Bosco delle Penne Mozze
Componenti gruppo: Andrici Madalina, Daniel Alessandra, Lunardi Laura,Steffani Eleonora
INTRODUZIONE
il Bosco delle Penne Mozze è un’area naturale e protetta situata nelle prealpi Trevigiane, precisamente in via Tofane nella Valle di San Daniele, a Cison di Valmarino, inaugurata nel 1972 in occasione del Centenario della fondazione degli Alpini. Alla località è stato riconosciuto come uno dei più belli borghi d'Italia.
STORIA DAL 1968 AL 2014
Nell’inverno del 1968 la neve era scesa copiosa in località San Boldo .Così Vincenzo Cesca (alpino) e Enrico Salton (appassionato alpinista) vanno a sciare. Sulla via del ritorno però, videro una valanga scendere per un bel po’ di metri verso valle, fortunatamente senza provocare danni a cose o persone. Visto l’impeto e la forza di quest’ultima, venne loro l’idea di costruire un Cristo in ricordo degli uomini di Cison caduti in montagna. Arrivarono a fondovalle, alla chiesetta di S.Daniele ed incontrarono Mons. Buffon; gli spiegarono la loro idea ed egli accolse l’iniziativa di buon spirito. Tornarono a Cison e si fermarono al bar del paese per ristorarsi e condividere la loro idea con i compaesani; l’idea tutto sommato piacque molto. Alcuni Alpini presenti, che la guerra l’avevano vista davvero, proposero di erigere il Cristo in memoria degli Alpini di Cison che avevano dato la vita per la Patria. Venne così fatta la proposta al locale Gruppo A.N.A. (Associazione Nazionale Alpini), che accettò di buon grado ed il progetto diventò perciò il “Cristo degli Alpini”; si divisero i compiti e raccolsero i pochi soldi di cui avevano bisogno. Vincesco Cesca, falegname, fece un bozzetto in legno in scala 1:40 che venne approvato in una successiva riunione. Con lui collaborarono con entusiasmo, anche altri alpini, nella falegnameria che i F.lli Possamai-Buso avevano messo a disposizione gratuitamente. Enrico Salton, muratore, ebbe il compito di pensare al basamento, eseguito in pietra locale, su cui si sarebbe eretto il “Cristo degli Alpini”. La scelta del luogo destò qualche grattacapo ma l’alpino Angelo Possamai-Menon suggerì di posizionare il monumento, sullo sperone roccioso del Col Madan, modesto contrafforte che si erge tra la val de Buse-Pissol e la val Fredda-Scaletta; quest’ultima di proprietà della sig.ra Agata Guartieri-Mambrin che ne concesse il permesso senza chiedere alcun compenso. Tutti gli alpini insieme decisero di tracciare un sentiero che portasse allo sperone, fecero spianare alcuni metri quadrati di terreno per ottenere una piazzola di sosta che fosse al tempo stesso una balconata da cui poter godere dello splendido panorama del paese. Nel frattempo si procedette all’acquisto dell’immagine di Cristo intagliata in legno, opera di Andrea Mèssner, e si dovette andare fino ad Ortisei in Val Gardena per trovarla. L’immagine rappresenta il Cristo contorto, con il corpo teso in una smorfia di tribolazione, quasi reale nell’espressione dolorante.Scelsero questa immagine così forte per ricordare il dolore della carne e dell’anima degli Alpini colpiti a morte nell’ultimo atto di coraggio prima di passar a miglior vita.
Il 21 settembre 1969 don Giuseppe Tonon parroco di Tovena, alpino e cappellano sezionale di Vittorio Veneto benedisse, con una Messa, il “Cristo degli Alpini”. Ai piedi del monumento, fu scolpito nella pietra un cappello da alpino con incise le parole :”Alle penne mozze ovunque sepolte perché riposino ora e tutte sotto il segno della redenzione”. La cerimonia inaugurale fu semplice ed austera sotto l’occhio commosso di delle più alte cariche del territorio. La banda cittadina ed il coro Valmarino contribuirono con la loro presenza a rendere vibranti i momenti più significativi della cerimonia. Per gli Alpini di Cison quel monumento diventò un simbolo per incontrarsi, per stare insieme e per essere sempre disponibili coi vivi nel ricordo rispettoso dei morti.
Il professor Mario Altarui era un dirigente della Cassa di Risparmio di Treviso e propose al sindaco di Cison (sig. De Rosso) un progetto che riguardava proprio il “Cristo degli Alpini”. Da tempo infatti, il professore, coltivava l’idea di creare un tempio all’aperto, legando il nome di ogni caduto ad un albero e ad una stele così che potesse essere custodita la memoria del sacrificio. Seppur con qualche perplessità venne istituito un Comitato operativo formato dall’ideatore (prof. Altarui), da Enrico Salvadoretti, presidente della Sezione ANA e dal dott. Francesco Jelmoni, dirigente dell’Amministrazione Forestale dello Stato. Venne quindi acquistato il terreno su cui si ergeva già il “Cristo degli Alpini” e, con l’aiuto di molti Alpini volontari fu ripulito e spianato, vennero fatte le buche per i nuovi alberi e per le stele. Lavorarono incessantemente per quaranta domeniche quell’anno, certo con grande soddisfazione finale. I problemi economici non tardarono a farsi sentire ma con l’aiuto delle numerose donazioni ma soprattutto dell’ing. Floriani che acquistò altro terreno per realizzare il Memoriale ed offrì anche i mezzi per realizzare un buon numero di stele pari ad almeno un Caduto per ogni Comune della Provincia. L’opera fu realizzata dallo scultore Simon Benetton. Essa riporta la data dell’ottobre 1972 ed è riprodotto il distintivo della Sezione ANA alla quale queste memorie sono state affidate. Sul retro delle tre penne sono incisi i nomi delle persone che hanno reso possibile questo Memoriale: la sig.ra Loredana Carbone Floriani (moglie dell’ing. Floriani), il vescovo Mons. Antonio Cunial e del sindaco di Cison Marcello de Rosso. Le stele non furono fatte in serie ma ognuna aveva una particolarità legata la nome inciso su di essa. Il Memoriale era finito e pronto per l’inaugurazione, grazie alla dedizione, all’impegno ed al sudore dei molti volontari (Alpini e non) che hanno contribuito alla realizzazione.
Nell’anno del centenario dell’istituzione delle truppe alpine ma soprattutto nei giorni 7-8 ottobre 1972 che il Bosco delle Penne Mozze cominciò ufficialmente ad esistere. I partecipanti alla cerimonia non erano molti perché l’idea del Memoriale non era ancora conosciuta. La Santa Messa fu ufficiata dal vescovo Mons. Antonio Cunial.
Il 12 agosto 1973 si svolse il Secondo Raduno e vennero collocate altre 95 stele. Officiante fu don Giuseppe Tonon. Ogni anno fino ad oggi, nello stesso periodo, viene fatto un raduno. Di seguito vengono riportati i principali.
Nel 1974 il Comitato si incaricò di realizzare altre 120 stele. Tra i presenti alla celebrazione ci fu anche il Presidente nazionale dell’ANA Franco Bertagnolli che espresse il plauso per la rilevante iniziativa di testimoniare in modo dignitoso, il sacrificio delle Penne Mozze trevigiane.
Vengono collocate, nel 1975, altre 64 stele ed un Cippo dedicato a “Gli Alpini scomparsi in mare”. Nella stessa occasione venne collocato un cannone da montagna risalente alla Prima Guerra Mondiale e donato dal gruppo A.N.A di Arcade. La manifestazione iniziò con l’alzabandiera, la deposizione di una corona d’alloro cui seguì un breve momento di raccoglimento durante il quale per la prima volta fu cantata la nuova canzone “Penne Mozze” scritta da Mario Altarui e Giulio Salvadoretti.
Durante il quinto raduno, del 1976, viene proposto il cambiamento del periodo della manifestazione. Si propone perciò la prima domenica di settembre a patto che anche i gruppi ANA dei comuni della provincia di adoperino nella partecipazione sia fisica che economica (acquistando le stele per i propri caduti).
Ad inizio di settembre 1977 Don Giuseppe Tonon ufficia la sua ultima messa benedicendo 157 nuove stele. Ormai il gruppo degli Alpini di Cison non riesce più a far fronte da solo degli oneri economici che il Memoriale richiede e così chiese un apporto finanziario ai quattro presidenti di sezione della provincia ma il messaggio viene recepito in modo diverso.
Il 2 settembre 1979, durante l’ottavo raduno venne inaugurato il “Piazzale degli Alpini”, un ampio slargo antistante il Bosco che l’amministrazione comunale ha voluto denominare così e che rende più agevole l’arrivo. A valorizzare il piazzale viene posto un basamento con antenna su cui sventola la bandiera nazionale, in memoria dei trevigiani decorati al Valor Militare. Durante la stessa cerimonia, le Crocerossine trevigiane, offrirono agli Alpini caduti un cippo che porta il simbolo della C.R.I. sulla quale una mano di crocerossina soccorre un soldato ferito.
Altre 130 stele vennero posizionate nel 1980 nel Bosco. Ad esse, il Comitato affiancò anche sei Cippi monumentali a memoria delle Divisioni Alpine mobilitate nell’ultimo conflitto (Taurinense, Tridentina, Julia, Cuneense, Pusteria, Alpi Graie. Il memoriale del Bosco quindi si allarga a tutte le Penne Mozze d’Italia.
Il raduno si svolse eccezionalmente in due giornate del 1981. Il sabato venne benedetta la statua di bronzo che raffigura la Madonna delle Penne Mozze, opera dello scultore Marcello Cagnato. La domenica invece venne inaugurata la statua dell’Alpino distrutta a Brunico durante la guerra.
Durante il raduno del 1982 il Bosco fu diviso in quattordici sentieri, ognuno dei quali fu intitolato alle Medaglie d’Oro alpine trevigiane con apposite targhe.
1983
Nel 1963 si aggiunsero 191 nuove stele e al Bosco non si era mai vista tanta gente. Si parlò di circa dieci mila persone raccolte nella giornata del raduno.
Nell’ottobre del 1987 il Bosco fu colpito dal diluvio ed i danni piuttosto ingenti. Le stele ed i monumenti non subirono particolari danni ma i detriti portati dall’impeto della piena del fiume portarono notevoli disagi e molto lavoro.
Durante il raduno del 1988, nonostante il diluvio dell’anno prima tutto torna al proprio posto. In quel momento si contato circa 2300 stele sparse per il Bosco ed una superfici di 20 mila mq.
Nel 1990 venne effettuato l’acquisto dell’ultimo appezzamento di terreno ed il Bosco poteva finalmente definirsi completo. Ora mancava l’acquisto dei macchinari ed utensili per realizzare la costante manutenzione di cui necessita.
Il 3 settembre 1995 venne inaugurata la nuova passerella stabile che guadava il fiume che attraversa il Bosco che si era rovinata durante l’alluvione dell’87. Sempre moltissime le persone presenti.
Nel maggio del 1998 venne posizionata la “Campana Votiva”, posizionata dietro ad un altare in pietra in cui da lì in poi verranno celebrate le messe.
Il primo settembre del 2002, venne inaugurato l”Albero del Ricordo”, una struttura in acciaio che da quell’anno in poi sarà ormato delle foglie ideali delle Sezioni ANA che vorranno apporne una in ricordo dei loro defunti. I primi a porvi la foglia sono un gruppo di alpini abruzzesi.
il 29 ottobre 2005 venne inaugurata la stele dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia” dedicata agli alpini paracadutisti caduti in servizio.
Il Bosco potè definirsi ultimato nel 2006 con la posa delle ultime stele che ammontarono ad un totale di 2399 Caduti Alpini della Provincia di Treviso.
Il 29 ottobre 2011 venne inaugurato il nuovo ponte sul torrente Rujo in sostituzione di quello inaugurato nel ’95. Ad oggi sono 38 le Sezioni ricordate sull’Albero dei Ricordi e 2403 le stele poste a ricordo di altrettanti Alpini Trevigiani deceduti a causa di servizio.
GLI ARTEFICI PRINCIPALI DEL BOSCO (dal ricordo dell’alpino Giulio Salvadoretti )
Mario Altarui
Fu l’ideatore, il sostenitore per eccellenza ed il custode del Bosco delle Penne Mozze. Uomo di fede, egli amava la sua terra e aveva profondo rispetto per la sua Patria e per i fratelli Caduti per la sua libertà. Nel 1978, egli volle costituire l’associazione “Penne Mozze”[1], con lo scopo di “”rivivere gli Alpini Caduti in tutte le guerre”[2]. Lui e la moglie Antonia, in occasione delle nozze d’argento, donarono al Bosco, tramite l’As.Pe.M., una “Madonna delle Penne Mozze”, opera in bronzo dell’artista Marcello Cagnato, in seguito benedetta dal Vescovo Mons. Antonio Cunial, cappellano militare di un reparto Alpino, durante la seconda guerra mondiale. L’opera è situata in uno dei luoghi più suggestivi del Memoriale. Il signor Alturi ebbe una vita molti intensa, caratterizzata sempre dalla sua attenzione alla Penna Nera, che portò, anche durante la sua lunga malattia, ad una profonda ricerca storica sulle Truppe Alpine e sulla citta di Treviso, colpita dalla guerra. Scrittore brillante, produsse molte opere letterarie, di cui ne citiamo alcune:
- Penne Nere Trevigiane nella guerra ’15-‘18;
- Storia del 6°Rgt. Alpini, del 7° e del 3° Artiglieria da Montagna;
- Treviso nel fuoco;
- Treviso nella Resistenza;
- Treviso Combattente;
- Treviso Postbellica;
- Uno e Centomila;
- Fratel Francesco.
E’ considerato il padre di almeno cinque periodici: “Famejia Alpina” della sezione A.N.A di Treviso; “Fiamme Verdi” alla sezione di Conegliano e “Penne Mozze”. Egli non ebbe figli e considerava tutti gli Alpini Caduti come suoi figli, per questo egli volle con tutto il cuore il Bosco. Scrisse anche la ”Preghiera dei Caduti in tutte le guerre” e la canzone delle Penne Mozze con Salvadoretti, armonizzata in seguito da Efrem Casagrande.
Marcello De Rosso
Nacque a Moriago della Battaglia il 2 gennaio 1901. Lavorò a Vittorio Veneto e a Follina presso il Lanificio Paoletti, dove si è sempre dimostrato una persona disponibile e volenterosa. Eletto sindaco di Cison dal 1964 e riconfermato fino al 1975, onorò il suo compito con dedizione assoluta. Sin dalla fase iniziale della creazione del Bosco, egli si dimostrò entusiasta dell’idea, sia perché contribuiva a dare dignità al ruolo degli alpini, ma anche perché il Bosco avrebbe rappresentato un richiamo di molte persone e gruppi interessati al Memoriale. Si attivò quindi per trovare i fondi necessari alla creazione del Bosco e a tutti gli aspetti organizzativi che ne conseguivano. Sin dall’inizio, egli fece parte del gruppo promotore del Bosco. Nel 1975 egli ricevette il “Segno di Riconoscenza” dal comitato del Bosco delle Penne Mozze per i meriti acquisiti. Questo non fu il punto di arrivo del suo contributo, ma anzi egli successivamente si recò a Treviso , non senza difficoltà, è definì con Mario Altarui la denominazione del piazzale antistante l’accesso al Bosco donato dal Comune, che propose di chiamare “Piazzale degli Alpini”. Il signor De Rosso morì improvvisamente il 24 novembre 1975, ma la sua proposta trovò attuazione , ed il nome viene ricordato nell’acciaio di ingresso del Bosco.
Marino Dal Moro
Nacque il 2 febbraio 1942 in una famiglia che non poté offrigli molto dal punto di vista materiale, che gli diede tanto affetto ed amore.Marino era un bambino intelligente e talentuoso, oltre che molto buono, caratteristiche che manterrà nel tempo. Il bambino dimostrava una grande intelligenza e a scuola emergeva per le sue doti e capacità. La famiglia era fiera di lui, ma allo stesso tempo non aveva le possibilità per pagare le tasse scolastiche e non poteva permettersi un mezzo di trasporto per il figlio. Alla fine, venne trovata una bici usata , bici che venne poi chiamata “Il cammello”, in quanto Marino riuscì ad arrivare alla sella solo in terza media. Marino si divideva fra scuola, studio a casa nelle prime ore del mattino e lavoro per aiutare i genitori a contribuire al suo mantenimento scolastico. In questo modo egli riuscì a superare la terza media e la sua vita fu caratterizzata da sacrifico ed impegno, anche nel momento della malattia del padre, periodo in cui dovette mandare avanti i lavori della terra e della stalla, in quanto la madre si occupò dell’assistenza al marito.
Marino riuscì a superare la maturità, anche se già precedentemente aveva trovato lavoro presso la Banca Popolare Piva di Farra di Soligo. Nel frattempo morì il padre, ed egli rimase l’unico riferimento per la madre. Benvoluto ed amato da tutti, ottenne presto degli avanzamenti di carriera.
Dal ’63 al ’65 completò il servizio militare come semplice Alpino. Inquadrato nell’8°Reg.Alpini, Divisione Julia con CAR all’Aquila e corso Marconisti a San Giorgio a Cremano, venne aggregato alla Compagnia a Comando a Chiusaforte. Nel corso del servizio militare, per il suo carattere mite e buono, intesse molti legame di amicizia che sarebbero durati per anni. Dopo il congedo, si concentrò sul lavoro e diventò direttore dell’area amministrativa dell’Istituto presso il quale svolgeva la sua attività, a soli 47 anni.
Si iscrisse all’A.N.A. con l’orgoglio di avere servito la Patria e di portare la penna nera.
Nel poco tempo libero, si dedicò all’edicola in Valle S.Daniele a ricordo di tutti i morti in montagna ed in particolare agli Alpini del Comune Caduti o Dispersi ovunque.
Nel 1970 divenne presidente del gruppo A.N.A. di Cison.
Conosciuto il prof Altarui, contribuì con lui alla nascita e alla realizzazione del Bosco delle Penne Mozze. Il Bosco ha rappresentato per lui un luogo sacro ed importante di cui era geloso ed orgoglioso. La domenica mattina si recava presso il Memoriale e contribuiva con la mente e con il braccio a prendersi cura di esso.
Divenne, dopo la dipartita di Mario Altarui, presidente del Comitato del Bosco.
Marino se ne andò improvvisamente il 31 luglio 1993, nel giorno del compleanno dell’amata moglie.
Virgilio Floriani
Nacque il 29 giugno 1906 a Cison Di Valmarino da una famiglia di contadini un tempo benestante, ma dalla quale egli ereditò “appena il necessario per campare con decoro”[3]. Venne sempre posta attenzione al risparmio , pur dimostrano con dignità limmagine di piccoli possidenti. La vita del giovane era scandita con i ritmi della stagione e della vita religiosa, iniziavano all’alba e finivano al tramonto, mentre alla sera gli adulti andavano a far “filò”. Il padre seguì i ragazzo nel suo percorso scolastico che, grazie alla sua intelligenza, lo portò alla laurea in ingegneria nel 1929 al Politecnico di Torino. Il suo primo lavoro fu alla Società di Radiodiffusione di Torino con lo stipendio di 500 lire al mese e poiché la mansione non era coerente con il suo percorso di studi, egli si sentiva svilito e demotivato anche se con la consapevolezza che avere un’occupazione in quegli anni non era semplice. La decade degli anni ’30 rappresentò per lui un momento buio e triste : il lavoro non gli piaceva, la lontananza da casa si faceva sentire, aveva molta fame. Tentò un concorso presso l’Azienda dei Telefoni di stato a Roma, ma ancora prima di averlo superato, nel dicembre del 1934 si licenziò, compiendo quello che lui definì un vero atto di coraggio.Rientrò con molta delusione a Cison e diede al padre la liquidazione del lavoro, pari a 3200 lire.
Successivamente, superò un colloquio presso la “Safar”, fabbrica di apparecchi radio a Milano e iniziò il suo nuovo lavoro con un stipendio di 1000 lire al mese.
Si trasferì così a Milano e , anche se gli mancavano i suoi affetti, iniziò a sentirsi soddisfatto. Le difficoltà non mancavano, egli dovette stare molto attento al denaro, che doveva dare al padre come pagamento per le spese per i suoi studi.
Dal punto di vista professionale, iniziò a progettare apparecchi di telefonia mobile, il cui brevetto fu acquistato dalla Stipel(società telefonica)e così iniziò il suo ingresso nella vita economica.
Nel 1946 costituì la Telettra” che diventerà negli anni successivi un punto di riferimento per la telefonia in ambito nazionale. Successivamente, la ditta ebbe successo anche nel mondo, raggiungendo una notevole dimensione con circa 10.000 dipendenti.
Nel 1976 egli cedette la ditta alla F.I.A.T. e la Telettra prese il nome di Alcatel Lucent.
Lasciò la vita imprenditoriale e si dedicò alla sua vita personale sempre sostenuto dalla sua cara moglie. Il lutto per la morte del fratello lo fece riflettere sull’importanza di dedicare del tempo alla ricerca su tematiche importanti, come studi e ricerche scientifiche applicate alle cure palliative, con l’obiettivo di fornire delle cure adeguate ai malati terminali. Per questo egli fondò’ nel 1977 la fondazione Floriani.
L’imprenditore Floriani morì a Milano nel 2000 all’età di 94 anni. Non dimenticò mai la sua terra d’origine e le sue radici. Infatti, egli sostenne il lavoro del Bosco e offrì i mezzi necessari per la sua realizzazione.
Simon Benetton
Nacque il 24 ottobre 1933 a Treviso. Frequentò i corsi liberi dell’Accademia delle Belle Arti a Venezia, per poi continuare individualmente la sua ricerca nell’arte.Il suo percorso di formazione riguardò il figurativo, la vibrazione plastica nello spazio, il modulo come simbolo dell’impulso alla dinamica spaziale, la piastra, la macrostruttura come espressione della conquista dell’uomo moderno. Negli ultimi studi, la scultura ritornò protagonista, come simbolo-nello spazio-di libertà e di progresso che portò al connubio ferro e cristallo. Dal 1975 partecipò a diverse biennali d’arte in tutto il mondo e le sue opere sono esposte in oltre 40 musei di rilevanza internazionale e in mostre temporanee, collettive e personali, organizzate in spazi pubblici a cura di Enti e Città italiane e straniere. Presente anche in molte collezioni internazionali, piazze e Giardini urbani, musei pubblici e privati. Il catalogo generale delle opere di “Simon Benetton” è edito da Giorgio Mondadori.
Dal dicembre 2014 a Valdobbiadene preso il “palazzo Simon Benetton” è esposta in permanenza l’opera grafica e scultorea del periodo che va dal 1950 al 2014.
Al suo lavoro si sono interessati critici e storici dell’arte e le sue opere sono state oggetto di documentari e film trasmessi in emittenti televisive italiane e straniere.
Nel 1970 il prof. Altarui gli diede l’incarico di progettare il complesso monumentale delle Penne Mozze: esso venne concepito da Benetton come uno spazio vivibile che si estendeva nella vallata di Cison ai piedi delle montagne e rendeva possibile creare dei percorsi e degli spazi dive collocare le oltre quasi tremila stele in ferro forgiato, simboli degli Alpni Caduti o Dispersi. Nel grande piazzale si trova il Monumento principale “Tre Penne Mozze”, ricavate dal ferro massiccio modellato a caldo. Vi sono poi altri stemmi scultorei delle Divisioni Alpine. Al lato dei sentieri creati nel Bosco vi sono altri monumenti simbolici che ricordano le varie associazioni.
Ogni stele ha una piastra tagliata con la fiamma ossidrica che permette di creare un taglio segmentato e nella parte centrale si trova una croce modellata a caldo con notevole forza. La stele vuole rappresentare spitìrito di pace nel mondo. La realizzazione dell’intero complesso richiese molti anni di lavoro e grazie all’unione fra l’A.N.A. e le famiglie degli Alpini Caduti o Dispersi, opera,per la quale si deve molto a Simon Benetton, è mantenuta in perfette condizioni.
Francesco Jelmoni
Laureato in scienze agrarie ed in Scienze forestali, operò dal 1943 nell’Amministrazione forestale dello Stato. All’epoca della creazione del Bosco egli era a capo dell’Ispettorato Ripartimentale delle foreste di Treviso e Venezia. Egli dimostrò il suo apprezzamento per l’iniziativa.
DOVE SI TROVA E COM’E’ COSTITUITO
Il Bosco delle “Penne Mozze” è un’area naturale e protetta situata nelle prealpi Trevigiane, precisamente in via Tofane nella Valle di San Daniele, a Cison di Valmarino, inaugurata nel 1972 in occasione del Centenario della fondazione degli Alpini. Questo Bosco è un vero e proprio museo immerso nella natura, in un’area di 15.956mq ove sono presenti 15 sentieri, ognuno dedicato alle 15 Medaglie d’Oro al Valore Militare agli alpini trevigiani. In questi sentieri sono site le lapidi, suddivise per guerre e raggruppate per i Comuni di nascita di tutti gli Alpini della provincia di Treviso, deceduti durante tutte le guerre del ‘900. Il sentiero è suddiviso per settori colorati i quali stanno ad indicare i Caduti durante le diverse Guerre per cui troveremo nel settore Arancio i caduti della guerra di Adua del 1896, il settore Rosa accoglie i caduti della battaglia in Libia del 1911-1912, nel settore Giallo ci sono gli alpini morti nella Grande Guerra, 1915-1918, i caduti per la conquista dell’Africa avvenuta nel 1935-1936, li troviamo nel settore Viola, nel settore Verde troviamo quelli deceduti nella Seconda Guerra Mondiale e infine nel settore Azzurro ci sono coloro morti in servizio.
Per ogni stele, c’è inciso nome, cognome, data e Comune di nascita, il reggimento di appartenenza, il luogo e la data di morte e ad oggi sono presenti 2403 lapidi, le ultime due messe nel 2013.Dal 1 settembre 2002 sono presenti sull’“Albero del ricordo” delle medaglie poste per ricordare tutti i Caduti Alpini Italiani, nelle quali è inciso il nome della Sezione e fino al 2015 quelle presenti sono 40.
ATTIVITA' DEL BOSCO DELLE PENNE MOZZE
Il capogruppo degli alpini di Cison di Valmarino, Riccardo De Mari, svolge attività per il Bosco dal 1 aprile 1974, anno in cui è diventato alpino. Dalla sua testimonianza emerge che il bosco richiede particolari e laboriose attività di manodopera. Infatti le quattro sezioni degli alpini di Vittorio Veneto, Conegliano, Valdobbiadene e Treviso svolgono regolarmente le loro mansioni. Le prime due hanno il compito di tagliare l’erba, la terza di sistemare i sentieri del bosco mentre alla sezione di Cison spetta il resto. Ovvero il mese di luglio lo dedicano alla pulizia dell’intero bosco.
Il 2016 è stato un anno ricco di attività centrate sul Bosco. Si inizia ad aprile con la festa di San Daniele, poi vi è il raduno annuale degli alpini.
[1]L’Associazione «Penne Mozze» riunisce le Famiglie dei Caduti Alpini alla quale ognuno può aderire per ricordare personalmente un Caduto alpino. L’Associazione «Penne Mozze» ha sede a Treviso in vicolo Stangade n. 5 ed è stata presieduta dal direttore dei giornale, prof. Mario Altarui, che è stato pure presidente del Comitato per il Bosco delle Penne Mozze.
[2] 2015, “Il bosco delle Penne Mozze”, Associazione Nazionale Alpini, Grafiche Antiga Spa
[3] idem