Scuola italiana di geometria algebrica

gruppo di matematici italiani attivi tra il 1885 e il 1935

Da un punto di vista storico, sotto il nome di Scuola italiana di geometria algebrica si raccoglie un nutrito gruppo di validi matematici italiani del XIX e XX secolo che, col loro vasto e consistente lavoro di studio e di ricerca, portò l'Italia ai più alti livelli in molti settori della geometria algebrica, soprattutto in geometria birazionale e la teoria delle superfici algebriche, con risultati originali di prim'ordine.

La nascita della scuola e il relativo contesto storico

Capiscuola furono soprattutto Guido Castelnuovo, Federigo Enriques e Francesco Severi, che, con il loro originale stile di insegnamento, gli efficaci metodi di studio e le innovative strategie di approccio alle questioni di ricerca, contribuirono sia a dare i maggiori risultati che a guidare ed indirizzare gli altri discepoli, alcuni dei quali provenienti dall'estero (fra di loro, Oscar Zariski e André Weil). Sulla base dell'opera svolta da questi studiosi, a partire dalla seconda metà dello scorso secolo, iniziò ad affermarsi una nuova impostazione teorica della geometria algebrica, soprattutto assiomatica, da parte sia della scuola americana (Oscar Zariski, Solomon Lefschetz, David Mumford ed altri) che di quella francese (André Weil, Alexander Grothendieck, Jean-Pierre Serre ed altri) che inizialmente sembravano criticare nel rigore della trattazione l'opera della scuola italiana, più improntata a dar precedenza all'intuizione che alla formalizzazione. Solo recentemente, però, soprattutto ad opera di David Mumford, si è rivalutata l'importanza innovativa del lavoro della scuola italiana, che fornì le basi intuitive su cui si basarono molte delle successive formalizzazioni della teoria. Passiamo a delineare brevemente la storia di questa scuola, relativamente al contesto storico in cui nacque e si sviluppò.

Dopo l'introduzione delle geometrie non euclidee, conseguente alla crisi sui fondamenti della matematica e i suoi metodi logici, due furono i principali indirizzi della geometria, quello algebrico e quello topologico-differenziale.[1] La geometria algebrica moderna nasce fondamentalmente con l'opera di Riemann,[2] che pone le basi per lo studio di quelle proprietà geometriche che sono invarianti per trasformazioni più generali di quelle proiettive, per cui, nei suoi lavori, si trova, in nuce, quello che sarà uno dei problemi centrali della geometria algebrica,[3] ovvero quello della classificazione (dei vari enti geometrici in studio), la cui conseguente problematica si chiarificherà grazie al programma di Erlangen di Felix Klein.[4]

Da questo momento in poi, lo sviluppo della geometria algebrica sarà, in gran parte, contraddistinto dalla dicotomia "intuizione/rigore", rispetto a cui la scuola italiana avrà una sua propria concezione del rigore matematico, alquanto distinta da quella assunta dalla successiva scuola dei cosiddetti "algebrizzatori", che annovererà, fra i tanti, Hilbert, Zariski, André Weil, Serre, Grothendieck. Ma, andando ancora più a ritroso, fu dai lavori della scuola francese (in particolare, quelli di Gaspare Monge, Charles Julien Brianchon, Michel Chasles e Jean Victor Poncelet) e di quella tedesca (da parte di August Ferdinand Moebius, Julius Plücker, Karl George Christian von Staudt, Jakob Steiner e Hermann Günther Grassmann) in geometria proiettiva, che ebbe inizio quella nuova trattazione degli enti geometrici – soprattutto, coniche e quadriche nello spazio tridimensionale – caratterizzata dall'uso dei metodi e dei concetti della geometria proiettiva, che darà luogo alla teoria algebrica delle curve e delle superfici cui poi contribuiranno Joseph-Louis Lagrange, Carl Friedrich Gauss e George Boole.[5]

Questa eredità fu, dalla seconda metà dell'Ottocento, acquisita sia da Riemann, come già menzionato, che da Luigi Cremona, il fondatore della scuola italiana di geometria algebrica, a cui si deve il merito di aver utilizzato, in modo mirato e sistematico, tecniche algebriche efficienti nello studio della geometria proiettiva e dei suoi enti, introducendo, per la prima volta, i nuovi metodi della teoria algebrica degli invarianti e delle forme algebriche aperta da Boole, James Joseph Sylvester, Arthur Cayley, Siegfried Heinrich Aronhold, Alfred Clebsch, Paul Gordan e Charles Hermite. Ma il principale merito di Cremona fu quello di aver introdotto e studiato, intorno al 1860, sulla base di esempi particolari introdotti da Poncelet, Plücker e Steiner, la nozione formale generale di trasformazione birazionale (poi denominata, in suo onore, trasformazione cremoniana), ovverosia una trasformazione (funzionale) esprimibile, in coordinate cartesiane, mediante funzioni razionali, e che ha, in generale, l'inversa con la stessa proprietà.[6]

Per mezzo della nozione di trasformazione birazionale, fu possibile stabilire le prime classificazioni delle varietà algebriche – i nuovi enti della geometria algebrica – sulla base delle proprietà formali delle trasformazioni cremoniane a cui sono soggette e le relative singolarità che queste, in generale, posseggono in quanto funzioni razionali. Ma, da un punto di vista storico, è da ricordare il ruolo fondamentale svolto dai lavori di Riemann sugli integrali abeliani nel pervenire alla nozione generale di trasformazione birazionale da parte di Cremona, lavori che furono comunque condotti, da parte di Riemann, con metodi analitici, sulla base dei precedenti lavori di Giulio Fagnano, Leonhard Euler, Carl Jacobi e Niels Henrik Abel sugli integrali ellittici. Sulla scia di questi lavori, Riemann introdusse la fondamentale nozione di genere g di una curva algebrica, un invariante topologico che permette di classificare le curve algebriche, correlandolo sia ad un precedente invariante introdotto da Abel sia al numero di singolarità di ben determinate trasformazioni birazionali relate alla data curva.[7]

Precisamente, detto r il massimo numero di funzioni razionali che sono, rispetto alla data curva, linearmente indipendenti con un assegnato numero n di singolarità, Riemann, assieme al suo allievo Gustav Roch, provò che r ≥ n - g + 1, risultato che verrà poi sussunto nel cosiddetto teorema di Riemann-Roch. Inoltre, introducendo la nozione di trasformazione birazionale fra curve algebriche, Riemann pervenne all'importante risultato secondo cui l'invariante principale di tali trasformazioni è il campo formato dall'insieme delle trasformazioni birazionali agenti su tale curve, attraverso cui si perverrà poi a definire lo spazio dei moduli Mg delle curve algebriche di genere g, a cui si associa un altro invariante, che è 0 se g=0, 1 se g=1 e 3(g - 1) se g ≥ 2. Tutti questi pionieristici risultati analitici riemanniani saranno poi ripresi da Clebsch, che li contestualizzerà da un punto di vista più propriamente algebrico-geometrico, creando così un notevole raccordo fra la teoria analitica di Riemann e quella algebrico-geometrica, preludio alla nascita della moderna geometria algebrica.[8]

Dopo il 1870 circa, Max Noether iniziò ad applicare sistematicamente i risultati che man mano provenivano dall'algebra commutativa – e a cui lui stesso contribuì – a quanto era già stato stabilito in geometria algebrica da parte di quei matematici che sono stati appena sopra menzionati, pervenendo ad un primo, notevole risultato algebrico, noto come teorema Af+BΦ, che lascia determinare opportune combinazioni polinomiali, attraverso cui Max Noether riuscirà ad ottenere ulteriori, altrettanto notevoli risultati geometrici, fra cui quello che permette di ottenere, da altre date, curve algebriche con singolarità più semplici o di ordine inferiore, attraverso opportune trasformazioni cremoniane. Dopodiché, assieme ad Alexander von Brill, Noether riescì ad inquadrare la teoria analitica riemanniana (di cui sopra) in termini algebrico-geometrici, soprattutto per il tramite della nozione centrale di serie lineare la quale permette di individuare una ben precisa serie di punti di una curva algebrica, detti suoi divisori effettivi, ottenuti per intersezione di questa, previamente immersa in un opportuno spazio proiettivo, con un sistema lineare di ipersuperfici.</ref>Cfr. C. Ciliberto, cit., p. 799.</ref>

La teoria delle classificazioni in geometria algebrica, per esempio, trova i suoi fondamenti nel lavoro dei matematici di questa scuola rivolto, in particolare, alle superfici algebriche. Ciò in quanto, l'enfasi posta sulle superfici algebriche, quali varietà algebriche di dimensione due, fu una conseguenza dell'aver un quadro teorico abbastanza completo delle curve algebriche, quali varietà algebriche unidimensionali, grazie al fatto cruciale per cui, fin dal anni settanta, si possedevano già strumenti teorici di classificazione abbastanza potenti, fra cui la teoria di Brill-Noether, la teoria dei divisori, nonché quella che ruotava attorno al teorema di Riemann-Roch con tutte le sue varianti e generalizzazioni, per procedere ai successivi procedimenti di classificazione.

La classificazione delle superfici algebriche fu infatti un tentativo coraggioso e riuscito di ripetere la suddivisione per genere g delle curve, pervenendo così ad una prima classificazione in tre tipi: g = 0 (retta proiettiva), g = 1 (curva ellittica) e g > 1 (superficie di Riemann). Nel caso delle superfici, Enriques pervenne ad una classificazione in cinque grandi classi, di cui tre corrispondenti a quelle delle curve, le altre due a quelle oggi previste dalla teoria delle fibrazioni per le varietà abeliane bidimensionali[9]. Questo quadro di idee innovative, semi-formalizzato da Enriques e da altri, fu poi ripreso, tra gli altri da Oscar Zariski,[10], da Kunihiko Kodaira negli anni cinquanta, all'interno della moderna geometria differenziale delle varietà complesse,[11] e dalla scuola di Igor Rostislavovič Šafarevič.[12]. La forma del teorema di Riemann-Roch su una superficie fu anch'essa elaborata.

Esponenti

In questa scuola, che storicamente raggruppa molti matematici italiani, occupano però un ruolo di primo piano, Luigi Cremona, Gino Fano, Ruggiero Torelli, Giuseppe Veronese, Giacomo Albanese, Eugenio Bertini, Guido Castelnuovo, Oscar Chisini, Federigo Enriques, Michele De Franchis, Pasquale Del Pezzo, Beniamino Segre, Corrado Segre, Francesco Severi.

La situazione all'estero

Altrove, comunque, fra gli altri, erano già stati variamente coinvolti, lungo le stesse direttive e linee di ricerca, Henry Frederick Baker, Patrick du Val, Arthur Byron Coble, Emile Picard, Lucien Godeaux, Marie Georges Humbert, Hermann Schubert, Max Noether, Erich Kähler e Hieronymus Georg Zeuthen i quali, nonostante allora (seconda metà XIX secolo, inizi XX) fosse in voga trattare di geometria proiettiva nell'indirizzo sintetico, preferirono percorrere le nuove vie della geometria algebrica che iniziava così a valersi di quei nuovi metodi sia algebrico-topologici che analitico-differenziali che verranno via via introdotti, fra gli altri, da Henri Poincaré,Solomon Lefschetz, William Vallance Douglas Hodge John Arthur Todd, Henri Cartan, Solomon Lefschetz, Jean-Pierre Serre, Alexander Grothendieck, Jean Dieudonné, Claude Chevalley, André Weil, Oskar Zariski, David Mumford, Wei-Liang Chow, Kunihiko Kodaira.

Bibliografia

Note

  1. ^ Cfr. G. Geymonat, A. Sanini, P. Valabrega, "Geometria e topologia" (pp. 616-617), in: Enciclopedia Einaudi, 16 voll., Giulio Einaudi editore, Torino, 1977-1984, Vol. 6, pp. 616-723.
  2. ^ Ma anche l'indirizzo topologico-differenziale prende sostanzialmente le mosse dai lavori di Riemann sulle varietà n-dimensionali generali, in cui gli aspetti differenziale, algebrico e topologico sono strettamente correlati nell'approccio (riemanniano) di studio di tali entità. Sarà poi Poincaré, anche sulla base delle sue ricerche di meccanica celeste, a dare solide e rigorose basi formali alle geniali intuizioni di Riemann, segnando così ufficialmente la nascita della topologia (Analysis situs); cfr. G. Geymonat et al., cit., p. 617.
  3. ^ Che riguarderà, tuttavia, anche l'altro indirizzo topologico-differenziale, il quale sarà altresì caratterizzato dalla ricerca degli invarianti (topologici) di certe trasformazioni fra spazi topologici.
  4. ^ Cfr. G. Geymonat et al., cit., p. 617.
  5. ^ Cfr. C. Ciliberto, "Geometria algebrica. Lo sviluppo delle idee" (p. 797), in: Enciclopedia del Novecento, Vol. X, Suppl. II (1998) pp. 797-811.
  6. ^ Cfr. C. Ciliberto, cit., p. 798.
  7. ^ Cfr. C. Ciliberto, cit., p. 798.
  8. ^ Cfr. C. Ciliberto, cit., pp. 798-99.
  9. ^ Cfr. F. Enriques, Le Superficie algebriche, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1949.
  10. ^ Cfr. O. Zariski, Algebraic Surfaces, Springer-Verlag, Berlin, 1935.
  11. ^ Cfr. K. Kodaira, Complex Manifolds and Deformation of Complex Structures, Springer-Verlag, Berlin, 1981.
  12. ^ Cfr. I.R. Šafarevič, Basic Algebraic Geometry, Springer-Verlag, Berlin, 1974.