Utente:Hilarité/Sandbox
L'antropologia cognitiva è una etnoscienza che si occupa dello studio di funzioni cognitive e introduce la conoscenza dei processi mentali di alcuni gruppi sociali o di intere popolazioni. Tale disciplina racchiude a sè altri settori, quali le neuroscienze, la psicologia, l'antropologia fisica e culturale[1]. L'antropologia cognitiva è nata dagli studi dell'etnologo tedesco Franz Boas dopo essersi stabilito negli Stati Uniti, nella seconda metà dell'Ottocento, dove fondò la scuola di linguistica antropologica. L'antropologo coltivava l'interesse di rilevare le abitudini e le tradizioni delle diverse culture, in particolare osservò attentamente gli Indiani d'America [1]. Essa si è sviluppata poi, nel corso della seconda metà del Novecento, con Lucien Lévy-Bruhl, il quale ha contribuito a definire essa come il mezzo fra comunicazione mentale e comunicazione linguistica tra culture distanti e differenti.
Evoluzione del sistema mentale
L'antropologia cognitiva definisce il termine cultura come un sistema di conoscenze, idee, valori e capacità che esiste nella mente di ogni essere umano; tali abilità si sono sviluppate principalmente sotto forma di strumenti, manufatti ed espressioni artistiche, rappresentando, così, i comportamenti mentali dell'uomo. Questa teoria è stata testimoniata circa due milioni e trecentomila anni fa quando l'Homo habilis ha manifestato alcuni atteggiamenti ambigui, come la fabbricazione dei primi utensili in pietra, per dimostrare appieno la capacità di concretizzare le proprie conoscenze culturali. Queste rappresentazioni culturali si sono manifestate nel momento in cui l'Homo habilis ha presentato un accrescimento del cervello in proporzione alla sua evoluzione fisica.
L'umanità ha raggiunto l'apice con nuove fasi evolutive, in merito all' Homo erectus, attraverso l'uso del fuoco per riscaldarsi e cuocere il cibo nelle grotte, e all' Homo sapiens per aver inventato la caccia. L'aumento dell'encefalizzazione portò anche altri vantaggi per l'uomo, quali lo sviluppo di sistemi comunicativi più articolati, come il linguaggio, la capacità di cooperare, quindi cacciare in gruppo e condividere le risorse di cibo e permise anche un maggiore sviluppo del centro primario di elaborazione delle informazioni sensoriali (lobo parietale) che favorì l'orientamento nello spazio (fondamentale per inseguire le prede).
Il tema dell'encefalizzazione è strettamente connesso anche con la comunicazione, la quale aiuta l'uomo a interagire con il resto della società, ma soprattutto si tende a far riferimento alla comunicazione interpersonale, ossia per confidare le innovazioni nate attraverso la curiosità dell'uomo di esplorare e conoscere ancor meglio il proprio ambiente e imparare sempre nuove strategie.
Nel 1952 Paul Donald MacLean, medico americano, specializzato nelle neuroscienze [2] promosse il termine sistema limbico per mettere in luce la funzione che esso svolge, ossia quella di autoconservazione, permette, quindi, la ricerca e l'acquisizione del cibo e l'abilità di rimanere a distanza da situazioni funeste e pericolose per l'uomo stesso. Il cervello limbico rappresenta una parte flessibile, in quanto permette all'uomo di potersi adattare a qualsiasi situazione e in qualsiasi ambiente si trovi. Il sistema limbico è impegnato a mantenere sotto controllo i comportamenti affettivo-emotivi dell'uomo; in tal modo tutte le informazioni e gli stimoli che provengono dall'ambiente intorno a sè, ma non solo, anche tutto ciò che proviene da quello interno, somatico, vengono regolati dalle emozioni.
Le emozioni
Che cos'è un'emozione? : è una risposta a determinati stimoli che produce sentimenti e particolari stati d'animo, come ad esempio l'aumento del battito cardiaco o della tensione muscolare. In generale si contano sei emozioni principali: felicità, sorpresa, paura, tristezza, rabbia, disgusto.
Le espressioni emozionali tendono a ricadere ed essere ben visibili sul volto dell'uomo, in quanto considerato il canale più importante per la comunicazione non verbale. A intraprendere questo studio fu Charles Darwin. Esse tendono a presentarsi ed essere più evidenti sulla parte sinistra del volto. Esistono otto espressioni per le sopracciglia e fronte, diciassette per gli occhi e quarantacinque per la parte inferiore del volto.
Le espressioni facciali sono fondamentali soprattutto negli animali, in quanto attraverso esse è possibile conoscere il loro stato d'animo, ma soprattutto era significativo per coloro che vivevano in gruppi sociali numerosi, che erano attivi nelle ore diurne (come i Macaca fascicularis) e avevano bisogno di cooperare tra loro e riprodursi. Al contrario, coloro che tendono a vivere nelle ore notturne non presentano alcune espressioni facciali. Nonostante ciò le emozioni hanno componenti innate nell'essere vivente, infatti ogni cultura esprime a modo proprio le diverse sensazioni ed emotività: un esempio sono gli animali, all'interno dei quali il loro patrimonio genetico impedisce loro di farsi sconfiggere grazie ai propri sistemi di difesa naturali e innati.
Le emozioni si presentano con frequenza diversa nelle femmine e nei maschi: la femmina sembra avere una maggiore predisposizione al sorriso, infatti presenta sul proprio volto più sensazioni positive, di felicità. Al contrario, l'uomo è predisposto a esternare principalmente emozioni negative, come la rabbia.
L'espressione di felicità è composta da diversi costituenti, in particolare: gli angoli della bocca, come gli zigomi sono tirati indietro, mentre le labbra si distanziano tra di loro; si formano delle pieghe all'esterno degli occhi e in tal modo essi tendono a socchiudersi. La sensazione di paura o tristezza si manifesta soprattutto nella zona degli occhi e della bocca; la sensazione di sorpresa è più evidente nella parte delle sopracciglia, fronte, occhi e bocca; quella di collera comprende tutte le parti.
Lévy-Bruhl e il concetto di "mentalità primitiva"
Lucien Lévy-Bruhl è nato a Parigi nel 1857 ed è morto nella sua città nel 1939. É stato un filosofo, antropologo ed etnologo[3]. Il filosofo è noto per aver messo a punto la teoria del prelogismo, ossia riguardo alla mentalità primitiva, come i primitivi pensano e vivono all'interno di una civiltà.
Secondo Lévy-Bruhl essi hanno un modo di ragionare e di riflettere molto diverso dall'uomo evoluto e civile, in quanto i primitivi hanno dentro sè un forte senso di collettivismo, di unione e di insieme; tendono a non contraddistinguere, ciò che, al contrario, l'uomo tende a fare. Alla base della loro esistenza vi è la legge di partecipazione: il loro stato mentale è dominato da un sentimento così impetuoso che trascina essi oltre i limiti dell'individualità, del singolo soggetto per imbattersi in qualcosa di più grande, ovverosia la collettività [3].
Non esiste, per i primitivi, alcuna nozione di identità, esperienza, soggettività.
Ogni individuo interpreta e considera a modo proprio il senso del mondo, maturando diversi punti di vista e differenti modi di pensiero nel rapporto con la realtà.
Bronisław Malinowski va contro la teoria dell'evoluzione intraprendendo e sostenendo l'osservazione partecipante, ossia un metodo diretto per conoscere e studiare personalmente, sul territorio interessato, le abitudine e le tradizioni di una popolazione [4]
Note
- ^ a b Antropologia cognitiva, su treccani.it. URL consultato il 15 maggio 2017.
- ^ Paul MacLean, su nytimes.com. URL consultato il 16 maggio 2017.
- ^ a b L. Lévy-Bruhl, su treccani.it. URL consultato il 17 maggio 2017.
- ^ Osservazione partecipante, su treccani.it. URL consultato il 17 maggio 2017.
- ^ Tramonti, Francesca Romana, e, Riccardo Maria, 2010, Appunti di antropologia cognitiva, Cersosimo. Testo " Edizioni Altravista " ignorato (aiuto); Testo " Milano" ignorato (aiuto)
- ^ Mancini Silvia, Da Léevy-Bruhl all'antropologia cognitiva, Bari, Edizioni Dedalo, 1989.