Museo di storia della fisica dell'Università di Padova
Il Museo di Storia della Fisica è situato presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova. Il museo conserva una ricca collezione di strumenti scientifici antichi strettamente legata al prestigioso passato scientifico dell’Università di Padova, che fin dal Settecento, si caratterizzò per l’innovazione e la forte vocazione sperimentale.[1]
Museo di Storia della Fisica Padova | |
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Ubicazione | |
Stato | Italia |
Località | Padova |
Indirizzo | Via Loredan, 10, 35131 Padova PD |
Coordinate | 45°24′37.55″N 11°53′08.74″E |
Caratteristiche | |
Tipo | Storia della fisica |
Intitolato a | Giovanni Poleni |
Fondatori | Giovanni Poleni |
Proprietà | Università degli Studi di Padova |
Visitatori | 4 170 (2022) |
Sito web | |
Origini
La nascita del primo gabinetto di Fisica Sperimentale in Italia si può datare al 1738 a Padova in concomitanza con la nascita della cattedra di Filosofia Sperimentale. Questo venne inaugurato nel 1740 e denominato come il “Teatro di Filosofia Sperimentale”. Il creatore fu Giovanni Poleni che grazie ai contatti stabiliti da lui in Italia e all’estero riuscì gradualmente a ottenere gli strumenti utili per il suo insegnamento e per le proprie ricerche. Egli diede così vita a il primo laboratorio di fisica in una università italiana. I materiali scientifici custoditi al suo interno sono considerati una delle più grandi collezioni d’Europa. I successori di Poleni nel corso dei secoli continuarono a dedicarsi all’ampliamento della collezione. Ad oggi gli strumenti presenti all’epoca nel Teatro della Filosofia Sperimentale, sono situati nel Museo del Dipartimento di Fisica creato da Gian Antonio Saladin nei primi anni ’90.[2]
Struttura
La collocazione delle collezioni, che ammonta complessivamente a oltre di un migliaio di oggetti ha subito profonde modifiche. Grazie alla disponibilità della Direzione del Dipartimento e agli interventi dell’Amministrazione centrale si è dato l’avvio alla costruzione del museo. Il Dipartimento di Fisica “Galileo Galiei”, di cui il Museo della Fisica fa parte, destinava alcuni locali alle collezioni museali, consentendo al contempo di usufruire degli spazi sotterranei, adibiti a magazzino. I nuovi locali ,quattro sale e due ampi corridoi, per un totale di 300 metri quadrati, sono situati nel piano seminterrato dell’edificio di via Loredan 10 (ex Biologia Animale) che costituisce il Polo Didattico del Dipartimento. [3]
La destinazione delle varie stanze è la seguente:
Sala Atrolabio
All’interno di questa sala è presente l’astrolabio firmato“ Renerus Arsenius Nepos Frisy Faciebat Louany 1566” che può essere considerato uno degli strumenti più antichi della raccolta del Museo di storia della Fisica di Padova. L’astrolabio è un modello a due dimensioni dell’universo ottenuto mediante una proiezione stereografica dal polo sud sul piano dell’equatore. Risalente al quarto secolo, viene introdotto in Europa attraverso la Spagna musulmana intorno all'anno 1000.
Sala dell’ottica
La sala ospita la mostra tematica sull’ottica, attraverso la nascita della scienza moderna, periodo che va dal Cinquecento al Settecento. In questo vasto arco di tempo, si assiste a numerosi studi sulla luce e sui colori, già avviati in precedenza dagli antichi greci e dagli scienziati arabi. La mostra espositiva intende delineare questi sviluppi, conducendo i visitatori alla scoperta di strumenti antichi della sezione di ottica. All’interno della sala sono presenti strumenti sia per la didattica che per la ricerca attinenti alla riflessione, rifrazione, diffrazione, analisi spettroscopica, polarizzazione, emissione ed assorbimento delle radiazioni ottiche. Alcune vetrine contengono strumenti ottici ordinati in base ad un criterio che mostra l’evoluzione dello strumento.
Corridoio di acustica e termologia
Il corridoio ospita la mostra tematica sulla termologia, meteorologia e acustica. Al suo interno sono presenti gli strumenti utilizzati dai fisici per le attività di carattere interdisciplinare collegate sia alla fisica che alla chimica, soprattutto attraverso le ricerche di termodinamica. Per quanto riguarda l’acustica sono presenti numerose canne d’organo in legno costruite circa duecento anni fa. Esistono, inoltre, vari dispositivi per l’analisi dei suoni: risuonatori di Helmholtz, capsule manometriche, lastre di Chldani, sirena di Cagniard de Latour.
Corridoio di Fisica Moderna
Nella stanza è presente la raccolta di strumenti scientifici antichi. Questi oggetti illustrano la storia delle scienze fisiche e matematiche dal Cinquecento fino al Settecento, periodo in cui nascono e si affermano in Europa il metodo sperimentale e la scienza moderna. Attraverso questi strumenti si illustra la nascita e la maturazione della cosiddetta “rivoluzione scientifica”.
Sala dell’elettricità
E' la sala più grande, è completamente arredata di vetrine progettate e costruite appositamente per l’esposizione del materiale della Mostra “Duecento anni di elettricità”. Sono stati esposti oltre duecento strumenti di vario tipo, attinenti allo studio ed alle applicazioni dell’elettricità, legati alla ricerca e alla didattica svolte nell’istituto di Fisica dalla fine del diciassettesimo secolo ai giorni nostri.
Sala della pneumatica
La sala è adibita per l'esposizione della mostra della pneumatica. In questa stanza vengono esposti gli strumenti che fanno riferimento allo studio delle scariche elettriche in atmosfera rarefatta, i cosiddetti “bagliori nel vuoto”, che portarono a delle importanti scoperte come ad esempio quelle delle particelle elementari.
Archivio
Al suo interno è presente la biblioteca con circa 300 volumi originali o fotostatici. La fototeca contiene: un migliaio di foto in bianco e nero e a colori, che rappresentano gli strumenti e i ritratti dei principali fisici, gli schedari e tre calcolatori per la schedatura degli strumenti e l’elaborazione dei testi. Infine è presente anche un banco per dei piccoli interventi di aggiustaggio che non richiedono il ricorso all’officina meccanica del Dipartimento.
Tuttavia non è possibile esporre tutto il materiale presente nel museo nelle sale espositive. Gli oggetti che non vengono esposti o che vengono tenuti come riserva, sono in parte conservati in stipi sotto e sopra le banche a vetri e in parte in alcuni locali adibiti a magazzino (ad uso esclusivo del museo).
Nascita scienza moderna e sviluppo scientifico
Durante il periodo rinascimentale in Europa si assiste ad un forte sviluppo culturale e scientifico. La scienza in particolare conobbe una "rinascita" basata sulla riscoperta della scienza greca e sullo studio della scienza islamica. Vennero rivalutate le arti manuali, fino ad allora considerate irrilevanti per la crescita della conoscenza, e si affermò una nuova figura di artigiano il quale si specializzò nella costruzione di strumenti scientifici. Altro importante avvenimento in questo periodo fu introduzione del libro a stampa, che contribuì alla diffusione delle conoscenze scientifiche. Si diffusero cosi numerosi manuali che riguardavano la costruzione e l'uso degli strumenti scientifici e conseguentemente la richiesta di questi strumenti si intensificò rapidamente. Nel corso del rinascimento, molti strumenti precedentemente utilizzati per l’astronomia vennero riadattati e modificati per la navigazione e la tipografia. Nacquero nuovi rami scientifici quali pneumatica, elettricità, e vennero inventati diversi strumenti quali il cannocchiale, il termometro, il microscopio e il barometro.[4]
Astrolabio
Gli astrolabi nel Rinascimento erano considerati oggetti di grande prestigio per i nobili che intendevano esibire la propria cultura e il proprio status. In Europa l’apice della produzione di astrolabi e della pubblicazione di trattati sull’argomento risale alla fine del Quattrocento e agli inizi del Cinquecento. Le potenzialità di questi strumenti erano notevoli, ma l’impiego variava a seconda dei luoghi e delle epoche.[5]
L’astrolabio conservato nel Museo della storia della Fisica di Padova firmato “Renerus Arsenius Nepos Frisy Faciebat Louany 1566", è un modello a due dimensioni dell’Universo ottenuto mediante una proiezione stereografica dal polo sud sul piano dell’equatore. Risalente al Quarto secolo, viene introdotto in Europa attraverso la Spagna musulmana intorno all’anno 1000. Gli strumenti di Arsenius univano bellezza e qualità tecnica e furono ricercatissimi da una vasta e prestigiosa clientela da ogni parte d’Europa.[5]
Lo strumento è in ottone, consiste di un supporto circolare cavo detto “mater” o “madre”, all’interno del quale si inseriscono uno o più dischi, i cosiddetti “timpani”. A questi vari dischi si sovrappone un disco traforato chiamato “rete” che può roteare intorno al centro, comune a tutti i dischi e corrisponde alla proiezione della volta celeste; piccoli puntatori in ottone indicano le stelle più luminose. Tale mappa celeste corrisponde alla cosiddetta “sfera delle stelle fisse” che, nella concezione antica, ruotava una volta al giorno da est ad ovest intorno alla terra considerata immobile al centro dell’universo. Sulla rete degli astrolabi è anche proiettata l’eclittica che pare eccentrica rispetto al centro dell'astrolabio. I timpani dell’astrolabio, disposti sotto la rete, recano la proiezione dei tropici, dell’equatore e delle linee relative alle coordinate locali dell’osservatore, ossia orizzonte, altitudine e meridione. Anche le stelle che si trovano nella rete forniscono la mappa del cielo osservabile dall’osservatore per una certa data e una certa ora. Facendo girare la rete sopra il timpano si simula il moto apparente delle stelle e del sole intorno alla terra nel corso di una giornata. Parte integrante di ogni astrolabio è infine l’alidada, un regolo fissato sul centro. L’alidada permetteva di misurare l’altezza del sole, delle stelle e dei pianeti.[5]
L' astrolabio conservato al museo di Padova presenta anche una particolarità che lo rende unico al mondo. Sui timpani e sulla rete, infatti, la proiezione si estende a sud del tropico del Capricorno, mentre solitamente tale tropico costituisce il limite esterno dei piatti e delle rete degli astrolabi. Si tratta, perciò, dell’unico esemplare conosciuto di Arsenius con una simile estensione. Un pezzo unico che spicca fra gli strumenti rinascimentali del museo della storia della Fisica di Padova.[6]
Sfera armillare
L’origine della sfera armillare di ottone si potrebbe datare tra la fine del XV secolo o l’inizio del XVI secolo e potrebbe corrispondere alla “sfera armillare di ottone” che venne acquistata nel 1828 da Salvatore Dal Negro, all’epoca professore di fisica sperimentale a Padova. Essa è caratterizzata da una struttura molto particolare, infatti è composta da tre sfere armillari concentriche incastonate una dentro l’altra. Ognuna di queste è costituita da diversi anelli e presenta una propria eclittica, divisa in sezioni rappresentanti le dodici costellazioni dello Zodiaco.[5]
Sfere armillari strutturate in questa maniera cominciarono ad essere costruite a partire dalla fine del XV secolo con lo scopo di mostrare sia la precessione sia la cosiddetta trepidazione degli equinozi.
Nella sfera armillare presente nel museo, le tre sfere concentriche rappresentano l’ottava, la nona e la decima sfera dell’universo dell’epoca. La sfera più esterna rappresenta il Primum Mobile. La sfera concentrica corrispondente alla nona sfera ,invece, è fissata a quella esterna in modo tale che il suo asse di rotazione coincida con l’asse dell’eclittica della sfera esterna. Questo permette alla sfera, quando viene fatta girare, di ruotare a velocità costante simulando così l’apparente spostamento delle stelle e dell’eclittica che corrisponde alla precessione uniforme degli equinozi.
Infine, all’interno della nona sfera è incastonata l’ottava sfera detta anche sfera delle stelle fisse. Tramite l’utilizzo di due rotelle, si possono spostare gli equinozi dell’ottava sfera da una parte e dall’altra rispetto agli equinozi della nona sfera, il che coincide con un’oscillazione angolare dell’asse dell’ottava sfera.
La letteratura più recente riporta l’esistenza certa di sei soli esemplari di tali strumenti in tutto il mondo. Tra questi non è segnalata la sfera armillare di Padova, rimasta finora sconosciuta anche agli specialisti del settore.[6]
Sezioni
Il museo espone, attraverso un percorso storico, gli strumenti che testimoniano questo momento di grande effervescenza e che hanno contribuito a modificare il modo di fare ricerca scientifica.
Ottica
I primi studi approfonditi di ottica si possono ricondurre agli scienziati dell’antica Grecia. Euclide, all’inizio del terzo secolo a.C. sosteneva che la luce fosse costruita da rette chiamate “raggi”. Il matematico greco riteneva che, per quanto riguardava la visione, i raggi luminosi si propagassero dall’occhio verso gli oggetti osservati.[7]
Di grande importanza risultarono le ricerche sull’ottica di Tolomeo, il quale oltre alla teoria degli specchi, presentò per la prima volta uno studio approfondito della rifrazione, facendo esperimenti sia sul passaggio dei raggi luminosi dall’aria all’acqua, sia sul passaggio dei raggi dall’aria nel vetro e dall’acqua nel vetro.
Alcuni secoli dopo lo studio dell’ottica venne riscoperto anche dagli scienziati arabi con contributi fondamentali. Molto importanti furono gli studi condotti da Ibn [null al-Haytham] (965), conosciuto in Oriente come Alhazen. Esso riprese l’opera di Tolomeo e analizzò in dettaglio la rifrazione. (Sembra essere il primo ad aver studiato la camera oscura, dove in una camera completamente buia viene praticato un foro su una delle pareti: un’immagine rovesciata dell’esterno appare proiettata sulla parete opposta. I lavori degli scienziati arabi si diffusero poco a poco in Occidente.[8]
Tuttavia per assistere all’inizio di una rinascita dello studio sull’ottica occorrerà aspettare il Cinquecento.
Nel 1604 venne pubblicato da Keplero uno dei suoi più importanti trattati sull’ottica, in cui studiò la riflessione e la formazioni delle immagini attraverso diversi mezzi. Keplero inoltre, detta per la prima volta una teoria esatta della visione, secondo cui l’occhio riceveva da ogni punto luminoso un fascio di raggi e stabilì che era proprio sulla retina che si formavano le immagini, rovesciate, che il nostro cervello doveva poi raddrizzare.[9]
Galileo nel 1609 puntò per la prima volta verso il cielo un telescopio, strumento inventato poco prima in Olanda, giungendo cosi a importanti scoperte. Nel giro di pochi mesi, mostrò che la superficie lunare non era liscia e omogenea, ma molto simile a quella terrestre solcata da valli e increspata da monti. Dimostrò l’esistenza di numerose stelle invisibili ad occhio nudo e scoprì i satelliti di Giove.[10] Galileo nel 1610, allora professore a Padova, pubblicò queste scoperte nel Sidereus Nuncius.[10] Lo scienziato convocato a Firenze da parte del Granduca Cosimo dè Medici continuò l’osservazione dei cieli e scoprì le fasi di Venere, il sisma di Saturno e studio le macchie solari. Galileo inventò il microscopio rivoluzionando il mondo della fisica e le ricerche in ambito naturalistico, botanico e della medicina. Grazie al microscopio Marcello Malpighi, intorno alla metà del Seicento, riusci ad osservare per primo gli alveoli polmonari e i capillari sanguinei, confermando cosi la teoria della circolazione del sangue enunciata da William Harvey. Nel Settecento Antoni van Leeuwenhoek grazie al microscopio studio e descrisse i globuli rossi, i protozoi e i batteri.[10]
Infine Newton si interessò all’ottica soprattutto nella prima parte della sua carriera e nel 1672 comunicò i suoi primi risultati in ottica teorica. Esso stabili che la luce bianca era composta da vari colori e che il prisma non modificava la luce bianca ma la divideva nelle sue varie componenti. Newton considerava i colori degli oggetti non come qualità degli oggetti stessi ma come qualità dell’osservatore. Infatti i raggi di luce vengono riflessi da un oggetto da cui si propagano nel nostro apparato sensoriale e da li che si producono “le sensazioni di quei moti sotto forma di colori”.[8]
Tra gli strumenti più importanti contenuti in questa sezione del museo troviamo:
- Microscopio composto firmato “Eustachio Divini in Roma 1672”: Il microscopio a tubi scorrevoli è stato acquistato da Giovanni Poleni nel 1745 per il teatro di filosofia sperimentale. Si tratta di un modello di microscopio rarissimo per le sue dimensioni e tipo di costruzione e sembrerebbe essere l'unico sopravvissuto firmato da Eustachio Divini. Il corpo è formato dalla combinazione di quattro tubi di cartone avvolti da pergamena verde decorata con filettature d'oro. I vari tubi sono stati costruiti per scorrere l'uno sull'altro e a seconda della loro estensione si può modificare il potere di ingrandimento del microscopio.
- Microscopio a riflessione, firmato "Amici Modena": si tratta di un microscopio ideato da Giovanni Battista Amici, l'anno di costruzione risale all'incirca al 1820. Tutte le parti che compongono il microscopio si possono smontare e ripiegare e venivano conservate in una cassetta di mogano apposita, composta da sostegni e divisori foderati di panno.
- Caleidoscopio: esso è formato da un'asta di ottone dove vi sono posizionati due specchi ad angolo variabile. Da una parte troviamo una mezzaluna di ottone con una graduazione che va da 0° a 90°, la quale contiene al suo interno una lente biconvessa. Dalla parte opposta sono poi posizionati dei frammenti di vetro colorati contenuti tra i due vetri. Se vi si guarda attraverso la lente, si potranno notare i frammenti di vetro ingranditi e riflessi sull'intera superficie degli specchi, i quali creano gradevoli effetti ottici.
- Camera ottica: questo strumento è stato acquistato da Giovanni Poleni, che la descrive come "Una camera ottica lunga pollici ventiquattro, alta pollici dodeci e linee quattro, di legno di noce. Con due specchi piani, uno di metallo e l'altro di cristallo è una lente convessa. V.1. L'Ecc.mo Magistrato le comprò dalli N.N.H.H Martinelli". La camera è così strutturata: all'interno del foro della camera vi si trova una lente mobile, la quale permette la messa fuoco dell'immagine. Si può puoi notare al suo interno uno specchio piano inclinato e un piano di vetro orizzontale, sul quale veniva poggiato il foglio di carta per il disegno. All'esterno della camera ottica troviamo un'altra lente, sempre mobile, attraverso la quale vi si verificava, a camera chiusa, la messa a fuoco del disegno.
- Cristallo sfaccettato: lo strumento venne acquistato sempre da Poleni, il quale lo descrive come: "Un cristallo lavorato a più faccette, o sia un cristallo polyedro, traguardando per il quale di vedono moltiplicate le imagini. XI.2. Fattura di Domenico Selvi di Venezia". Lo strumento proviene dal famoso ottico veneziano Domenico Selva, il quale lo custodiva nella propria bottega. Guardando al suo interno si possono vedere una decina di immagini identiche ma leggermente iridescenti.
- Cromatropio: il Cromatropio Venne acquistato dal prof. Francesco Zantedeschi. Esso è formato da una tavoletta di legno, dove al proprio interno vi si trova un'apertura circolare in grado di contenere due vetri e una manovella. Internamente vi è nascosto lo strumento che aziona il meccanismo di funzionamento. Vi sono poi alcune linee diversi colori dipinte sui due vetri, I quali inizieranno a ruotare in senso opposto una volta messa in azione la puleggia con la manovella, creando gradevoli effetti ottici.
- Lanterna magica di Domenico Selva: la prima tra le due lanterne che Poleni acquistò per il proprio teatro, descrivendola come: " Una lanterna magica lavorata dal Sig. Domenico Selva. Con un nuovo artificio, per mezzo del quale le figure di accostano e si allontanano. Vi sono tre tavolette di figure, oltre a quelle segnate alli Numeri 73 e 121 ". La lanterna è stata anch'essa acquistata dalla bottega di Domenico Selva. Costruita principalmente in lamiera metallica il suo corpo poggia su un supporto di legno piombato. La lanterna magica si affermò come uno dei più importanti strumenti usati per intrattenimento e lo spettacolo e rimase in uso per moltissimo tempo.
- Proiettore diascopico con trottola e dischi di vetro: questo strumento veniva utilizzato per la proiezione di oggetti posti su un piano orizzontale, ed è stato acquistato dal prof Francesco Rossetti. È composto da una colonna in ottone e tre piedi che reggono un cilindro metallico, tale cilindro è dotato di un'apertura laterale la quale contiene al suo interno uno specchio posto a 45°, questo specchio rifletteva la luce di una lampada direttamente sul porta oggetti. Gli ho oggetti da proiettare venivano posti sullo specchio. L'immagine veniva proiettata sullo schermo mediante un prisma regolabile che ritrovava sulla sommità del cilindro.
- Stereoscopio di Brewster: acquistato dal prof. Giusto Bellavitis dall'atelier Duboscq-Soleil a Parigi, contiene anche le relative immagini alcune delle quali però sono state perdute. Fu inventato dal fisico inglese Charles Wheatstone (1892-1875). Esso era composto da un visore a riflessione formato da due specchi posizionati a formare un angolo di 45°; alle estremità vi si trovavano due disegni raffiguranti lo stesso soggetto, con una angolazione però leggermente diversa. Per vedere l'effetto ottico si doveva avvicinarsi agli specchi e allontanare i telai affinché i riflessi di entrambe le immagini non si sovrapponevano creando un unico soggetto tridimensionale.
- Zogroscopio: Poleni lo descrisse come:" Una macchinetta formata con un piede, alla sommità del quale vi ci è attaccata una tavoletta, fornita d’uno specchio piano inclinato a gradi 45. E vi ci è pure una lente di cristallo avente un diametro di pollici 4. Con la suddetta vi ci sono anche dodici carte figurate e miniate, che si adoperano. E tutto serve per un’ottica osservazione ". Tale strumento era formato da alcune figure, le quali sono andate perdute assieme alla lente originale. Lo strumento era utilizzato principalmente per la visione di vedute ottiche, le quali venivano ingrandite dalla lente e successivamente riflesse dallo specchio. Lo strumento classico venne descritto anche nell’Essai de Physique di Petrus van Musschenbroek.
- Specchi per anamorfosi: specchi semi-conici acquistati dai successori di Poleni, i quali venivano utilizzati con disegni anamorfici. Essi sono dorati sia all'interno che all'esterno, in questo modo potevano essere utilizzati sia come specchi cilindrico-concavi che cilindrico convessi.
Elettricità
La scienza elettrica nacque come ramo a sé stante nei primi anni del Seicento. Prima di allora si sapeva che l’ambra strofinata attirava oggetti leggeri ma questo fenomeno venne sempre associato all’attrazione magnetica. Fu con il contributo di William Gilbert che si dimostrò che altri corpi strofinati diventavano attrattivi.[11] Progressi significativi si riscontrarono nel Settecento, definito come il secolo d’oro dell’elettrostatica; in questo periodo si mostrò che l’elettricità ottenuta per strofino poteva essere comunicata a corpi che non si riusciva a caricare direttamente per strofino ad esempio metalli o corpi umani. Al posto dell’ambra Hauksbee propose nel 1706 di strofinare dei cilindri di vetro che diventarono i principali generatori elettrici fino al 1740. Si introdussero importanti perfezionamenti quali il collettore metallico, che permetteva di raccogliere la carica ottenuta per strofino per poi riutilizzarla. nel 1745 ci fu una vera e propria rivoluzione grazie alla scoperta della bottiglia di Leida (primo condensatore elettrico)da parte del tedesco Eward Jurgen von Kleist.[12] L. Galvani scopri con i vari esperimenti da lui effettuati, che esisteva un’elettricità di origine puramente animale. Volta incuriosito dagli esperimenti di Galvani si dedicò in questo settore e nel 1800 annunciò l’invenzione della pila. Questa invenzione fu un trionfo in quanto per la prima volta veniva prodotta corrente continua e si aprirono prospettive nuove nell’ambito dell’elettricità. Lo studio del funzionamento della pila ne evidenzio la natura chimica, dando avvio all’elettrochimica.[12] Faraday nel 1831 scopri il fenomeno “dell’induzione elettromagnetica” un modo totalmente nuovo di produrre elettricità grazie all’uso di generatori che portarono all’avvento negli anni 1870 dell’elettricità industriale. Lo stesso Faraday costruì un apparato in cui un circuito percorso da una corrente veniva messo in movimento di rotazione.[12] Questa invenzione che apri la strada alla costruzione di motori elettrici. Lo studio dei generatori ad induzione venne ripreso da W. Holtz che generò una macchina utilizzata per la produzione di alte tensioni, invenzione preziosa successivamente per la produzione di raggi catodici e raggi X.
Tra gli strumenti più importanti contenuti in questa sezione troviamo:
- Generatore elettrostatico a globo del 1765 firmato A. Fabris
- Bottiglie di Leida XVIII secolo: famoso esperimento in cui si tentò di elettrizzare l’acqua in una bottiglia di vetro.
- Elettroscopio a foglie d'oro di Bennet inventato nel 1786: composto da una sfera di ottone la quale nel momento in cui riceve la carica elettrica fa divergere le due foglie d'oro che la circondano. Tali faglie sono protette da una campana di vetro atta ad impedire che la corrente possa turbarle
- Elettroscopio a palline di midollo di sambuco, XVIII secolo.
- Elettroscopio a pagliuzza di Volta: si caratterizza come un flacone di vetro a facce piane sulle quali compare una scala di carta che indica la divergenza delle pagliuzze inserite in questo strumento.
- Pila di Volta a colonna, XIX secolo.
- Generatore magnetoelettrico per elettroterapia firmato Sonda in Padova, XIX secolo
- Generatore dinamoelettrico di Ladd firmato W.Ladd/London Brevetè S.G.D.G; XIX secolo
- Ronchetto di Ruhmkorff firmato Ruhmkorff a Paris, XIX secolo: costituito da due avvolgimenti cilindrici concentrici composto da filo di diametro e lunghezza diversa, basato sull’induzione elettromagnetica
- Motore elettrico di Froment, XIX secolo
- Elettroforo XIX secolo generatore elettrostatico ad induzione: caratterizzato da un disco di resina e da un piatto metallico dotato di manico isolante. Attraverso lo strofinio del disco viene caricato di elettricità il piatto metallico.
- Galvanometro astatico di Leopoldo Nobili: risalente alle prima metà XIX secolo. Straordinariamente sensibili per l’epoca, questo strumento permetteva di rivelare correnti molto deboli grazie a tre particolari accorgimenti. L’utilizzo di una bobina attraverso cui fare passare la corrente da studiare per amplificarne gli effetti. Il posizionamento di due aghi magnetici uno al centro e uno sopra la bobina con i poli in direzione opposti così da poter essere quasi insensibile al campo magnetico terrestre e infine l’utilizzo di un filo per mantenere gli aghi sospesi riducendo sensibilmente l’attrito.
- Galvanometro astatico firmato T.Gourjon/ à Ecole Rle Polytechnique/ A Paris, 1850 circa
- Galvanometro firmato Ruhmkorff a Paris, XIX secolo che misuravano l’intensità della corrente elettrica
Termologia
Nel periodo della rivoluzione scientifica anche il termometro e il barometro segnano la nascita di settori dell’indagine scientifica. Nel settecento si affermò la necessita di standardizzare alcuni strumenti in uso, con l’idea di rendere le misura paragonabili tra loro.[13] I termometri chiusi a liquido venivano graduati dividendo semplicemente i tubi in parti di uguale lunghezza e senza nessun punto fisso di riferimento. Occorreva perciò definire dei punti fissi affidabili, nonché il miglior liquido termometrico possibile.[14] Un contributo importante fu dato da Jaques Barthlmy Micheli che nel 1741 ideo un termometro che riportava in parallelo diverse scale termometriche dell’epoca, permettendo cosi facili conversioni in misure. Per quanto riguarda il liquido si stava diffondendo sempre di più l’uso del mercurio che sostituiva l’alcol, liquido principalmente usato nei termometri.[14] Un altro contributo importante fu dato da Renè-Antoine Ferchault de Réaumur che costruì i termometri con due punti fissi, la temperatura di ebollizione e quella di congelamento ( 80° - 0 °).[14]
L'esperimento di Evangelista Torricelli segnò l'invenzione del barometro, che cominciò ben presto ad essere impiegato per le osservazioni meteorologiche e per le ricerche di pneumatica.[15]
Strumenti principali:
- Barometro a sifone: non firmato, 2/2 XVIII secolo Il barometro a sifone nasce da un idea di Blaise Pascal (che compare nell'opera postuma del 1663 ed è ripresa da Robert Boyle nel 1669) che sostituì la vaschetta di mercurio dell'esperimento torricelliano con un tubo ad U. La pressione atmosferica agisce sul mercurio del ramo corto e aperto del tubo.
- Barometro a due liquidi: non firmato, costruito da Giovanni Battista Rodella, 2/2 XVIII secolo Robert Hooke nel 1668 e Christiaan Huyghens nel 1672 proposero un barometro contenente due liquidi, di cui uno più leggero dell'altro, per ottenere una amplificazione del movimento nel tubo
- Barometro a tubo ripiegato: non firmato, costruito da Giovanni Battista Rodella, 2/2 XVIII secolo Si tratta di una variante, certamente a scopo didattico, del barometro diagonale, uno dei vari modelli ideati per amplificare il movimento della superficie del mercurio. Il barometro diagonale venne descritto nel 1688 da John Smith, orologiaio londinese, che ne attribuì l'invenzione a Sir Samuel Morland. Lo strumento venne poi riproposto da Bernardino Ramazzini nel 1695.
- Barometro portatile a bottiglia: non firmato, scale costruite da Georg Friedrich Brander, intorno al 1770 - 1780 Il tubo barometrico è piegato ad U e il ramo corto finisce in un serbatoio di legno in cui penetra una vite di ferro che permette di "bloccare" il mercurio nel recipiente in caso di trasporto. Come indicato sullo strumento stesso, le altitudini delle montagne peruviane riportate sono basate sui rilevamenti di Pierre Bouguer, che condusse una spedizione nelle Ande fra il 1735 e il 1744.
- Barometro portatile a vaschetta: firmato "Angelo Bellani fece in Monza 1811" La vaschetta del barometro ha il fondo in cuoio che può essere spostato mediante una vite, permettendo di bloccare il mercurio nel tubo e nella vaschetta e di capovolgere lo strumento in caso di trasporto. Per azzerare il barometro, si modifica il livello del mercurio in modo che la tacca incisa sul piccolo galleggiante d'avorio coincida con le tacche segnate sul piccolo cilindro d'avorio fissato sopra la vaschetta. L'introduzione della vite e della vaschetta a fondo di cuoio risale ai primi anni del Settecento.
- Barometro a sifone di Gay-Lussac: firmato "BELLANI F.", 1/2 XIX secolo Nel 1816, Joseph Louis Gay-Lussac modificò il barometro a sifone congiungendo i due rami mediante un tubo capillare in modo da ottenere uno strumento facilmente trasportabile. In pratica, quando si capovolgeva lo strumento, l'aria non poteva penetrare nel ramo lungo del barometro a causa della capillarità del tubo intermedio.
- Termometro ad aria: non firmato, costruito da Giovanni Battista Rodella, 2/2 XVIII secolo I termometri ad aria furono inventati all'inizio del Seicento. La colonna di liquido viene spostata su e giù dalle variazioni di volume dell'aria sovrastante, la quale si contrae o si dilata a seconda della temperatura. Val la pena sottolineare che Santorio Santorio, professore di medicina presso l'Università di Padova, è considerato uno degli inventori del termometro.
- Termometro ad alcool di Fahrenheit: non firmato, costruito da Giovanni Battista Rodella, 2/2 XVIII secolo In questo termometro sono invece le variazioni di volume del liquido contenuto a dare indicazioni sulla temperatura.
- Termometro ideato da Jacques Barth´el´emy Micheli du Crest: firmato “Fait par G.F.BRANDER Membre de l’Acad. des Sciences Elect: de Bavi`ere et Mechanicien `a Augsbourg”: risalente alla seconda metà XVIII secolo. L’ideatore di questo strumento era di fatto molto orgoglioso di poter definire “universale” il proprio termometro. Questo infatti poteva riportava in parallelo diverse delle scale termometriche dell’epoca, permettendo così facili conversioni di misure.
- Apparecchio per lo studio della traiettoria parabolica dei getti di mercurio, XVIII secolo
Pneumatica
Fino alla fine del Cinquecento, si era certi che il vuoto fosse logicamente impossibile. Questa idea, la cui origine risaliva ad Aristotele, sembrava trovare conferma in diversi fenomeni naturali. Con l’inizio del Seicento si arrivò a nuove riflessioni. Fondamentale fu l'esperimento del 1644 di Torricelli, il quale, evidenzio come l'andamento del mercurio fosse causato dall'azione della pressione atmosferica. Successivamente, grazie al contributo di Torricelli, si effettuarono numerosi esperimenti e si studiarono le variazioni della pressione atmosferica secondo l'altitudine e le condizioni meteorologiche, la propagazione nel vuoto del calore, del suono e della luce.[16]
Famosissimo in quegli anni fu l'esperimento di Otto von Guericke, il quale propose nel 1654 i cosiddetti "emisferi di Magdeburgo" due mezze sfere all'interno delle quali si rarefaceva l'aria e che risultavano difficilissime da separare, mostrando così l'azione della pressione atmosferica.[16]
Fondamentale fu anche l'invenzione nel 1654 della prima macchina pneumatica, o pompa da vuoto, opera di Otto von Guericke. Perfezionata nel giro di poco tempo da personaggi come Boyle, Hooke, e Huyghens, la pompa permise di svolgere importanti esperimenti sulle proprietà dell'aria e del vuoto. Anche per la spettacolarità delle dimostrazioni, che si moltiplicarono in quegli anni, la pompa pneumatica acquistò rapidamente una grande popolarità, diventando uno dei simboli della nuova filosofia sperimentale.[16]
Tra gli strumenti più importanti contenuti in questa sezione troviamo:
- Bicchieri di Tantalo: non firmati, costruiti dai fratelli Galli di Como, 2/2 XVIII secolo E' impossibile riempirli poiché il sifone nascosto al centro fa sempre uscire il liquido dai beccucci sottostanti.
- Emisferi di marmo: non firmati, XVIII secolo La difficoltà nel separarli era uno dei fenomeni che venivano spiegati dagli aristotelici con la tesi dell'Horror vacui. In realtà, il fenomeno è essenzialmente legato alle forze molecolari di coesione.
- Pompa pneumatica a due cilindri: non firmata, forse costruita da Francis Hauksbee Snr, 1/2 XVIII secolo La pompa è praticamente identica alla pompa originale di Hauksbee. Venne però modificata nel Settecento con l'aggiunta di un rubinetto a tre vie che sostituiva le valvole interne ai cilindri.
- Pompa pneumatica a cilindro orizzontale: firmata (incisione alla base del cilindro) "ROYHIERUS FECIT AUG. TAURINI AN. MDCCLIX. JO BAPTISTA RODELLA PATAVII PERFECIT AN. MDCCLXXXXI", 2/2 XVIII secolo Le pompe a cilindro orizzontale, proposte negli anni 1680 dal costruttore di strumenti scientifici olandese Johan van Musschenbroek, costituivano una variante meno sofisticata e più economica delle pompe a cilindro diagonale, ideate da Senguerdius nel 1679
- Emisferi di Magdeburgo: non firmati, XIX secolo
- Campana per esperimenti nel vuoto: firmata "Rodella fece in Padova", 4/4 XVIII Alla sommità della campana posta sul piatto di una pompa pneumatica si avvitava un recipiente dal quale del liquido veniva lasciato cadere nel vuoto, per tentare miscele particolari in aria rarefatta.
- Recipiente per esperimenti in aria compressa: detto anche condensatore, non firmato, 2/2 XVIII secolo
- Fontana di compressione: non firmata, XVIII secolo Il vaso veniva riempito parzialmente d'acqua. Mediante la pompa, l'aria contenuta nel vaso veniva compressa. Togliendo la pompa e aprendo il rubinetto, l'acqua usciva dalla sommità del tubo sotto forma di un alto zampillo a causa della pressione esercitata dall'aria compressa.
- Baroscopio: costruito da Angelo Sonda, 3/4 XIX secolo Il baroscopio permetteva di mettere in evidenza l'azione della spinta di Archimede nell'atmosfera, in analogia con quanto avviene per i corpi immersi nei liquidi. Nell'aria libera la bilancia è in equilibrio. Ponendola invece in aria rarefatta la sfera di maggior volume scende mentre l'altra sale. Con la diminuzione della pressione diminuisce infatti la spinta di Archimede che spinge i corpi immersi in un fluido verso l'alto in proporzione al loro volume.
- Fontana nel vuoto: costruita da Girolamo Castelnuovo di Como, 2/2 XVIII secoloIl vaso veniva parzialmente riempito d'acqua e posto in aria rarefatta sotto la campana di una pompa pneumatica. Si vedeva allora l'acqua zampillare in alto fuori dal tubo, spinta su dalla pressione dell'aria interna diventata superiore alla pressione esterna.
- Fontana di Erone: 2/4 XVIII secolo con i due vasi parzialmente riempiti di liquido, si versa altro liquido nell'imbuto laterale. L'aria contenuta nei vasi viene quindi compressa e agisce a sua volta sul liquido contenuto che zampilla innalzandosi al di sopra della vaschetta posta alla sommità dell'apparecchio.
Note
- ^ http://www.musei.unipd.it/fisica/
- ^ G.A SALADIN, il Teatro di Filosofia Sperimentale di Giovanni Poleni, Padova 1986
- ^ Gian Antonio Saladin, il Museo di Storia della Fisica dell'Università di Padova pag.24
- ^ P.ROSSI, La nascita della scienza moderna in Europa, Bari 1997
- ^ a b c d GIORNALE DI FISICA DOI 10.1393/gfd/i2012-10149-9 VOL. LIII. N.1 pp. 4-10
- ^ a b G.L'E.TURNER, Storia della Scienza. Gli strumenti, Torino 1991
- ^ V.RONCHI, Storia della luce. Da Euclide a Einstein, Bari1983
- ^ a b V.RONCHI, Storia della luce. Da Euclide a Einstein, Bari1983
- ^ D.C. LINDBERG, Theories of Vision from Al-Kindi to Kepler,Chicago 1981
- ^ a b c S.DRAKE,Galileo's Notes on Motion, suppl.Annali dell'istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze 1979
- ^ http://bagliorinelvuoto.scienze.unipd.it/elettricita/elettricita.html
- ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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- ^ E.KNOWLES MIDDLETON, The History of the Barometer,Baltimora 1964
- ^ a b c E.KNOWLES MIDDLETON, The History of the Thermometer, Baltimora 1966
- ^ http://bagliorinelvuoto.scienze.unipd.it/home.html
- ^ a b c G.PERUZZI, S.TALAS, Bagliori nel vuoto. Dall'uovo elettrico ai raggi X: un percorso tra elettricità e pneumatica dal Seicento a oggi, Treviso 2004
Bibliografia
- E. KNOWLES MIDDLETON, The History of the Barometer, Baltimora 1964
- E. KNOWLES MIDDLETON, The History of the Thermometer, Baltimora 1966
- G.A. SALADIN, Il Teatro Teatro di Filosofia Sperimentale di Giovanni Poleni, Padova 1986
- V. RONCHI, Storia della luce. Da Euclide a Eistein, Bari 1983
- P. ROSSI, La nascita della scienza moderna in Europa, Bari 1997
- G. L'E TURNER, Storia della Scienza - Gli strumenti, Torino 1991
- J.L. HEILBRON, Electricity in the 17th and 18th centuries, New York 1999
- G. PERUZZI, S. TALAS, Bagliori nel vuoto. Dall'uovo elettrico di raggi x: un percorso tra elettricità e pneumatica dal Seicento a oggi, Treviso 2004
- D.C. LINDBERG, Theories of Vision from Al-Kindi to Kepler, Chicago 1981
- V.RONCHI,Storia della luce. Da Euclide e Einstein, Bari 1983
Voci correlate
Altri progetti
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