Carlo Schiffrer

Carlo Schiffrer (Trieste, 10 aprile 1902Trieste, 8 febbraio 1970) è stato uno storico, geografo e insegnante italiano, noto per i suoi studi sui confini orientali d'Italia.

Vita

Nacque nel 1902, figlio di Emerico Schiffrer e Anna Zanettig. La famiglia paterna era originaria di Lubiana ed Emerico fu un pittore di una certa notorietà a Trieste. Il giovane Carlo studiò alla "Civica Scuola Reale", rimanendo solo con i nonni negli anni della guerra, dopo che i genitori vennero internati in un campo nell'interno dell'Austria quali "politicamente infidi".

Nel dopoguerra - con il passaggio di Trieste e della Venezia Giulia al regno d'Italia - riuscì a frequentare l'università di Firenze grazie ad un sussidio corrisposto dal governo italiano agli studenti delle regioni "redente". Gli anni universitari sono segnati in particolare dall'incontro di Schiffrer con Gaetano Salvemini: in quel periodo lo storico pugliese si impegna sovente nel dibattito in Italia sulla "questione adriatica", ed è da lui che Schiffrer decide di farsi assegnare la tesi sulle origini dell'irredentismo triestino. Nel frattempo conosce sempre a Firenze Geppina Frittelli, che sposerà nel 1929. Passato quindi un periodo di supplenza all'istituto commerciale «» di Trieste, e svolto il servizio militare in Piemonte negli alpini, nel dicembre del 1925 Schiffrer tornò a Firenze per discutere la tesi, non più però davanti a Salvemini (espatriato nel frattempo per i contrasti col regime fascista) ma davanti ad una commissione che giudicò il suo lavoro in modo più prevenuto.

Dedicatosi all'insegnamento, Schiffrer approfondisce in quegli anni varie tematiche di geografia politica, curando con Giorgio Roletto vari manuali per le scuole e scrivendo articoli per la rivista «Geopolitica» diretta dall'allora ministro dell'educazione nazionale Giuseppe Bottai.

Allo scoppio della nuova guerra mondiale, viene richiamato e quindi destinato nella zona di Villa del Nevoso (sopra Fiume). Dopo un periodo di congedo, è richiamato nuovamente per controllare i convogli di soldati che da Mestre vengono indirizzati verso Trieste e le regioni orientali. Dopo l'armistizio, Schiffrer inizia a lavorare presso l'Istituto di studi geografici a Trieste, conoscendo Giorgio Cosattini, nembro del Partito d'Azione di Udine. L'amicizia con Cosattini determina, oltre alla definitiva partecipazione di Schiffrer alla Resistenza italiana, anche il suo inevitabile coinvolgimento nelle discussioni con il movimento resistenziale jugoslavo a proposito del confine orientale. Date le sue competenze in materia, Cosattini chiede infatti a Schiffrer di redigere uno studio sulla composizione etnica della Venezia Giulia, da poter utilizzare negli incontri tra gli esponenti del CLN Alta Italia e quelli del Fronte di Liberazione Sloveno.

Arrestato una volta dalla polizia, e rilasciato su intervento del podestà Cesare Pagnini, Schiffrer viene nuovamente arrestato, insieme al padre, nel maggio 1945, dopo l'ingresso a Trieste dell'armata jugoslava. Verrà liberato solo dopo qualche giorno, su probabile intervento del vescovo, mons. Antonio Santin.

Inserito quindi del gruppo di esperti giuliani aggregato alla delegazione italiana nella Conferenza di Parigi, nel dopoguerra si impegna nella politica locale triestina, negli anni del Governo Militare Alleato. Membro del «Partito Socialista della Venezia Giulia», è come molti favorevole alla restituzione all'Italia di tutto il mai nato Territorio Libero di Trieste, un indirizzo che viene ribadito dai socialisti triestini al congresso di Copenaghen del 1951. Malgrado ciò, Schiffrer si segnala anche per la netta opposizione alle ingerenze nella politica triestina del governo italiano, che a suo dire privilegiava i partiti di centro e di destra a scapito delle sinistre.

Dopo alcuni mesi di insegnamento universitario, e nominato nel frattempo vice-commissario di zona (carica analoga a quella di sotto-prefetto), dopo il ritorno di Trieste all'Italia, per l'incompatibilità delle cariche sceglie di riprendere l'insegnamento superiore, invitato a farlo anche dal ministero e rinunciando quindi definitivamente ad ogni ipotesi di carriera universitaria.

Ormai dedito perlopiù alla sua attività, passò gli