Presidenza di John Fitzgerald Kennedy
La presidenza di John Fitzgerald Kennedy ebbe inizio il 20 gennaio del 1961 quando il presidente eletto degli Stati Uniti d'America partecipò alla cerimonia d'inaugurazione e insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America, per terminare bruscamente e in maniera tragica il 22 novembre del 1963 dopo il suo assassinio e la morte. Il 35° presidente degli Stati Uniti d'America rimase in carica per un periodo di 1.036 giorni, esattamente un secolo dopo la presidenza di Abraham Lincoln.
| Presidenza John Fitzgerald Kennedy | |
|---|---|
| Stato | |
| Capo del governo | John Fitzgerald Kennedy (Democratico) |
| Giuramento | 20 gennaio 1961 |
| Governo successivo | 22 novembre 1963 |
Esponente di punta del Partito Democratico subentrò alla presidenza di Dwight Eisenhower, eroe della seconda guerra mondiale, a seguito delle elezioni presidenziali nel 1960 in cui riuscì a sconfiggere, seppur di strettissima misura, il concorrente del Partito Repubblicano Richard Nixon, Vicepresidente degli Stati Uniti d'America uscente. Gli succederà il vicepresidente Lyndon B. Johnson il quale assumerà l'ufficio immediatamente dopo l'attentato dando così avvio alla Presidenza L. B. Johnson.
Kennedy fu la prima persona nata nel XX secolo (1917) a venire eletta presidente[1] - lo seguiranno L. B. Johnson (1908); Ronald Reagan (1911); Richard Nixon (1913) e Gerald Ford (1913)[2] - e, all'età d 43 anni, la più giovane ad assumere la carica nell'intera storia degli Stati Uniti d'America[3][4] (Theodore Roosevelt era di 9 mesi più giovane quando dovette assumere l'ufficio a seguito dell'assassinio di William McKinley il 14 settembre 1901, ma non conquistò i voti popolari fino alla elezioni presidenziali del 1904 quando aveva già 46 anni[2]).
Fu anche il 1° presidente eletto affiliato alla Chiesa cattolica negli Stati Uniti d'America[5]. Svolse un ruolo di primo piano nel portare la politica americana nell'era moderna dei mezzi di comunicazione di massa in quanto la sua capacità di usare la televisione fornì un modello di Campagna elettorale che parlava direttamente agli elettori; la sua presidenza mediatica indebolì notevolmente il potere del clientelismo all'interno degli organismi partitici[6][7].
L'epoca kennedyana fu segnata dalle tensioni sempre ben presenti della guerra fredda con l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e in special modo con Cuba. Un fallito tentativo d'invasione della baia dei Porci a Sud del'isola venne effettuato nell'aprile del 1961 con l'intento dichiarato di rovesciare il governo comunista di Fidel Castro che aveva preso il potere nel 1959 grazie alla rivoluzione cubana. L'amministrazione in seguito respingerà i piani congiunti dei Capi di stato maggiore volti ad orchestrare atti terroristici fasulli sul suolo americano sotto copertura con lo scopo d'indurre all'approvazione da parte dell'opinione pubblica di un'evenuale guerra contro il regime cubano (vedi Operazione Northwoods).
Nell'ottobre del 1962 venne scoperto che i missili balistici sovietici stavano per essere dispiegati in forza a Cuba; il periodo di estrema tensione internazionale che ne risultò - denominato crisi dei missili di Cuba - viene visto da un gran numero di storici ed analisti politici come il più vicino alla deflagrazione di una guerra nucleare globale che la specie umana abbia mai mai avuto nel corso della storia, con belligeranti armati di ordigni atomici da entrambe le parti.
Per contenere l'espansione comunista nel Sudest asiatico Kennedy diede il via all'aumento del numero dei consiglieri militari americani nel Vietnam del Sud di un fattore di 18 volte superiore rispetto al suo immediato precedessore; un ulteriore escalation del ruolo americano nel fronte della guerra del Vietnam avrà luogo e si verificherà sempre più speditamente solo dopo la morte del presidente.

Nel campo della politica interna formulò proposte audaci nella sua agenda della "Nuova Frontiera", ma ben poche di essere risulltarono alla fine approvate dal Congresso degli Stati Uniti d'America. Istituì i Peace Corps e accelerò la corsa allo spazio. Kennedy intraprese inoltre iniziative a sostegno del movimento per i diritti civili degli afroamericani (1954-1968), ma solamente dopo la sua scomparsa la proposta di un disegno di legge sui diritti civili verrà approvata e fatta promulgare come Civil Rights Act (1964).
Elezioni del 1960
Kennery entrò ufficialmente in gara per la Nomination presidenziale Democratica il 2 di gennaio; inizialmente il suo principale sfidante nelle Primarie Democratiche del 1960 si rivelò essere il membro del Senato per il Minnesota Hubert Humphrey. Dopo essere riuscito ad ottenere su di lui una vittoria decisica nella Virginia Occidentale, uno Stato fortemente radicato nel protestantesimo, Humprey si ritererà dalla corsa.
Dovette affrontare anche la sfida lanciatagli dal senatore per il Texas Lyndon B. Johnson il quale però non parteciperà alle primarie; superato questo scoglio formale, così come gli avversari informali Adlai Stevenson II (il candidato ufficiale Democratico sia nelle elezioni presidenziali del 1952 che nelle elezioni presidenziali del 1956) e Stuart Symington alla Convention nazionale di luglio conquisterà la Nomination già al 1° scrutinio.
Kennedy sceglierà personalmente proprio Johnson come proprio Vice, ciò nonostante l'opposizione espressa di delegati maggiormente Liberal e da molti del suo stesso staff, incluso il fratello Robert Kennedy[8].
Dall'altre parte Nixon non dovrà affrontare nessuna seria opposizione per far valere la propria Nomination alla Convention Repubblicana; vinse facilmente le primarie del partito e ricevette quasi all'unanimità le preferenze dei delegati. Come proprio compagno di corsa scelse Henry Cabot Lodge Jr., uno dei capi dei Rappresentanti permanenti per gli Stati Uniti d'America alle Nazioni Unite[9].
Entrambi i candidati viaggiarono molto nel corso della campagna elettorale; non volendo concedere allo sfidante alcuno Stato come "non conquistabile" Nixon intraprese una strategia rivolta a tutti e 50 gli Stati federati degli Stati Uniti d'America; Kennedy invece focalizzò l'attenzione sugli Stati con a disposizione il massimo numero di Grandi elettori nel Collegio elettorale degli Stati Uniti d'America[9]. Fece molto affidamento inoltre sulla forza di Johnson negli Stati Uniti meridionali, per cercare di vincere quella che veniva considerata la tornata elettorale più statisticamente incerta dai tempi delle elezioni presidenziali del 1916.
Le principali questioni affrontate riguardarono come far ripartire l'economia degli Stati Uniti d'America, l'appartenenza di Kennedy alla Chiesa cattolica negli Stati Uniti d'America, il problema di Cuba dopo la rivoluzione cubana comunista ed infine se i programmi spaziali e missilistici intrapresi dall'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche avessero o meno superato quelli degli Stati Uniti d'America. Kennedy s'interrogò retoricamente se 1/4 degli americani fosse retrocesso ad una cittadinanza di 2° classe solamente per il fatto di essere cattolici e chi capitò di dichiarare: "nessuno mi ha mai chiesto a quale religione appartenenssi quando prestavo servizio per la United States Navy durante la guerra del Pacifico (1941-1945)"[10].
L'8 di novembre Kennedy risulterà eletto in una delle elezioni presidenziali dai margini più ristretti dell'intero XX secolo[11]; otterrà una maggioranza nel voto popolare pari a 120.000 preferenze su un totale di 68,8 milioni di votanti[9]. Si aggiudicò altresì il voto del Collegio elettorale con un margine più ampio, ricevendo 303 grandi elettori contro i 219 di Nixon.
Inoltre 14 grandi elettori non schierati provenienti dagli Stati dell'Alabama (6) e del Mississippi (8) scelsero invece al suo posto il senatore della Virginia Harry F. Byrd, anche se questi non era stato candidato alla presidenza[12] così come fece anche un elettore che alla fine cambiò schieramento nell'Oklahoma (Henry D. Irwin, che era stato impegnato a votare per Nixon ma si rifiutò di farlo[13]).
In diversi Stati sudisti i Democratici che erano contrari al sostegno dato dal Partito nazionale ai diritti civili e al diritto di voto per gli afroamericani che vivevano nel Sud tentarono di bloccare l'elezione di Kennedy negandogli il numero necessario di grandi elettori (269 su 537) per poter conseguire la vittoria[14][15].
Inaugurazione
Kennedy celebrò la cerimonia d'inaugurazione il 20 gennaio del 1961 al "Portico Est" del Campidoglio (Washington). Il Presidente della Corte suprema degli Stati Uniti d'America Earl Warren gestì e presiedette al giuramento d'ufficio del presidente eletto degli Stati Uniti d'America[16]. Nel suo discorso d'insediamento il neopresidente parlò della necessità per tutti gli americani di essere cittadini attivi e pronunziò la frase rimasta celebre: "non chiedere ciò che il tuo paese può fare per te, chiedi piuttosto cosa tu puoi fare per il tuo paese".
Invitò anche le nazioni del mondo ad unirsi per combattere quelli che definì "i nemici comuni dell'uomo: tirannia, povertà, malattie e la guerra stessa"[17]. A queste ammonizioni aggiunse: "tutto questo non sarà terminato nei primi cento giorni. Né sarà finito nei primi mille giorni, né nella vita di questa Amministrazione, né forse neppure nel corso della nostra vita su questo pianeta. Ma iniziamo!"[17]. In chiusura si allargò sul suo desiderio di un maggiore internazionalismo: "Infine, che tu sia cittadino d'America o cittadino del mondo, chiedi a noi qui gli stessi alti standard di forza e sacrificio che ti chiediamo noi"[17].
Il discorso riflettè la fiducia del neopresidente sul fatto che la propria amministazione avrebbe tracciato un corso storicamente significativo sia nella politica interna che nella politica estera. Il contrasto tra questa visione largamente ottimista e le pressioni della gestione delle realtà politiche in patria e all'estero si sarebbe rivelata nel corso del tempo una delle principali fonti di tensione che attraverseranno i primi anni della sua amministrazione[18]. Testo completo del discorso d'inaugurazione su Wikisource
Questa fu la 1° cerimonia d'inaugurazione alla quale venne consegnato un vero e proprio "poema inaugurale d'insediamento"[19]; il poeta Robert Frost declamò a memoria la propria composizione The Gift Outright del 1941. Egli aveva anche programmato di leggere una nuova poesia che aveva appena scritto per l'occasione ed intitolata Dedication (in seguito rinominata For John F. Kennedy His Inauguration ed inserita nella raccolta del 1962 In the Clearing), ma non fu in grado di recitarla per colpa del sole abbagliante che colpì il volto[20].
Amministrazione
Gabinetto
Partiti politici:
Democratico
Repubblicano
Democratico-Contadino-Laburista del Minnesota
| Dipartimento | Incarico | Ritratto | Nome | Mandato | ||
|---|---|---|---|---|---|---|
| Inizio | Termine | |||||
| Presidente | John Fitzgerald Kennedy | 20 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Vicepresidente | Lyndon B. Johnson | 20 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Segretario di Stato | Dean Rusk | 21 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Segretario al Tesoro | C. Douglas Dillon | 21 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Segretario della Difesa | Robert McNamara | 21 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Procuratore generale | Robert Kennedy | 20 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Segretario degli Interni | Stewart Udall | 21 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Segretario dell'Agricoltura | Orville Freeman | 20 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Segretario al Commercio | Luther H. Hodges | 21 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Segretario del Lavoro | Arthur Goldberg | 21 gennaio 1961 | 20 settembre 1962 | |||
| W. Willard Wirtz | 25 settembre 1962 | 22 novembre 1963 | ||||
| Segretario della Salute, dell'Istruzione e del Benessere |
Abraham Ribicoff | 21 gennaio 1961 | 13 luglio 1962 | |||
| Anthony Celebrezze | 31 luglio 1962 | 22 novembre 1963 | ||||
| Capo di gabinetto | Kenneth O'Donnell | 20 gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
| Amministratore dell'OMB | David E. Bell | 22 gennaio 1961 | 20 dicembre 1962 | |||
| Kermit Gordon | 28 dicembre 1962 | 22 novembre 1963 | ||||
| Rappresentante per il Commercio | Christian Herter | 10 dicembre 1962 | 22 novembre 1963|- | |||
| Ambasciatore presso le Nazioni Unite | Adlai Stevenson II | Gennaio 1961 | 22 novembre 1963 | |||
Nomine giuridiche
Nomine alla Corte Suprema
Kennedy nominò i suegenti giudici alla Corte suprema degli Stati Uniti d'America:
- Byron White – White servì come giudice dal 1962 al 1993 ed è generalmente considerato un giudice di centro o di centro-destra[21]
- Arthur Goldberg – Goldberg servì come giudice dal 1962 al 1965, quando diede le dimissioni per diventare Ambasciatore presso le Nazioni Unite
Altre corti
Oltre ai due giudici della Corte Suprema, Kennedy nominò 21 giudici per le Corti d'Appello degli Stati Uniti e 102 giudici per le Corti distrettuali.
Affari interni
Nuova frontiera
Kennedy battezzò il proprio programma di politica interna con il termine di "Nuova Frontiera"; esso includeva iniziative come l'assistenza medica per le persone anziane e sole, aiuti federali al sistema educativo e dell'istruzione pubblica e la creazione di un dipartimento per l'edilizia abitativa e lo sviluppo urbano. Il presidente chiederà anche un ampio taglio della tassazione come misura tesa a favorire uno stimolo allo sviluppo dell'economia nazionale[22].
Tuttavia molti dei suoi progetti risulteranno di fatto bloccati dalla cosiddetta "Coalizione consevatrice" costituita da Repubblicani e Democratici del Sud sia durante l'87° Congresso che al principio del 88°. In parte a causa di questa ferrea opposizione sul fronte interno Kennedy si concentrerà maggiormente sugli affati internazionali piuttosto che crecare di perseguire le proprie ambiziose politiche interne[23].
Economia
Tassazione
Con grande dispiacere dei suoi più stretti consiglieri economici i quali avrebbero voluto che il presidente s'impegnasse a ridurre le tasse Kennedy accettò un impegno di bilancio volto alla parità subito dopo essere entrato in carica. Ciò si rese necessario in cambio dei voti necessari per far aumentare i membri dell'"United States House Committee on Rules" al fine di conferire ai Democratici un potere maggiore nella definizione dell'agenda legislativa[24]. Dopo un crollo economico nel 1962 il presidente si troveà però costretto a riproporre una diminuzione della tassazione con l'intento di stimolare l'economia nazionale[25].
Nel suo discorso sullo stato dell'Unione del 1963 proporrà una riforma fiscale sostanziale e la riduzione delle aliquote d'imposta sul reddito dal 20-90% al 14-65%; ebbe inoltre a proporre una riduzione delle aliquote d'imposta sulle aziende dal 52 al 47%. Aggiunse inoltre che il tasso massimo avrebbe dovuto essere fissato al 70% se solo alcune detrazioni fossero state eliminate per i redditi più alti[26]. Nello stesso anno in un incontro all'"Economic Club of New York" ne parlò in questi termini: "la verità paradossale è che le aliquote fiscali sono troppo alte e le entrate troppo basse, ed il modo più sicuro per aumentare le entrate a lungo termine è quello di abbassare le nuove aliquote"[27].
Il 26 febbraio del 1964, 3 mesi dopo la morte di Kennedy, il Congresso degli Stati Uniti d'America approverà la Revenue Act of 1964, che abbassò il tasso individuale più alto al 70% e il tasso massimo sulle società al 48%[28].
Pena di morte nel diritto penale civile e militare
Nella sua qualità di presidente supervisionò l'ultima esecuzione federale prima della sentenza Furman contro Georgia, un caso del 1972 che condurrà ad una moratoria sulle condane a morte federali[29]. Victor Feguer (28 anni) subì la pena di morte da un tribunale federale in Iowa; verrà giustiziato il 15 marzo del 1963[30].
Kennedy commuterà una condanna capitale imposta da un tribunale militare contro il marinaio Jimmie Henderson il 12 febbraio del 1962, mutando la pena nell'ergastolo[31]. Il 22 marzo seguente firmerà la legge HR5143 (PL87-423) abolendo così la sentenza capitale obbligatoria per l'omicidio di primo grado nel distretto di Washington, l'unica giurisdizione rimasta ngli Stati Uniti con tale pena[32]; già a partire dal 1957 però non veniva più fatta applicare[33].
Condizione femminile
Il 14 dicembre del 1961 il presidente firmò un ordine esecutivo che istituiva la "Presidential Commission on the Status of Women" per porgergli consigli sulle questioni riguardanti la condizione femminile e i diritti delle donne[34].
L'ex First lady degli Stati Uniti d'America Eleanor Roosevelt guiderà la Commissione fino alla sua morte avvenuta nel 1962. Il suo rapporto finale intitlato American Women verrà pubblicato nell'ottobre del 1963. Esso documentava approfonditamente la forte discriminazione legale e culturale contro le donne esistente in America e formulava diverse raccomandazioni politiche che potessero favorire un rapido cambiamento in questo stato di cose[35].
La Creazione della commissione, assieme al profilo pubblico assunto fin dal principio, spingerà l'assemblea congressuale ad iniziare a prendere in considerazione varie vari atti legislativi in relazione allo status delle donne. Tra questi vi sarà la Legge sulla parità di retribuzione tra uomini e donne (Stati Uniti), la pomulgazione di un emendamento alla Fair Labor Standards Act of 1938 volto a abolire la disparità salariale basata sul sesso. Kennedy firmerà la nuova legge il 10 giugno del 1963[36].
Diritti civili
La fine turbolenta della discriminazione razziale sanzionata dallo Stato sarà una delle questioni interne più pressanti degli anni 1960; la segregazione razziale negli Stati Uniti d'America realizzata tramite le cosiddette Leggi Jim Crow stabilite in tutto il profondo Sud[37]. La Corte suprema degli Stati Uniti d'America aveva deciso nel 1954 con la sentenza Brown contro Board of Education che la segregazione educativa nelle scuole pubbliche era incostituzionale.
Molti istituti d'istruzione, specialmente negli Stati Uniti meridionali però non accolsero positivamente la decisione e non vi obbedirono. La Corte proibì anche la segregazione razziale nelle altre strutture pubbliche (come autobus, ristoranti, teatri, aule di tribunali, bagni e spiagge), ma questa forma di razzismo negli Stati Uniti d'America proseguì comunque ancora a livello locale e regionale[38].
Kennedy sostenne verbalmente l'integrazione azziale e i diritti civili; nel corso della campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 1960 telefonò a Coretta Scott King, moglie del reverendo del Battismo Martin Luther King, che era stato incarcerato mentre cercava di pranzare in un ristorante segregato all'interno di un reparto dei grandi magazzini. Robert Kennedy chiamò il governatore della Georgia Ernest Vandiver e riuscì ad ottenere la liberazione di King; questo fatto attirerà ulteriormente il sostegno degli afroamericani alla candidatura del fratello[39].
Appena entrato in carica il presidente rinvierà la promessa fatta nei riguardi della promulgazione di una leislazione sui diritti civili, riconoscendo il fatto che i conservatori sudisti controllavano di fatto l'assemblea congressuale. Lo storico Carl M. Brauer ha concluso il suo studio con la riflessione che proporre una qualsiasi legge sui diritti civili nel 1961 sarebbe stato del tutto inutile, risolvendosi con un sicuro fallimento[40].
Nel corso del suo primo anno d'amministrazione Kennedy nominerà molti neri in svariati uffici governativi, compreso il suo incaricato come "avvocato per diritti civili" Thurgood Marshall in qualità di giudice federale. Egli sarebbe stato successivamente scelto come uno dei membri della Corte suprema nel 1967[41].
Nel suo primo Discorso sullo stato dell'Unione il presidente affermò che ""la negazione dei diritti costituzionali ad alcuni dei nostri concittadini americani a causa della razza - alle urne e altrove - disturba la coscienza nazionale e ci sottopone alla critica dell'opinione pubblica mondiale secondo cui la nostra democrazia non è all'altezza delle alte promesse rappresentate dalla nostra eredità"[42].
Kennedy credette che la base ideologica del movimento per i diritti civili degli afroamericani (1954-1968) avrebbe inevitabilmente fatto arrabbiare molti bianchi del Sud e pertanto reso ancora più difficoltoso l'eventale passaggio di una legislazione in tal senso al Congresso, inclusa la legge anti-povertà; prenderà così le disanze da esse[43].
Era preoccupato e si trovava a dover affrontare altre questioni di primo piano all'inizio ella sua presidenza, come il conflitto sempre presente della guerra fredda, l'invasione della baia dei Porci e la situazione critica nel sudest asiatico. Così come articolato dal fratello Robert la priorità inziale dell'amministrazione avrebbe dovuto essere quella di "tenere il presidente ben lontano da questo pasticcio dei diritti civili". I partecipanti del movimento, principalmente quelli che si trovavano in prima linea nel Sud, consideravano Kennedy - per così dire - "troppo tiepido"[44]
In particolare lo rimproverarono di non sostenere nel modo dovuto i Freedom Riders quando questi organizzarono uno sforzo congiunto per il trasporto pubblico integrato nel Sud e che ripetutamente ebbero la spiacevole esperienza di scontrarsi contro la violenza della folla bianca, comprese le forze dell'ordine sia nazionali che statali. Il presidente dovrà assegnare degli agenti della United States Marshals Service a protezione dei volontari, piuttosto che utilizzare truppe o agenti non-cooperativi dell'FBI[45].
Robert, parlando a nome del presidente, li esortò a "scendere dagli autobus e lasciare la questione alla sua pacifica soluzione nelle aule dei tribunali"[46]. Kennedy temeva che l'invio ufficiale di truppe federali non avrebbe fatto altro che resuscitare i più odiosi ricordi dell'Era della Ricostruzione - avvenuta subito dopo la fine della guerra di secessione americana - tra i bianchi meridionali maggiormente conservatori[47].
Il 6 marzo del 1961 il presidente firmerà l"Ordine esecutivo 10915" che chiedeva agli appaltatori governativi di "prendere iniziative positive per garantire che i candidati fossero assunti e che i dipendenti fossero trattati durante l'impiego senza riguardo per la loro razza, credo religioso, colore della pelle umana o origine nazionale". Istituirà la "Equal Employment Opportunity Commission".
Scontenti dei passi compiuti da Kennedy nell'affrontare il problema della segregazione in quanto considerati trppo timidi ed esitanti King e i suoi associati produssero un documento nel 1962, chiedendo al presidente di seguire le orme di Abraham Lincoln ed utilizzare un ordine esecutivo per sferrare un duro colpo contro i negatori dei diritti civili in qulità di 2° proclama di emancipazione. Kennedy però non produrrà mai quell'ordine[48].
Nel settembre del 1962 l'afroamericano James Howard Meredith si iscrisse all'università del Mississippi, ma gli venne impedito con la forza di entrare. Il Procuratore generale Robert Kennedy rispose inviando 400 marescialli federali, mentre il presidente - seppur con riluttanda - mandò 3.000 soldati dopo che a situazione nel campus cominciò a farsi sempre più esplosiva[49]. La Sommossa all'Università del Mississippi del 1962 lasciò a terra due morti e dozzine di feriti, ma Meredith potè iscriversi finalmente alla sua prima lezione.
Kennedy avrà modo di pentirsi di non aver fatto inviare prima le truppe e inizierà a dubitare seriamente degli effettivi "mali della Ricostruzione" degli anni 1860 e 1870, così come gli era stato insegnato a credere come verità incontrovertibili[50]. L'istigazione della sottocultura alla sommossa universitaria oltre che in molti altri eventi innescati da motivazioni razziali fu il Ku Klux Klan[51]. Il 20 di novembre il presidente firmerà l'"Ordine esecutivo 11063", proibendo la discriminazione razziale nell'assegnazione degli alloggi sostenuti da fondi federali o da strutture correlate[52].
Nella primavera del 1963, con gli scontri di piazza a sfondo razziale in aumento, Robert e il giurista Ted Sorenson fecero pressione su Kennedy per indurlo a fargli prendere un'iniziativa più forte sul fronte legislativo[53]. L'11 di giugno il presidente fu costretto ad intervenire quando il governatore dell'Alabama George Wallace fece serrare la porta d'ingresso dell'università dell'Alabama originando l'iniziativa Stand in the Schoolhouse Door; questo per impedire a due studenti afroamericani, Vivian Malone Jones e James Alexander Hood, di poter frequentare.
Wallace si dovrà fare da parte solo dopo essere stato affrontato dal Viceprocuratore Nicholas deBelleville Katzenbach e dalla Guardia nazionale dello Stato, che era appena stata federata per ordine del presidente.
Quella sera stessa Kennedy consegnò al paese un importante discorso sui diritti civili, trasmesso in contemporanea alla televisione e alla radio nazionali. In esso lanciò la propria iniziativa di una legislazione sui diritti civili la quale avrebbe dovuto garantire un accesso paritario alle scuole pubbliche e ad altre strutture, una più equa amministrazione della giustizia (equo processo e accesso ai Grand jury) ed infine una maggior protezione del diritto di voto (il "Report to the American People on Civil Rights")[54][55].
La giornata si concluderà con l'omicidio di uno dei leader della NAACP, Medgar Evers, di fronte alla sua abitazione nel Mississippi[56]. Come il presidente stesso non aveva mancato di prevedere il giorno dopo la sua apparizione in TV - e in reazione ad esso - il leader della maggioranza della Camera dei rappresentanti Carl Albert lo chiamò per informarlo che il suo impegno biennale all'assemblea congressuale nel tentativo di combattere la povertà nell'area culturale dell'Appalachia ("Area Development Administration") era stato sconfitto principalmente dai voti sia del Partito Dmocratico che del Partito Repubblicano Sudisti[57].
Più di 100.000 persone, in prevalenza afroamericani, si riunirono a Washington per manifestare a favore dei diritti civili, la Marcia su Washington per il lavoro e la libertà, il 28 agosto del 1963. Kennedy si oppose alla manifestazione temendo che essa avrebbe potuto avere un effetto negativo sulle prospettive di accogliemento delle leggi sui diritti civili rimaste in sospeso; tali timori s'intensificarono poco prima dell'inizio della marcia quando il direttore dell'FBI J. Edgar Hoover presentò all'amministrazione le accuse secondo cui alcuni tra i più stretti consiglieri di King, in particolare Jack O'Dell e Stanley David Levison, erano dei comunisti[58].
Il presidente e il fratello Robert s'incontreranno con King il 22 di giugno intimandogli con forza di tagliare ogni legame ed interrompere qualsiasi rapporto con i suoi due collaboratori[59]. Dopo che King ebbe ignorato l'avvertimento Robert pubblicò una direttiva scritta che autorizzava l'FBI ad intercettare King e gli altri dirigenti della Southern Christian Leadership Conference; questo nell'ottobre seguente[60].
Sebbene Robert avesse dato la propria approvazione scritta solamente per eseguire intercettazioni telefoniche limitate "su una base di prova per circa un mese"[61] Hoover la estenderà in modo tale che i suoi uomini si ritrovarono del tutto liberi di cercare prova compromettenti in qualsiasi area della vita privata di King si fosse reputata degna d'investigazione[62]. Le intercettazioni continueranno fino al giugno del 1966 e saranno rivelate al pubblico solo nel 1968[63].
Il compito di coordinare il coinvolgimento del governo federale nella marcia del 28 agosto fu dato al Dipartimento di Giustizia, che incanalò diverse centinaia di migliaia di dollari in direzione dei 6 sponsor ufficiali, tra cui la NAACP e la Southern Christian Leadership Conference. Per assicurare una dimostrazione pacifica gli organizzatori e il presidente curarono personalmente che i discorsi non fossero troppo incendiari e collaborarono strettamente su tutti gli aspetti relativi ai tempi e ai luoghi[64].
Migliaia di truppe furono messe in stato di allerta. Kennedy guardò il discorso di King (il celebre I have a dream) in TV e ne rimase molto colpito. La marcia venne considerata come un "trionfo della protesta gestita" e non si verificò alcun arresto in relazione alla manifestazione. Successivamente i loro leader accolsero un invito alla Casa Bianca per incontrarsi con il presidente. Kennedy ritenne che la marcia fosse stata anche una sua personale vittoria e ciò sembrò rafforzare le possibilità di far passare la propria proposta di legge sui diritti civili[65].
Nonostante il success così ottenuto la maggior parte della battaglia non era ancora finita. Domenica 15 di settimane esploderà una bomba a Birmingham (Alabama), l'attentato alla chiesa battista della 16° strada; al termine di quella giornata 4 bambini afroamericani erano morti nell'esplosione e altri due periranno in seguito a causa delle gravi ferite riportate[66].
A seguito di questo preoccupante aumento di atti violenti a mmatrice razzista il disegno di legge sui diritti civili si troverà a dover sottostare ad alcuni drastici emendamenti i quali misero in serio pericolo le prospettive per una veloce approvazione. Un presidente indignato chiamerà i dirigenti congressuali alla Casa Bianca ed il giorno seguente la legge originale, senza alcuna aggiunta che la stravolgesse, riuscì ad ottenere abbastanza voti per farla uscire dal comitato giustizia della Camera dei rappresentanti[67].
Incamerando il sostegno Repubblicano il senatore Everett Dirksen promise che la legislazione sarebbe stata sottoposta ad un voto che avrebbe impedito ogni tentativo di ostruzionismo da parte del Senato[68]. L'estate seguente, il 2 di luglio del 1964, le garanzie che Kennedy aveva proposto nel suo discorso del giugno precedente divennerò una legge federale; ma sarà dato al suo successore Lyndon B. Johnson il compito di controfirmare la Civil Rights Act (1964)[69].
Abrogazione della tassa elettorale
Relazioni con i nativi
La costruzione della diga di Kinzua nella contea di Warren (Pennsylvania) invase più di 4.000 ettari di terra appartenenti alla nazione Seneca, che avevano occupato dopo il trattato di Canandaigua del 1794; ciò costrinse 600 di loro a trasferirsi fino a Salamanca (New York) . L'organizzazione no profit American Civil Liberties Union fece inviare una richiesta al presidente perché intervenisse per fermare il progetto, ma egli rifiuterà citando una necessità critica di controllo delle alluvioni[70].
Epresse però al contempo anche tutta la propria preoccuupazione per la difficile situazione in cui si erano venuti a trovare i Seneca e diresse le agenzie governative per cercare di aiutarli a ottenere altra terra, il risarcimento dei danni subiti e l'assistenza attiva verso un'attenuazione del loro spostamento coatto[71].
Corsa allo spazio
Il programma Apollo era stato concepito nel 1960 durante le ultime fasi amministrative della presidenza di Dwight Eisenhower come azione supplementare del programma Mercury, per essere utilizzato come navetta per una stazione spaziale orbitale terrestre e con l'intenzione di compiere voli intorno al satellite della Luna o anche addirittura un eventuale atterraggio su di essa.
Mentre la NASA proseguiva la pianificazione di "Apollo" i finanzialmenti al programma erano tutt'atro che certi, poiché l'atteggiamento altamente ambivalente di Dwight Eisenhower nei riguardi dei voli spaziali con equipaggio umano a bordo condusse al fatto che venne relegato in basso nell'eleno delle priorità della spesa pubblica[72]. Come senatore del Massachusetts Kennedy aveva espresso la propria contrarietà al programma spaziale ed aveva anzi richiesto espressamente la sua definitiva chiusura[73].
Nel costruire la propria amministrazione il neopresidente scelse di mantenere in carica l'ultimo consigliere scientifico di Eisenhower Jerome Wiesner come capo del Comitato scientifico consultivo presidenziale (President's Science Advisory Committee); Weisner era fortemente contrario all'esplorazione spaziale con equipaggio[74] avendo fatto pubblicare in merito un rapporto molto critico nei riguardi del progetto Mercurio[75][76].
Kennedy sarà respinto da ben 17 candidati per l'amministrazione dela NASA prima che il ruolo fosse accettato da James E. Webb, un membro esperto del governo federale che servì durante la presidenza di Harry Truman come direttore del Bilancio e sottosegretario di Stato. Webb si dimostrerà capace di ottenere il consenso congressuale, ma anche quello del Presidente stesso e della maggioranza dell'opinione pubblica americana[77]. Kennedy convincerà anche l'assemblea a modificare la National Aeronautics and Space Act del 1958 per consentirgli di delegare la sua presidenza del "National Aeronautics and Space Council" al Vicepresidente Johnson[78][79].
Egli aveva difatti acquisito una certa conoscenza del programma spaziale quando miltava al Senato e si stava lavorando alla creazione dela NASA; il presidente lo fece anche per continuare a mantenere occupata ed attiva la politica di Johnson[80]. Nel corso del suo Discorso sullo stato dell'Unione (Stati Uniti) del gennaio del 1961 Kennedy aveva suggerito la cooperazione internazionale nello spazio, ma il segretario generale del PCUS Nikita Sergeevič Chruščёv declinerà l'invito poiché i sovietici non intendenvano rivelare lo stato della loro missilistica e relative capacità spaziali[81].
All'inizio della sua presidenza Kennedy era pronto a smantellare il progamma spaziale con equipaggio, ma posticipò qualsiasi ulteriore decisione come segno di deferenza nei confronti di Johnson, che si era sempre rivelato un forte sostenitore del programma quando si trovava nell'aula senatoriale[82]. I consiglieri più stretti del presidente iniziarono però immediatamente ad ipotizzare che un volo fino alla luna sarebbe stato assolutamente proibitivo[83], perciò stava prendendo in seria considerazione il piano di azzerare il "programma Apollo" a causa dei suoi costi[84].
Tuttavia la situazione cambiò molto rapidamente nella giornata del 12 aprile 1961, quando il cosmonauta sovietico Yuri Gagarin diventerà il primo essere umano a volare nello spazio; ciò non fece altro che rafforzare i timori americani di essere lasciati irrimdiabilmente indietro in una competizione tecnologica con i russi[85].
Il presidente si mostrò all'impovviso assai desideroso che gli Stati Uniti predessero il comando nella corsa allo spazio, sia per ragioni di strategia che i prstigio internazionale; il 20 di aprile invierà un memorandum a Johnson chiedendogli di esaminare lo stato del programma spaziale americano oltre che di stilare i progetti che avrebbero potuto fornire alla NASA l'opportunità di recuperare[86][87].
Dopo aver consultato l'esperto di ingegneria aerospaziale di origini tedesche Wernher von Braun Johnson stilò la propria risposta all'incirca una settimana dopo, concludendo che "non stiamo facendo il massimo sforzo né ottenendo i risultati necessari se questo paese vuole raggiungere una posizione di leadership"[88][89]. Il suo memoriale affermò che un atterraggio di uomini sulla luna era un'idea abbastanza lontana nel futuro - oltreché assai difficoltosa da realizzare - ma che c'erano buone probabilità che gli Stati Uniti l'avrebbero portata a compimento per primi se solo si fossero impegnati abbastanza[88].
Il consigliere di Kennedy Ted Sorensen lo indurrà fortemente a sostenere lo sbarco sulla luna tanto che il 25 di maggio il presidente annunzierà il nuovo obiettivo nel corso di un messaggio speciale inviato all'asseblea congressuale:
Dopo che il finanziamento sarà autorizzato Webb iniziò a riorganizzare la NASA aumentandone il personale e facendo costruire due suoi nuovi centri; un centro operativo di lancio (il John F. Kennedy Space Center) per il grande razzo lunare (il futuro Saturn V) a Nord della Cape Canaveral Air Force Station e un centro spaziale con equipaggio su terra (il Lyndon B. Johnson Space Center) installato grazie alla preziosa collaborazione messa a disposizione dall'Università Rice a Houston.
Kennedy colse quest'ultima occasione per tenere un discorso atto alla promozione dello sforzo intrapreso nell'impresa spaziale. Il 12 settembre del 1962 dichiarerà:
Il 21 di novembre, in una riunione di gabinetto congiunta con l'amministrazine della NASA, Webb ed altri funzionari il presidente ebbe modo di spiegare che il lancio in dirrezione della Luna era importante per ragioni di prestigio internazionale e che la spesa ne era così giustificata[92]. Johnson gli assicurò che anche le lezioni apprese dal rogramma spaziale avevano un loro valore militare. I costi per realizzate il programma Apollo avrebbero raggiunto una somma totale di 40 miliardi di dollari[93].
In un altro suo discorso del settembre 1963 presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite Kennedy sollecitò ancora una volta lo spirito di collaborazione tra soietici e americani nella corsa allo spazio, raccomandandosi specifcamente che l'"Apollo" venisse convertito in "una spedizione congiunta sulla luna". (Testo completo) Chruščёv declinerà però l'invito e i sovietici non s'impegnarono in una missione lunare con equipaggio fino al 1964[94].
Il 20 luglio del 1969, quasi 6 anni dopo la morte del presidente, l'Apollo 11 sbarcherà il primo veicolo spaziale on equipaggio sul suolo lunare.
Politica estera
Peace Corps
Come uno dei suoi primi atti presidenziali Kennedy chiese al Congresso degli Stati Uniti d'America di creare un apposito "Corpo di pace"; il cognato Sargent Shriver ne sarà il 1° direttore[95]. Attraverso questo programma gli americani potevano offrirsi come volontari per portare aiuto alle nazioni sottosviluppate del Terzo mondo in settori come l'istruzione pubblica, l'agricoltura, l'assistenza sanitaria e l'edilizia; l'organizzazione crebbe fino a 5.000 membri nel marzo del 1963 e a più di 10.000 l'anno successivo[96]. A partire dal 1961 oltre 200.000 americani si sono uniti al Peace Corps per servire in 139 diversi paesi[97][98].
Guerra fredda e risposta flessibile
La politica estera presidenziale rimase largamente dominata dagli scontri con i sovietici, già manifestatisi a partire dalla fine della seconda guerra mondiale attraverso "guerre per procura" per tutta le prima fase della guerra fredda (la più importante delle quali era stata la guerra di Corea dal 150 al 1953).
La precedente presidenza di Dwight Eisenhower aveva adottato la politica di "New Look" la quale enfatizzava l'utilizzo delle armi nucleari con l'intento di scoraggiare - tramite la teoria della deterrenza - qualsivoglia minaccia da parte sovietica. Eisenhower ritenne che una tale politca potesse risultare sia nell'immediato che a medio termine efficace, ma gli piacque anche perché gli permetteva di evitare un costoso ed eccessivo accumulo di armi convenzionali[99].
Temendo la possibilità quantomai rischiosa di una guerra nucleare globale Kennedy implementò una nuova strategia nota come "Risposta flessibile"; questa si sarebbe dovuta basare su forze convenzionali per raggiungere obiettivi limitati. Come parte integrante di questa politica il presidente ampliò le forze operative speciali ("United States special operations forces"-SOF le quali diverranno parte a loro volta delle future United States Special Operations Command), un Corpo d'élite che avrebbe potuto combattere una guerra non convenzionale entro le zone operative di vari conflitti[100].
Kennedy sperò che questa strategia avrebbe potuto permettere di contrastare l'influenza sovietica senza il bisogno di dover per forza di cose ricorrere alla guerra aperta tra i due campi contrapposti.
Sbarco alla baia dei Porci
Il dittatore cubano Fulgencio Batista, in rapporti amichevoli con gli Stati Uniti, era stato costretto ad abbandonare la carica nel 1959 a seguito della rivoluzione cubana la quale aveva portato al potere Fidel Castro, affiliato al comunismo e molto vicino alle posizioni dell'Unione Sovietica; questo stato di cose creò un potenziale avversario posizionato a meno di 100 miglia dalle coste della Florida. Ma la presidenza di Dwight Eisenhower nelle sue ultime fasi aveva già predisposto un piano per rovesciare il nuovo regime.
L'operazione, guidata dalla Central Intelligence Agency con l'aiuto delle United States Armed Forces, prevedeva l'invasione di Cuba da parte di un folto gruppo di controrivoluzionari insurrezionalisti (Cuban Democratic Revolutionary Front) composto da esuli cubani anti-castristi addestrati negli USA dagli agenti paramilitari della CIA[101][102]. L'intenzione sarebbe stata quella di penetrare nell'isola con l'intenzione d'istigare una rivolta tra la popolazione con la speranza di riuscire a scalzare Castro dal governo appena conquistato[103].
Kennedy realizzò la propria campagna elettorale ponendosi su un piano di duro confronto con Castro e sembrò pertanto appoggiare la linea dura; quando gli venne presentato il piano che era stato sviluppato dalla precedente amministrazione accettò di appoggiarlo, nonostante le riserve espresse sul rischio di attizzare in tal maniera la tensione già alta con i sovietici[104]. Il 17 aprile del 1961 ordinò il via libera a quella che diventerà nota come invasione della baia dei Porci; 1.500 cubani denominati "Brigata 2526" iniziarono così a sbarcare nottetempo sull'isola.
Non venne fornito alcun supporto dall'alto da parte dell'United States Air Force. Il direttore della CIA Allen Welsh Dulles ebbe modo di dichiarare in seguito che si pensava il presidente avrebbe autorizzato qualsiasi azione si fosse resa necessaria per arrivare al pieno successo dell'operazione una volta che le truppe si trovassero sul terreno[105]. L'amministrazione sperò che lo sbarco avrebbe contribuito a scatenare una rivolta contro Castro, ma tutto ciò non si verificò affatto e l'approdo si rivelerà anzi molto rapidamente un completo fallimento[106].
Il 19 di aprile il governo cubano era già riuscito a catturare o uccidere gl esuli invasori e Kennedy si trovò nelle condizioni di dover negoziare per il rilascio dei 1.189 sopravvissuti; dopo 20 mesi di serrate trattative il governo rivoluzionario farà rilasciare i prigionieri in cambio di 53 milioni di dollari in cibo e medicine[107]. L'incidente rese Castro ancor più diffidente di quanto già non fosse nei confronti degli Stati Uniti e ciò lo portò a credere che si sarebbe verificato quanto prima un altro tentativo d'invasione: chiese aiuto ai russi[108].
Secondo il biografo Richard Reeves Kennedy si concentrò principalmente sulle ripercussioni politiche del piano messo in atto piuttosto che sulle considerzioni militari della situazione sul campo; quando esso fallì si convinse che fosse stato allestito solamente per farlo apparire in una cattiva luce[109]. Si prenderà in ogni caso senza alcuna esitazione tutta la responsabilità dell'insuccesso dichiarando: "abbiamo ricevuto un grosso calcio sugli stinchi e ce lo siamo meritati, ma forse impareremo qualcosa da esso"[110].
Molti in patria apprezzeranno la volontà del presidente di volersi addossare tutte le colpe tanto che gli indici a favore nei suoi confronti all'indomani della tentata invasione salì vistosamente. Tuttavia la malcondotta operazione ne danneggiò la reputazione all'estero e sollevò una scura nube di tensione con i sovietici[111].
Alla fine di quello stesso anno fu creata e cominciò ad essere messa in atto l'Operazione Mongoose, diretta da Robert Kennedy e comprendente Edward Lansdale dell'Office of Strategic Services, il Segretario della Difesa Robert McNamara e altri; l'obiettivo primo ed essenziale di questo "Special Group" avrebbe dovuto essere quello di portare alla caduta di Castro attraverso lo spionaggio, il sabotaggio ed altre tattiche coperte da segreto: non verrà mai condotta a termine né resa pienamente operativa sotto l'amministrazione Kennedy[112].
Vertice di Vienna
All'indomani della baia dei Porci il presidente annunciò che avrebbe incntrato il segretario generale del PCUS Nikita Sergeevič Chruščёv al Vertice di Vienna che si sarebbe tenuto di lì a poco, per la precisione il 3 e 4 di giugno. Il summit avrebbe dovuto coprire diversi argomenti, ma entrambi i leader sapevano olto bene che la questione più controversa da affrontare sarebbe di certo stata quella della situazione di berlinese, l'ex capitale della Germania nazista divisa tra Berlino Ovest e Berlino Est subito dopo il termine della seconda guerra mondiale[113].
L'enclave filo-occidentale dell'Ovest si trovava all'interno della Repubblica Democratica Tedesca sotto il dominio diretto comunista fin dall'inizio della Guerra fredda, ma rimaneva sostenuta dalle potenze rappresentate dagli alleati degli Stati Uniti; i sovietici avevano l'intenzione di riunificare Berlino alla Germania Orientale filo-sovietica, in gran parte a causa del gran numero di tedeschi dell'Est che continuavano in gran numero a fuggire oltrepassando la frontiera presidiata con le armi spianate[114].
Lungo la strada che lo doveva condurre a Vienna Kennery si fermò a Parigi per incontrare Charles de Gaulle il quale lo consiglierà caldamente d'ignorare lo stile quantomai rozzo del premier sovietico; il presidente della Repubblica francese temeva la presunta influenza che gli Stati Uniti stavano mantenendo in gran parte del continente europeo: rimase tuttavia notevolmnte impressionato dal giovane presidente e soprattutto dalla First lady degli Stati Uniti d'America. Kennedy ricordò il fatto nel suo discorso parigino, dicendo che sarebbe stato ricordato come "l'uomo che ha accompagnato Jackie Kennedy a Parigi"[115].
Il 4 di giugno il presidente lasciò l'incontro con Chruščёv arrabbiato e deluso per avergli permesso di intimidirlo nonostante gli avvertimenti che aveva ricevuto. Il premier sovietico da parte sua fu colpito dall'intelligenza dimostrata dal presidente, ma lo considerò come un'avversario decisamente debole. Kennedy riuscì a trasmettere la propria linea di fondo sul problema più delicato messo in campo, ossia il trattato proposto tra i sovietici e Berlino Est; chiarì esplicitamente che qualsiasi atto che avrebbe interferito negativamente con i diritti di accesso degli Stati Uniti a Berlino Ovest sarebbe stata immeditamente considerata come un'azione ostile nei loro riguardi[116].
Poco dopo che il presidente se ne fu tornato alla Casa Bianca l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche annunciò l'intenzione di firmare il trattato preventivato con Berlino Est, abrogando qualsiasi diritto di occupazione da parte di terze parti in entrambi i settori della città. Kennedy, abbattuto e irato, suppose che la sua unica opzione rimastagli fosse quella di preparare il paese alla guerra atomica la quale, pensava in tutta schiettezza, avrebbe potuto avere una possibilità su 5 di realizzarsi[117].
Nelle settimane immediatamente successive al vertice più di 20.000 presone fuggirono dal settore Est di Berlino occupato dai comunisti in direzione della zona libera occidentale: questo come diretta reazione alle dichiarazioni sovietiche[118]. Kennedy dette il via a tutta una serie d'intensi incontri nel tentativo di sviscerare il problema posto dalla questione berlinese; Dean Acheson prese l'iniziativa raccomandando un'imponente accrescimento militare a fianco degli alleati della NATO.
In un discorso pronunziato a luglio il presidente annunziò la decisione intrapresa di aggiungere 3,25 miliardi di dollari al budget del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America assieme ad oltre 200.000 truppe aggiuntive, proclamando che un attacco contro Berlino Ovest sarebbe stato considerato come un attacco diretto agli Stati Uniti. Il pronunciamento ricevette un'approvazione nazionale pari all'85% dei consensi[119].
Il mese seguente il regime comunista iniziò a bloccare qualsiasi ulteriore possibilità di passaggio tra Est ed Ovest da parte della popolazione tedesca; cominciarono ad erigere recinzioni di filo spinato che attraversavano tutta la città: molto rapidamente - a partire dal 12 di agosto - si trasformerà nel muro di Berlino. La reazione iniziale di Kennedy fu quella di ignorarlo, a condizione che continuasse il libero accesso dei residente da Ovest a Est per poter incontrarsi con i familiari rimasti bloccati dall'altra parte[120].
Ma il corso degli eventi subì una forte alterazione quando si apprese che i berlinesi dell'Ovest sembravano aver perduto la fiducia nella difesa della loro posizione da parte degli Stati Uniti. Venne subito fatto inviare il Vicepresidente Lyndon B. Johnson insieme ad una schiera di militari, che attraversò in convoglio tutta la Repubblica Federale tedesca, inclusi i confini costituiti dai posti di blocco armati sovietici; tutto ciò per dimostrare che l'impegno dell'America nei confronti di Berlino Ovest sarebbe continuato ad oltranza[121].
Crisi cubana dei missili
Nel corso dei mesi immediatamente successivi alla baia dei Porci l'Unione Sovietica iniziò a dotare il regime cubano di rifornimenti e materiali militari. L'amminstrazione Kennedy considerava altamente allarmante l'alleanza instauratasi tra Castro e il comunismo internazionale, temendo che alla fine potese rappresentare una seria minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti. Il presidente non credeva nella possibilità che i russi si sarebbero arrischiati a piazzare armi nucleari nel suolo cubano, ma nonostante ciò inviò gli aerei spia della CIA Lockheed U-2 per determinare l'estensione dell'accumulo militare sovietico[122].
Il 14 ottobre del 1962 vennero scattate fotografie dei siti di missili balistici a raggio intermedio fatti costruire a Cuba dai sovietivi. Le immagini saranno mostrate al presidente il 16 di ottobre; fu raggiunto un consenso sul fatto che i missili fossero di natura offensiva e che quindi costituivano un'immediata minaccia nucleare[123].
Kennedy si trovò ad affrontare un dilemma: se gli Stati Uniti avessero colpito le postazioni ciò avrebbe potuto portare alla conseguenza dello scoppio di una guerra atomica, ma se non si fosse fatto nulla ci si sarebbe presto trovati di fronte alla crescente minaccia delle armi nucleari a corto raggio. Gli Stati Uniti sarebbero potuti anche sembrare meno impegnati nella difesa del proprio emisfero. A livello personale il presidente aveva un disperato bisogno di dimostrarsi risoluto nei confronti e in reazione a Chruščёv, in special modo dopo il semi-fallimento rappresentato dal Vertice di Vienna[124].
Più di 1/3 dei membri del Consiglio di Sicurezza Nazionale si espresse a favore di un attacco aereo non annunciato ai siti missilistici, ma per alcuni i loro quest'ipotesi evocò l'immagine di "un'attacco di Pearl Harbor al contrario"[125]. Vi fu anche qualche timida reazione in forma confidenziale da parte della comunità internazionale (Papa Giovanni XXIII scrisse ad entrambi i contendenti chiedendo espressamente a Chruščёv di recedere dai suoi intenti); il piano d'assalto verrà in parte criticato come una reazione eccessiva, anche alla luce del fatto che i missili americani eranto stati fatti piazzare in Turchia già dalla presidenza di Dwight Eisenhover[126].
Non vi poteva inoltre essere alcuna garanzia che l'attacco risultasse alla fine efficace al 100%[127]. In concomitanza con il voto di maggioranza del Consiglio Kennnedy decise di mettere in quarantena navale l'intera isola di Cuba; il blocco attuato dall'United States Navy sarà totale. Il 22 di ottobre inviò un messaggio personale a Chruščёv e annunziò la propria scelta in un messaggio televisivo a reti unificate[128].
A partire dal 24 di ottobre la Marina statunitense diede il via alle sue ispezioni di tutte le navi sovietiche che ripartivano da Cuba o che eventualmente arrivavano. L'Organizzazione degli Stati americani diede il proprio sostegno unanime all'immediata rimozione dei missili; il presidente scambiò ue serie di lettere col premier sovietico, ma senza riuscire ad ottener alcun risultato apprezzabile[129]. Il Segretario generale delle Nazioni Unite U Thant chiese alle due parti d'invertire contemporaneamente le decisioni assunte e di entrare in un periodo di reciproca riflessione. Chruščёv parve in linea di massima trovarsi d'accordo, Kennedy invece non ne convenne[130].
Una nava battente bandiera dell'URSS sarà fermata con la forza e abbordata. Il 28 di ottobre Chruščёv accettò alfine di smantellare unilateralmente i siti missilistici, che furono soggetti ai controlli degli ispettori dell'ONU[131]. Gli Stati Uniti promisero in forma solenne pubblicamente di non tentare più d'invadere Cuba e privatamente accettarono anche di rimuovere i propri missili dislocati in Friuli-Venezia Giulia e nel territorio turco, i quali erano oramai per lo più resi obsoleti essendo stati soppiantati da sottomarini a propulsione nucleare equipaggiati con UGM-27 Polaris[132].
Questa crisi segnò un punto di svolta; avvicinò il mondo intero ad una guerra nucleare più che in qualsiasi altro momento sia prima che dopo: alla fine "l'umanità dei due uomini prevalse"[133]. Il buon esito dell'evento migliorò l'immagine della forza di volontà americana e innanzitutto della credibilità del presidente; nel periodo immediatamente seguente il punteggio di approvazione e gradimento dell'opinione pubblica statunitense nei riguardi di Kennedy balzerà dal 66 al 77%[134].
La capacità di gestione della crisi missilistica cubana da parte del presidente ricevette numerosi elogi da parte di molti studiosi e politologi, anche se alcuni irriducibili critici attribuirono a Kennedy la colpa della situazione venutasi a creare, essendosi il tutto originato a seguito della fallita invasione della baia dei Porci[135].
Trattato sulla messa al bando dei test nucleari
Comunismo e America Latina
Sudest asiatico
Nel corso dei numerosi briefing tra l'amministrazione e l'ex generale Eisehower questi non manco mai di sottolineare che la minaccia comunista presente nel Sudest asiatico richiedesse la priorità del'attenzione internazionale; l'ex presidente considerava il Laos il "tappo della bottiglia" rispetto alla minaccia regionale presente in Indocina.
Nel marzo del 1961 Kennedy indicherà una variazione significativa nella politica estera; il mutamento cioè dal sostegno ad un "Laos libero" a quella diretta a un "Laos neutrale" ed indicando in privato che il Vietnam e non il Laos avrebbe dovuto essere considerato all'America il cavo nascosto che fa scattare la trappola esplosiva per la diffusione del comunismo nell'intera area[136].
A maggio Johnson venne inviato ad incontrare il presidente del Vietnam del Sud Ngô Đình Diệm. Il Vicepresidente gli assicurò ulteriori aiuti per poter plasmare una forza combattente che potesse resistere ai comunisti[137]. Kennedy annunziò un cambio di politica, passando da un semplice sostegno e collaborazione tecnolgica con Diem alla sconfitta sul campo del comunismo nel Vietnam del Sud[138]. Durante tutto il corso della propria amministrazione il presidente continuò le politiche che fornivano supporto gestionale ed economico, consiglio e sostegno militare, al governo sud-vietnamita filo-occientale[139].
Verso la fine del 1961 i vietcong iniziarono ad assumere una presenza sempre più predominante; tutto coinciò con la conquista della capitale provinciale di Phước Vĩnh[140]. Kennedy aumentò proporzionalmente il numero dei consiglieri militari e delle United States Army Special Forces nell'intero territorio comprendente l'area d'influenza vietnamita (da 11.000 nel 1962 ad oltre 16.000 alla fine del 1963): rimarrà però sostanzialmente riluttante ad ordinare uno schiermento di truppe su vasta scala[141][142].
Prima del suo assassinio utilizzerà quasi esclusivamente consglieri militari e forze speciali in Vietnam Nel 1962 verrà istituito il Military Assistance Command, Vietnam. Un anno e mezzo dopo la seguente presidenza di Lyndon B. Johnson impiegherà le prime truppe da combattimento compromettendosi direttamente nella guerra del Vietnam; il coinvolgimento statunitense così s'intensficò enormemente, con forze presenti sul campo che raggiungeranno le 184.000 unità nel 1965 per toccare la punta di 536.000 nel 1968[143].
Verso la fine del 1961 il presidente inviò Roger Hilsman, allora direttore del "Bureau of Intelligence and Research" del dipartimento di Stato, in Vietnam per valutare la situazione complessiva. Egli incontrò Sir Robert Grainger Ker Thompson, esperto britannico di controguerriglia nonché capo della missione consultva inglese nel Sud del paese; assieme concepirono l'idea di "programma strategico Amleto". Questo sarà approvato sia da Kennedy che da Diem e subito dopo formato per entrare in fase esecutiva[144].
Fu implementato all'inizio del 1962 e comportò alcune delocalizzazioni forzate, l'internamento d'interi villaggi e la segregazione di sudvietnamiti rurali in nuove comunità dove i contadini sarebbero rimasti isolati dalla propaganda dei ribelli comunisti. Si sperò che questi nuovi centri urbani sarebbero riusciti a fornire la sicurezza necessaria ai contadini, favorendone nel contempo il legame tra loro stessi e il governo centrale. Nel novembre del 1963 il programma svanì e si concluderà ufficialmente entro l'anno successivo[145].
Già all'inizio del 1962 Kennedy autorizzerà formalmente un convolgimento crescente quando firmò il "National Security Action Memorandum" intitolato Subversive Insurgency (War of Liberation)[146]. Il Segretario di Stato Dean Rusk esprimerà il suo forte sostegno ad esso[147]. L'Operazione Ranch Hand, uno sforzo di defogliazione aerea su larga scala, inizierà in quell'anno sulle maggiori vie di comunicazione del Sud vietnamita[148].
Nell'aprile del 1963 il presidente valutò la situazione venutasi a creare in Vietnam nei termini seguenti: "non abbiamo il desiderio di rimanere in Vietnam, quelle persone ci odiano, ci butteranno fuori con il culo per aria da un momento all'altro, ma non posso rinunciare a quel territorio cedendolo ai comunisti e farò in modo che il popolo americano mi rielegga"[149].
Il presidente dovette affrontare una prima crisi entro il mese di luglio; nonostante l'aumento dei consigliei militari e delle tecnologie connesse l'esercito sudvietnamita divenne solo asai marginalmente efficace contro le forze filo-comuniste costituite dai Vietcong. Il 21 di agosto, proprio quando il nuovo ambasciatore per il Vietnam del Sud Henry Cabot Lodge Jr. arrivò, Diem e suo fratello Ngô Đình Nhu ordinarono alle loro forze armate finanziate ed addestrate dalla CIA di sedare con la forza le manifestazioni dei monaci buddhisti partiti dalla pagoda Xá Lợi. Era eplosa la crisi buddista del Vietnam.
Le misure repressive che ne derivarono accrebbero le aspettative di un colpo di Stato con l'intento di rimuovere Diem per installare al suo posto il fratello, suo primo cosigliere ed eminenza grigia del regime[151]. A Lodge venne richiesto di consigliare ad entrambi di dimettersi immediatamente da tutte le loro funzioni e lasciare il paese: Diem però non accolse tali proposte[152].
Seguì il Cable 243 del 24 di agosto in cui si dichiarava che l'amministrazione non avrebb più in alcun modo tollerato le azioni di Nhu e venne ordinato a Lodge di fare pressioni su Diem perché destituisse il fratello; se solo si fosse rifiutato gli americani avrebbero trovato il modo di sostituirlo con una leadership alternativa[153]. Lodge disse che l'unica opzione praticabile era quella d'indurre i generali sudvietnamiti a rovesciare entrambi i fratelli, così come previsto fin dal piano iniziale[154].
Alla fine della setttimana Kennedy apprese da Lodge che il governo di Diem avrebbe sempre potuto, anche a causa dell'assistenza francese data a Nhu, trattare in segreto con i comunisti e chiedere prefino agli americani di andarsene. Contemporaneamente furono inviati ordini per eliminare tutti coloro che si erano compromessi nel tentativo di colpo di Stato[155]. Allo stesso tempo i primi sentimenti formali contro la guerra cominciarono ad essere espressi ad alta voce dal clero statunitense del "Ministers' Vietnam Committee"[156].
Indicativa fu una riunione di abinetto svoltasi a settembre in cui si ebbero diverse valutazioni sulla situazione in corso; il presidente ricevette rapporti aggiornati a seguito d'ispezioni personali sul campo (missione Krulak–Mendenhall) da parte del Dipartimento della Difesa (con il generale Victor Harold Krulak) e del Dipartimento di Stato (con Joseph Abraham Mendenhall).
Krulak dichiarò che la lotta militare contro i comunisti stava progredendo e avrebbe potuto essere vinta, mentre Mendenhall disse che il paese era stato oramai perduto civilmente da una qualsivoglia influenza americana. Kennedy reagì chiedendo: "avete fatto visita a due signori differenti nello stesso paese?" Il presidente non era a conoscenza del fatto che i due uomini fossero talmente in contrasto tra di loro da non essersi rivolti il minimo cenno per tutto il viaggio di ritorno[157].
In ottobre il presidente diede al Segretario della Difesa Robert McNamara e il generale Maxwell Taylor il compito di eseguire una missione nelle zone delle operazioni nell'ennesimo tentativo di sincronizzare l'informazione sul campo e la formulazione di una politica più efficiente. L'obiettivo fu quello "di sottolineare l'importanza di arrivare fino in fondo alla questione inerente le differenze nei rapporti dei rappresentanti statunitensi in Vietnam"[158].
Negli incontri svoltisi con McNamara, Taylor e Lodge Diem rifiutò nuovamente di accettare le misure di governo provenienti con insistenza dagli Stati Uniti; ciò aiut a dissipare definitivamente il precedente ottimismo di McNamara nei riguardi del dittatore vietnamita[159]. Gli alti funzionari statunitensi furono anche illuminati dal Vicepresidente Nguyễn Ngọc Thơ (scelto da molti per succedere a Diem in caso di colpo di Stato) il quale in termini dettagliati cancellò le precedenti informazioni raccolte da Taylor sul fatto che i militari stessero avendo un qualche successo al fronte[160].
Su insistenza di Kennedy il rappporto sulla missione contenne anche un programma raccomandato per l'eventuale ritiro delle truppe USA: 1.000 già entro la fine dell'anno con il suo completamento entro il 1965; proposito questo che il Consiglio per la Sicurezza Nazionale considerò tutt'al più una "fantasia strategica"[161]. Il rapporto finale dichiarò invero che i militari stessero facendo progressi significativi, che il governo sempre più impopolare guidato da Diem non era vulnerabile a un colpo di mano ed infine che l'assassinio degli stessi Diem e Nhu era quantomeno una possibilità di cui tenere seriamente conto[162].
Verso la fine di ottobre le relazioni dell'intelligence riportarono ancora una volta che un tentativo di colpo di Stato era in fase di attuazione. La fonte, il generale vietnamita Dương Văn Minh (noto anche come "Big Minh"), desiderava conoscere la posizione americana a riguardo. Kennedy ordinò a Lodge di offrire assistenza tramite i servizi segreti al colpo di Stato, escludendovi però la possibilità di asassinio di Diem, ed inoltre di garantire sul non coinvolgimento ufficiale statunitense oltre che a negare qualsivoglia responsabilità[163].
Poco più tardi, quando il colpo di Stato diventò essere sempre più imminente, il presidente ordinò che tutte le informazioni in arrivo venissero instradate subito verso di lui. Una politica di "controllo e taglio" verrà allora avviata per assicurarsi il completo controllo sulle risposte di Kennedy, tagliandolo di fatto fuori dalle comunicazioni diplomatico-militari[164].
Il 1° di novembre i generali sudvietnamiti guidati da "Big Minh" rovesciarono il governo Diem, prima arrestandolo e poi uccidendolo assieme al fratello Nhu. Il presidente rimarrà scioccato da quelle morti. In seguito Kennedy giungerà a scoprire che Minh aveva chiesto all'ufficio sul campo della CIA di assicurare un passaggio sicuro fuori dal paese per Diem e Nhu, ma che gli fu risposto che erano necessarie almeno 24 ore per potersi procurare un aereo: Minh risponderà che non poteva riuscire a tenerli sotto custodia in totale sicurezza per un tempo così lungo[165].
La notizia inizialmente portò ad un rinnovarsi della fiducia - sia in America che nel Sud vietnamita - sul fatto che la guerra avrebbe ancora potuto essere vinta[166]. Il consigliere per la sicurezza nazionale McGeorge Bundy redasse un memoriale d'azione sulla sicurezza nazionale da presentare al presidente non appena questi avesse fatto ritorno dalla sua visita ufficiale a Dallas, prgrammata per il 22 di novembre. Esso ribadivala convinzione di combattere per spazzare via il comunismo dal territorio vietnamita, co un aumento consistente degli aiuti militari ed economici e la contemporanea aspansione dele operazioni in Laos e nella Cambogia.
Prima di partire per Dallas Kennedy disse a Michael Vincent Forrestal, collaboratore di Bundy, che "dopo il primo dell'anno... [voleva] uno studio approfondito di ogni possibile opzione, inclusa una ricerca su come uscirne... per rivedere tutta la questione dal basso verso l'alto". Alla domanda su cosa pensasse e come intendesse procedere il presidente Forrestal rispnderà: "è stata la causa del'avvocato del diavolo"[167].
Gli storici non si trovano d'accordo sul fatto che la guerra del Vietnam si sarebbe o meno intensificata se Kennedy fosse sopravvissuto per poter essere riconfermato alle elezioni presidenziali del 1964[168]. Ad alimentare il dibattito ci sono le dichiarazioni dell'ex segretario McNamara nel documentario intitolato The Fog of War: La guerra secondo Robert McNamara; il presidente stava seriamente considerando l'ipotesi di procedere adun ritiro unilaterale subito dopo la tornata elettorale[169].
Il film contiene anche una registrazione su nastro di Lyndon B. Johnson la quale afferma che Kennedy stesse progettando di ritirarsi, una posizione che trovava il Vicepresidente in forte disaccordo[170]. L'11 di ottobre aveva firmato il "National Security Action Memorandum (NSAM) 263", che stabiliva il ritiro dei primi 1.000 militari entro la fine dell'anno[171][172]; tale azione sarebbe stata un'inversine decisiva di politica e dimostra che il presidente si stesse muovendo in una direzione meno aggressiva dopo il suo acclamato discorso sulla pace mondiale pronunciato il 10 di giugno all'American University[173].
Quando nel 1964 fu chiesto a Robert Kennedy cosa avrebbe fatto il fratello se i vietnamiti del Sud si fossero venuti a trovare sull'orlo della sconfitta egli replicò: "avremmo dovuto afrontare la situazione non appena ci si fossimo arrivati"[174]. Al momento della morte del presidente nessuna decisione politica finale era ancora stata presa[175]. Nel 2008 il giurista Ted Sorensen ha scritto: "mi piacerebbe credere che Kennedy avrebbe trovato un modo per ritirare tutti gli istruttori e i consulenti americani [dal Vietnam], ma anche da qualcuno che conosceva JFK così bene come me non può esserne certo del tutto, perché non credo che nelle sue ultime settimane abbia saputo lui stesso che cosa sarebbe stato meglio fare"[176].
Sorensen ha anche aggiunto che secondo lui la questione vietnamita era l'unico problema di politica estera che JFK avesse lasciato al suo successore non in meglio, e forse possibilmente in peggio, più di quanto non fosse quando l'aveva ereditato[177]. Il coinvolgimento degli Stati Uniti nella regione s'intensificherà fino a quando la presidenza di Lyndon B. Johnson non sceglierà di schierare direttamente sul campo massicce forze militari per combattere la guerra del Vietnam[178] la quale terminerà con la totale disfatta solo nell'aprile del 1975, dopo essersi trascinata per oltre 12 anni con ingenti costi di vite umane su entrambi i fronti[179].
Il 26 di novembre, appena 4 giorni dopo la morte di Kennedy, il neopresidente Johnson farà approvare il "NSAM 273", con l'annullamento della decisione di un primo parziale ritiro dei 1.000 soldati e riaffermando con forza la politica di assistenza militare nei confronti del Vietnam del Sud[180][181].
Nel frattempo inizierà a farsi strada sempre più l'ipotesi complottista nei riguardi dell'assassinio di John Fitzgerald Kennedy con una ridda di voci, prove e controprove l'una contro l'altra schierate. La commissione Warren parve dare la risposta ufficiale finale, ma questo non impedirà il continuo propagarsi dell'idea controversa del complotto progettato a tavolino.
Siamo tutti berlinesi
Israele
Iraq
Irlanda
Viaggi internazionali
Kennedy fece otto viaggi internazionali durante la sua presidenza.[182]
| Date | Stato | Luoghi | Dettagli | |
|---|---|---|---|---|
| 1 | 16-18 maggio 1961 | Canada | Ottawa | Visita di Stato. Incontro con il Governatore Generale Georges Vanier e il Primo Ministro John Diefenbaker. |
| 2 | 31 maggio - 3 giugno 1961 | Francia | Parigi | Visita di Stato. Incontro con il Presidente Charles de Gaulle. |
| 3-4 giugno 1961 | Austria | Vienna | Incontro con il Presidente Adolf Schärf. Colloqui con il Premier sovietico Nikita Khrushchev. | |
| 4-5 giugno 1961 | Regno Unito | Londra | Visita privata. Incontro con la Regina Elisabetta II e il Primo Ministro Harold Macmillan. | |
| 3 | 16-17 dicembre 1961 | Venezuela | Caracas | Incontro con il Presidente Rómulo Betancourt. |
| 17 dicembre 1961 | Colombia | Bogotà | Incontro con il Presidente Alberto Lleras Camargo. | |
| 4 | 21-22 dicembre 1961 | Bermuda | Hamilton | Incontro con il Primo Ministro Harold Macmillan. |
| 5 | 29 giugno - 1 luglio 1962 | Messico | Città del Messico | Visita di Stato. Incontro con il Presidente Adolfo López Mateos. |
| 6 | 18-21 dicembre 1962 | Bahamas | Nassau | Conferred con il Primo Ministro Harold Macmillan. |
| 7 | 18-20 marzo 1963 | Costa Rica | San José | Ha partecipato alla Conferenza dei Presidenti delle Repubbliche dell'America Centrale. |
| 8 | 23-25 giugno 1963 | Germania Ovest | Bonn, Colonia, Francoforte sul Meno, Wiesbaden |
Incontro con il Cancelliere Konrad Adenauer e altri funzionari. |
| 26 giugno 1963 | Germania Ovest | Berlino Ovest | ||
| 26-29 giugno 1963 | Irlanda | Dublino, Wexford, Cork, Galway, Limerick |
Visita alla casa degli antenati.[183] | |
| 29-30 giugno 1963 | Regno Unito | Birch Grove | Visita informale col Primo Ministro Harold Macmillan nella sua casa. | |
| 1-2 luglio 1963 | Italia | Roma, Napoli |
Incontro con il Presidente Antonio Segni e funzionari italiani e della NATO. | |
| 2 luglio 1963 | Città del Vaticano | Palazzo Apostolico | Udienza con il neo eletto Papa Paolo VI. |
Dallas, 22 novembre
Reputazione storica
Storici e politologi tendono, nella classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti d'America a valutare Kennedy come un buon presidente, anche se i giudizi sulle politiche da luiadottate sono miste. La prima parte della sua amministrazione portò dei passi falsi evidenziati dalla fallita invasione della Baia dei Porci e dal "Vertice di Vienna" del 1961[6][184].
L'ultimo anno della sua presidenza è stato riempito con diversi e notevoli successi, per i quali riceve i consensi maggiori. Gestì abilmente la crisi dei missili di Cuba, evitando così la deflagrazione di una guerra nucleare e preparò in tal modo il terreno per l'avvio di relazioni meno tese tra Stati Uniti e Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ha anche avanzato il principio di uguaglianza davanti alla legge sostenendo gli sforzi per porre fine alla segregazione razziale negli Stati Uniti d'America istituzionale e alla discriminazione negli Stati Uniti meridionali[6][184].
Molte delle proposte di Kennedy furono approvate dopo la sua morte, durante l'amministrazione della presidenza di Lyndon B. Johnson e la sua morte violenta diede a quelle proposte una potente componente morale[185]. Assassinato nel pieno della vita Kennedy rimane un simbolo potente e popolare di ispirazione e tragedia. Il termine "Camelot" viene spesso usato per descrivere la sua presidenza, riflettendo sia la grandezza mitica concessa a Kennedy con la morte sia la potente nostalgia che molti provano per quell'epoca della storia degli Stati Uniti d'America[184].
È idolatrato nella stessa misura concessa a Abraham Lincoln e Franklin Delano Roosevelt; i sondaggi di "Gallup Poll" mostrano costantemente che il suo indice di gradimento pubblico si aggira intorno all'83%[185].
Un sondaggio condotto da Washington Post nel 2014 su 162 membri della sezione Politica presidenziale ed esecutiva della "American Political Science Association" ha classificato Kennedy alla 14° posizione tra le 43 persone che hanno assunto il ruolo di presidente, incluso Barack Obama allora ancora in carica. Tra i "13 presidenti moderni", da Franklin Roosevelt a Obama, si piazza al centro del gruppo. Il sondaggio ha anche rilevato che Kennedy era il presidente statunitense più sopravvalutato della storia[186].
Un sondaggio C-SPAN del 2017 lo ha classificato tra i primi dieci presidenti di tutti i tempi. Il sondaggio ha chiesto a 91 storici presidenziali di classificare i 43 ex presidenti (incluso Obama) in varie categorie per ottenere un punteggio composito, risultante in una classifica generale. Kennedy è stato classificato 8° tra tutti gli ex presidenti (in calo rispetto alla 6° posizione ottenuta nel 2009).
Le sue classifiche nelle varie categorie di questo sondaggio più recente sono state le seguenti: persuasione pubblica (6°), leadership nelle situazioni di crisi (7°), gestione economica (7°), autorità morale (15°), relazioni internazionali (14°), capacità amministrative (15°), rapporti con l'assemblea congressuale (12°), visione/impostazione di un'agenda presidenziale (9°), perseguimento di un uguale giustizia per tutti (7°), prestazioni nel contesto dei tempi (9°)[187].
Note
- ^ Wallace Carroll, A Time of Change Facing Kennedy; Themes of Inaugural Note Future of Nation Under Challenge of New Era, January 21, 1961, p. 9.
- ^ a b The Cambridge Companion to John F. Kennedy, New York, Cambridge University Press, 2015, p. 1, ISBN 978-1-107-66316-9.
- ^ Reeves, 1993, p. 21
- ^ Dallek, 2003, p. 109
- ^ FAQ, in The Pulitzer Prizes, Columbia University. URL consultato il February 23, 2012 (archiviato dall'url originale il 1º August 2016).
- ^ a b c John F. Kennedy: Impact and Legacy, su millercenter.org, Miller Center of Public Affairs, University of Virginia. URL consultato il April 28, 2017.
- ^ JFK’s legacy: The party’s over, in The Great Debate, Reuters, November 22, 2013. URL consultato il September 1, 2016.
- ^ Robert A. Caro, The Passage of Power, New York, Alfred A. Knopf, 2012, pp. 121–135, ISBN 978-0-679-40507-8.
- ^ a b c John F. Kennedy: Campaigns and Elections, su millercenter.org, Miller Center of Public Affairs, University of Virginia. URL consultato il February 19, 2017.
- ^ Reeves, 1993, p. 15
- ^ Dudley, Shiraev, 2008
- ^ George C. Edwards, Why the Electoral College Is Bad for America, 2nd, Yale University Press, 2011, pp. 22–23, ISBN 978-0-300-16649-1.
- ^ Dudley, Shiraev, 2008
- ^ See No Electoral College Block, in Chicago Tribune, November 28, 1960.
- ^ Dudley, Shiraev, 2008
- ^ The 44th Presidential Inauguration: January 20, 1961, su inaugural.senate.gov, Joint Congressional Committee on Inaugural Ceremonies. URL consultato il April 4, 2017.
- ^ a b c John F. Kennedy, Inaugural Address, su jfklibrary.org, John F. Kennedy Presidential Library, January 20, 1961. URL consultato il February 22, 2012 (archiviato dall'url originale il January 11, 2012).
- ^ Kempe, 2011, p. 52
- ^ Brian Wolly, Inaugural Firsts, su smithsonianmag.com, Smithsonian.com, Smithsonian Institution, December 17, 2008. URL consultato il April 25, 2017.
- ^ Poetry and Power: Robert Frost's Inaugural Reading, su poets.org. URL consultato il April 25, 2017.
- ^ David Savage, Supreme Court's Byron White Will Step Down After 31 Years : Law: Departure would allow first high court appointee by a Democratic President in quarter of a century. Retirement could mark the start of a gradual shift toward the left., Los Angeles Times, 20 marzo 1993. URL consultato il 31 agosto 2016.
- ^ Brinkley, 2012, pp. 63–64
- ^ Brinkley, 2012, pp. 64–65
- ^ Reeves, 1993, p. 56
- ^ Brinkley, 2012, p. 91
- ^ Arjun Jaikumar, On taxes, let's be Kennedy Democrats. Or Eisenhower Republicans. Or Nixon Republicans., in Daily Kos, July 10, 2011. URL consultato il February 23, 2012.
- ^ Reeves, 1993, p. 453
- ^ Dennis Ippolito, Why Budgets Matter: Budget Policy and American Politics, Penn State Press, 2004, pp. 173–175, ISBN 0-271-02260-4.
- ^ Executions 1790 to 1963, su users.bestweb.net, Web.archive.org, April 13, 2003. URL consultato il February 23, 2012 (archiviato dall'url originale il April 13, 2003).
- ^ Carey Goldberg, Federal Executions Have Been Rare but May Increase, in The New York Times, May 6, 2001. URL consultato il February 23, 2012.
- ^ Deb Riechmann, Bush: Former Army cook's crimes warrant execution, in ABC News, July 29, 2008. URL consultato il February 23, 2012.
- ^ Legislative Summary: District of Columbia, su jfklibrary.org, John F. Kennedy Presidential Library. URL consultato il June 8, 2015.
- ^ Norton Letter to U.S. Attorney Says Death Penalty Trial That Begins Today Part of Troubling and Futile Pattern, su norton.house.gov, Office of Congresswoman Eleanor Holmes Norton, January 8, 2007. URL consultato il February 23, 2012.
- ^ John F. Kennedy, Executive Order 10980—Establishing the President's Commission on the Status of Women, su presidency.ucsb.edu, December 14, 1961. URL consultato il January 25, 2011.
- ^ Reeves, 1993, p. 433
- ^ The Equal Pay Act Turns 40, su archive.eeoc.gov. URL consultato il March 26, 2011 (archiviato dall'url originale il June 26, 2012).
- ^ Grantham (1988), The Life and Death of the Solid South: A Political History, p. 156
- ^ Dallek, 2003, pp. 292–293
- ^ Dallek, 2003, pp. 292–293
- ^ Brauer, 2002, p. 487
- ^ Brauer, 2002, p. 490
- ^ "John F. Kennedy", Urs Swharz, Paul Hamlyn, 1964
- ^ Bryant, 2006, pp. 60, 66
- ^ Brauer, 2002, p. 490
- ^ Brauer, 2002, p. 490
- ^ Reeves, 1993, pp. 123–126
- ^ Brauer, 2002, p. 490
- ^ Martin Luther King, Jr. and the Global Freedom Struggle, su mlk-kpp01.stanford.edu, Stanford University.
- ^ Bryant, 2006, p. 71
- ^ Brauer, 2002, p. 490
- ^ Gitlin (2009), The Ku Klux Klan: A Guide to an American Subculture, p. 29
- ^ Dallek, 2003, p. 580
- ^ Reeves, 1993, p. 515
- ^ Reeves, 1993, pp. 521–523
- ^ John F. Kennedy, Civil Rights Address, in AmericanRhetoric.com. URL consultato il September 20, 2007.
- ^ Schlesinger, 2002, p. 966
- ^ Reeves, 1993, p. 524
- ^ (EN) David J. Garrow, The FBI and Martin Luther King, in The Atlantic.
- ^ Meeting with Robert F. Kennedy (RFK), Martin Luther King, Jr. (MLK), and Burke Marshall, 10:30AM - John F. Kennedy Presidential Library & Museum, su jfklibrary.org.
- ^ Federal Bureau of Investigation (FBI), su kingencyclopedia.stanford.edu, Stanford University. URL consultato il 2 August 2016.
- ^ Herst, 2007, p. 372
- ^ Herst, 2007, pp. 372–374
- ^ David J. Garrow, The FBI and Martin Luther King, The Atlantic Monthly, July 8, 2002.
- ^ Reeves, 1993, pp. 580–582
- ^ Reeves, 1993, pp. 582–584
- ^ Reeves, 1993, pp. 599–600
- ^ Reeves, 1993, pp. 628–631
- ^ Brauer, 2002, p. 492
- ^ Brauer, 2002, p. 492
- ^ Bilharz, 2002, p. 55
- ^ John F. Kennedy, 320—Letter to the President of the Seneca Nation of Indians Concerning the Kinzua Dam on the Allegheny River, su presidency.ucsb.edu, The American Presidency Project, August 11, 1961. URL consultato il February 25, 2012.
- ^ Apollo: The Race to the Moon, Simon & Schuster, 1989, p. 60, ISBN 0671611011.
- ^ Reeves, 1993, p. 138
- ^ Nelson, 2009, p. 145
- ^ Arthur L. Levine, The Future of the U.S. Space Program, Praeger Publishers, 1975, p. 71, ISBN 9780275087005.
- ^ Levine, Anold S. (1982). Managing NASA in the Apollo Era, chapter 27, "The Lunar Landing Decision and Its Aftermath". NASA SP-4102.
- ^ Nelson, 2009, p. 146
- ^ Nelson, 2009, p. 146
- ^ Kenney, 2000, pp. 115–116
- ^ Nelson, 2009, p. 146
- ^ Dallek, 2003, p. 502
- ^ Reeves, 1993, p. 138
- ^ Dallek, 2003, p. 392
- ^ Hugh Sidey, John F. Kennedy, President, 2nd, New York, Atheneum, 1964, pp. 117–118.
- ^ Dallek, 2003, p. 393
- ^ John F. Kennedy, Memorandum for Vice President, in The White House, John F. Kennedy Presidential Library and Museum, April 20, 1961. URL consultato il August 1, 2013.
- ^ Roger D. Launius, President John F. Kennedy Memo for Vice President, 20 April 1961, in Apollo: A Retrospective Analysis (PDF), Washington, D.C., NASA, July 1994. URL consultato il August 1, 2013. Key Apollo Source Documents.
- ^ a b Lyndon B. Johnson, Memorandum for the President, in Office of the Vice President, John F. Kennedy Presidential Library and Museum, April 28, 1961. URL consultato il August 1, 2013.
- ^ Roger D. Launius, Lyndon B. Johnson, Vice President, Memo for the President, 'Evaluation of Space Program,' 28 April 1961, in Apollo: A Retrospective Analysis (PDF), Washington, D.C., NASA, July 1994. URL consultato il August 1, 2013. Key Apollo Source Documents.
- ^ John F. Kennedy, Apollo Expeditions to the Moon: Chapter 2, in history.nasa.gov, 1961. URL consultato il February 26, 2012.
- ^ John F. Kennedy, President John F. Kennedy: The Space Effort, su webcast.rice.edu, Rice University, September 12, 1962. URL consultato il February 25, 2012 (archiviato dall'url originale il September 12, 2006).
- ^ Marc Selverstone, JFK and the Space Race, White House Tapes–Presidential Recordings Program, Miller Center of Public Affairs, University of Virginia. URL consultato il February 26, 2012.
- ^ Dallek, 2003, pp. 652–653
- ^ Dallek, 2003, p. 654
- ^ Dallek, 2003, pp. 338–339
- ^ Schlesinger, 2002, pp. 606–607
- ^ When the World Calls: The Inside Story of the Peace Corps and Its First Fifty Years, Beacon Press, 2011, ISBN 978-0807050491.
- ^ Peace Corps, Fast Facts, su peacecorps.gov. URL consultato il 2 August 2016 (archiviato dall'url originale il 2 August 2016).
- ^ Brinkley, 2012, p. 76
- ^ Brinkley, 2012, p 77
- ^ Schlesinger, 2002, pp. 233, 238
- ^ Piero Gleijeses, Ships in the Night: The CIA, the White House and the Bay of Pigs, in Journal of Latin American Studies, vol. 27, n. 1, February 1995, pp. 1–42.
- ^ Reeves, 1993, pp. 69–73
- ^ 50 Years Later: Learning From The Bay Of Pigs, NPR, 17 April 2011. URL consultato il 1º September 2016.
- ^ Reeves, 1993, pp. 71, 673
- ^ Brinkley, 2012, pp. 68–69
- ^ Schlesinger, 2002, pp. 268–294, 838–839
- ^ Jean Edward Smith, "Bay of Pigs: The Unanswered Questions", The Nation, April 13, 1964.
- ^ Reeves, 1993, pp. 95–97
- ^ Schlesinger, 2002, pp. 290, 295
- ^ Brinkley, 2012, pp. 70–71
- ^ Reeves, 1993, p. 264
- ^ Brinkley, 2012, p. 74
- ^ Brinkley, 2012, pp. 77–78
- ^ Reeves, 1993, p. 145
- ^ Reeves, 1993, pp. 161–168
- ^ Reeves, 1993, pp. 169–175
- ^ Reeves, 1993, p. 185
- ^ Reeves, 1993, p. 201
- ^ Reeves, 1993, pp. 210-212
- ^ Reeves, 1993, p. 213
- ^ Brinkley, 2012, pp. 113–114
- ^ Reeves, 1993, p. 345
- ^ Reeves, 1993, p. 245
- ^ Reeves, 1993, p. 387
- ^ Reeves, 1993, pp. 387-388
- ^ Reeves, 1993, p. 388
- ^ Reeves, 1993, p. 389
- ^ Reeves, 1993, p. 390
- ^ Reeves, 1993, p. 403
- ^ Reeves, 1993, p. 426
- ^ Kenney, 2000, pp. 184–186
- ^ Kenney, 2000, p. 189
- ^ Reeves, 1993, p. 425
- ^ Brinkley, 2012, pp. 124–126
- ^ Reeves, 1993, p. 75
- ^ Karnow, 1991, pp. 230, 268
- ^ Reeves, 1993, p. 119
- ^ Dunnigan, Nofi, 1999
- ^ Reeves, 1993, p. 240
- ^ Reeves, 1993, p. 242
- ^ Brief Overview of Vietnam War, su swarthmore.edu, Swarthmore College Peace Collection. URL consultato il 2 August 2016 (archiviato dall'url originale il 3 August 2016).
- ^ Vietnam War Allied Troop Levels 1960-73, su americanwarlibrary.com, The American War Library. URL consultato il 2 August 2016 (archiviato dall'url originale il 2 August 2016).
- ^ Tucker, 2011, p. 1070
- ^ Tucker, 2011, p. 1070
- ^ Reeves, 1993, p. 281
- ^ McNamara, 2000, p. 143
- ^ Reeves, 1993, p. 259
- ^ Reeves, 1993, p. 484
- ^ Malcolm Browne, World Press Photo 1963, Amsterdam, World Press Photo, 1963. URL consultato il 23 October 2007.
- ^ Reeves, 1993, p. 558
- ^ Reeves, 1993, p. 559
- ^ Reeves, 1993, pp. 562–563
- ^ Reeves, 1993, p. 573
- ^ Reeves, 1993, p. 577
- ^ Reeves, 1993, p. 560
- ^ Reeves, 1993, p. 595
- ^ Reeves, 1993, p. 602
- ^ Reeves, 1993, p. 609
- ^ Reeves, 1993, p. 610
- ^ Reeves, 1993, p. 613
- ^ Reeves, 1993, p. 612
- ^ Reeves, 1993, p. 617
- ^ Reeves, 1993, p. 638
- ^ Reeves, 1993, p. 650
- ^ Reeves, 1993, p. 651
- ^ Reeves, 1993, p. 660
- ^ Joseph J. Ellis, Making Vietnam History, in Reviews in American History, vol. 28, n. 4, 2000, pp. 625–629, DOI:10.1353/rah.2000.0068.
- ^ Warrior For Peace, in Time Magazine, June 21, 2007. URL consultato il March 1, 2012.
- ^ Blight, Lang
- ^ McGeorge Bundy, National Security Action Memorandum # 263, in JFK Lancer, October 11, 1963. URL consultato il February 19, 2012 (archiviato dall'url originale il 3 August 2016).
- ^ Dallek, 2003, p. 680
- ^ Marking the 50th Anniversary of JFK’s Speech on Campus, su american.edu, American University. URL consultato il 2 August 2016.
- ^ The World: New Chapter, Old Debate; Would Kennedy Have Quit Vietnam?, in New York Times, May 25, 2003. URL consultato il January 27, 2012.
- ^ Matthews, 2011, pp. 393-394
- ^ Sorensen, 1966, p. 359
- ^ Sorensen, 1966, p. 359
- ^ Generations Divide Over Military Action in Iraq, Pew Research Center, October 2002.
- ^ Karnow, 1991, pp. 339, 343
- ^ McGeorge Bundy, National Security Action Memorandum Number 273, in JFK Lancer, November 26, 1963. URL consultato il February 19, 2012.
- ^ NSAM 273: South Vietnam, su lbjlib.utexas.edu. URL consultato il February 19, 2012 (archiviato dall'url originale il 3 August 2016).
- ^ Travels of President John F. Kennedy, su history.state.gov, U.S. Department of State Office of the Historian.
- ^ 1963: Warm welcome for JFK in Ireland, BBC, 27 giugno 1963. URL consultato il 23 febbraio 2012 (archiviato dall'url originale il 3 agosto 2016).
- ^ a b c Alan Brinkley, The Legacy of John F. Kennedy, The Atlantic. URL consultato il September 1, 2016.
- ^ a b Todd J. Gillman, JFK’s legacy: Kennedy fell short of greatness, yet inspired a generation, Dallas Morning News, November 16, 2013. URL consultato il April 28, 2017.
- ^ New ranking of U.S. presidents puts Lincoln at No. 1, Obama at 18; Kennedy judged most overrated, in Monkey Cage, Washington Post, February 16, 2015. URL consultato il April 28, 2017.
- ^ Historians Survey Results: John F. Kennedy, in Presidential Historians Survey 2017, National Cable Satellite Corporation, 2017. URL consultato il April 28, 2017.
Bibliografia
Opere citate
- Joy Ann Bilharz, The Allegany Senecas and Kinzua Dam: Forced Relocation Through Two Generations, Lincoln, University of Nebraska Press, 2002, ISBN 978-0-8032-1282-4.
- The Fog of War: Eleven Lessons from the Life of Robert S. McNamara, Lanham, Md., Rowman & Littlefield, 2005, ISBN 978-0-7425-4221-1.
- Carl M. Brauer, John F. Kennedy, in The Presidents: A Reference History, 7th, 2002, pp. 481–498, ISBN 0-684-80551-0.
- John F. Kennedy, Times Books, 2012, ISBN 978-0-8050-8349-1.
- Nick Bryant, Black Man Who Was Crazy Enough to Apply to Ole Miss, in The Journal of Blacks in Higher Education, n. 53, Autumn 2006.
- Robert Dallek, An Unfinished Life: John F. Kennedy, 1917–1963, Boston, MA, Little, Brown and Co, 2003, ISBN 978-0-316-17238-7.
- Counting Every Vote: The Most Contentious Elections in American History, Dulles, Virginia, Potomac Books, 2008, ISBN 978-1-59797-224-6.
- Dirty Little Secrets of the Vietnam War, St. Martin's, 1999, ISBN 978-0-312-19857-2.
- David Frum, How We Got Here: The '70s, Basic Books, 2000, ISBN 978-0-465-04196-1.
- Bryan R. Gibson, Sold Out? US Foreign Policy, Iraq, the Kurds, and the Cold War, Palgrave Macmillan, 2015, ISBN 978-1-137-48711-7.
- Burton Herst, Bobby and J. Edgar: The Historic Face-Off Between the Kennedys and J. Edgar Hoover That Transformed America, Basic Books, 2007, ISBN 978-0-7867-1982-2.
- Stanley Karnow, Vietnam: A History, 2nd, Penguin books, 1991, ISBN 9780140145335.
- Frederick Kempe, Berlin 1961, New York, G.P. Putnam's Sons, 2011, ISBN 978-0-399-15729-5.
- Charles Kenney, John F. Kennedy: The Presidential Portfolio, PublicAffairs, 2000, ISBN 978-1-891620-36-2.
- Chris Matthews, Jack Kennedy: Elusive Hero, Simon & Schuster, 2011, ISBN 978-1-4516-3508-9.
- Robert S. McNamara, Argument Without End: In Search of Answers to the Vietnam Tragedy, 2000.
- Craig Nelson, Rocket Men: The Epic Story of the First Men on the Moon, New York, New York, John Murray, 2009, ISBN 978-0-670-02103-1.
- Michael O'Brien, John F. Kennedy: A Biography, Thomas Dunne, 2005, ISBN 978-0-312-28129-8.
- Richard Reeves, President Kennedy: Profile of Power, New York, Simon & Schuster, 1993, ISBN 978-0-671-64879-4.
- Jeremey Salt, The Unmaking of the Middle East: A History of Western Disorder in Arab lands, Berkeley, CA, University of California Press, 2008, ISBN 978-0-520-25551-7.
- Arthur M. Jr Schlesinger, A Thousand Days: John F. Kennedy in the White House, Boston, Houghton Mifflin, 2002, ISBN 978-0-618-21927-8.
- Theodore Sorensen, Kennedy, New York, Bantam, 1966.
- Spencer Tucker, The Encyclopedia of the Vietnam War: A Political, Social, and Military History, ABC-CLIO, 2011, ISBN 978-1851099603.
Altre letture
- John Barnes, John F. Kennedy on Leadership, 2007.
- Selverstone, Marc J. "Eternal Flaming: The Historiography of Kennedy Foreign Policy," Passport: The Newsletter of the SHAFR (April 2015), Vol. 46 Issue 1, pp 22–29.
- Selverstone, Marc J. ed. A Companion to John F. Kennedy (2014) chapters 11-25 pp 207–496
Fonti primarie
- Documentary History of the John F. Kennedy Presidency (18 vol. University Publications of America, 1996) online table of contents
Voci correlate
- Candidati alla presidenza degli Stati Uniti d'America per il Partito Democratico
- Diritti umani negli Stati Uniti d'America
- Elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America del 1960
- Insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America
- Leggenda sulle coincidenze Lincoln-Kennedy
- Maledizione dell'anno zero
- Movimento per i diritti civili degli afroamericani (1954-1968)
- Presidente degli Stati Uniti d'America
- Presidente eletto degli Stati Uniti d'America
- Presidenti degli Stati Uniti d'America
- Razzismo negli Stati Uniti d'America
- Segregazione razziale negli Stati Uniti d'America
- Storia del Partito Democratico (Stati Uniti d'America)