Il lottatore
Il lottatore è un'antica statuetta di basalto che è una delle più importanti sculture della cultura olmeca. La figura quasi a grandezza naturale è stata lodata non solo per il suo realismo e senso di energia, ma anche per le sue qualità estetiche.[1] Dal 1964, la scultura fa parte della collezione del Museo nazionale di antropologia a Città del Messico.

Questa statuetta mesoamericana alta 66 cm fu scoperta nel 1933 da un agricoltore ad Arroyo Sonso, nello stato messicano di Veracruz vicino al Río Uxpanapa e non lontano dalla sua confluenza con il Río Coatzacoalcos, un'area ora nota come Antonio Plaza.[2]
Si considera improbabile che questa scultura, nota formalmente anche come Monumento 1 di Antonio Plaza nonché come El Luchador Olmeca (spagnolo, "Il lottatore olmeco") rappresenti effettivamente un lottatore.
Descrizione
La statuetta mostra una figura maschile seduta. Le gambe sono delicate e piuttosto corte,[3] con la gamba destra piegata davanti al corpo e la sinistra ripiegata all'indietro, quasi sotto il corpo. Le braccia sono sollevate e, similmente alle gambe, piegate e asimmetriche. Entrambe le mani sono chiuse. In una posizione insolita per l'arte olmeca, le spalle non sono situate direttamente sopra i fianchi, ma leggermente ruotate a destra, dando alla scultura un senso di movimento che è accentuato dai muscoli ben definiti e dal posizionamento dinamico delle braccia.[3]
La testa è calva, ma le manca la deformazione cranica altamente stilizzata che si trova in molte statuine olmeche o nei busti di legno di El Manati. La figura porta dei baffi e un pizzetto, caratteristiche relativamente rare nella scultura olmeca che appaiono solo su pochi rilievi come il Monumento 3 di La Venta.[3]
La figura indossa solo un perizoma leggermente definito, portando alla supposizione che la statuetta fosse vestita originariamente con abiti rituali che si sono consumati con il passare del tempo.[4]
Questa scultura è completamente tridimensionale e si presume che fosse destinata ad essere vista da tutti i lati: la veduta posteriore mostra scapole accuratamente scolpite e una lieve protuberanza realistica che è visibile sopra la cintura ai fianchi. Mary Ellen Miller trova che "la lunga diagonale della linea della schiena e delle spalle della figura è bella e imponente quanto la veduta frontale".[4] La figura chiaramente è più libera di muoversi di altre sculture olmeche tridimensionali (per esempio, del Monumento 1 di San Martín Pajapan), che sono frequentemente squadrate e apparentemente "confinate" dal mezzo nel quale sono scolpite.[5]
Soggetto e datazione
Malgrado il suo nome, è improbabile che la figura rappresenti un lottatore e si pensa che i baffi e il pizzetto collegano il soggetto alla "gerarchia politico-religiosa".[1] In base alle somiglianze con il dipinto di Jacques le Moyne di un rituale timucua del XVI secolo, lo storico dell'arte Roy Craven suggerisce che la figura sia quella di uno sciamano,[6] sebbene questa proposta abbia ricevuto poca attenzione.[7] In base alla personalità della scultura nonché al dettaglio inerente al volto, si pensa che la scultura sia un ritratto.[8]
Essendo un'opera di pietra senza contesto archeologico, è stato difficile datare la scultura. Mentre alcuni ricercatori la considerano un'opera primitiva, datata fin dal 1200 a.C.,[4] altri la attribuiscono a un periodo più vicino al 400 a.C., vicino alla fine della cultura olmeca. Questa datazione si basa in gran parte sulle sue differenze rispetto alle formalistiche sculture olmeche anteriori.[9] Michael Coe la assegna semplicemente al periodo tra il 1500 a.C. e il 400 a.C.
Note
- ^ a b Castro-Leal.
- ^ Williams & Heizer, p. 23. L'area è nota anche come area Santa Maria Uxpanapa.
- ^ a b c Milbrath, p. 17.
- ^ a b c Miller, p. 23.
- ^ Miller, p. 23. Vedi anche Honour, p. 110, che dice che "Le altre sculture olmeche sopravvissute sono del tutto diverse, rigidamente frontali e rigorosamente simmetriche".
- ^ Craven.
- ^ L'identificazione proposta di Craven non è menzionata in opere recenti come Miller o Diehl, sebbene Karl Taube trovi la tesi "ragionevole" (Olmec Art at Dumbarton Oaks, p. 61.)
- ^ Miller, p. 23. Coe, p. 78.
- ^ Beatriz de la Fuente assegna a date del 500 – 400 a.C. (Craven, p. 30). Maria Castro-Leal ritiene che l'arte rifletta una transizione a uno stile post-olmeco.
Bibliografia
- Bernal, Ignacio, The Olmec World, Berkeley, University of California Press, 1969, ISBN 0-520-02891-0.
- Castro-Leal, Maria, [Catalogue #]11. Antonio Plaza Monument 1 — Seated Figure with Mustache and Beard, in E. P. Benson e B. de la Fuente (a cura di), Olmec Art of Ancient Mexico, Washington D.C., National Gallery of Art, 1996, p. 172, ISBN 0-89468-250-4.
- Coe, Michael D., The Olmec Heartland: Evolution of Ideology, in Robert J. Sharer e David Grove (a cura di), Regional Perspectives on the Olmec, Cambridge University Press, 1989, ISBN 978-0-521-36332-7.
- Craven, Roy C., An Iconographic Note: "Wrestler" or "Shaman"? (PDF), in Mexicon, XVII, n. 2.
- Diehl, Richard, The Olmecs: America's First Civilization, Ancient peoples and places series, Londra, Thames & Hudson, 2004, ISBN 0-500-02119-8, OCLC 56746987.
- Honour, Hugh e John Fleming, A World History of Art, 7ª ed., Laurence King Publishing, 2005, ISBN 978-1-85669-451-3.
- Kubler, George, The Art and Architecture of Ancient America: The Mexican, Maya and Andean Peoples, Pelican History of Art, Yale University Press, 1984, ISBN 0-300-05325-8.
- Milbrath, Susan, Study of Olmec Sculptural Chronology, Studies in Pre-Columbian Art and Archaeology No. 23, Washington, D.C., Dumbarton Oaks Research Library and Collection, Trustees for Harvard University, 1979, ISBN 978-0-88402-093-6, OCLC 231896601.
- Miller, Mary Ellen, The Art of Mesoamerica, World of Art series, 3ª ed., Londra, Thames & Hudson, 2001, ISBN 0-500-20345-8, OCLC 59530512.
- Williams, Howel e Robert F. Heizer, Sources of Rocks Used in Olmec Monuments (PDF), in Contributions of the University of California Archaeological Research Facility, vol. 1, Sources of Stones Used in Prehistoric Mesoamerican Sites, Berkeley, University of California Department of Anthropology, settembre 1965, pp. 1–44, ISSN 0068-5933, OCLC 1087514.