Santa Veneranda

santa e martire del II sec.
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Veneranda (... – Roma, ...) è stata una martire cristiana, venerata come santa dalla Chiesa cattolica che la ricorda il 14 novembre.

Santa Veneranda
Santa Veneranda Vergine e Martire, tela custodita nella chiesa di San Carlo.
 

Vergine e Martire

 
Venerata daChiesa cattolica
Santuario principalechiesa di San Carlo Borromeo, Mortara
Ricorrenza14 novembre
Attributipalma, giglio, diadema
Patrona diMortara

Agiografia

Le notizie sulla vita di questa martire sono praticamente nulle. Dall'analisi dei reperti ossei, si è potuto constatare che al tempo del martirio, avvenuto a Roma, doveva essere una giovane di età compresa tra i 20 e i 25 anni. Fu sepolta nella catacomba di Calepodio.

Per alcuni anni si è avvalorata l'ipotesi, smentita già nel secolo scorso, che la Santa fosse la stessa raffigurata sull'arcosolio della matrona Veneranda nelle Catacombe di Domitilla.

Il culto

Le reliquie

File:ReliquiarioVeneranda.JPG
Il reliquiario che custodì le ossa dal 1731 al 1925

Nel 1647, per ordine del papa Innocenzo X, iniziarono gli scavi nella catacomba di Calepodio in Roma. Padre Simpliciano da Milano, Provinciale e Commissario Generale dei Cappuccini in Roma, ricevette dal Vescovo Alessandro Vittricio, vice gerente del cardinale vicario per la città di Roma, le reliquie della Santa, estratte dalla catacomba il 10 novembre 1647; le ossa furono portate in una chiesa conventuale romana e murate provvisoriamente in un loculo, sul quale si leggeva "Hic jacet corpus Venerandae Martir" (Qui giace il corpo della Martire Veneranda).

Nel 1650, Prete Michele Tebaldeo di Mortara richiese all'amico Padre Simpliciano una reliquia insigne da donare alla città di Mortara e da venerarsi nella chiesa di San Carlo, ancora in costruzione sul luogo in cui, secondo la tradizione, il Santo di passaggio a Mortara si dissetò a una fonte. Padre Tebaldeo ottenne la concessione del corpo di Santa Veneranda, con la precisazione che non si trattava di uno dei martiri presenti nel Martirologio Romano.

Non è chiaro se il nome Veneranda sia il nome proprio della Santa o se sia un nome attribuito alle sacre ossa, dopo il ritrovamento. Padre Simpliciano scriveva nel 1650 a Padre Tebaldeo: Ho qua ottenuto il corpo di S. Veneranda; quale sebene come che patì qui in Roma il suo martirio, non possa dirsi esser quella che stà notata nel Martirologio Romano, che lo patì in Franza; ad ogni modo potrebbesi di essa fare l'offitio il giorno medesimo, che pare sia il quattordecimo di novembre; nel quale cade la Commemorazione di quest'altra. Ciò toglie ogni dubbio sul fatto che le ossa ritrovate non appartengano a Santa Venera, detta anche Veneranda.

 
Il corpo di santa Veneranda Vergine e Martire

Il 24 febbraio 1651 avvenne in Mortara la ricognizione delle reliquie, giunte da Roma con i sigilli del cardinale vicario Marzio Ginetti, alla presenza del Vicario Capitolare e Generale diocesano, essendo vacante la sede vescovile di Vigevano; l'ampolla di sangue, attestante l'avvenuto martirio, non è stata rinvenuta durante la ricognizione. Rotti i sigilli, il Vicario attestò l'autenticità delle Reliquie e ne ordinò l'esposizione alla pubblica venerazione nella chiesa di San Carlo. Le ossa vennero affidate al sacerdote Carlo Francesco Moschetti che, non essendo ancora terminata la costruzione della chiesa di San Carlo, le custodì in modo inadeguato in casa propria. I fedeli, indignati del comportamento di don Moschetti e supportati dal prevosto di San Lorenzo, ricorsero al Vicario generale che, con un'ordinanza, impose che le reliquie venissero murate provvisoriamente in un loculo, ricavato sull'altare di Sant’Ambrogio nella Basilica di San Lorenzo. Le reliquie rimasero in tale luogo fino al 1664, anno in cui furono ricomposte in una cassetta più adatta, ad opera del cappuccino Padre Domenico da Milano. All'una di notte dell'11 novembre 1664 vennero esposte sull'altare maggiore della Collegiata. Il giorno successivo, la solenne traslazione nella chiesa di San Carlo, ormai ultimata, non poté essere effettuata "propter incessabile acquarum diluvium" (per un'incessante pioggia torrenziale). La traslazione avvenne la successiva domenica, 19 novembre, "col sorriso del cielo e i cuori frementi di gioia". Le sacre ossa, in numero di novanta, vennero murate in un loculo sotto l'altare maggiore della chiesa di San Carlo, vicino alla fonte da cui si dissetò il Santo Vescovo. Proprio la vicinanza a questa fonte e la crescente umidità costrinsero a una nuova ricognizione delle reliquie nel 1731, anno in cui furono ricomposte in una nuova teca.

La successiva notificazione si legge nelle cronache parrocchiali del 1885 quando, a seguito di un fulmine che colpì la chiesa di San Carlo, i vetri del reliquiario andarono distrutti. Mons. Dughera ebbe modo di interpellare alcuni anziani, che ricordavano perfettamente l'episodio del 1885; raccontarono che i vetri della teca erano prima talmente scuri da impedire la visione delle Sacre Ossa. La sostituzione con vetri trasparenti ha permesso a tutti i fedeli di vedere finalmente la loro Santa.

Nel 1920 le Reliquie versavano nuovamente in una condizione di grave precarietà e preoccupante deterioramento. Il vescovo di Vigevano, mons. Angelo Giacinto Scapardini, concesse una seconda ricognizione ufficiale solo nel 1925 e nominò mons. Dughera come suo Delegato e Padre Francesco Pianzola come Attuario. Le procedure furono eseguite in forma riservatissima: le Suore missionarie dell'Immacolata Regina della Pace si occuparono della ricomposizione del corpo: furono realizzati una testa in cera e un manichino, riposti in una preziosa urna di cristallo e bronzo, in stile romanico. Le ossa subirono uno speciale trattamento, furono raccolte in una scatola rivestita di seta e collocate sotto il simulacro della Santa.

L'urna fu portata processionalmente per le vie della città e trovò la sua definitiva collocazione sotto l'altare maggiore della chiesa di San Carlo, dove ancora oggi è venerata.

Nel 1933 il volto in cera subì una grave deformazione e si rese necessario provvedere alla sua sostituzione con una maschera di altro materiale.

In occasione del 350º anniversario della collocazione delle reliquie nella chiesa di San Carlo Borromeo, nel settembre 2014 si è proceduto a una nuova ricognizione delle reliquie e alla ripulitura dell'urna. Le ossa hanno subito uno specifico trattamento, la veste bianca è stata sostituita in quanto l'originale versava in cattive condizioni a causa dell'umidità. Il diadema, il giglio e la palma sono stati trattati e riportati all'originale splendore.

 
L'urna come appariva nel maggio del 1925

La devozione che i mortaresi tributano a Santa Veneranda ha una tradizione secolare: si narra che più volte la Patrona abbia preservato la città da pestilenze e abbia concesso alle madri di riabbracciare i figli, tornati dal fronte.

Nel 1946, monsignor Dughera volle onorare in modo grandioso la Santa, per aver protetto la città durante la guerra; il 19 maggio di quell'anno, il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster guidò una solenne processione per le vie di Mortara: ancora una volta l'urna di Santa Veneranda tornava tra il suo popolo.

Il 24 ottobre 2014, dopo sessantatré anni dall'ultima processione, l'urna di santa Veneranda è stata trasportata per tutte le vie della città ed esposta nella Basilica di San Lorenzo.

Numerose sono le preghiere e gli inni a Lei dedicati; nel 1925 Ettore Schinelli compose l'inno ufficiale per le feste centenarie e per la ricomposizione delle reliquie nell'urna. Recentemente è stato rinvenuto un inno manoscritto, che reca la firma di Raffaele Casimiri, il quale lo dedicò alla Santa probabilmente durante la permanenza a Vercelli. L'inno popolare, che ancora oggi si canta il giorno della memoria liturgica, ha la musica di Luigi Picchi e il testo di mons. Dughera.

Bibliografia

  • Archivio della Basilica di san Lorenzo M., Mortara
  • mons. L. Dughera, S. Veneranda V.M., venerata nella chiesa di san Carlo in Mortara

Altri progetti

Collegamenti esterni

  • Santa Veneranda, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it.