Ca' d'Oro
La Ca' d'Oro è un noto palazzo di Venezia, situato nel sestiere di Cannaregio e affacciato sul Canal Grande, la cui denominazione deriva dal fatto che in origine alcune parti della facciata erano ricoperte d'oro, rifinitura che faceva parte di una complessa policromia, oggi scomparsa, ritenuta uno dei massimi esempi del gotico fiorito veneziano. Dal 1927 è adibito a museo come sede della Galleria Franchetti.
Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro | |
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Ubicazione | |
Stato | ![]() |
Località | Venezia |
Indirizzo | Cannaregio n. 3932 (Strada Nuova) |
Coordinate | 45°26′26.44″N 12°20′01.91″E |
Caratteristiche | |
Tipo | pittura, scultura |
Istituzione | 1916 |
Fondatori | Giorgio Franchetti |
Apertura | 1954 |
Direttore | Claudia Cremonini |
Visitatori | 71,084[1]. (2015) |
Sito web | |



Storia
Il committente Marino Contarini
La storia di questa fabbrica trova le sue origini in Marino Contarini, personalità faceva parte di una ricca famiglia dogale, anche se più abile mercante piuttosto che politico. Contarini sposò molto giovane Soramador Zeno, la quale le portò in dote una casa sul Canal Grande che dovette però ricomperare in seguito ad un litigio familiare: a seguito della morte della moglie, il Contarini decise di costruire un nuovo edificio demolendo quello della famiglia Zeno. Nel 1421 il Contarini contattò allora il milanese Matteo Raverti e l'anno successivo i veneziani Giovanni e Bartolomeo Bono, anche se i lavori iniziarono solamente nel 1424.
Il committente trattò per anni con le maestranze lombarde e venete, tanto che alcuni sostengono che a Marino Contarini si deve la fisionomia finale del palazzo. A Marino Contarini si possono in particolare addebitare la decisione di conservare alcune reminescenze dell'edificio precedente: il portico sull'acqua deve essere molto simile, per lo meno planimetricamente, a quello del palazzo precedente, mentre due fregi duecenteschi rimessi in opera in verticale sono sicuramente appartenenti al demolito palazzo degli Zeno. Alcune incoerenze costruttive si devono certamente alle volontà del Contarini: le colonnine tortili che corrono lungo i due spigoli della facciata creando un cordone, non legano però con il coronamento, inoltre la mezzeria dell'edificio, segnata dai tre pinnacoli più alti del coronamento, non coincide con l'appartente mezzeria della facciata, sottolineata dai fregi verticali posti a destra delle logge.
Le maestranze lombarde e venete
L'opera del barone Franchetti
Da integrare
Nel 1412 il mercante veneziano Marino Contarini acquistò dalla famiglia della moglie, Soradamor Zeno, una vasta proprietà presso il confino di Santa Sofia, comprendente anche una costruzione di dimensioni tali, da essere definita Domus Magna. La Ca' d'Oro derivò dalla ristrutturazione di questa fabbrica, iniziata attorno al 1421.
L'edificio non ebbe un unico progettista, ma fu il frutto del lavoro di più maestri, coordinati da Marino Contarini stesso. Tra di essi vi furono certamente Marco d'Amedeo, probabilmente direttore dei lavori, lo scultore milanese Matteo Raverti, i veneziani Giovanni e Bartolomeo Bono, i francesi Jean Charlier e Zuanne de Franza, tutti citati nei documenti di spesa a ancor oggi conservati,
Dopo la morte di Marino Contarini, nel 1441, e in seguito a quella dell'unico figlio Piero, la Ca' d'Oro fu divisa tra le figlie di quest'ultimo, innescando, nei secoli successivi, una lunga serie di passaggi di proprietà e di conseguenti alterazioni, che ne mutarono la fisionomia, specialmente all'interno, proprio a causa delle differenti necessità abitative.
Solo verso la fine del XIX secolo la Ca' d'Oro, per decisione di Alessandro Trubetzkoi, il proprietario di allora, fu sottoposta ad un restauro, di cui fu incaricato l'architetto Giovan Battista Meduna. Meduna modificò pesantemente la facciata ed anche l'interno del palazzo.
Nel 1894 l'intero edificio fu acquistato per 170.000 lire (un notevole esborso per l'epoca) dal barone Giorgio Franchetti, che volle intraprendere un attento restauro filologico dell'edificio, tentando di riportarlo il più possibile vicino alla morfologia quattrocentesca.
Fin da principio il suo scopo non fu quello di fare della Ca' d'Oro la sua abitazione, ma di ospitarvi la propria collezione di opere d'arte per renderla accessibile al pubblico.
Nel 1916 Franchetti stipulò con lo Stato Italiano un accordo, nel quale si impegnò a cedere il palazzo al termine dei lavori, in cambio della loro copertura finanziaria. Il 18 gennaio del 1927 venne inaugurato il museo intitolato "Galleria Giorgio Franchetti", alla memoria del barone, scomparso nel 1922.
Descrizione
Planimetria
L'assetto planimetrico della fabbrica non si discosta eccessivamente da quello della tipica casa-fondaco dei patrizi veneziani. La vistosa asimmetria dell'impianto è determinata dalla prassi costruttiva dell'epoca che prevedeva il riutilizzo delle fondazioni dell'edificio precedente, senza amplianti nei lotti adiacenti. In questo caso anche il mantenimento della corte interna e della cisterna in essa scavata è determinante per l'assetto planimetrico, poiché ha vincolato la pianta ad articolarsi a forma di C attorno ad una corte scoperta, al centro della quale è posizionata la grande vera da pozzo in marmo broccatello di Verona, realizzata da Giovanni e Bartolomeo Bono nel 1427, i quali vi scolpirono su tre lati, tra un ricco fogliame, le allegorie femminili della Giustizia, della Fortezza e della Carità. Come consueto nelle dimore veneziane, alle ampie logge della facciata corrispondono internamente dei lunghi saloni, detti portego, che attraversano l'edificio in tutta la sua profondità.
Facciata
La facciata si caratterizza per la marcata asimmetrica tra la parte sinistra, in cui si sovrappongono tre fasce traforate (portico per l'attracco delle barche al piano terra e loggiati ai piani superiori), e l'ala destra, in cui prevale la muratura rivestita di marmi pregiati con singole aperture quadrate isolate; la causa di tale specificità è da attribuirsi alle ridotte dimensioni del lotto, che non hanno permesso la realizzazione dell'ala sinistra dell'edificio. Tra la parte sinistra e quella destra della facciata è stato inserito un fregio proveniente dalla precedente abitazione dei Zeno. L'unico elemento che da continuità alla facciata, condizionandola e dominandola, è il grande cornicione con la soprastante merlatura. A chiuderla ai lati sono presenti triple colonnine tortili che formano come dei codoni sugli spigoli della facciata, completamente slegati però dal coronamento.
Il portico al pian terreno è aperto con cinque grandi archi sull'acqua, con quello centrale dilatato rispetto agli altri, tanto da risultare a sesto ribassato, riprendendo i portici di origine bizantina. Esso è una reminescenza della duecentesca casa degli Zeno, e non presenta nessuna novità di rilievo. Tra il portico sull'acqua e quello interno si trova una quadrifora di notevole interesse, opera di Giovanni Bono: doppie colonne tortili separano le aperture; in asse con le colonne, sopra di esse, dei trafori a croce; sull'estradosso degli archi delle aperture due quadrilobi. Al piano superiore la loggia del Reverti, composta da un’esafora che risulta invece essere una novità per l'epoca, in quanto sopra i quadrilobi, in asse con i vertici degli archi delle aperture, troviamo dei semiquadrilobi, con i quali il Raverti ottenne un vivo effetto chiaroscurale, esasperato dalle modanature. I capitelli delle colonne con foglie grasse che salgono a spirale vengono reinterpretati in modo inedito rompendo la classica simmetria veneziana coeva. Perfino le balaustre tra le colonne hanno un spiccato spirito decorativo. La loggia dell'ultimo piano è composta da un’ulteriore esafora con dei trafori a croce in asse con le colonne, proprio come nella quadrifora del piano terreno, anche se in questo caso troviamo un semiquadrilobio in asse con i vertici degli archi delle aperture in luogo dei due quadrilobi.
Il pavimento marmoreo
Durante i lavori intrapresi da Giorgio Franchetti venne realizzato il pavimento marmoreo nel portico del piano terreno. Esso copre una superficie di 350 m² utilizzando le tecniche dell'opus sectile e dell'opus tessellatum. I motivi geometrici che compongono la decorazione si ispirano alle pavimentazioni medievali delle chiese della laguna veneta come la basilica di San Marco a Venezia, la basilica dei Santi Maria e Donato a Murano e la cattedrale di Santa Maria Assunta a Torcello. Molti sono però anche i punti di contatto con le decorazioni cosmatesche del XII e XIII secolo. Sono presenti anche temi desunti dal repertorio decorativo bizantino. Giorgio Franchetti disegnò personalmente le geometrie della pavimentazione e si impegnò anche nella sua realizzazione materiale. Da sottolineare è il fatto che per tale opera Franchetti scelse di non utilizzare marmi e pietre di cavatura moderna, ma di utilizzare le tipologie più note e preziose fin dall'antichità romana, tra cui il porfido rosso antico, il serpentino, il cipollino verde, il giallo antico, il pavonazzetto, il verde antico, il marmo luculleo e molti altri.
Riferimenti progettuali
Palazzo Ducale, che era ancora in fase di ultimazione durante la costruzione della ca' d'Oro, fu sicuramente un riferimento progettuale importante: la moltiplicazione delle aperture nei loggiati ai piani nobili rispetto al portico al pian terreno secondo un rapporto 1 a 2 e le merlature che chiudono superiormente la facciata derivano, almeno come idea costruttiva, sicuramente dalla più importante fabbrica veneziana dell'epoca. Se il portico del pian terreno ricorda molto quello della duecentesca ca' da Mosto, le esafore dei piani superiori, ma anche la quadrifora del pian terreno, furono delle reinterpretazioni personali del Raverti e dei Bono della loggia del Palazzo Ducale.
Il museo
La galleria ospita la collezione di opere d'arte raccolta da Giorgio Franchetti nella sua vita. In seguito alla donazione allo Stato italiano (1916) e in vista dell'allestimento del museo, alla collezione Franchetti furono affiancate alcune raccolte statali da cui provengono la maggior parte dei bronzi e delle sculture esposte, oltre a numerosi dipinti veneti e fiamminghi.
Tra le opere di maggior pregio vi sono il San Sebastiano di Andrea Mantegna, la Pietà con due angioletti di Marco Palmezzano, la Venere alla specchio e la Giuditta di Tiziano, vedute di Francesco Guardi, la Venere dormiente di Paris Bordone e ampie porzioni degli affreschi del Giorgione, provenienti dalla facciata del Fondaco dei Tedeschi di Venezia. Di Vittore Carpaccio sono tre teleri con le Storie della Vergine (1504-1508).
Oltre alle sale espositive, il museo ospita vari laboratori per la conservazione e il restauro di opere d'arte.
Note
- ^ Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Visitatori e introiti dei musei
Bibliografia
- Edoardo Arslan, Venezia gotica: l’architettura civile gotica veneziana, Milano, Electa, 1979, pp. 225-237.
- Marcello Brusegan, I Palazzi di Venezia, Roma, Newton & Compton, 2007, pp. 275-279, ISBN 978-88-541-0820-2.
- Andrea Fasolo, Palazzi di Venezia, Arsenale editrice, 2003, pp. 16-21, ISBN 978-88-7743-295-7.
- Francesco Paolo Fiore, Storia dell’architettura italiana: il Quattrocento, Milano, Electa, 1998, pp. 200-241.
- Gino Fogolari, Regia galleria Giorgio Franchetti alla ca’ d’Oro di Venezia, Roma, La Libreria dello Stato, 1936.
- Sandra Moschini Marconi, Galleria G. Franchetti alla ca’d’Oro: Venezia, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 1992.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Galleria G. Franchetti alla Ca' d'Oro, su polomuseale.venezia.beniculturali.it.