Assedio di Nasso
L'assedio di Nasso fu un tentativo, fallito, di conquista dell'isola greca nel 499 a.C. da parte di Aristagora, Tiranno di Mileto, e Artaferne, Satrapo di Sardi. Il piano di conquista dell'isola rientrava nella politica espansionistica dell'Impero Persiano di Dario il Grande. L'assedio di Nasso aprì la serie di conflitti tra greci e persiani noti come Guerre persiane.
Assedio di Nasso parte della prima guerra persiana | |
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![]() Arcipelaghi nel mar Egeo | |
Data | 499 a.C. |
Luogo | Nasso, Cicladi |
Causa | Espansione dell'impero persiano |
Esito | Assedio fallito |
Schieramenti | |
Comandanti | |
Effettivi | |
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Aristagora era stato avvicinato da aristocratici di Nasso in esilio, desiderosi di rientrare nell'isola. Intravedendo l'opportunità di rafforzare l'influenza di Mileto sopra le Cicladi, Aristagora cercò l'aiuto del Re persiano Dario tramite il satrapo Artaferne per la conquista di Nasso. Acconsentendo alla spedizione, i Persiani assemblarono una forza di 200 triremi sotto il comando di Megabate. La spedizione incontrò da subito difficoltà, a causa di screzi nati tra Aristagora e Megabate durante il viaggio verso Nasso. Qualcuno, forse lo stesso Megabate, informò gli abitanti di Nasso dello sbarco imminente. Quando sbarcarono, persiani e ioni si trovarono di fronte una città asserragliata e pronta a subire un lungo assedio. Dopo quattro mesi senza risultati, a corto di soldi, la spedizione fu costretta al rientro in Asia Minore senza aver concluso risultati tangibili.
Sentendo prossima la sua destituzione come Tiranno di Mileto, a causa della spedizione fallimentare, Aristagora incitò tutta la Ionia a sollevarsi contro Dario. La rivolta si diffuse nella Caria e a Cipro. Per tre anni le forze persiane cercarono di reprimere i moti di ribellione accesi in Asia Minore con esiti effimeri. Raccolte però le forze, decisero di colpire il centro di queste ribellioni: Mileto. Nel 494 a.C., con la battaglia di Lade, i Persiani sconfissero la flotta ionica in modo decisivo. A seguito della caduta di Mileto, le ribellioni in Asia Minore cessarono e Dario poté organizzare delle forze punitive contro Atene ed Eretria, le quali avevano incoraggiato e sostenuto le rivolte, dando luogo così alla prima invasione persiana della Grecia.
Fonti
Di fatto l'unica fonte primaria per la rivolta ionica è lo storico greco Erodoto. [1] Erodoto, definito da Cicerone 'Padre della Storia'[2], è nato nel 484 a.C. ad Alicarnasso in Asia Minore, allora sotto il controllo persiano. Ha scritto la sue Storie (in greco antico: Ἱστορίαι?, Historíai) intorno al 440–430 a.C., cercando di rintracciare le origini delle guerre greco-persiane, terminate nel 450 a.C e quindi non molto tempo prima della sua stesura.[3]L'approccio di Erodoto rappresentava una novità, almeno per la cultura occidentale, e sembra che proprio lui abbia dunque inventato la Storia così come la intendiamo noi.[3] Come Holland ha sottolineato: "Per la prima volta un cronista sì è messo nella condizione di risalire alle origini di un conflitto, origini che non erano così remote da scadere nel fiabesco, né dovute a capricci o desideri di un qualche dio, e neppure appigliandosi a rivendicazioni di popoli che dovevano seguire il proprio destino; piuttosto con spiegazioni che avrebbe potuto verificare personalmente."[3]
Alcuni antichi storici successivi, nonostante seguissero le sue orme di Erodoto, lo hanno criticato, a partire da Tucidide.[4][5] Tuttavia Tucidide stesso scelse di iniziare la sua storia laddove Erodoto aveva terminato, ossia l'Assedio di Sesto. Quindi, evidentemente, egli stesso aveva ritenuto che la Storia di Erodoto fosse abbastanza precisa da non aver bisogno di riscritture o di correzioni. [5] Plutarco criticò Erodoto nel suo saggio La malignità di Erodoto", descrivendo Erodoto come "Philo-barbaros" (amante degli stranieri), per non essere stato abbastanza partigiano nei confronti dei greci, la qual cosa ci suggerisce che Erodoto potrebbe in realtà aver fatto un lavoro ragionevolmente imparziale.[6] Un quadro negativo di Erodoto è stato poi tramandato nell'Europa rinascimentale, anche se con toni leggeri.[7] Comunque dal XIX secolo la sua reputazione è stato sensibilmente riabilitata per via di ritrovamenti archeologici che hanno più volte confermato la sua versione dei fatti.[8] La visione moderna prevalente è che Erodoto generalmente abbia fatto un notevole lavoro notevole con la sua Historíai, ma che alcuni dettagli specifici (in particolare numero di soldati e dati numerici in genere) dovrebbero essere guardati con scetticismo.[8] Nondimeno vi sono ancora alcuni storici che reputano attendibile gran parte del lavoro fatto da Erodoto con la sua Historíai.[9]
Premesse
Nel Medioevo greco, in seguito al crollo della civiltà micenea, un numero significativo di greci erano emigrati stabilendosi in Asia Minore. Questi coloni provenivano da tre gruppi tribali: le Eolie, i Dori e gli Ioni[10]. Gli Ioni si erano insediati sulle coste della Lidia e Caria , fondando le dodici città che costituivano Ionia[10]. Queste città erano Mileto , Miunte e Priene in Caria; Efeso, Colofone, Lebedo, Teo, Clazomene, Focea e Eritre in Lidia; e le isole di ) e Chio[11]. Le città della Ionia erano rimaste indipendenti fino a quando, intorno al 560 a.C., non furono conquistate da Creso, famoso re della Lidia[12]. Le città ioniche rimasero sotto il dominio della Lidia fino a quando questa non fu sua volta conquistata dal nascente Impero achemenide di Ciro il Grande[13]. I Persiani trovarono gli Ioni difficili da governare. In altre parti dell'impero, Ciro II era stato in grado di identificare gruppi elitari nativi, pronti ad aiutarlo a governare i loro conterranei, come ad esempio i sacerdoti della Giudea[14]. Nelle città greche non era stato possibile trovare gruppi analoghi perché questi, se c'erano, erano in lotta tra di loro e non vi era un gruppo egemone, ma fazioni frastagliate[14]. I Persiani perciò insediarono un Tiranno in ciascuna città ionica sotto il loro controllo, anche se questo li avrebbe inevitabilmente fatti coinvolgere nei dissidi interni locali. Inoltre i Tiranni qualche volta sviluppavano velleità indipendentiste e dovevano essere pertanto rimossi e sostituiti[14]. I tiranni stessi, infine, avevano di fronte un compito arduo, dovendo essere il bersaglio dell'odio dei propri concittadini e nel contempo soddisfare le aspettative dei Persiani[14]
Circa 40 anni dopo la conquista persiana della Ionia, durante il regno del quarto re persiano, Dario il Grande, lo stand-in Milesian tiranno Aristagora si è trovato in questa situazione familiare[15]. Istieo, cugino e genero di Aristagora, aveva accompagnato Dario nella spedizione in Tracia del 513 a.C. e come ricompensa ottenne la città di Mircino, presso il fiume Strimone. Dopo questa concessione, allarmato dal generale Megabazo circa le abbondanti risorse che il territorio poteva offrire, sia naturali che di abitanti, e dopo aver avuto notizia che Istieo iniziava a fortificare Mircino, Dario pensò bene di avocarlo a sé a Susa, quale consigliere[15], lasciando il controllo costiero al generale Otane; la satrapia di Sardi ad Artaferne, suo fratellastro per parte di padre[16]; e rimpiazzando Istieo con Aristagora alla guida di una Mileto in subbuglio.
Questo è un periodo della storia greca molto particolare per via di sommovimenti politici e sociali in tutta l'area greca, in seguito all'instaurazione, ad Atene, della prima democrazia registrata.[1]. Anche Nasso fu attraversata da questi disordini. Sino al 525 a.C., era governata dal tiranno Ligdami, un esponente dell'oligarchia di Nasso e protetto del tiranno ateniese Pisistrato, quando fu rovesciato dagli spartani. Un'altra famiglia oligarca locale prese il potere e Nasso conobbe un periodo di grande prosperità, diventando una fra le isole più potenti del mar Egeo[1][17]. Nonostante i successi acquisiti, Nasso non era immune da tensioni di classe e conflitti interni, e nel 500 a.C. circa, la popolazione rovesciò l'oligarchia, mandando in esilio l'aristocrazia locale e instaurando la democrazia[1][18].
Nel 500 a.C., Aristagora fu avvicinato da alcuni di questi oligarchi esuli, i quali gli chiesero aiuto per il ripristino del controllo sull'isola[19]. Intravvedendo la possibilità sia di aumentare l'influenza di Mileto che di ammansire il malumore dei propri concittadini, Aristagora cercò l'aiuto del potente satrapo di Sardi, Artaferne, col favore del quale avrebbe certamente concquistato Nasso. Aristagora dunque chiese ad Artaferne un esercito e una flotta, e in cambio avrebbe conquistato Nasso in nome e per conto di Dario, ed avrebbe inoltre ripagato Artaferne di tutti i costi con parte del bottino.[20]. Infine Aristagora mostrò come, una volta caduta Nasso, tutte le Cicladì sarebbero seguite e, con la stessa spedizione, avrebbero potuto anche andare a copnquistare Eubea[20]. Artaferne acconsentì su tutta la linea e mandò a chiedere il permesso a Dario di poter dare avvio alla spedizione. Avuto il consenso di Dario, fu approntata una flotta di 200 triremi e un equipaggio di 8 000 uomini, pronti per salpare l'anno successivo[21].
Preludio
Nella primavera del 499 a.C. la flotta persiana era pronta ormai a salpare, è partì diretta verso la Ionia. Artaferne mise poi suo cugino (e di Dario), il generale Megabate, a capo della spedizione, e la inviò a Mileto insieme all'esercito persiano raccolto[22]. Una volta giunti a Mileto, furono imbarcate le forze terrestri di Aristagora e dunque la spedizione poté avviarsi alla destinazione finale. Per evitare avvistamenti prematuri, inizialmente fu decisa una rotta che condusse la flotta verso nord, in direzione dell'Ellesponto e, una volta doppiata Chios, la rotta verso sud, direttamente a Nasso[23].
Erodoto racconta che Megabate fece delle ispezioni delle navi (probabilmente mentre erano spiaggiate per la notte), e sì imbatté in una imbarcazione di Mindo priva della sorveglianza di sentinelle[23]. Megabate ordinò allora alla guardia di trovare il capitano di quella nave, Scilace, e di fargli infilare la testa attraverso uno scalmo, bloccandolo con la testa fuori e il corpo dentro la nave.[23]. La notizia della punizione del suo amico giunse ad Aristagora, il quale andò da Megabate per fargli riconsiderare la propria decisione. E quando Megabate rifiutò, Aristagora semplicemente lo ignorò e liberò Scilace. Alle proteste , questa volta di Megabate, Aristagora ricordò che lui, Megabate, era lì come sottoposto e che Artaferne aveva mandato l'esercito per obbedire a lui e non il viceversa. Megabate allora, in preda all'ira mandò di nascosto dei messaggeri a Nasso per avvertirli dell'imminente pericolo, in modo da sabotare l'intera missione[23].
Gli storici moderni dubitano che un comandante persiano avrebbe potuto sabotare una propria invasione e hanno suggerito diversi altri possibili scenari. Tuttavia è impossibile sapere esattamente come Nasso fosse venuto a conoscenza in anticipo dell'invasione, ma senza dubbio lo erano e iniziarono i preparativi per l'assedio[24]. Erodoto dice che gli isolani non avevano avuto, sino a quel momento, sentore dell'imminente attacco ma che, una volta che la notizia si sparse, stoccarono tutto il cibo dai campi in città e rinforzarono le mura[25], preparandosi per l'assedio.
Le forze in campo
Erodoto non fornisce numeri completi per entrambi gli schieramenti, ma dà un'idea della forze in campo. Risulta normale pensare che, per le forze di Nasso, i numeri coinvolgessero tutta la popolazione abile. Erodoto afferma comunque che a Nasso vi erano 8 000 scudi e molte navi lunghe[26], il che suggerisce vi erano 8.000 uomini capaci di armarsi come opliti[19]. Questi uomini costituivano la spina dorsale della resistenza dei nassi[27].
La forza persiana era basata principalmente su 200 triremi[20]. Non è chiaro se vi erano ulteriori navi da trasporto. L'equipaggio tipico di una trireme era formato da 200 uomini, tra cui 14 marinai[28]. Nella seconda invasione persiana della Grecia, ogni nave persiana aveva portato una trentina di marinai in più[29], e questo era probabilmente vero anche nella prima invasione, quando l'intera forza di invasione fu probabilmente trasportata dalle triremi[28]. Inoltre anche le navi di Chio nella battaglia di Lade trasportavano 40 marinai ciascuna. Ciò suggerisce che una trireme plausibilmente avrebbe potuto trasportare un massimo di 40–45 soldati per triremi, senza correre il rischio di una destabilizzazione per un peso maggiore[30]. Se la forza persiana a Nasso era costituita con gli stessi criteri, allora contava di un numero tra gli 8 000 e i 9 000 soldati, oltre ai rematori che però erano disarmati.
Note
- ^ a b c d Fine, pp. 269–277
- ^ Marco Tullio Cicerone, De legibus I, 5
- ^ a b c Holland, pp. xvi–xvii.
- ^ Tucidide, Guerra del Peloponneso, e.g. I, 22
- ^ a b Finley, p. 15.
- ^ Holland, p. xxiv.
- ^ David Pipes, Herodotus: Father of History, Father of Lies, su loyno.edu. URL consultato il 5 novembre 2016 (archiviato dall'url originale il December 27, 2007 ).
- ^ a b Holland, p. 377
- ^ Fehling, pp. 1–277.
- ^ a b Erodoto I, 142–151
- ^ Erodoto I, 142
- ^ Erodoto I, 26
- ^ Erodoto I, 141
- ^ a b c d Holland, pp. 147–151
- ^ a b Holland, pp. 153–154.
- ^ Erodoto, V 24–25
- ^ Erodoto V, 28
- ^ Lloyd, p. 143.
- ^ a b Erodoto V, 30
- ^ a b c Erodoto V, 31
- ^ Erodoto V, 32
- ^ Erodoto V, 32
- ^ a b c d Erodoto V, 33
- ^ Keaveney, p. 76.
- ^ Erodoto V, 34
- ^ Erodoto, V, 30
- ^ Abitanti di Nasso
- ^ a b Lazenby, p. 46.
- ^ Erodoto VII, 184
- ^ Goldsworthy, p. 103.
Bibliografia
Fonti Antiche
- Erodoto, Historíai
- Tucidide, Perí toû Peloponnēsíou polémou
- Diodoro Siculo, Bibliotheca historica
- Marco Tullio Cicerone, De legibus
Fonti moderne
- (EN) John Boardman, N. G. L. Hammond, Martin Ostwald e D. M. Lewis, The Cambridge Ancient History, volume 5, Cambridge, Cambridge University Press, 1988, ISBN 0521228042.
- (EN) Detlev Fehling, Herodotus and His Sources: Citation, Invention, and Narrative Art, tradotto da J.G. Howie, Oxford, Francis Cairns, 1989, ISBN 0905205707.
- (EN) John Van Antwerp Fine Jr., The Ancient Greeks: A Critical History, Harvard, Harvard University Press, 1985, ISBN 9780674033146.
- (EN) Tucidide, Introduzione di Moses Finley, in Thucydides - History of the Peloponnesian War, tradotto da Rex Warner, Londra, Penguin Books, 1972, ISBN 0140440399.
- (EN) Adrian Keith Goldsworthy, The Fall of Carthage, Londra, Orion Publishing Co, 2007, ISBN 0304366420.
- (EN) Tom Holland, Persian Fire: The First World Empire and the Battle for the West, New York, Doubleday, 2006, ISBN 0385513119.
- (EN) Arthur Keaveney, The Attack on Naxos: A Forgotten Cause of the Ionian Revolt (abstract), in The Classical Quarterly, vol. 38, n. 1, Cambridge, Cambridge University Press, 1988, pp. 76–81. URL consultato il 4 novembre 2016.
- (EN) J. F. Lazenby, The Defence of Greece, Oxford, Liverpool University Press, 1998, ISBN 0856685917.
- (EN) Alan Lloyd, Marathon: The Crucial Battle That Created Western Democracy, Londra, Souvenir Press, 2004, ISBN 028563688X.