Martiri claretiani di Barbastro

cinquantuno persone seviziate e uccise da miliziani anarchici nel 1936 all'inizio della guerra civile spagnola

I Martiri Clarettiani di Barbastro furono cinquantuno persone, per la maggior parte giovani studenti del locale seminario Clarettiano, seviziati e uccisi da miliziani anarchici fedeli al governo repubblicano, guidato dal Fronte Popolare di ispirazione marxista. L'eccidio si svolse all'inizio della Guerra civile spagnola nel città aragonese di Barbastro, in Spagna.[1] Sono stati beatificati da papa Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1992.

Localizzazione geografica di Barbastro.

Il contesto

 
In blu e in rosso le aree controllate dai nazionalisti e dai repubblicani nel luglio 1936

I Missionari figli del Cuore Immacolato di Maria sono una congregazione fondata da Antonio María Claret y Clará (1807-1870) nel 1849 per la predicazione delle missioni popolari. Le prime comunità dei Missionari del Cuore di Maria che si sono formate in Aragona erano situate nelle città di Jaca e di Huesca, ma vennero presto sciolte. Risale al 1876 la fondazione di una nuova comunità nella città di Barbastro. I missionari si installarono in un antico palazzo, nel quartiere di sant'Ippolito.[2] La diocesi di Barbastro era relativamente piccola, nel 1936 contava meno di 40.000 abitanti. La popolazione era distribuita in circa 150 parrocchie, sparse in villaggi rurali. Allo scoppio della guerra civile aveva circa 140 sacerdoti diocesani e 21 seminaristi. Il vescovo era Florentino Asensio Barroso. Gli eventi si svolsero nei primi drammatici giorni della guerra civile spagnola, e furono preceduti da anni di conflitti sociali e di odio popolare nei confronti della chiesa, che sfociarono in aperta persecuzione nei mesi immediatamente successivi all'inizio della guerra. La città di Barbastro si trovava a ridosso della linea del fronte, in una posizione strategica a poca distanza da Huesca. Barbastro era una roccaforte importante perché punto di passaggio tra Barcellona e Saragozza e disponeva quindi di un importante presidio militare, a cui si aggiunsero in quei giorni numerosi miliziani che procedevano verso il fronte con l'intenzione di conquistare la città di Saragozza.[3]

Gli eventi

Il giorno del colpo di stato militare, il 18 luglio 1936, in città si viveva una palpabile tensione. Il comandante della guarnigione, il colonnello Jose Villalba Rubio, aveva comunicato che le truppe erano in attesa e pronte a rispondere ad eventuali attacchi.

Alle ore 17,30 del 20 luglio del 1936, una sessantina di miliziani anarchici armati entrarono nel seminario dove si trovavano 9 sacerdoti, 12 fratelli e 39 studenti. Perquisirono minuziosamente l'edificio, ma benché non fossero state trovate armi, arrestarono i superiori, padre Filippo di Gesù Munárriz Azcona, padre Leonzio Pérez Ramos e padre Giovanni Díaz Nosti, e li condussero in municipio, alcuni anziani e malati vennero trasportati in ospedale, mentre il resto delle persone venne condotto nel salone degli degli atti accademici del collegio degli Scolopi, adiacente al municipio, che sarebbe diventato una prigione di fortuna. I carcerieri cercarono in ogni modo l'apostasia dei giovani seminaristi, proposero loro di togliere la veste e di unirsi alle milizie per raggiungere il fronte, ma nessuno accettò. Nel corso della prigionia, i giovani hanno lasciato le loro testimonianze su sedie, tavoli, pareti e perfino carta per alimenti.

Da quel salone i Clarettiani uscirono in quattro gruppi, legati con le mani dietro la schiena per essere trasportati in camion sul luogo della fucilazione. Dopo averli fatti scendere dai camion, li mettevano in fila, il primo gruppo al cimitero, di fronte alla fossa aperta, gli altri sul ciglio della strada che conduceva a Berbegal.

Li uccisero mitragliandoli, e dando loro il colpo di grazia con la rivoltella, tra la mezzanotte e le 4 del mattino alla luce dei fari dei camion, senza la presenza di testimoni. Venivano quindi seppelliti in fosse comuni.

Dei semplici monumenti ricordano oggi i luoghi del martirio. Le loro spoglie riposano nella cripta del museo eretto dai Clarettiani nel luogo che fu il loro seminario.[4]

Elenco dei nomi

Martirizzati il 2 agosto 1936

Martirizzati il 12 agosto 1936

Martirizzati il 13 agosto 1936

Martirizzati il 15 agosto 1936

Martirizzati il 18 agosto 1936

Testimonianze

Due seminaristi di nazionalità argentina, Attilio Cecilio Parussini Sof e Paolo Hall Fritz, vennero liberati alcuni giorni prima della fucilazione.

Nonostante la loro nazionalità straniera, essi sono stati imprigionati con gli altri e hanno vissuto le stesse sevizie dei loro confratelli. All'alba del 13 agosto furono condotti alla stazione ferroviaria, da dove partirono per Barcellona. Qui furono espulsi dal paese e imbarcati per l'Italia. Una volta raggiunta la casa madre dei Clarettiani di Roma, hanno riportato per iscritto i fatti di Barbastro, esponendo con serenità quei tragici eventi.

Fino a poco prima della liberazione erano convinti che avrebbero dovuto affrontare la stessa sorte dei loro compagni martirizzati il 2, il 12 e 13 agosto. In una lettera scritta ai genitori, Parussini testimonia le violenze subite e l'eroicità dei religiosi nell'affrontare la morte:[5]

«...Ogni giorno, al mattino e alla sera, ci disponevano su due file, ci contavano e perquisivano il salone. All'esterno sentivamo molto rumore e vedevamo le bandiere comuniste ovunque. Più di quattro volte abbiamo ricevuto l'assoluzione generale pensando fossimo prossimi alla morte.

Un giorno siamo stati più di un'ora fermi, senza fiatare, in attesa della scarica che ci avrebbe uccisi. Che orrore! Ogni minuto diventa interminabile e si desidera che tutto finisca in quel momento per non protrarre quell'agonia, ma non termina se non con una bestemmia e una risata beffarda delle guardie...»

«...Quasi ogni giorno ci dicevano: "questa sera ... o domani ... vi passeremo per le armi." Ci chiamavano assassini, traditori ... che stavano per ucciderci perché non dessimo i voti, perché portavamo la veste talare ... che se decidessimo di toglierla per arruolarci avrebbero risparmiato le nostre vite ..., ecc, e mille altri insulti e volgarità che si possono trovare solo nella bocca di un indemoniato; e questo, vi dico, era il ritornello di ogni giorno.»

Paolo Hall Fritz giunto a Roma, riporta alcuni momenti della prigionia:

«...La mattina del 13 agosto, dopo che avevano condotto fuori dal salone un gruppo dei nostri compagni, tornarono a dirci che i prossimi saremmo stati noi...

...Pregavamo per i nostri fratelli, chiedendo per tutti il ​​sacro dono della perseveranza fino alla fine, così come avevamo fatto per il gruppo che li aveva preceduti la sera prima. Iniziammo a pregare recitando il rosario, meditando i misteri del dolore. Quando udimmo gli spari di mitraglia e poi di rivoltella, abbiamo continuato con i misteri gloriosi...»

La lettera di addio

La sera del 13 agosto i detenuti rimasti ricevettero la notizia che sarebbero stati fucilati quella stessa notte. Uno di essi, Faustino Pérez García, scrisse a nome di tutti la seguente lettera di addio. È scritta su un involucro per il cioccolato ed è stata firmata dagli altri seminaristi. Ognuno aggiunse il proprio ultimo desiderio spirituale.

«Amata Congregazione: l'altro ieri, giorno 11, sono morti con la generosità con cui muoiono i martiri 6 dei nostri fratelli; oggi, giorno 13, hanno guadagnato la palma della vittoria 20 di loro, e domani, giorno 14, speriamo di morire noi, i 21 rimasti. Gloria a Dio! Gloria a Dio!

Come nobilmente ed eroicamente si comportano i tuoi figli, Congregazione amata! Passiamo il giorno incoraggiandoci al martirio, e pregando per i nostri nemici e per l’Istituto. Quando giunge il momento in cui designano le vittime, v’è in tutti noi santa serenità e il desiderio che sia scandito il nostro nome, per fare un passo avanti e collocarci nella fila degli eletti. Aspettiamo il momento con generosa impazienza e quando giunge, abbiamo visto alcuni di noi baciare le corde con cui li legavano, altri esprimersi con parole di perdono nei riguardi della torma armata. Quando procedono sulla strada verso il cimitero, li abbiamo sentiti gridare: “Viva Cristo Re!”. Il popolo risponde rabbiosamente: “A morte! A morte!”; ma non intimidisce nessuno. Sono i tuoi figli, amata Congregazione, che, tra pistole e fucili, osano gridare serenamente: “Viva Cristo Re!”.

Domani toccherà a noi. E ci siamo dati la consegna di acclamare sia pure fra gli spari al Cuore di Maria, a Cristo Re, alla Chiesa Cattolica, e a Te, Madre comune di tutti noi. I miei compagni mi hanno chiesto che sia io ad iniziare gli Evviva. Essi risponderanno. Griderò con tutta la forza dei miei polmoni e nel nostro grido entusiasta indovina tu, Congregazione amata, l’amore che ti portiamo, giacché ti portiamo nel nostro ricordo fino a queste regioni di dolore e di morte.

Moriamo tutti felici, senza che nessuno avverta dubbi o cedimenti. Moriamo tutti pregando il Signore perché il sangue che cade dalle nostre ferite non sia sangue di vendetta, ma sangue che penetrando rosso e vivo nelle tue vene, stimoli il tuo sviluppo e la tua espansione nel mondo intero. Amata Congregazione, addio. I tuoi figli, i Martiri di Barbastro, ti salutano dalla prigione e ti offrono le dolorose pene in olocausto espiatorio per le nostre mancanze e a testimonianza del nostro amore fedele, generoso e perpetuo.

I Martiri di domani, 14, muoiono ai Vespri dell’Assunzione! Essi lo sanno! E che ricordo! Moriamo perché portiamo la tonaca, e moriamo esattamente il giorno stesso in cui ce ne fecero dono.

I Martiri di Barbastro e, a nome di tutti, l’ultimo e il più indegno,

Faustino Pérez C.M.F.

Viva Cristo Re! Viva il Cuore di Maria! Viva la Congregazione! Addio, amato Istituto. Andiamo in cielo a pregare per te. Addio! Addio!”.»

I due studenti di nazionalità argentina riuscirono a portarla con sé, ed è oggi conservata nel museo.

La devozione

La beatificazione avvenne a Roma, ad opera di Giovanni Paolo II, il 25 ottobre 1992. La Chiesa Cattolica celebra la loro festa liturgica il 13 agosto. Durante l'omelia il papa ha detto:[6]

«...E' tutto un seminario che affronta con generosità e coraggio la propria offerta del martirio al Signore. L'integrità spirituale e morale di questi giovani ci è giunta attraverso testimoni oculari e anche attraverso i loro scritti. A questo proposito sono molto eloquenti le testimonianze personali che i giovani seminaristi ci hanno lasciato. Uno di loro ha scritto alla sua famiglia dicendo: "Ricevendo queste righe cantate al Signore per il grande e dono che mi ha concesso". Un altro ha scritto: "Viva il Cuore Immacolato di Maria! Ci fucilano solo per essere religiosi" e aggiunge nella sua lingua madre: " Non piangete per me. Sono martire di Gesù Cristo"...»

Nel 2013 è uscito un film sulla vicenda intitolato Un Dios prohibido per la regia di Pablo Moreno.[7]

Note

  1. ^ Pagina del sito dei Clarettiani, su claret.org. URL consultato il 15/12/2016.
  2. ^ Pagina del sito dei martiri clarettiani, su martiresdebarbastro.org. URL consultato il 27/12/2016.
  3. ^ (ES) Los otros Mártires de Barbastro, su martiresdebarbastro.org. URL consultato il 27/12/2016.
  4. ^ (ES) Visita virtuale, su martiresdebarbastro.org. URL consultato il 31/12/2016.
  5. ^ (ES) Dos testigos excepcionales, su martiresdebarbastro.org. URL consultato il 30/12/2016.
  6. ^ dall'omelia del 25 ottobre 1992, su w2.vatican.va. URL consultato il 31/12/2016.
  7. ^ (EN) sito imdb, su imdb.com. URL consultato il 31/12/2016.

Bibliografia

  • (ES) Gabriel Campo Villegas, Esta es nuestra sangre, Madrid, Publicaciones claretianas, 1990, ISBN 8-48-642571-9.
  • Tullio Vinci, Martiri clarettiani a Barbastro, Roma, Postulazione generale C.M.F, 1992.
  • Francesco Husu, Una legione decimata, Roma, Publicazioni clarettiane, 1992.

Voci correlate

Altri progetti


Collegamenti esterni

Beati Martiri Spagnoli Clarettiani di Barbastro, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it. URL consultato il 25 settembre 2016.