Van Allen Probes
La Radiation Belt Storm Probes (sigla RBSP) è una missione spaziale della NASA, sviluppata nell'ambito del Programma Living With a Star.[1]
Radiation Belt Storm Probes | |||||
---|---|---|---|---|---|
Emblema missione | |||||
![]() | |||||
Dati della missione | |||||
Operatore | ![]() | ||||
NSSDC ID | RADBELTSP | ||||
Destinazione | Fasce di van Allen | ||||
Vettore | Atlas V | ||||
Lancio | 30 agosto 2012 alle 08:05 UTC | ||||
Luogo lancio | Cape Canaveral | ||||
Durata | 2 anni (prevista) | ||||
Proprietà del veicolo spaziale | |||||
Massa | 1500 kg (entrambe) | ||||
Strumentazione |
| ||||
Parametri orbitali | |||||
Apoapside | ~ 36.980 km | ||||
Periapside | ~ 6.880 km | ||||
Periodo | ~ 9 ore | ||||
Inclinazione | ~ 10° | ||||
Eccentricità | ~ 0,68 | ||||
Semiasse maggiore | ~ 21.930 | ||||
Sito ufficiale | |||||
Programma Living With a Star | |||||
| |||||
La missione prevede l'utilizzo di due sonde identiche, lanciate il 30 agosto 2012,[2] per lo studio delle regioni dello spazio circumterrestre indicate come Fasce di Van Allen. La comprensione dei fenomeni che vi hanno luogo ha infatti importanti ricadute pratiche negli ambiti dell'operatività e progettazione dei satelliti artificiali, della programmazione delle missioni spaziali e della sicurezza degli astronauti.[3]
Sviluppo
La missione è stata ideata dall'Applied Physics Laboratory (APL) della Johns Hopkins University, nell'ambito del Programma Living With a Star, gestito dal Goddard Space Flight Center per la NASA. L'Applied Physics Laboratory è stato responsabile della progettazione e produzione delle sonde, e lo sarà della gestione degli strumenti e delle sonde stesse.
L'assegnazione della missione all'Applied Physics Laboratory è avvenuta nel 2006. La fase di progettazione concettuale è stata conclusa nel gennaio del 2007, la progettazione preliminare nell'ottobre del 2008 e la missione confermata in via definitiva nel gennaio del 2009, con la costruzione iniziata nel 2010.[4][5]
Le sonde, trasportate presso la Cape Canaveral Air Force Station il 30 aprile 2012, sono state da lì lanciate il seguente 30 agosto alle 08:05 UTC, a bordo del razzo Atlas V 401,[2] con alcuni giorni di ritardo rispetto alla data inizialmente prevista del 23 agosto a causa di condizioni anomale registrate nel motore[6] e, successivamente, di condizioni meteo avverse.[7]
Caratteristiche tecniche
La missione prevede l'utilizzo di due sonde, indicate come A e B, dotate di un analogo set di strumenti. Il corpo principale di ciascuna sonda ha la forma di un prisma, alto Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido., a base ottagonale, dal diametro di Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido.. Da esso dipartono quattro pannelli fotovoltaici di forma quadrata, con lato di 0,9 m, che forniscono una potenza di Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido., le aste degli strumenti (di circa 4,6 e 50 m di lunghezza) e le antenne per le comunicazioni nella banda S. Al lancio, la sonda A pesava Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido., 129,6 dei quali di strumentazione scientifica, mentre la sonda B Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido., appesantita dagli elementi strutturali necessari a sostenere il peso della compagna nella manovra di lancio.[8]
Ciascuna sonda è stabilizzata a singolo spin con circa 5 rotazioni al minuto e spinta da un sistema di otto motori a razzo a propellente liquido (nello specifico, idrazina), ognuno dei quali in grado di generare una spinta di Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido..[8]
Le sonde percorrono le proprie orbite geocentriche in circa 9 ore, con una quota di perigeo compresa tra 500 e 675 km e quella di apogeo compresa tra 30.050 e 31.250 km. L'inclinazione orbitale dovrebbe essere di 10° e comunque non superiore ai 18°. Esigenze di puntamento dei pannelli fotovoltaici, inoltre, richiedono che l'asse di rotazione delle sonde sia mantenuto tra i 15 e 27° dal Sole.[9]
Strumenti scientifici
Ciascuna sonda è dotata degli stessi cinque strumenti scientifici:[10]
- Energetic Particle, Composition, and Thermal Plasma Suite (ECT)
- Electric and Magnetic Field Instrument Suite and Integrated Science (EMFISIS)
- Electric Field and Waves Suite (EFW)
- Radiation Belt Storm Probes Ion Composition Experiment (RBSPICE)
- Relativistic Proton Spectrometer (RPS)
L'Energetic Particle, Composition, and Thermal Plasma Suite (ECT) si compone a sua volta di tre elementi: gli spettrometri MagEIS e HOPE e il telescopio REPT. Loro scopo è misurare le proprietà - il modulo e la direzione della velocità e la composizione - delle particelle presenti nelle fasce di Van Allen. Lo strumento è sensibile ad elettroni e ioni con energia compresa tra Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido. e Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. ed è in grado di riconoscere ioni di idrogeno, elio ed ossigeno.[11]
L'Electric and Magnetic Field Instrument Suite and Integrated Science (EMFISIS) si compone di due magnetometri distinti, posizionati alle estremità di due aste di tre metri di lunghezza. Obiettivo dello strumento è misurare la propagazione di onde nel plasma che compone le fasce di Van Allen e contribuire a spiegare sia i fenomeni di accelerazione delle particelle, sia quelli che conducono alla loro progressiva de-energizzazione e fuga nello spazio.[12]
L'Electric Field and Waves Suite (EFW) intende misurare il campo elettrico nello spazio attorno alla sonda. Per farlo, utilizza sei antenne: le maggiori, di 50 metri di lunghezza, si estenderanno nel piano perpendicolare all'asse di rotazione della sonda su due lati opposti; altre due antenne di 40 m saranno estese nello stesso piano, nella direzione perpendicolare alle precedenti; infine, lungo l'asse di rotazione saranno estese altre due antenne telescopiche di 6 m di lunghezza. All'estremità di ciascuna antenna è presente il sensore per il rilevamento.[13]
Il Radiation Belt Storm Probes Ion Composition Experiment (RBSPICE) è sviluppato per misurare la corrente ad Anello che si manifesta nelle fasce di Van Allen durante le tempeste geomagnetiche.[14] Lo strumento è anch'esso uno spettrometro.[15]
Infine, il Relativistic Proton Spectrometer (RPS) rileverà protoni con un'energia compresa tra Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. e Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido., i cosiddetti protoni relativistici, che costituiscono un pericolo per la sopravvivenza dei satelliti spaziali e degli esseri umani operanti nella regione di spazio delle fasce di Van Allen.[16]
Obiettivi scientifici
I fenomeni di espansione e contrazione che interessano le Fasce di Van Allen sono una delle manifestazioni del tempo meteorologico spaziale (space weather) nello spazio circumterrestre e sono sostenuti dai flussi di energia e materia (vento solare) emessi costantemente dal Sole che permeano tutto il sistema solare.[1] Le fasce sono rifornite durante le tempeste solari che portano le particelle cariche del vento solare a penetrare e rimanere poi intrappolate nel campo geomagnetico. Quando tale fenomeno giunge ad interessare l'atmosfera origina le aurore polari, ma può anche arrecare danni ai satelliti in orbita e alle reti elettriche sulla superficie oltre che ostacolare le comunicazioni. Obiettivo della missione è quindi caratterizzare le Fasce di Van Allen e permettere miglioramenti tecnologici, ad esempio nella progettazione dei satelliti. Più specificamente, attraverso questa missione, i ricercatori intendono comprendere come si formino e modifichino in funzione dell'attività solare le popolazioni di ioni ed elettroni relativistici che compongono le Fasce stesse.[1]
Gli obiettivi della missione sono riassumibili come segue:[1]
- scoprire quale processo - singolarmente o in combinazione con altri - acceleri e trasporti le particelle nelle fasce di radiazione, e sotto quali condizioni;
- comprendere e quantificare la perdita di elettroni dalle fasce di radiazione;
- individuare l'equilibrio tra i processi che conducono all'accelerazione e quelli che causano la perdita degli elettroni;
- comprendere come le fasce di radiazione si trasformino durante e in conseguenza delle tempeste geomagnetiche.
Note
- ^ a b c d (EN) RBSP - Mission Overview, su nasa.gov, NASA, 28 marzo 2012. URL consultato il 2 settembre 2012.
- ^ a b (EN) NASA Launches Radiation Belt Storm Probes Mission, su nasa.gov, NASA, 30 agosto 2012. URL consultato il 2 settembre 2012.
- ^ (EN) Radiation Belt Storm Probes (RBSP), su nasa.gov, NASA, 15 luglio 2011. URL consultato il 2 settembre 2012.
- ^ (EN) Construction Begins!, su rbsp.jhuapl.edu, The Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory, gennaio 2010. URL consultato il 4 settembre 2012.
- ^ (EN) Herbert J. Kramer, RBSP (Radiation Belt Storm Probes) Mission, in Observation of the Earth and Its Environment: Survey of Missions and Sensors, pubblicato sull'eoPortal Directory, ESA. URL consultato il 4 settembre 2012.
- ^ (EN) NASA Radiation Belt Mission Launch Scrubbed, su redorbit.com, 24 agosto 2012. URL consultato il 4 settembre 2012.
- ^ (EN) William Graham, Atlas V launches at the third attempt with RBSP spacecraft, su nasaspaceflight.com, 29 agosto 2012. URL consultato il 4 settembre 2012.
- ^ a b NASA, Press Kit, pp. 8-10.
- ^ NASA, Press Kit, pp. 7-8.
- ^ NASA, Press Kit, pp. 13-21.
- ^ NASA, Press Kit, pp. 13-15.
- ^ NASA, Press Kit, pp. 16-17.
- ^ NASA, Press Kit, pp. 18-19.
- ^ Paola De Michelis, La Corrente ad Anello, in Magnetismo terrestre, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. URL consultato il 4 settembre 2012.
- ^ NASA, Press Kit, pp. 13 e 20.
- ^ NASA, Press Kit, pp. 13 e 21.
Bibliografia
- (EN) NASA, Radiation Belt Storm Probes Launch. Press Kit (PDF), NASA, agosto 2012. URL consultato il 3 settembre 2012.
Voci correlate
Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Radiation Belt Storm Probes
Collegamenti esterni
- (EN) E. Bell, II (curatore), Radiation Belt Storm Probe (RBSP), su nssdc.gsfc.nasa.gov, National Space Science Data Center (NSSDC), NASA, 14 maggio 2012. URL consultato il 3 settembre 2012.
- (EN) Herbert J. Kramer, RBSP (Radiation Belt Storm Probes) Mission, in eoPortal Directory, ESA. URL consultato il 4 settembre 2012.