Giovanni Merloni
Giovanni Merloni (Cesena, 2 giugno 1873 – Roma, 30 ottobre 1936) è stato un politico, giornalista e antifascista italiano.
| Giovanni Merloni | |
|---|---|
| Deputato del Regno d'Italia | |
| Legislatura | XXIV, XXV, XXVI |
| Collegio | Grosseto |
| Sito istituzionale | |
| Dati generali | |
| Partito politico | Partito Socialista Italiano |

Esponente di primo piano del socialismo riformista in età giolittiana[1][2]. Il suo pensiero è stato importante per lo sviluppo ideologico del partito e del suo rapporto con il movimento operaio internazionale.[3]
Biografia
Gli inizi
Merloni nasce da Raffale e Cleta Alessandri.[4] Ancor prima della laurea in lingue, conseguita a Venezia, risulta tra gli iscritti al nascente Partito Socialista Italiano già nel 1892.[5]
Nel 1898 a seguito della repressione del governo Pelloux è arrestato e processato per incitamento all'odio tra le classi e per aver cantato l'inno dei lavoratori durante un comizio a Cervia.[3] Condannato a quattro mesi di prigione riesce a riparare a Londra prima di beneficiare dell'amnistia.[6] In questi anni affianca alla militanza politica l'attività di pubblicista scrivendo per Critica Sociale e per il Messaggero.[7]
Il 1900 segna il trasferimento nella Capitale dove viene assunto all'Avanti! diretto da Leonida Bissolati. Resterà al giornale come caporedattore per cinque anni fino al 1905.[7] Nell'autunno dello stesso anno sarà inviato dal Messaggero a seguire il Congresso coloniale italiano ad Asmara.[8] Delegato della federazione di Cesena al congresso di Roma del 1900, appoggiò la linea del “programma minimo” mostrando un approccio gradualista, ispirato più al positivismo che al marxismo.[3]
La conoscenza delle lingue gli consentì di curare per un decennio la rubrica “Nel movimento internazionale” su Critica Sociale. In essa venivano affrontati i maggiori temi che attraversavano in quegli anni i partiti socialisti e laburisti europei.[7] Temi che Merloni contribuì a inserire nel dibattito prima del partito e in seguito del gruppo parlamentare.[3]
Terminata l'esperienza al quotidiano socialista collaborerà con Il Tempo, La Gazzetta del Popolo, Il Comune moderno, rivista della Lega dei comuni socialisti,[9] Il Resto del Carlino, Il Giornale di Sicilia, I Problemi del lavoro (che contribuì a fondare), La Rivista municipale, organo dell'Anci, oltre che a essere corrispondente del Daily Citizen di Londra, quotidiano del Laburista del Regno Unito.[5]
L'esperienza parlamentare
Dopo aver ricoperto la carica di consigliere comunale a Cesena e consigliere provinciale a Forlì[5], nel 1913 viene eletto alla Camera dei deputati nel collegio di Siena-Arezzo-Grosseto.[6] Rieletto nel 1919 e nel 1921, la sua esperienza parlamentare durerà fino al 1924.[10]
Membro della direzione del partito[1] entrò a far parte della Giunta generale del bilancio[6] e in seguito ricoprì la carica di segretario del gruppo parlamentare socialista alla Camera[9]. Amico di Filippo Turati, Leonida Bissolati, Andrea Costa e Nicolò Barbato[3] diventerà in breve tempo uno degli esponenti più importanti della corrente riformista.[1][3][11]
La sua riflessione, ben espressa in numerosi articoli, riguardava i temi classici del socialismo dell'epoca: i contrasti del capitalismo internazionale, il pacifismo, le riforme, la crisi istituzionale ed economica, l'antimilitarismo.[3]
Sul fronte parlamentare i temi che più lo impegnarono furono la legislazione del lavoro (in particolare gli interessi di ferrovieri e postelegrafonici)[6], la battaglia per la laicità[12][13] e quella per l'allargamento del diritto di voto a tutti, comprese le donne. L'insistenza su questo tema[1] fu tale che nel 1910 Filippo Turati, Anna Kuliscioff e Gaetano Salvemini gli affidarono il coordinamento di un comitato di agitazione per il suffragio universale.[1] Le ragioni del Merloni sono bene espresse nell'opuscolo scritto nel 1910 “Vogliamo il suffragio universale”.[14]
In seno al partito insistette affinché tutte le sezioni si dotassero di personale dedito esclusivamente alla propaganda.[1] Scriveva infatti:
Massoneria
Merloni fu iniziato nel 1906 nella Loggia di rito simbolico “Roma”[4], fondata nella capitale dallo svizzero Wassmouth Ryf.[15] Passato al grado di compagno e poi di maestro nel 1908[4], venne eletto membro del consiglio dell'ordine del Grande Oriente d'Italia in rappresentanza della Gran Loggia di rito simbolico nel 1912[16].
Con altri esponenti socialisti fu al centro della polemica, che si trascinerà per anni, sulla presunta incompatibilità tra militanza socialista e appartenenza alla massoneria.[17] La questione venne posta al congresso di Bologna del 1904, a seguito del quale il partito organizzò un referendum per conoscere il parere degli iscritti. La consultazione ebbe scarsa partecipazione e il problema venne riproposto all'XI congresso del 1910. In questa occasione il gruppo dirigente socialista affidò al Merloni una relazione sul rapporto tra massoneria e socialismo che avrà come titolo “Azione e legislazione anticlericale”[18] in cui viene ipotizzata un'alleanza con liberali, radicali, repubblicani per la comune battaglia a favore della laicità.[4] Durante il congresso molti chiedono una votazione per appello nominale in modo da condannare gli esponenti socialisti appartenenti alla massoneria. La votazione non avrà luogo e il tema continuò ad alimentare il dibattito in seno al partito e sui giornali d'opinione vedendo il significativo intervento di Alberto Beneduce anch'egli massone e socialista.[4]
Merloni nel frattempo veniva eletto nel comitato centrale dell'Associazione nazionale del libero pensiero[3] e precisava sull'Avanti!:
Antifascismo e confino politico
Con l'avvento del fascismo, di cui Merloni non aveva esitato a denunciare le nefandezze sin dal 1921[3], fu costantemente sorvegliato dal regime sia per il suo passato socialista[3] che per la sua mai rinnegata appartenenza alla massoneria.[4] Le logge infatti erano state soppresse nel 1925 e spesso gli affiliati erano rimasti in contatto tra loro[17].
In seguito a una delazione[17], nella primavera del 1936 Merloni e altri antifascisti vennero arrestati dopo l'intercettazione di alcune lettere[4]. L'accusa era di voler ricostituire le file massoniche a Roma attraverso contatti con Parigi dove nel frattempo era stato ricostituito il Grande Oriente d'Italia. Degli arrestati al Merloni venne inflitta la pena più severa: ritenuto uno dei membri del Comitato dirigente e considerato dalle autorità “elemento capace di svolgere propaganda sovversiva” venne condannato a cinque anni di confino politico da scontare nel comune calabrese di Cariati in provincia di Cosenza.[4]
La moglie Filomena, pochi mesi dopo, chiese e ottenne di poterlo raggiungere a causa di un peggioramento nelle sue condizioni di salute ma mentre è in viaggio il marito viene colpito da emorragia cerebrale. Le disposizioni ministeriali si intensificano al fine di evitare un morto scomodo per il regime. Arriva così la liberazione condizionale ma è troppo tardi: la mancanza di adeguate cure, la lentezza della burocrazia e la difficoltà del viaggio di ritorno peggiorano la salute del Merloni che muore poco dopo essere rientrato a Roma.[4]
Il figlio Raffaele, avvocato e partigiano,[3] fu deputato nella prima legislatura della Repubblica[19] nelle file del PSI.
Note
- ^ a b c d e f Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana - Treccani, 2010
- ^ Maurizio Degl'Innocenti, Cittadini e rurali nell'Emilia Romagna Rossa tra '800 e '900, Franco Angeli, 1990,, su books.google.it. URL consultato il 15 maggio 2015.
- ^ a b c d e f g h i j k N. Capitini Maccabruni, Merloni Giovanni, in Il movimento operaio. Diz. biografico 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, Roma 1977, pp. 438-442
- ^ a b c d e f g h i Ivo Biagianti, Massoneria e socialismo nell'età giolittiana: il caso di Giovanni Merloni, in "La liberazione d'Italia nell'opera della massoneria. Atti del Convegno di Torino 1988", a cura di A.A. Mola, Bastogi, Foggia 1990, pp. 327-358
- ^ a b c A.A. Quaglino, Chi sono i deputati socialisti della XXV legislatura (156 biografie), Torino 1919, ad nomen
- ^ a b c d V. Bonfigli - C. Pompei, I 535 di Montecitorio, Roma 1921, ad nomen
- ^ a b c Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana - Treccani, 2010
- ^ Atti del Congresso Coloniale Italiano in Asmara (Settembre - Ottobre 1905), a cura di C. Rossetti, Volume I, Relazioni, Comunicazioni e Conferenze, Tipografia dell'Unione Cooperativa Editrice, Roma, 1906, p. 16
- ^ a b Maurizio Ridolfi, Il PSI e la nascita del partito di massa (1892-1992), Laterza, Bari, 1992
- ^ Camera dei Deputati - Portale storico, su storia.camera.it. URL consultato il 14-05-2015.
- ^ Ivo Biagianti, Massoneria e socialismo nell'età giolittiana: il caso di Giovanni Merloni, in "La liberazione d'Italia nell'opera della massoneria. Atti del Convegno di Torino 1988", a cura di A.A. Mola, Bastogi, Foggia 1990, pp. 327-35
- ^ Ivo Biagianti, Massoneria e socialismo nell'età giolittiana: il caso di Giovanni Merloni, in La "liberazione d'Italia nell'opera della massoneria. Atti del Convegno di Torino 1988", a cura di A.A. Mola, Bastogi, Foggia 1990, pp. 327-358
- ^ Giovanni Merloni, Le congregazioni religiose: quel che si è fatto, quel che resta a fare, Roma, Podrecca e Galantara, 1910
- ^ Giovanni Merloni, Vogliamo il suffragio universale, Libreria editrice L. Mongini, 1910
- ^ Umberto Zanni, Il rito simbolico italiano: cenni storici, Edizione del centenario di Roma Capitale, 1970, su ritosimbolico.it.
- ^ Fulvio Conti, Storia della Massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 413
- ^ a b c Aldo A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani, 1992
- ^ Giovanni Merloni, Azione e legislazione anticlericale, Roma, Edizioni Avanti!, 1910
- ^ Camera dei Deputati - Portale storico, su storia.camera.it. URL consultato il 20-05-2015.
Voci correlate
| Controllo di autorità | VIAF (EN) 90289390 · ISNI (EN) 0000 0000 6273 0026 · SBN RAVV053837 · BAV 495/344114 |
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