Cloze test

test di valutazione linguistica
Versione del 16 nov 2017 alle 14:30 di Nyco11 (discussione | contributi) (Storia: Dando a essa il respiro scientifico che merita.)

Un cloze test, a volte indicato semplicemente come cloze, è un esercizio o un test di valutazione linguistica formato da una porzione di testo dalla quale sono state rimosse alcune parole. In buona sostanza, ai partecipanti si richiede di inserire le parole mancanti o, eventualmente, i sinonimi appropriati[1].

I cloze test implicano la capacità di comprendere il contesto e il vocabolario al fine di individuare quanto inserire – i termini o la loro tipologia grammaticale – nelle parti cancellate di un testo; generalmente, questi esercizi sono forniti per valutare il livello di conoscenza di una lingua (lingua madre o lingua seconda) del partecipante[1].

Storia

Il termine cloze deriva dall'inglese closure, presente nella teoria della Gestalt. Essa studia la capacità da parte di un essere umano di ricostruire i dati parziali provenienti da una percezione incompleta della realtà[2].

Il primo a descrivere in letteratura la tipologia di test denominata cloze fu il giornalista Wilson Taylor[3]. Questi riprese concetti formulati in precedenza da altri studiosi, li ampliò e li espose più organicamente: il test era da lui inteso come un misuratore della capacità di lettura silenziosa di un soggetto[4]. Vista la semplicità del metodo proposto (basato sulla cancellazione sistematica – o casuale – da un testo di alcune delle parole che gli studenti avrebbero dovuto poi inserire), il test si diffuse inizialmente come ausilio per l'apprendimento dell'inglese come lingua madre, per essere utilizzato in seguito anche nei test internazionali per la valutazione dell'apprendimento della seconda lingua[5].

Struttura del test

La metodologia di implementazione è oggetto di una vasta letteratura accademica[6], anche se generalmente in ambito metacognitivo vengono utilizzate le seguenti varianti:

  • i termini sono cancellati dal testo in maniera sistematica ogni numero prestabilito di parole (generalmente 5, 6 o 7);
  • i termini sono cancellati dal testo in maniera progressiva, ad esempio eliminando inizialmente una parola ogni sette, per poi passare ad una ogni sei e ad ogni cinque[1];
  • i termini sono cancellati dal testo in maniera casuale[7].

Quindi dal punto di vista metacognitivo e considerando quanto afferma Oller quando si occupa di test pragmatici[8], il cloze test non andrebbe confuso con il test gap-fill (riempimento di spazi vuoti), il quale, anche se visivamente molto simile, prevederebbe invece la cancellazione mirata di una tipologia particolare di parole, su base lessicale, grammaticale o funzionale, a prescindere dalla loro posizione nel testo[1].

I linguisti invece, soprattutto nell'ambito dell'insegnamento delle lingue, si sono allontanati dal concetto meccanico della cancellazione di parole ad intervalli fissi, tentando di sostituire con gli spazi vuoti i termini precisi che desiderano testare senza tenere conto della loro posizione. La differenza tra gap-fill e cloze è quindi più sfumata: generalmente si considerano gap-fill i test formati da singoli periodi con uno o due spazi vuoti, mentre i cloze sarebbero i test che utilizzano brani più lunghi con un numero maggiore di spazi[9][10]. Dal punto di vista dei test linguistici, il gap-fill, con la sua brevità, aiuterebbe a valutare le specifiche capacità del linguaggio (grammatica e lessico), mentre il più lungo cloze test permetterebbe di valutare meglio la competenza linguistica degli studenti[11].

Esempio

In questa tipologia di test sono quasi sempre essenziali il contesto in termini linguistici e il contenuto. Considerando il seguente testo:

Today, I went to the ____________ and bought some milk and eggs. I knew it was going to rain, but I forgot to take my ___________, and ended up getting wet on the way.

gli studenti sarebbero tenuti a riempire gli spazi vuoti con le parole che meglio completerebbero il periodo. Il primo spazio è preceduto da the, che indica che secondo le regole della lingua inglese il termine seguente dovrebbe essere un sostantivo, un aggettivo o un avverbio. Dal momento però che lo spazio è seguito da una congiunzione, il periodo non sarebbe grammaticalmente corretto se non venisse inserito un sostantivo. Le parole inglesi milk e eggs ('latte' e 'uova') sono importanti per decidere quale sostantivo inserire nel primo spazio vuoto; supermarket è una risposta possibile, ma altre risposte corrette potrebbero essere store, shop, market, grocer, ecc., mentre per il secondo spazio sono risposte corrette umbrella ('ombrello') o raincoat ('impermeabile').

Note

  1. ^ a b c d Licia Landi, Una tecnica metacognitiva: il cloze (PDF), su univirtual.it, Università Ca' Foscari.
  2. ^ Marco Ricucci (2013), p. 357
  3. ^ Wilson Taylor (1953), pp. 415-433
  4. ^ Stefania Nuccorini (2001), p. 181
  5. ^ Marco Ricucci (2013), p. 358
  6. ^ Sachs, Tung, Lam (1977)
  7. ^ Marco Ricucci (2013), p. 356
  8. ^ John W. Oller Jr. (1979), p. 38
  9. ^ John W. Oller Jr. (1979), Oller per un test cloze afferma che sono necessari 50 spazi con un minimo di 250 parole.
  10. ^ Test question types, su teachingenglish.org.uk, British Council.
  11. ^ J. Charles Alderson (2000)

Bibliografia

  • Marco Ricucci, La dimensione valutativa dell’apprendimento linguistico del greco antico (PDF), in ELLE, vol. 2, n. 2, Università Ca' Foscari, Luglio 2013, p. 357, ISSN 2280-6792 (WC · ACNP).
  • Wilson Taylor, Cloze procedure: A new tool for measuring readability, in Journalism Quarterly, vol. 30, 1953.
  • J. Sachs, P. Tung, R. Lam, How to Construct a Cloze Test: Lessons from Testing Measurement Theory Models, in Perspectives, vol. 9, City University of Hong Kong, primavera 1977.
  • Stefania Nuccorini, Il cloze test in inglese, Carocci Editore, 2001, ISBN 9788843018093.
  • John W. Oller Jr., Cloze tests of second language proficiency and what they measure, in Language Learning, n. 23, Università del New Mexico, 1973.
  • John W. Oller Jr., Language texts at school, Londra, Longman, 1979.
  • J. Charles Alderson, Assessing reading., Cambridge University Press, 2000.
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