Pozza di Fassa
Pozza di Fassa (Poza in ladino) è un comune italiano di 2 282 abitanti della provincia di Trento.
Pozza di Fassa comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Giulio Florian (lista civica Vardon Inant) dal 10-5-2015 |
Territorio | |
Coordinate | 46°25′49.88″N 11°41′15.85″E |
Altitudine | 1 325 m s.l.m. |
Superficie | 72,97 km² |
Abitanti | 2 282[1] (31-12-2015) |
Densità | 31,27 ab./km² |
Frazioni | Monzon, Pera di Fassa, Ronch |
Comuni confinanti | Canazei, Mazzin, Moena, Nova Levante (BZ), Rocca Pietore (BL), Soraga, Tires (BZ), Vigo di Fassa |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 38036 |
Prefisso | 0462 |
Fuso orario | UTC+1 |
Cod. catastale | G950 |
Targa | TN |
Cl. sismica | zona 4 (sismicità molto bassa)[2] |
Nome abitanti | pozzani |
Patrono | san Nicola |
Giorno festivo | 6 dicembre |
Cartografia | |
nella provincia autonoma di Trento | |
Geografia fisica
Cenni geografici
Nella media Val di Fassa, sorge allo sbocco della valle di San Nicolò, dove si ergono il Catinaccio e il gruppo dei Monzoni, non lontano dal Sasso delle Dodici e dal Sassolungo.
La frazione Pera è allo sbocco della valle del Vaiolet. Il paese e la zona sono meta di turismo estivo ed invernale. Dista 6km da Moena, 9 da Canazei, 32 da Canale d'Agordo, 40 da Bolzano, 90 da Trento.
La roccia prevalente dei monti attorno è la Dolomia, una pietra calcarea bianca che presenta brecce cristalline.
Storia
La denominazione del comune fino al 1955 era Pozza. Nel 1926 il comune viene soppresso e i suoi territori aggregati al comune di Vigo di Fassa; nel 1952 il comune viene ricostituito comprendendo anche i territori dell'ex comune di Pera (Censimento 1951: pop. res. 1244) ora denominato Pera di Fassa[3].
La Corte Longobarda
La zona di Pozza faceva parte politicamente dell'Antica Corte Longobarda di Fassa che aveva sede a Vigo.
Poco ci resta di documentazione della sua storia antica. La valle in epoca altomedievale fu data ad un Cortese Longobardo poi Palatino Imperiale e poi Ministeriale Vescovile, che aveva il compito di fornire cavalli all'Imperatore .Per secoli formalmente sotto il dominio del Principe Vescovo di Bressanone, la valle vive una sua storia libera ed indipendente. La Val di Fassa già abitata dai Rezi in epoca preromana, fu poi romanizzata, tanto che i fassani popolo fiero, civile, onesto e laborioso, pur mantenendo nei secoli irrinunciabili e indiscutibili peculiarità, sempre si dichiararono ladini, cioè latini, italiani e non tedeschi, e anche più volte si protestarono parte delle genti italiane davanti al loro lontano signore la cui corte ecclesiastica e civile parlava ufficialmente tedesco.
Il Cristianesimo
La Valle di Fassa ha il suo nucleo di irradiazione cristiana non dalla Pieve di San Giovanni, sede del pievano, rappresentante pastorale del principe vescovo, ma dall'Eremo di Santa Giuliana, che fu centro anche politico dall'era cristiana in poi. Il sito interessato da successive frane, cela sotto il Dosso della Frana la preistoria e la prima storia della valle. Subito sotto l'eremo si trova la Corte di Vigo e in un area più accessibile, la Pieve medievale, con la Casa Fortificata Dal Soldà.
La Pieve era comunque il centro religioso della valle ed anche i paesi attorno a Pozza facevano riferimento alla Pieve, per battesimi, matrimoni, funerali. Si dava un decimo del raccolto e di quant'altro per il mantenimento del Pievano che poi lo ridistribuiva alle famiglie povere, una regola adottata dalla Chiesa Cattolica e che fa riferimento all'Antico Testamento. Un altro decimo gli era dovuto come rappresentante del Vescovo che era anche Principe e Signore della Valle, e questo secondo decimo anche in genere restava in valle per i bisogni dei più indigenti. Nella Pieve era conservato un archivio abbastanza preciso dal '500 in poi. Purtroppo nel trasferire l'archivio in comune a Pozza alcuni documenti andarono perduti.
Il Medioevo
Il vecchio signore della valle, pur avendo potere di vita e di morte, di dar guerra per difendersi, ecc., gestiva in completa autonomia da secoli i propri affari, beni, parenti, sudditi e quant'altro con le cure amorevoli del buon padre di famiglia, coi consigli del pievano, e di un piccolo arengo di capifamiglia che si riuniva un paio di volte all'anno. Tutta la famiglia fassana, nobili e contadini, si limitava a poche migliaia di anime imparentate tra loro. L'amministrazione signorile era talmente bonaria che si potrebbe parlare di piccola repubblica. Tanto e tale fu sentito il sopruso del Principe Vescovo quando mandò in valle il Rossi dalla Val del Sole come suo rappresentante, che si vide come cattivo auspicio, cioè di trionfo del potere dei Rossi della Val del Sole in Val di Fassa, anche il solito tranquillo "ar-rossi-r del sole" del tramonto sulla dritta parete del Monte Catinaccio sopra l'Antica Corte di Vigo.
I De' Rossi di Pozza Antichi Signori della Torre
L'avversione ai nuovi signori, i Rossi, amministratori rappresentanti del Principe Vescovo, diede luogo da parte dei vecchi cortesi di Vigo ad una esasperata ed intricata parcellizzazione del potere in frammenti sempre più piccole, per sfuggire al nuovo dominatore, e non lasciare il potere in mano dei nuovi arrivati. Il potere antico passò di mano in mano tra le famiglie dei nobili maggiorenti della valle, cavalieri, capitani, ministeriali, notai, tramite compravendite e matrimoni. ll disordine amministrativo arrivo a tanto che nel '700 parte della Valle di Fassa, circa un terzo, varcò il confine e passò in territorio veneziano come dote matrimoniale di una fanciulla sposa di un ragazzo zoldano, con i rispettivi diritti feudali, era gente semplice e giovane che si sposava per amore, un amore fiorito naturalmente sui pascoli d'alpeggio, ma intestatari quasi inconsapevoli di un territorio di confine, e il Principe Vescovo di Bressanone dovette solertemente ricomprarsi il territorio pagandola in oro per scongiurare la Guerra con la Serenissima Repubblica di San Marco, che tramite alcuni suoi cittadini già aveva proprietà private al di qua del confine.
I Rossi, nuovi rappresentanti amministrativi del Principe Vescovo di Bressanone costruirono la Torre di Pozza oggi dietro al municipio agli inizi del '600. Abitarono però a Pozza nella casa che era stato il Vecchio Dazio del Ponte sull'Avisio.
La Torre di Pozza fu comunque utilizzata pochissimo dai Rossi, presto nuovamente dipartiti dalla valle, a caccia di nuove cariche più lucrose, lasciando il Castello in amministrazione e poi in eredità a nipoti e parenti avuti coi i matrimoni con la nobiltà locale, frutto dell'estesa e sapiente politica matrimoniale volta a dirimere bonariamente le controversie sulla spettanza dei diritti feudali. Il primo ed efficace matrimonio fu quello con la figlia del Notaio Costazza, dalla quale i Rossi ricevettero in dote i primi diritti feudali in valle da poter esercitare in proprio, senza scomodare la proprie prerogative di nuovi ministeriali.
Il ramo principale dei Rossi del Castello della Torre di San Nicolò fu presto chiamato a prestare i propri servigi a Corte dal Principe Vescovo ed abbandonarono la valle di Fassa per sempre, ora vivono a Vienna con il nome di VonRossi.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Chiesa di San Lorenzo di Pera
Nella chiesa di San Lorenzo di Pera, rimaneggiata più volte nel suo impianto decorativo, si conserva uno degli ultimi esempi di tipologia costruttiva dell'altare a portelle (in tedesco Flügelaltar). Il manufatto dedicato al santo titolare risale infatti al 1612 e ripete con grazia gli standard compositivi degli altari tardogotici nati in area tedesca.
La Chiesetta di San Nicolò
La Chiesa è all'apice del paese di Meida, è un minuto edificio gotico che conserva un altare della nobile famiglia de' Rossi, antichi signori della Torre. Sulle colonne dell'altare sono dipinti i leoni dello stemma di famiglia.
Statua della Madonna di Loreto in un altro altare.
Architetture militari
La Torre di Pozza
La Torre a Pozza: Castello detto Mas, per le sue finalità agricole durante l'800, o più semplicemente detto La Torn. Austero edificio, superstite a svariate anche recenti demolizioni e ricostruzioni, caratterizzato dalla preminenza del torrione, sorge su di un'altura all'imboccatura della Val San Nicolò dove confluisce il Rio San Nicolò nel Fiume Avisio.
Il Castello è il residuo del Castello di San Nicolò, e si stagliava un tempo in posizione isolata, sull'immenso prato del Dosso di Sotto, Dassè. La Torre sorvegliava tutta la valle sottostante verso la Pieve di San Giovanni fino a Moena ed era in collegamento "a vista" con la più antica sua gemella, la torre della Corte di Fassa a Vigo, sede principale del potere politico e militare nella valle, che vedeva fino in fondo alla valle alta, incrociandosi con la vista di quella di San Nicolò. La Corte di Vigo sorgeva a ridosso del monte a controllo della via mulattiera d'Alemagna, che lì si inerpica verso il Passo di Costalunga, passando attraverso il borgo. La Torre di San Nicolò svincolava così la sottostante Pieve e il suo alto campanile, da funzioni politiche e militari dirette, in un ottica rinascimentale tridentina di separazione dei poteri politicomilitari e religiosi. Lasciando al Maso Fortificato Dal Soldà, che difendeva la salita al dosso della Corte di Vigo solo funzioni difensive secondarie e di presidio della Pieve. Così i due castelli controllavano tutta la valle.
I Palazzi del Dazio sul Ponte
Il Castello di San Nicolò a Pozza aveva anche un corrispettivo nel sottostante Palazzone Grande del Dazio Nuovo sul ponte sul Fiume Aviso. Il Palazzo del Dazio è ora adibito a locale commerciale all'insegna del Leone De Rossi ma un tempo controllava il Dazio sul Ponte lungo l'Alta Via di Alemagna che proveniente dal Porto di Venezia, saliva dal Cadore, passando in Val di Fassa, attraverso il Passo di Costalunga, scendeva lungo la Val d'Ega fino a Bolzano, libera città mercantile, sorpassando così le impraticabili paludi della Bassa Val d'Adige.
I Rossi
Si da la paternità alla superstite Torre di Pozza alla nobile Famiglia de' Rossi proveniente dalla Val di Non o dalla Val del Sole. I de' Rossi rappresentanti ministeriali del Vescovo di Bressanone, entrarono così, alla fine del '500, a far parte dei giochi di potere all'interno della Valle di Fassa. Famiglia colta e ricca, i Rossi, si vantavano di essere un ramo cadetto dei ben più famosi Rossi di Modena, cosa probabilissima. Molte famiglie italiane dell'area dei liberi comuni durante il rinascimento videro i rampolli dei loro rami cadetti farsi ingenti fortune indipendenti, acquisendo nuove patenti di nobiltà, ancor più che come eroi di guerra, come abili imprenditori e tentare la fortuna nelle valli alpine ricche di miniere, di boschi e di mulini, o per mare come mercanti. Tante famiglie alpine, soprattutto di area veneta e trentina approfittarono del Porto di Venezia, e si arricchiscono tanto da acquistare feudi lungo l'adriatico fino all'estremità pugliesi e alla Grecia.
In principio il Castello non aveva funzione abitativa, infatti la famiglia de' Rossi, mercantile, pur tenendoci al titolo legato al castello, era avvezza a più civili agi e disponeva di più confortevoli alloggi in un palazzetto con rimanenze architettoniche duecentesche. Il palazzetto era il Vecchio Castello del Dazio che aveva perso la sua funzione perché l'Avisio rompendo gli argini, aveva cambiato il suo alveo spostando sé e quindi il ponte. Fu proprio per questo violento cambiamento del percorso del fiume Avisio che i Rossi dovettero riadattare anche il perimetro del Castello Alto di San Nicolò in gran parte spazzato via dalla piena del fiume e in quella occasione riedificarono la Torre su rovine preesistenti, e subito sotto fecero il Nuovo Palazzone Fortificato del Dazio in massiccio stile bugnato barocco. Il Castello anticamente aveva cambiato più volte estensione e si era ampliato e ridotto piuttosto verso il monte, per giustificato timore delle piene del fiume Avisio, salendo fin quasi alla Chiesa di San Nicolò, ma abbiamo poche documentazioni a riguardo poiché gran parte dei documenti dell'archivio furono dispersi per incuria. Non solo il Castello ma tutta la morfologia ed urbanistica della valle subì nei secoli numerose modifiche a causa della cattiva situazione idrogeologica che causava le continue rotte del Fiume Avisio e le immense frane che sommergevano anche interi paesi.
La Torre Oggi
La Torre si arricchì nel tempo degli agi che si confanno ad una dimora signorile, pur mantenendo quel certo aspetto spartano e rude che dona ai castelli il loro fascino. All'esterno presenta sobrie decorazioni ad affresco e una curiosa teoria di feritoie che ne ingentiliscono la tozza mole.
All'interno della Torre le stanze sono ampie anche se non particolarmente luminose, quasi tutte in legno, con soffitti a riquadri. Dopo un rovinoso incendio, gli interni furono rifatti in legno in stile barocco, la sala principale presenta una notevole stube del '700 con modanature e un intarsio centrale, successivamente dipinta con decorazioni neoclassiche azzurrine e rosa ai primi dell'800. Fu arricchita inoltre dai trofei di caccia, grande passione degli attuali proprietari, e che la dotarono nel tempo delle necessità della vita moderna. Bella la luminosa cucina in muratura con la sua alta volta, superstite di una delle due cucine del castello. L'ampio focolare dove si può arrostire un capriolo intero. Al piano terreno ampie stalle per i cavalli e altri locali per lo scannamento della selvaggina e la stagionatura delle carni e dei salumi.
Un immenso fienile sovrasta la torre, risalente a quando dismettendo le sue proprie funzioni militari difensive, divenne un ricco e vasto maso, prendendo il nome di Castel Mas, destinando le antiche mura ad ospitare le attività agricole prevalentemente legate all'allevamento dei bovini.
Nei difficili anni della fine dell'800 che, con la abolizione dei diritti feudali in tutto l'Impero, la prima guerra mondiale, si vide esausta nelle proprie risorse e in successione si videro a memoria d'uomo ruinare e andare perdute le mura di cinta, la guardiola e la torre della porta verso valle, e altri rustici all'interno della corte. Come pure si vide crollare la Torre di Vigo e quanto restava delle costruzioni della millenaria Corte di Fassa.
In pericolo grave di crollo a metà Novecento, quanto rimasto ha riacquistato splendore con gli attuali proprietari, che attaccati alla loro storia, ne salvarono con sacrifici, amorevolmente la presenza in valle preservandola fino ad oggi. Residenza nobile privata: non visitabile internamente.
Società
Evoluzione demografica
Abitanti censiti[4]

Geografia antropica
Pastorizia e allevamento
L'attività prevalente in epoca antica era la pastorizia e l'allevamento di cavalli. I Fassani facevano la transumanza e scendevano lungo la Val d'Ega fino a Bolzano dove avevano dei diritti di pascolo aviti sulle grave scoscese dell'Adige. Le stesse grave ora tenute a viti. L'imperatore d'Austria in un'ottica illuminista di razionalizzazione amministrativa e delle risorse fondiarie, atta anche alla ricapitalizzazione del tesoro dell'amministrazione centrale che si trovava svuotato a causa delle continue guerre, sopprimeva alla fine dell'800 i diritti feudali, con la conseguente confisca delle terre comuni e in uso consuetudinario in quanto considerate, spesso in maniera arbitraria, terre demaniali. Rimettendole sul mercato e facendole acquistare a nuovi ricchi signori che le pagavano bene. I Fassani, privati dei loro pascoli, si trovarono così a dover convertire l'allevamento da Ovino a Bovino, poiché le vacche più si adattavano a restare in stalla per periodi prolungati. Questo comportò anche alla conversione delle culture in valle, già poco redditizie, in campi per la fienagione necessaria in abbondanza per provvedere al mantenimento degli animali durante l'inverno. Questo comportò un successivo cambiamento anche nell'edilizia e nell'urbanistica. Un maggior numero di piccole baite sparse sui prati e nell'alpeggio, per l'essicazione del fieno al riparo dalle frequenti piogge e grandi fienili nei paesi per lo stoccaggio del fieno per l'inverno. Spesso ponti aerei permettevano l'accesso al fienile dalla stalla, sfruttando in parte la pendenza del terreno.
Frazioni
Nel comune esistono le frazioni di Monzon, Pera di Fassa e Ronch.
Monzon si trova a mezzacosta poco dopo Pera, ed è formato da un grosso maso e alcune baite, ora anche alcuno edifici di nuova edificazione.
Pera bell'abitato in zona pianeggiante sul terreno alluvionale dell'Avisio. Il paese prende il nome dalla grossa pietra al centro, un masso alto come una casa adagiato sul prato con alcune costruzioni addossate.
Economia
Artigianato
Per quanto riguarda l'artigianato, importante è la produzione di mobili e di oggetti in legno intagliato, impreziositi da pregevoli decorazioni artistiche raffiguranti temi tipici locali[5].
Turismo
L'economia della valle è basata sulla bellezza delle sue montagne e sul turismo .
Il turismo estivo è fatto di famiglie che cercano sui monti un po' di quella genuinità che nelle grandi città di pianura sta scomparendo.
L'aria buona, la gentilezza dei valligiani, i cibi genuini ed appetitosi, come il famoso formaggio d'alpeggio. Il pane, i dolci, ma qui e buona anche la carne e pure l'acqua.
Il poter rilassarsi in tranquille passeggiate, il potersi cimentare in arrampicate su per le rocce, raccogliere i frutti del bosco. Una serie di rifugi permettono gite di svariati giorni senza scendere a valle. Gli alberghi offrono i più moderni confort e servizi di livello eccellente affiancati ad un accoglienza familiare.
Il turismo in vernale è soprattutto legato all'attività sportiva sciistica. Discesa, piste di fondo e da pattinaggio su ghiaccio. Non mancano piscine, saune, terme, per ristorarsi a fine giornata.
Allevamento
Alcuni allevamenti di bovini, in estate trasferiti in alpeggio. Che forniscono la produzione di latte e formaggi. Anche alcune capre e animali da cortile.
Amministrazione
Galleria d'immagini
Note
- ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2015.
- ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
- ^ Fonte: ISTAT - Unità amministrative, variazioni territoriali e di nome dal 1861 al 2000 - ISBN 88-458-0574-3
- ^ Dati tratti da:
- Popolazione residente dei comuni. Censimenti dal 1861 al 1991 (PDF), su ebiblio.istat.it, ISTAT.
- Popolazione residente per territorio – serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.
Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno.
- ^ Atlante cartografico dell'artigianato, vol. 1, Roma, A.C.I., 1985, p. 15.
Bibliografia
- Vittorio Bassetti, Pozza di Fassa alla fine del Settecento. La gente, gli edifici, i beni fondiari, 1996.
- Vittorio Bassetti, Lo statuto secentesco della Regola di Pozza di Fassa, «Mondo Ladino», XXIII (1999), pp. 181–205.
- Vittorio Bassetti, Rendiconti di entrate e uscite della Regola di Pozza di Fassa (anni 1615-1617), «Mondo Ladino», XXV (2001), pp. 179–187.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Sito ufficiale Pozza di Fassa, su comunepozzadifassa.net.
- Info terme di Dolomia, su termedolomia.it.
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