Ippolito de' Medici

cardinale e arcivescovo cattolico italiano

Ippolito di Giuliano de' Medici (Urbino, 1511Itri, 10 agosto 1535) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano.

Ippolito de' Medici
cardinale di Santa Romana Chiesa
Ritratto di Ippolito de' Medici, Tiziano, 1532/1534.
Inter omnes[1]
 
TitoloCardinale prete di San Lorenzo in Damaso
Incarichi ricopertiArcivescovo di Avignone
Card. prete di Santa Prassede
Amministratore apostolico:
- Diocesi di Casale Monferrato
- Arcidiocesi di Monreale
- Arcidiocesi di Lecce
 
Nascita1511, Firenze
Creazione a cardinale10 gennaio 1529[2]
Morte10 agosto 1535

Biografia

Figlio illegittimo di Giuliano Duca di Nemours e una certa Pacifica Brandani, Ippolito de' Medici aveva cinque anni quando il padre morì prematuramente (1516). Fu allora accolto dai parenti in particolare dallo zio Papa Leone X e poi dal cardinale Giulio de' Medici, che lo avviò alla carriera ecclesiastica.

Fu di fatto signore della città in vece dello zio Giulio, quando questi divenne papa Clemente VII, assieme al cardinale Silvio Passerini ed all'odiato rivale Alessandro de' Medici (1523-1527).

 
Ritratto del cardinale Ippolito de' Medici, di Cristofano dell'Altissimo.

Quando i lanzichenecchi di Carlo V espugnarono Roma con il famoso Sacco, tutta la famiglia scappò dalla città nella cosiddetta "seconda cacciata dei Medici". Quando Clemente VII ristabilì la pace con l'Imperatore, ebbe l'aiuto per riprendere la città di Firenze, con l'assedio del 1529-30, dopo il quale fu messo a capo della città il duca Alessandro de' Medici. Ippolito sperava di essere scelto lui al posto dell'odiato cugino Alessandro, suo rivale, mentre fu invece allontanato da Firenze, prima come arcivescovo di Avignone, finché papa Clemente VII come compensazione non lo creò cardinale nel 1529, appena diciottenne con il titolo di Santa Prassede (mutato il 3 luglio 1532 con quello di San Lorenzo in Damaso) e creandolo vescovo di Avignone.

Fu cardinale legato in Umbria (dal 1529), amministratore delle diocesi di Monreale, Casale e Lecce.

Nel giugno 1532 il papa lo nomino vice-cancelliere e lo inviò come nunzio presso l'imperatore Carlo V, con destinazione Ratisbona. Appassionato più di guerra che di religione, prese parte attiva alla difesa di Vienna dagli assalti dell'esercito ottomano: nel celebre ritratto che ne fece Tiziano è ritratto con la veste guerresca all'ungherese piuttosto che con la porpora cardinalizia.

Rientrò a Roma già nel febbraio del 1533. Esuberante, irrequieto e ambizioso, Ippolito era bello d'aspetto e ricco d'ingegno e di cultura; nella sua residenza romana di Campo Marzio si circondò di poeti, eruditi, artisti, musici, ma anche "de bravi et sbricchi"; fu lui stesso autore di testi poetici e tradusse in versi sciolti il II libro dell'Eneide, che dedicò all'amica Giulia Gonzaga, dei principi di Sabbioneta.

Nel 1535 fu inviato dai fiorentini come ambasciatore dall'imperatore Carlo V, per denunciare i gravi abusi perpetrati dal duca Alessandro[3], ma morì appena ventiquattrenne di malaria durante il viaggio, anche se si sparse subito la voce di un avvelenamento ordito da Alessandro. Fu sepolto nella chiesa di San Lorenzo in Damaso a Roma.

Il suo pregevole ritratto di Tiziano è conservato alla Galleria palatina di Palazzo Pitti a Firenze.

Discendenza

Da Giulia Gonzaga di Sabbioneta, da poco vedova di Vespasiano Colonna, conte di Fondi, avrebbe avuto un figlio illegittimo:

Note

  1. ^ Mario Castagna, Stemmi e vicende di casate mantovane, Montichari, 2002.
  2. ^ Crato cardinale da papa Clemente VII
  3. ^ Cfr. Rinascimento: LI, 2011, p. 244 (Firenze : L.S. Olschki, 2011).

Bibliografia

  • Mario Castagna, Stemmi e vicende di casate mantovane, Montichari, 2002. ISBN non esistente

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