Saepinum
Saepinum è un'area archeologica di epoca romana, ubicata nella regione Molise, in provincia di Campobasso, e situata nella piana alle falde del Matese aperta sulla valle del fiume Tammaro, a tre km. dall'attuale borgo di Sepino, cinto da mura medievali e posto a circa 700 m.l.m. Una collocazione geografica certamente favorevole e strategica, perché posizionata su un importante nodo stradale di collegamento tra il Sannio Pentro, l’Irpinia, la Campania e la costa adriatica della Daunia. Infatti le indagini archeologiche hanno evidenziato la presenza di una economia essenzialmente articolata su due poli, l’agricoltura e l’allevamento transumante, con una naturale ricaduta a livello di artigianato locale e di scambi commerciali. Lo dimostrano gli scavi stratigrafici effettuati nei pressi dell’area del foro, lungo il decumano, che hanno riportato alla luce i resti di due edifici destinati ad attività industriali, uno identificabile come una conceria per la produzione di pelli e l’altro come una fullonica, un impianto utilizzato per il processo di lavorazione della lana. La conformazione della cinta muraria, del resto, lascerebbe supporre all'interno della città la presenza di un forum pecuarium cioè un’area recintata destinata a ricovero delle greggi, oltre che a luogo di mercato e scambi, come suggerisce lo stesso toponimo derivato da saepire= recintare. Anche se la documentazione disponibile consente di conoscere con notevole precisione le vicende storiche di Saepinum dagli inizi dell’età imperiale, tuttavia è quasi certo che la progressiva romanizzazione del centro ebbe inizio già nel periodo successivo alle guerre sannitiche.[1] La prima testimonianza documentaria della esplorazione archeologica di Saepinum è costituita dalla “Topografia dell’Altilia” redatta nel maggio 1877 da Francesco Di Iorio.[2] La pianta, naturalmente incompleta, è costruita con notevole esattezza e ben definita anche nei dettagli. Testimonia, tra l’altro, che già all'epoca della sua redazione esistevano nell'area strutture scavate e successivamente in tutto o in parte rinterrate. Maggiori informazioni forniscono tre relazioni, redatte negli ultimi mesi del 1878, contenenti un dettagliato resoconto dello scavo condotto nell'area della basilica ed inviate al Direttore Generale dei Musei e degli Scavi di Antichità del Regno, due a firma di L. Mucci, ispettore onorario, ed una compilata dal’ingegnere L. Fulvio, inviato da Roma per sovrintendere agli scavi per conto del Ministero. Essendo redatte da tecnici, le relazioni forniscono una gran quantità di dati scientifici e di annotazioni descrittive, senza avere la pretesa di offrire una lettura articolata ed una analisi puntuale della situazione.[3] Le prime sistematiche esplorazioni archeologiche della città romana vennero effettuate nel periodo 1950-1955 dall'allora soprintendente archeologo dell’Abruzzo, Valerio Cianfarani, da cui il Molise all'epoca dipendeva: furono riportati alla luce e restaurati gli ambienti del foro, la basilica, parte della cinta muraria, porta Bojano e numerosi edifici adibiti ad abitazioni private ed a botteghe (tabernae). L’indagine venne orientata nella zona di maggiore concentrazione edilizia, quella in cui si intersecavano le due arterie stradali principali, il cardo, orientato da sud-ovest a nord-est, con andamento declinante dalle alture collinari verso il fondovalle del Tammaro ed il decumano, che attraversa l’abitato con un orientamento da nord-ovest a sud-est e coincide col percorso tratturale Pescasseroli-Candela, che dal Sannio Pentro conduce all'Apulia, passando per il territorio degli Irpini. Un’antica strada che potrebbe identificarsi, secondo lo stesso Cianfarani,[4] con la Via Minuciacitata in una orazione di Cicerone[5] ed in una epistola di Orazio[6], probabilmente costruita dal console Quinto Minucio Rufo, ma ancora oggi non identificata con certezza. L’insediamento abitativo è interamente delimitato da una cinta muraria, lunga circa 1.270 metri, edificata tra il 2 a.C. ed il 4 d.C. in opus reticulatum, nella quale si aprono, a cavallo dei due assi stradali principali, quattro porte monumentali, che ripetono lo schema dell’arco onorario romano, un solo fornice a tutto sesto, fiancheggiato da due torri circolari. Lungo il tracciato della cinta muraria si innesta un sistema di 29 torri a pianta circolare (attualmente solo 19 rimangono in vista), poste a circa trenta metri di distanza fra loro (100 piedi). Nell'insieme il perimetro dell’area corrisponde ad un quadrilatero, con i lati contrapposti paralleli ed i quattro vertici leggermente arrotondati. La superficie interna alle mura ha un andamento in costante tenue declivio, da sud-est verso nord-est, che certamente favorì la realizzazione del sistema fognante e della rete idrica. Immediatamente all'esterno delle mura, ai margini del tratturo, si trova la necropoli, che ha restituito una consistente quantità di frammenti di cippi e di epigrafi sepolcrali. Dopo un periodo piuttosto lungo di inattività esplorativa, a seguito della istituzione della Soprintendenza del Molise, l’area è stata nuovamente oggetto di scavo a partire dall'estate del 1974. Negli anni ottanta e novanta sono stati effettuati sostanziosi interventi di restauro e consolidamento, concentrati prevalentemente nella zona del foro e del teatro, resi necessari dallo stato di degrado cui versavano i materiali. Proprio in questi anni si impose anche una difficile scelta tecnica, se smantellare le casette rurali costruite nel XVIII secolo utilizzando come fondazioni l’emiciclo della summa cavea del teatro oppure conservare, magari valorizzandolo, quell'insediamento rurale particolare ed ormai perfettamente inserito nel contesto architettonico.[7] A partire dalla fine del IX secolo, infatti, le invasioni prima dei Saraceni e poi dei Normanni avevano determinato l’abbandono della città romana ed il progressivo deterioramento della sua struttura urbana. Solo dopo molti secoli riprende l’attività agricola nella piana del Tammaro e la transumanza torna a ridare vita al percorso tratturale: nuovi insediamenti abitativi cominciano a sorgere nell'area della antica Saepinum. Con gli elementi di spoglio degli edifici romani ed utilizzando come fondazioni i resti affioranti degli antichi monumenti, a partire dal sec. XVIII, vennero edificate nuove abitazioni e l’antica città riprese il suo ciclo vitale. Abitazioni contadine modeste, realizzate con blocchi di pietra calcarea, su due livelli, con pavimenti rudimentali e solai in legno, ricoperte da tetti con tradizionali coppi di argilla, dettero vita al borgo rurale di Altilia. Si trattava di ambienti poveri, adibiti ad attività agricolo - pastorali, soprattutto stalle e fienili, che garantivano solo un minimo vitale di spazio abitativo, spesso in condizioni precarie. Nonostante quasi tutte le unità abitative fossero in condizioni di estremo degrado, non vennero demolite, ma, anche grazie alla sensibilità di un grande archeologo, Adriano La Regina, furono espropriate per essere destinate ad altri usi (sale espositive, laboratori di restauro, depositi di materiale archeologico). Ormai, sostituendosi da decenni alla summa cavea, andata perduta, quelle modeste abitazioni contadine rappresentavano un insieme organico con le antiche strutture romane, quasi un naturale completamento del teatro, concrete testimonianze dell’evoluzione storica e funzionale dell’antica città e dei suoi processi stratigrafici. Pertanto, operando nell'ottica del riuso, la scelta più pertinente sembrò quella di recuperare l’intero complesso rurale, utilizzandolo come sede del Museo documentario della area archeologica di Saepinum contenente soprattutto materiale pertinente alla necropoli ed al teatro.[8] Nel 2016 il sito archeologico ha fatto registrare 13 407 visitatori.[9] L'ingresso è gratuito ad esclusione del museo.
| Saepinum, Altilia | |
|---|---|
| Civiltà | Sanniti, Romani |
| Utilizzo | Città |
| Stile | pre-romano |
| Epoca | II secolo a.C. |
| Localizzazione | |
| Stato | |
| Comune | Sepino |
| Dimensioni | |
| Superficie | 120 000 m² |
| Scavi | |
| Data scoperta | 1950 |
| Amministrazione | |
| Ente | Soprintendenza archeologica dei beni culturali del Molise |
| Responsabile | comune di Sepino |
| Visitabile | sì |
| Visitatori | 18 745 (2022) |
| Sito web | archeologicamolise.beniculturali.it/index.php?it%2F185%2Fsepino-la-citt-romana |
| Mappa di localizzazione | |
| |

Il territorio
Le origini
Il nucleo originario sannitico di Saipins sorgeva sulla montagna retrostante la Saepinum romana, detta Terravecchia. La costruzione di Saipins/Terravecchia da parte dei Sanniti fu dettata dalla posizione strategica e dal controllo delle vie d'accesso mercantili tra due forre o burroni che mettevano in comunicazione l'Apulia a sud ed il Sannio Pentro a nord e la costa adriatica molisana ad est e la costa tirrenica campana ad ovest. Il villaggio fortificato era situato tra i fiumiciattoli Magnaluno a nord e Saraceno a sud, a 950 metri sul livello del mare. Espugnato dai romani nel 293 a.C., durante la terza guerra sannitica, venne abbandonato dalla popolazione che si spostò a valle.
Alla fine II secolo a.C. sono datate un gruppo omogeneo di abitazioni private e alla stessa epoca risale lo smercio di terrecotte con incisioni osche.
Dopo la guerra sociale la città divenne un centro amministrativo romano.
Fra il II secolo a.C. ed il IV secolo d.C. vennero costruite mura difensive, nel primo impianto in opera reticolata, con torri poste ad intervalli regolari sopra le porte.
Siti archeologici
Terravecchia
A Castelvecchio (nei pressi di Terravecchia) vi sono delle mura megalitiche risalenti all'abitato sannitico. Ne resta una porzione di 500 metri, su cui si aprono 3 porte (dette "Postierla del Matese", "dell'Acropoli" e "del Tratturo").
Saepinum romana
Numerosi e maggiormente visibili sono i resti della città romana di Saepinum, scavata a partire dal 1950. Fra le rovine romane si trovano numerose case coloniche costruite con pietre di spoglio a partire del XVIII secolo ed oggi adibite a sede di un lapidario e degli uffici dei custodi.
La pianta di Saepinum è quella tipica delle città romane anche se gli scavi si sono concentrati sul decumano maggiore e sul cardo massimo. Le porte sono di conseguenza quattro (tre delle quali con l'arco ancora conservato): Porta Benevento; Porta Terravecchia; Porta Bojano; Porta Tammaro.
Il Foro, a pianta rettangolare, è ancora oggi pavimentato con lastroni in pietra lavorata. Su di esso si aprivano gli edifici pubblici: la Curia, il Capitolium e la Basilica. Quest'ultima possiede ancora le venti colonne circolari di ordine ionico ed a fusto liscio che circondavano un peristilio. Alle spalle della Basilica era il Macellum (mercato). In fondo a destra, prima della Porta Bojano, sono i resti di una delle tre terme.
Ben conservato è il teatro, scavato solo in parte negli anni settanta e costituito dalla scena e dalla platea, entrambe in pietra locale lavorata. Capace di contenere 3.000 posti circa, è cinto da alcune ex case coloniche costruite in epoca successiva, che seguono l'andamento semicircolare della platea. Intorno corre un corridoio, alle cui pareti sono affisse numerose lapidi, resti di colonne e di capitelli e che aveva lo scopo di far defluire gli spettatori verso l'esterno della città al termine degli intrattenimenti. Fra il foro e la strada era la palestra di cui oggi restano solo pochi ruderi.
Nella parte meridionale del foro (quella che guarda verso Porta Benevento) sotto una copertura in ferro si possono notare cospicui resti di una pavimentazione marmorea mentre a destra è un pozzo coperto costruito con materiale di spoglio. Proseguendo verso Porta Benevento si notano a sinistra i resti di una casa con impluvio sannita in pietra lavorata e subito dopo i resti di un edificio industriale con diverse vasche sotterranee ad imbuto ed una ruota di un mulino fedelmente ricostruita. Segue la fontana del Grifo, costruita dagli edili Ennio Gallo ed Ennio Marso a cavallo fra il I ed il II secolo d.C. e chiamata così perché l'acqua fuoriesce da un altorilievo raffigurante un grifo.
Poco distanti dalla città, rispettivamente vicino alle porte Bojano e Benevento, sono siti due mausolei, il primo intitolato ai Numisi ed il secondo a Caio Ennio Marso. Dal 2010 l’area è stata oggetto di una serie di scavi archeologici che hanno riportato alla luce quasi integralmente la cinta muraria. Alcuni di questi scavi sono stati realizzati anche grazie ai fondi del Gioco del Lotto, in base a quanto regolato dalla legge 662/96[10].
Galleria d'immagini
-
Porta Benevento
-
Il Foro
-
Il Foro
-
Fontana del grifo (particolare)
Note
- ^ Marcello Gaggiotti, Saepinum, in Samnium. Archeologia del Molise, Roma, 1991, pp. 243-245.
- ^ Template:Il documento, in scala 1:2500, è attualmente conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma
- ^ Maurizio Matteini Chiari, Il lato lungo nord orientale, in Saepinum. Museo documentario dell'Altilia, Campobasso, 1982, pp. 75-78.
- ^ Valerio Cianfarani, Guida delle antichità di Sepino, Milano, 1958, p. 53.
- ^ Template:Cicerone, ''Ad Atticum'' IX, 6, 1
- ^ Template:Orazio, ''Epistulae'' I, 18,20
- ^ Valeria Ceglia - Oreste Muccilli, La città di Sepino, in Conoscenze 1, Campobasso, 1984, pp. 137-138.
- ^ Antonio Giovannucci, Il recupero architettonico di Altilia, in Saepinum. Museo documentario dell'Altilia, Campobasso, 1982, pp. 225-231.
- ^ Template:Dati rilevati per l'anno 2016 dal SISTAN, l'Ufficio Statistica del Ministero Beni Culturali (www.statistica.beniculturali.it
- ^ archeologia.beniculturali.it, http://www.archeologia.beniculturali.it/index.php?it/142/scavi/scaviarcheologici_4e048966cfa3a/205.
Bibliografia
- Marta Conventi, Città romane di fondazione, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2005.
- Touring Club Italiano-La Biblioteca di Repubblica, L'Italia: Abruzzo e Molise, Touring editore, 2004.
Voci correlate
Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Saepinum
Collegamenti esterni
- Template:CulturaItalia
- Saepinum - Soprintendenza per i beni Archeologici della Regione Molise, su archeologicamolise.beniculturali.it.
- Museo archeologico di Sepino, su archeologicamolise.beniculturali.it.
- Documentario RAI "Passaggio a Saepinum", puntata di "Viaggio nella bellezza" (2015)
