Crepereia Tryphaena

donna dell'epoca romana

Crepereia Tryphaena era il nome di una giovane donna il cui sarcofago fu rinvenuto durante i lavori di scavo iniziati nel 1889 per le fondazioni del Palazzo di Giustizia di Roma e per la costruzione di ponte Umberto. Vennero alla luce diversi reperti archeologici, tra i quali due sarcofagi con relativo corredo funerario intitolati a personaggi della stessa famiglia, Crepereia Tryphaena e Crepereio Euhodo. Il corredo funebre era presente solo nel sarcofago di Crepereia e appariva molto ricco di ornamenti d'oro e accanto al suo scheletro vi era una bambola d'avorio, di pregevole fattura e snodabile in alcune articolazioni[1], che fu trasferita nell'Antiquarium comunale. Ora è conservata nei caveaux dei Musei Capitolini di Roma.

Bambola d'avorio snodabile

Crepereia fu identificata come una fanciulla vissuta nella metà del II sec. d.C che si presentò agli occhi dei Romani accorsi, alla notizia dell'eccezionale ritrovamento, la mattina del 12 gennanio 1889 presso ponte Umberto. All'apertura del sarcofago la giovane donna appariva per l'acqua proveniente dal vicino fiume Tevere come una ninfa. Lasciò scritto l'archeologo Rodolfo Lanciani [2] presente agli scavi:

«Tolto il coperchio, e lanciato uno sguardo al cadavere attraverso il cristallo dell' acqua limpida e fresca, fummo stranamente sorpresi dall'aspetto del teschio, che ne appariva tuttora coperto dalla folta e lunga capigliatura ondeggiante sull'acqua. La fama di cosi mirabile ritrovamento attrasse in breve turbe di curiosi dal quartiere vicino, di maniera che l'esumazione di Crepereia Tryphaena fu compiuta con onori oltre ogni dire solenni, e ne rimarrà lunghi anni la memoria nel quartiere Prati. Il fenomeno della capigliatura è facilmente spiegato. Con l'acqua di filtramento erano penetrati nel cavo del sarcofago bulbi di una tal pianta acquatica che produce filamenti di color d'ebano, lunghissimi, i quali bulbi avevano messo di preferenza le loro barbicine sul cranio. Il cranio era leggermente rivolto verso la spalla sinistra e verso la gentile figurina di bambola...[3]»
Il corredo funebre del sarcofago di Crepereia Tryphaena

Tra gioielli di Crepereia al dito della giovanetta fu ritrovato un anello con incisa la parola "Filetus" che fece immaginare a Giovanni Pascoli che fosse il nome del suo promesso sposo mancato poiché la presenza della bambola nel corredo funebre faceva pensare che fosse morta alla vigilia delle nozze non avendo fatto in tempo a donare i suoi giocattoli agli dei per la cerimonia di "addio all'infanzia" [4]. Per l'occasione Pascoli compose una poesia in latino che donò alla figlia dell'onorevole Benzoni, allora ministro della pubblica istruzione e suo mentore in Roma:

«Vitrea virgo sub aqua latebas
at comans summis adiantus undis
nabat. An nocti dederas opacae
spargere crinis?» [5]

(«Ti nascondevi, o fanciulla, nell' acqua trasparente, e sull'onda nuotavano i tuoi capelli di felce. Avevi concesso alla notte oscura il privilegio di scioglierli?»)

Fin dal rirovamento la bambola apparve non come un comune giocattolo ma come un opera d'arte nel viso finemente scolpito, quasi fosse un ritratto, con un'acconciatura tipica della moda romana dei tempi di Marco Aurelio e Faustina Minore [6]. Inoltre appariva l'abilità tecnica dell'artigiano che l'aveva creata nel corpo snodabile con gambe e braccia collegate al tronco con piccoli perni.

Voci correlate

Note

  1. ^ Alberto Tagliaferri, Guide rionali di Roma - Rione XXII Prati, Fratelli Palombi Editori, Roma, 1994, pp.57-60
  2. ^ L'archeologo e ingegnere Lanciani peraltro era in polemica con la conduzione dei lavori, per l'urgenza con cui venivano eseguite le opere di costruzioni che formeranno il nuovo quartiere Prati, che impediva la tracciatura e la documentazione dei reperti archeologici rinvenuti (in Corte Suprema di Cassazione)
  3. ^ Op.cit. ibidem
  4. ^ Salza Prina Ricotti, op.cit., p. 51
  5. ^ G.Pascoli, Poem. et Ep., 53
  6. ^ Fittà p.57

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