona più defilata della chiesa, all'inizio della navata destra, finché nel 1386-1390 non fu realizzata un'apposita cappella, occupando la prima campata della navata sinistra.

Gli affreschi furono realizzati nel 1392-1395, al culime della carriera di Agnolo Gaddi, titolare ormai di una vasta bottega capace di affrontare prove impegnative come questa in tempi relativamente brevi. Gli affreschi vennero in parte monomessi dall'apertura dell'armadio delle reliquie nel XV-XVI secolo, della cantoria con l'organo (1454), e dell'ingrandimento della finestra (1660).

La cancellata, che chiude i due lati liberi della cappella, fu commissionata nel 1438 a Maso di Bartolomeo, e completata in massima parte il 1442, con qualche intervento successivo di Bruno Mazzei (1444-1445), Antonio di ser Cola (1447-1459) e soprattutto di Pasquino da Montepulciano, che la completò tra il 1460 e il 1468.

Il pavimento marmoreo, di Clemente di Matteo, attuale risale al 1504, con restauri nel 1677 e verso il 1850.

L'altare in marmi policromi risale al 1745-1760, opera di Giuseppe Cerroti, con gradino in argento di Giovan Battista Stefani e Giovan Battista Navarri (1744-1746) e basamento di Giulio Mannaioni (1750 ca.) della statuetta della Madonna col Bambino di Giovanni Pisano, risalente all'inizio del Trecento. Il baldacchino sopra l'altare è invece opera rifatta nel 1930-40.

Le tredici lamapade argentee sospese sono opera del 1828-1829 di Giovanni Guadagni

Il paliotto bronzeo, che sostituisce quello settecentesco rubato nel 1980 assieme ai candelabri, i vasi e il crocifisso d'argento, è opera di Emilio Greco del 1983, e rappresenta la Dormitio Virginis con le Virtù teologali, Adamo, Eva, i profeti e gli evangelisti.

Descrizione

La cappella del Sacro Cingolo occupa la prima campata della navata sinistra, e una seconda campata in profondità, invisibile dall'esterno. Il progetto, affidato a Lorenzo di Filippo, si inserì nella struttura romanica più antica della navata, rispettando l'arco a tutto sesto tra le colonne e riproponendolo armonicamente anche sul lato verso l'altare (mentre in quegli anni l'ampliamento del presbiterio aveva già utilizzato gli archi ogivali), e coprendo l'interno con due volta a crociera costolonata, poggiante su peducci dorati, opera di Michele di Paolo (1386-1387).

La cappella ha una propria sacrestia, coeva alla cappella e coperta con volta a crociera, che conserva due armadi del 1659 circa, con maniglie ornate da mascheroni di Ferdinando Tacca, che si trovano anche sulle porte della cappella.

Affreschi

La cappella è affrescata con Storie della Vergine e della Cintola, ciclo di sorprendente unità figurativa, dipinto nel 1392-1395 da Agnolo Gaddi con tecnica perfetta e colori luminosi. Notevole è la sintetica veduta di Prato nel Ritorno di Michele, colui che portò la reliquia nella città.

Cancellata

La cappella è chiusa da una preziosa cancellata in bronzo, uno dei migliori esempi del genere conservatisi del Rinascimento, di Maso di Bartolomeo, Pasquino da Montepulciano e collaboratori, con quadrilobi e fregi di un fresco naturalismo.

Bibliografia

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