Mummie di Venzone
Le mummie di Venzone sono una serie di mummie rivenute a Venzone, in provincia di Udine, nel XVII secolo. Si tratta di corpi mummificati per cause naturali, come avvenuto anche in altri luogi nel mondo, anche se la specifica conservazione delle mummie di Venzone rimane ancora un mistero.


L'ipotesi più verosimile è che la rapida mummificazione dei corpi sia stata creata da una perfetta combinazione di più elementi naturali, tra cui temperatura ed umidità adatte, alta presenza di solfato di calcio nel terreno e la presenza di un fungo con grande capacità idrovora, la Hypha bombicina pers.
Storia
Nel 1647, durante i lavori di ampliamento del duomo di Venzone, vennero alla luce una ventina di corpi mummificati, tra cui quella del "Gobbo di Venzone"[1]. La popolarità di queste mummie era altissima già nei secoli passati, tanto che alcune mummie furono studiate presso il gabinetto universitario di Padova, al Museo di Vienna, e nella Chiesa degli Invalidi[2]. Lo stesso Napoleone volle farne visita nel 1807[3].
Le mummie di Venzone sono appartenenti ad un'epoca compresa tra il 1348 e il 1881[4]. Nel 1845 le mummie vennero spostate dalla cripta del Duomo alla Cappella superiore. Successivamernte al terremoto del Friuli del 1976, furono rivenute tra le macerie solo 15 delle 21 mummie conservate. Cinque di esse (tra cui il nobile uomo di Venzone Paolo Marpillero) sono ora esposte nella cripta del battistero di San Michele e rappresentano un patrimonio di inestimabile interesse antropologico per conoscere il modo di vita degli abitanti friulani dei secoli passati.
Analisi
Nel 1906 la rivista stutinitense The Literary Digest pubblicò la traduzione di alcune parti di un articolo di F. Savorgnan de Brazza, già apparso sulla rivista francese Cosmos, in cui si descriveva la storia e le caratteristiche di questi corpi naturalmente conservati, i quali risultavano del tutto riconoscibili. Il primo cadavere scoperto pesava solo 15 kg, mentre i restanti erano tra i 10 e 20 kg.
All'epoca, il De Brazza riferì l'esistenza di una serie di ipotesi per spiegare le cause della mummificazione: la più ragionevole, secondo lui, era quella di riferirla ad una specie di fungo, Hypha tombicina, le cui spore erano note per essere presenti sia nelle tombe sia nelle bare di legno. Anche così, la teoria rimaneva solo una speculazione ragionevole.
Dopo la pubblicazione dell'articolo di De Brazza e della relativa traduzione, rimasero i dubbi sul processo di mummificazione, da momento che lo stesso non poteva essere replicato e quindi spiegato scientificamente, poiché "le condizioni che assicurano la vita [del fungo] e la riproduzione" risultavano ancora sconosciute. Altra condizione critica, osservò il Literary Digest, era di sapere che il numero delle mummie non sarebbe probabilmente mai aumentato, poiché la pratica di seppellire i morti nelle chiese era stata vietata, impedendo in tal modo l'ulteriore osservazione del processo naturale.[5]
Successive indagini
Al tempo di De Brazza, il numero delle mummie di Venzone era 42.[5] Successivamente al disastroso terremoto del Friuli del 1976, vi furono molte perdite e da allora il numero delle mummie conservate è sceso a sole 15.[6] La diminuzione dei reperti ha comprensibilmente reso più difficile il loro studio e soprattutto le condizioni che permisero processo di mummificazione. Come testimoniato dal prof. Arthur C. Aufderheide dell'Università del Minnesota, nonostante l'ospitalità della popolazione locale, le autorità preposte hanno spesso ostacolato o rifiutato la raccolta di nuovi campioni per le analisi[6], il che comporta la possibilità di studiare solo i campioni già raccolti in passato.
Nel frattempo sono state avanzate diverse ipotesi che potrebbero spiegare le cause della mummificazione, ma non esite una teoria definitiva. De Brazza si accontentò di attribuire al fungo Hypha tombicina le cause della mummificazione, negando che il calcare (altra possibile causa) fosse presente nelle tombe.[5] Al contrario, Aufderheide affermò che le mummie erano originariamente presenti in una tomba che conteneva un pavimento di calcare naturale: tale situazione, secondo lui, sarebbe stata del tutto adatta a creare le condizioni che ancora caratterizzano le mummie conservate oggi. D'altra parte, altri studi condotti da Aufderheide non hanno rinvenuto alcuna presenza di funghi del genere Hypha o simile.[7]
Note
- ^ Le Mummie di Venzone, su friuliveneziagiulia.info.
- ^ Anche il Friuli Venezia Giulia ha le sue mummie!, su PromoTurismoFVG. URL consultato il 5 settembre 2016.
- ^ Venzone (UD): Cappella di San Michele e le mummie, su Carta archeologica del Friuli-Venezia Giulia. URL consultato il 5 settembre 2016.
- ^ Le mummie di Venzone, su Venzone turismo. URL consultato il 5 settembre 2016.
- ^ a b c A Fungus That Makes Mummies, in The Literary Digest, 29 dicembre 1906, pp. 976. URL consultato il 22 agosto 2012.
- ^ a b Arthur C. Aufderheide, The Scientific Study of Mummies, Cambridge, Cambridge University Press, 2003, pp. 193.
- ^ Arthur C. Aufderheide, The Scientific Study of Mummies, Cambridge, Cambridge University Press, 2003, pp. 194.
Bibliografia
- Gaspare Baggieri e Marina Di Giacomo, Le mummie di Venzone: morfologia, radiologia e Tac, MelAmi, 2004.
- Francesco Maria Marcolini, Sulle mummie di Venzone con tavole alluminate memoria, Milano, Società tipografica de' Classici italiani, 1831.
- Pietro Stringari, Brevi cenni sulle mummie di Venzone, Padova, Tip. Penada, 1841.
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