Lingue d'Italia
Nella Repubblica Italiana la lingua ufficiale è l'italiano, sebbene non esista un articolo nella Costituzione che lo imponga esplicitamente. L'art. 6 della Costituzione, invece, stabilisce che "la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". In attuazione di tale disposizione il Parlamento italiano ha riconosciuto ufficialmente - con la legge 482/99 - altre 12 lingue: friulano, ladino, tedesco, sloveno, occitano, francese, francoprovenzale, albanese, greco, sardo, catalano e croato. La legge di tutela prevede l'uso ufficiale di tali lingue negli uffici pubblici, il loro insegnamento nelle scuole e l'avvio di trasmissioni radiotelevisive in RAI.
Nel territorio odierno della Repubblica Italiana si parlano non solo lingue romanze, ma anche lingue germaniche, lingue slave, il greco e l'albanese.
Idiomi non romanzi
In Friuli-Venezia Giulia esiste una comunità che parla lo sloveno in un'area al confine detta Benecija; in Molise in alcuni centri esistono ancora comunità parlanti il croato. In Piemonte esiste una serie di comuni dove si parla il cosiddetto "walser", una variante del tedesco di tipo alemannico, simile a quello che si parla nel vicino cantone Vallese. Comunità germanofone si trovano anche in Friuli-Venezia Giulia a Sappada, Sauris e in Val Canale e, soprattutto, in Veneto dove sono stanziati i Cimbri (niente a che vedere con l'omonima tribù germanica sconfitta da Gaio Mario nel 78 a.C.) nel territorio dei Sette comuni vicentini (Giazza) e dei Tredici comuni veronesi (Roana, Rozzo, Rudi di Gallo). La comunità tedesca più numerosa si trova comunque senza dubbio in Trentino-Alto Adige. A parte alcuni comuni della provincia di Trento (Luserna e la Val Fersina dove sono stanziati i "mòcheni"), la maggior parte dei germanofoni si trova in Alto Adige (dizione ufficiale italiana che risale all'epoca napoleonica: la dizione ufficiale in tedesco è "Südtirol", in ladino è Alt-Adiç). Tutte le parlate tedesche dell'Italia nord-orientale appartengono al gruppo bavarese meridionale. In molti centri dell'Italia del centro-sud esistono isole linguistiche dove si parla il greco e l'albanese (o più precisamente il tosco, arbëresh), un tempo ben più numerose e consistenti di oggi.
Idiomi romanzi
Veniamo quindi agli idiomi romanzi parlati in Italia. Vanno sicuramente divisi in due gruppi: quelli che hanno una "lingua tetto", ovvero che ha lo status di lingua nazionale o ufficiale di uno Stato fuori dal territorio della Repubblica Italiana e quelli che non l'hanno.
Per il primo gruppo, in Valle d'Aosta e nel Piemonte nordoccidentale si parla l'arpitano (o "francoprovenzale"), idioma con caratteristiche intermedie tra il francese e l'occitano. Sempre in Piemonte, ma più a sud si parla lo stesso occitano (variante provenzale). Isole linguistiche occitane si trovano anche in Puglia (Capitanata). Ad Alghero, in Sardegna, è ancora in uso il catalano portato dagli aragonesi secoli fa.
Per quanto riguarda il secondo gruppo, in Trentino-Alto Adige e Veneto, nell'area dolomitica, si parla il ladino, lingua appartenente al ramo retoromanzo delle lingue romanze, insieme alla lingua romancia e alla lingua friulana, parlata nelle Province di Gorizia, Pordenone, Udine e Venezia. Il friulano, oltre alla tutela statale, è riconosciuto ufficialmente dalla Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia quale "lingua della comunità regionale" ed è usato in ogni ambito sociale, dalla Pubblica Amministrazione, alla scuola, dai giornali alla televisione, dalle celebrazioni liturgiche alle pubblicazioni scientifiche. Il sardo è forse il più conosciuto degli idiomi romanzi parlati in Italia che non vengono considerati facenti parte del sistema linguistico italiano propriamente detto. Essa è una lingua estrememante conservativa e isolata: alcuni studiosi hanno ipotizzato una relazione con il numidico l'antica parlata basata sul latino dell'Africa settentrionale, che coesisteva con il berbero fino all'invasione araba. Il sardo ha quattro varietà; fondamentali: il logudorese, la varietà più arcaica e prestigiosa che si trova nella zona centrosettentrionale, il campidanese, parlato nel sud dell'isola, il sassarese e il gallurese parlati nel nord della Sardegna. Logudorese e campidanese formano il gruppo sardo meridionale; gallurese e sassarese, insieme al pomontano (corso di Pumonti) appartengono al gruppo sardo settentrionale, meno conservativo per i maggiori influssi esterni, soprattutto ad opera del toscano. Ladino, friulano e sardo non hanno una lingua tetto importante fuori dal territorio della Repubblica Italiana e per questo sono stati spesso considerati dei semplici "dialetti" dell'italiano, nonostante le loro caratteristiche particolari. Questo è un discorso che appartiene più alla politica e alla storia che non alla linguistica: pertanto è bene evitare se possibile parole come "dialetto", perché dotate di un significato diverso da quello strettamente linguistico.
Il sistema conosciuto con il nome d'italiano è composto da molte varianti. Per comodità e scientificità vanno divisi in cinque gruppi principali:
- "gallo-italico" o "cisalpino" (alcuni parlano di "padano");
- Veneto;
- Tosco-romano
- "centrale";
- Alto-meridionale (comprendente varietà anche molto diverse tra loro come il pugliese e il campano) o ausone;
- Siciliano (o "basso-meridionale" o "tricalabro").
Questi gruppi non vanno intesi come idiomi: all'interno di un gruppo ci sono differenze notevolissime, tanto che l'intercomprensibilità tra un piemontese e un romagnolo che parlano il proprio idioma locale, che pure appartengono allo stesso gruppo, è quasi nulla.
Il gruppo galloitalico comprende i seguenti idiomi regionali: il piemontese (koinè basata essenzialmente sul torinese; chiamato anche "pedemontano", anche se con questo termine di solito s'intendono le parlate locali diverse dal torinese), ligure (perlopiù koinè di base genovese), insubre (o lombardo occidentale), orobico (o lombardo orientale, detto anche semplicemente "bergamasco", però poco correttamente, visto che comprende anche altre varietà), emiliano(da intendersi più come un sottogruppo di varianti locali anziché un vero e proprio idioma, mancando ogni tipo di koinè) e il romagnolo. Caratteristiche di questo gruppo sono l'indebolimento delle sillabe atone (fortissimo soprattutto nell'emiliano), la sonorizzazione delle consonanti occlusive intervocaliche e la riduzione delle geminate nella stessa posizione (lenizione), la caduta in molti casi delle consonanti finali e la mancanza di epitesi, la presenza in molte varianti di fonemi vocalici anteriori arrotondati (/y, ø/, in passato dette "vocali turbate"). Si deve notare che non esiste una "cultura padana" comune: ogni zona possiede il suo dialetto e i propri usi e costumi. Anche la teoria del sostrato celtico è oggi in forte discussione: con ogni verosimiglianza, l'indebolimento sillabico e i fonemi /y, ø/ sono da attribuirsi rispettivamente al superstrato germanico e a un'evoluzione locale indipendente.
Il gruppo veneto è da alcuni attribuito allo stesso gruppo del gallo-italico ma dovrebbe invece esser tenuto distinto. Esso è generalmente meno innovativo rispetto ai dialetti gall -italici: non ha l'indebolimento delle sillabe atone e anche le vocali finali reggono abbastanza bene, fuorché dopo sonorante. Le varianti principali sono il veneto propriamente detto, che oggi è una koinè di base veneziana, il trentino che ha alcuni caratteri in comune con le parlate orobiche, e l'istrioto, idioma parlato nelle zone di Rovigno e Pola. La caratteristica più vistosa è la struttura sillabica che non tollera geminate in nessuna posizione.
Secondo il Pellegrini le lingue gallo-italiche e il veneto devono essere classificate nella famiglia dei "dialetti alto-italiani".
I gruppi padano e veneto sono sempre più spesso asseganti al ramo galloromanzo delle lingue romanze. Questo è vero per certe caratteristiche indubitabilmente vicine a francese, arpitano o franco - provenzale e occitano (e probabilmente pure al catalano), ma del resto non dobbiamo scordarci che essi hanno subito un pesante influsso da parte dell'italiano di base toscana, così che certe caratteristiche che forse erano presenti nei primi secoli dell'era romanza (plurali in /s/ e nessi /C + l/ intatti) sono oggi scomparse del tutto.
I gruppi seguenti sono tutti attribuiti unanimamente al ramo italoromanzo e quindi hanno caratteristiche più o meno vicine all'italiano standard.
Il gruppo tosco-romano è costituito dal Toscano, dal romano (il dialetto romano moderno risulta essere una variante della lingua toscana ed è molto diverso dall'antico dialetto di Roma) e dal corso. Il toscano è la base dell'italiano moderno, il corso propriamente detto (corso di Cismonti, molto vicino al toscano occidentale, dal quale si differenzia però per alcune forme lessicali e le finali in /u/), il romano comprende sia il romanesco che le parlate della Tuscia. Lungo il crinale appenninico tra la Toscana e l'Emilia (Sambuca Pistoiese, Fiumalbo, Garfagnana e altre località) le persone più anziane usano ancora delle parlate di transizione tra il sistema italo-romanzo e il sistema "gallo-italico" dette, da taluni, parlate gallo-toscane.
Il gruppo centrale è quello di più difficile classificazione. Infatti le parlate si sono influenzate tra di loro in maniera considerevole e non lineare. Si distingono i seguenti idiomi o sottogruppi: umbro-marchigiano di difficile sistematizzazione perché completamente privo di coinè e il cicolano-aquilano-reatino, con caratteristiche intermedie verso i dialetti del gruppo seguente.
I gruppi tosco-romano e centrale sono comunque gruppi abbastanza conservativi: nel corso non esiste nessun tipo di indebolimento consonantico, in toscano e in parte dell'umbro-marchigiano c'è la gorgia, altrove una lenizione non fonologica. Comune è la realizzazione fricativa delle affricate mediopalatali e nelle zone meridionali i raddoppiamenti di /b dZ/ semplici intervocalici.
Vedi anche:
- Lingua italiana
- Regione autonoma a statuto speciale
- Costituzione della Repubblica Italiana/Art.6 - La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.