Filatoio Rosso di Caraglio

Edificio storico situato a Caraglio, paese della provincia di Cuneo.

Il Filatoio Rosso di Caraglio è un edificio storico situato alla periferia di Caraglio, paese della provincia di Cuneo.

Filatoio Rosso di Caraglio
Museo del Setificio Piemontese
Ubicazione
StatoItalia (bandiera) Italia
LocalitàCaraglio (CN)
Indirizzovia Matteotti, 40
Coordinate44°25′30.27″N 7°25′39.8″E
Caratteristiche
Tipostorico, artistico, tecnologico
Apertura2000
Visitatori9 913 (2022)
Sito web

Dopo anni di abbandono e di degrado dal 1999 è stato acquisito dal Comune di Caraglio[1] e, dopo un lungo e attento restauro, è stato completamente recuperato per ospitare il Museo del Setificio Piemontese con macchinari ricostruiti fedelmente ed eventi culturali di riferimento per il territorio.

Storia

Il complesso del filatoio nacque dall’intraprendenza del conte Giovanni Girolamo Galleani che, trasferitosi da Bologna nel Ducato di Savoia, nel 1676 importò i macchinari tessili ed ebbe il desiderio di costruire un «palazzo per farne un filatore da seta». La costruzione, terminata in soli due anni, interessò un vasto lotto edificando un complesso di edifici turriti circondato da mura di cinta, con due ampie corti interne dove trovavano luogo anche gli appartamenti padronali della famiglia Galleani.[2]

La scelta di insediare uno stabilimento produttivo sul territorio di Caraglio fu motivato da tre elementi fondamentali: la materia prima, ovvero la possibilità di coltivare gelseti nelle campagne circostanti, il fattore umano rappresentato da maestranze qualificate e la preziosa presenza dell’acqua, individuata nella sorgente Celleri a poca distanza e per cui venne realizzato «con grande spesa e su autorizzazione ducale» l’apposito canale retrostante per alimentare i mulini interni del filatoio.[3]

Il filatoio avviò la sua produzione nel 1678 e si può considerare un vero e proprio archetipo di fabbrica, capostipite di una serie di altre filande sorte successivamente in numerosi comuni del cuneese: Alba, Bene Vagienna, Boves, Busca, Carrù, Cavallerleone, Govone, Manta, Mondovì, Monesiglio, Racconigi, Revello, Villanovetta e la stessa Cuneo. Lo stabilimento di Caraglio, grazie all’energia idraulica di ben cinque mulini che azionavano i macchinari, ospitò tutta la filiera produttiva: dalla coltivazione del baco da seta alla realizzazione del prodotto finito, garantendo lavoro a circa trecento persone, in gran parte donne giovanissime. Esso si specializzò nella produzione dell’«organzino piemontese», un pregevole filato grezzo di seta particolarmente apprezzato in Francia,[4] meta di gran parte delle esportazioni, per realizzare l’ordito di pregiati tessuti destinati all’aristocrazia.[5]

Nel 1857 la famiglia Galleani vendette il filatoio a seguito di una prima crisi dovuta all’epidemia di pebrina che colpì le coltivazioni dei bachi da seta in tutta Europa e che spinse alla ricerca di nuovi bozzoli dall’Estremo Oriente.[6] La produzione, seppur con costi differenti dovuti all’importazione, proseguì fino alla metà degli anni trenta del Novecento, anno in cui il filatoio cessò definitivamente l’attività, decisione resasi necessaria anche a seguito alla politica di autarchìa imposta dal regime fascista che promosse la produzione di filati alternativi come la viscosa e il fustagno, derivato dal cotone coltivato nelle colonie italiane dell’Africa.[7]

Da allora il filatoio vide un declino inesorabile che culminò con la trasformazione in caserma militare durante il periodo bellico della seconda guerra mondiale e che lo vide anche bersaglio di bombardamenti che lo danneggiarono, distruggendo una delle sei torri perimetrali.[8]

Malgrado i decenni di abbandono nel 1993 il Consiglio d’Europa ha insignito il filatoio come «il più insigne monumento storico-culturale di archeologia industriale in Piemonte» e nel 1999 l’intero complesso è stato acquistato dal Comune di Caraglio con l’intento di recuperarlo. Grazie al sostegno economico della Regione Piemonte, degli istituti di credito, della Compagnia di San Paolo e della Fondazione Cassa di Risparmio, il Filatoio Rosso di Caraglio è stato completamente ristrutturato diventando il più antico setificio rimasto in Europa e tra i pochi in Italia a essere stato completamente recuperato con finalità museali; esso è sede della ‘’Fondazione Artea’’ che promuove eventi culturali di riferimento per il territorio e ospita il Museo del Setificio Piemontese, che vanta un completo corredo di fedeli riproduzioni di macchinari in legno ricostruiti sulla base di fonti documentarie conservate negli archivi storici di Cuneo e di Torino.[9]

Caratteristiche

Il complesso edilizio è caratterizzato da un omogeneo insieme di volumi caratterizzati da prospetti intonacati in tinte chiare affacciati su due ampi cortili interni e con cinque torri circolari perimetrali che ospitano un vano scale ciascuna; originariamente erano sei ma una fu distrutta a seguito dei bombardamenti della seconda guerra mondiale quando l’intero edificio fu adibito a caserma militare. Il corpo di facciata è arricchito da una coppia torri con loggia e una balaustra sommitale sormontata da anfore, dettaglio che denota la derivazione nobile del committente originario e fa presumere che l’autore del progetto potesse provenire con tutta probabilità dalla corte ducale, senza escludere il contributo dell’architetto Amedeo di Castellamonte[10] che Giovanni Girolamo Galleani conobbe durante la coeva realizzazione del setificio di Venaria Reale, il primo stabilimento tessile del Ducato di Savoia voluto dal duca Carlo Emanuele II.[11]

Il primo piano del volume laterale destro dell’edificio ospitava originariamente gli uffici dell’amministrazione e gli appartamenti padronali abbelliti da stucchi e marmorino graffito; l’ala sinistra ospitava invece i locali adibiti alla produzione con i macchinari per la lavorazione della seta, ovvero: le «macchine per la trattura», le linee con le «macchine per l’incanalatura», le cinque «macchine per la torcitura» e quelle per la «binatura». Il piano terra invece ospitava i cinque mulini ad acqua che azionavano tutti i macchinari dell’opificio. Ulteriori tettoie, locali tecnici e magazzini erano posti nella parte retrostante dell’edificio, posti attorno alla seconda corte interna.

L’intero complesso è stato completamente risanato e recuperato nel corso del primo decennio degli anni duemila e, a completamento dell’opera di completo recupero, sono stati ricostruiti fedelmente anche tutti gli ingranaggi, le ruote dei mulini, gli alberi di trasmissione e i macchinari citati utilizzando le essenze di legno necessarie come abete e rovere.[12]

Note

Annotazioni


Fonti

  1. ^ P. Chierici (a cura di), 2007, pp. 37-45.
  2. ^ P. Chierici, 2004, pp. 189-206.
  3. ^ P. Chierici, 2004, pp. 189-206.
  4. ^ Secondo quanto annotavano i mercanti inglesi Lewis e Loubière nel Settecento, «la più raffinata seta prodotta in Europa».
  5. ^ P. Chierici, 2004, pp. 190-206.
  6. ^ C. Zanier, 2006.
  7. ^ P. Chierici, 2004, pp. 189-206.
  8. ^ P. Chierici (a cura di), 2007, pp. 37-45.
  9. ^ P. Chierici (a cura di), 2007, pp. 37-45.
  10. ^ P. Chierici (a cura di), 2007, pp. 37-45.
  11. ^ P. Chierici (a cura di), 2007, pp. 37-45.
  12. ^ P. Chierici (a cura di), 2007, pp. 37-45.

Bibliografia

  • no ISBN P. Chierici (a cura di), Un filo di seta. Le fabbriche magnifiche in provincia di Cuneo, Cuneo, Edizioni Nerosubianco, 2007.
  • no ISBN L. Molà Reinhold, C. Müller, C. Zanier, La seta in Italia da Medioevo al Seicento, Venezia, 2000.
  • no ISBN C. Zanier, Semai, setaioli italiani in Giappone (1861 - 1880), Padova, 2006.
  • no ISBN P. Chierici (a cura di), Fabbriche, opifici, testimonianze del lavoro: storia e fonti materiali per un censimento in provincia di Cuneo, Torino, 2004.
  • no ISBN V. Comoli Mandracci, L’architettura popolare in Italia, Roma, Bari, 1988.

Voci correlate

Collegamenti esterni

  • [1] Sito ufficiale del Filatoio di Caraglio


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