Fratelli Musulmani
I Fratelli musulmani (in arabo: جميعة الإخوان المسلمين jamī'at al-Ikhwān al-muslimīn, letteralmente Società dei fratelli musulmani; spesso solo الإخوان المسلمون, Ikhwān ul- Muslimūn, Fratelli musulmani, o semplicemente الإخوان al-Ikhwān, i Fratelli) costituiscono una delle più importanti organizzazioni islamiche con un approccio di tipo politico all'Islam. Furono fondati nel 1928 da al-Hasan al-Banna in Egitto dopo il collasso dell'Impero Ottomano.
Ideologia
I Fratelli musulmani si oppongono alle storiche tendenze alla secolarizzazione delle nazioni islamiche, in favore di un'osservanza da essi ritenuta più ligia ai precetti del Corano. Rifiutano l'influenza occidentale e inoltre il Sufismo più estremo. Loro campi d'azione sono i settori della politica tradizionale, dell'insegnamento, della sanità e delle attività sociali in genere, oltre l'organizzazione di incontri di preghiera e di spiritualità.
Il motto dell'organizzazione è: "Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il Jihad è la nostra via. Morire nella via di Allah è la nostra suprema speranza"
I Fratelli Musulmani costituiscono in Egitto una formazione politica che si richiama al dovere di fedeltà ai valori islamici tradizionali e uno dei temi maggiormente dibattuto al suo interno è quello della jihad.
Il loro impegno si esprime talvolta con iniziative di legge parlamentare e in altre occasioni emette con alcuni suoi appartenenti delle "fatāwā" (pl. di fatwa), come quella con cui, nel 2004, lo shaykh Yusuf al-Qaradawi indicava come un obbligo religioso rapire e uccidere i cittadini degli Stati Uniti presenti in Iraq.
Storia
I Fratelli musulmani furono fondati nel marzo del 1928 da al-Hasan al-Banna, un insegnante egiziano operante a Ismailiyya, sulle rive del Canale di Suez.
Gamāl ‘Abd al-Nāser, Presidente egiziano, fece sciogliere l'associazione e fece arrestare, torturare e giustiziare un numero imprecisato di militanti (secondo i "Fratelli Musulmani" alcune decine di migliaia) a causa della loro implacabile ostilità al progetto nasseriano di cambiamento della società egiziana. Una seconda ondata di repressione, dopo un fallito attentato alla vita del ra'is egiziano li colpì verso la metà degli anni sessanta, quando molti dirigenti del movimento, fra cui Sayyid Qutb, furono impiccati. Dopo la morte di Nasser il movimento poté peraltro riorganizzarsi e partecipare al dibattito politico come movimento organizzato e legalmente riconsciuto.