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L’indissolubilità della correlazione fra musica e religione è dovuta, alla fortissima valenza simbolica attribuita, da sempre, al suono inteso originariamente nel senso strettamente fonetico del termine. Suoni e parole diventano quindi simboli (dal greco súmbolon ovvero “unire”) in grado di mettere in contatto immanente con trascendente, in grado soprattutto di superare il concetto noumenico che prevede l’inevitabile rottura tra ciò che esiste, nella totalità dell’essenza, e ciò che si conosce.

La musica in più rispetto al suono, possiede la ricerca dell’equilibrio e di conseguenza della bellezza intesa in termini assoluti. La musica è quindi bellezza divina, la musica è Tob parola che sintetizza i concetti di bellezza assoluta in senso estetico e bontà assoluta in senso morale (dall’ebraico Tob-jah ovvero Dio di bontà e bellezza). La bellezza della musica gode inoltre della “incorruttibilità” estetica nella dimensione temporale proprio come la divinità, e come la divinità può influenzare invisibilmente la vita di ogni uomo. Il musica inoltre è energia e quindi simbolo di vita essa è esclusivamente in continuo divenire.

La musica rinchiude i tre elementi fondamentali dell’esistenza umana che sono: la fisicità, rappresentata dal ritmo ovvero la pulsazione intesa come battito cardiaco, ma anche come pulsione istintuale; la spiritualità, rappresentata dall’aspetto melodico inteso come anelito (dal latino anhelitus respiro frequente e vivo desiderio) verso il trascendente e il divino e come tensione attraverso lo spazio - tempo; l’aspetto armonico si può invece intendere come la ratio nella percezione del rapporto di equilibrio fra più elementi, ma il concetto di armonia si può anche estendere al senso pitagorico dell’ armonia delle sfere in cui la musica, nei suoi rapporti armonici, è la proiezione diretta di ogni elemento del cosmo uomo compreso.

Premessa storica

Nelle civiltà preistoriche il suono dei tamburi era molto di più di un semplice mezzo di comunicazione, esso si trasformava in mera forma di preghiera simboleggiando lo spirito “che si perde” nell’immenso, spesso lo spirito/musica era accompagnato da danze in onore delle divinità in cui la bellezza era simboleggiata dal movimento.

Fin dall’antichità musica e religione rappresentano quindi un binomio inscindibile, in modo particolare nell’antica civiltà cinese la musica era l’unica arte capace di educare i giovani alla spiritualità, misticismo e musica erano considerati sinonimi, e proprio nella musica stava il segreto del perfetto equilibrio cosmologico tra cielo, terra e mare. Tutto questo spiega il perché della tipica lentezza esecutiva della musica della Cina antica in cui ogni suono ha un ruolo nel tempo e nello spazio, non esiste fraseologia musicale, ma concatenazioni di suoni indipendenti su cui fermarsi a meditare.

Per gli antichi greci la musica era “la cura dell’anima”, ogni particolare “tonalità” musicale era in grado, secondo le teorie del tempo, di scaturire una particolare “suggestione psichica”. In questa teoria denominata dell’ ethos ( energia “che affascina”) ogni “suggestione” creata dalla musica poteva recare miglioramento a determinate carenze dello spirito della mente e persino del corpo.

 
Il mantra fondamentale per l'induismo "Aum"

Anche la musica indiana, sia karnatica (del sud dell’India) che indostana (del nord dell’India) è considerata di derivazione divina, essa infatti deriverebbe direttamente dalla trimurti (Krishna Shiva e Vishnu) la quale ne avrebbe insegnato regole e dettami ai musicisti ai quali a loro volta spetta il compito di intervenire sui nove sentimenti che, secondo la musica indiana, l’essere umano è in grado di provare. Nascono in questo modo i raga ovvero combinazioni di stilemi melodici detti swara, ogni raga inoltre produce uno swaroopam ovvero una “suggestione psichica” particolare con influenze specifiche all’interno della natura umana.

Molto si potrebbe poi dire sui mantra, ovvero quei suoni in grado di liberare la mente umana dai pensieri presenti sia nell’induismo che nel buddhismo.

Nell’Islam, tra il VI e il VII secolo, grande importanza ha avuto, e ha tuttora, il movimento esoterico spirituale del tasawuf o sufismo. Questo movimento costitutito su concetti folosofici che potremmo definire “dialogali”, vede nella musica e nella danza il mezzo più adeguato per l’incontro con Dio (dhikr). Attraverso l’ascolto (sama), si compie infatti un cammino tra gli equilibri del cosmo si suona e si danza guidati dal “sacerdote” chiamato shaykh.

Voci correlate

  • La musica e il cristianesimo
  • La musica nell'islam
  • La musica nell'induismo
  • La musica nel taoismo
  • musica liturgica

    Riferimenti bibliografici

    Simbolo mancante (man)