Selene
Nelle religioni dell'antica Grecia, Selene (in greco Template:Polytonic, "Luna"; etimo: "la Risplendente"[1]) è la dea della Luna, figlia di Iperione e Teia, sorella di Helios (il Sole) ed Eos (l'Aurora).


Selene è la personificazione della Luna piena, come Artemide è personificazione della Luna crescente, Ecate è la personificazione della Luna calante ed infine Perseide rappresenta la luna nuova.
Analogamente, nella religione romana viene associata al satellite la divinità Luna[2]; a Roma, sull'Aventino, si trovava il tempio della Luna.
La Dea viene generalmente descritta come una bella donna con il viso pallido, che indossa lunghe vesti fluide bianche o argentate e che reca sulla testa una luna crescente e in mano una torcia. Molte rappresentazioni la raffigurano su un carro trainato da buoi o su una biga tirata da cavalli, che insegue quella solare.
Le si attribuirono diversi amanti, tra i quali: Zeus, da cui ebbe Pandia (la Luna piena) e forse Ersa (la rugiada, anche se quest'ultima viene anche considerata figlia di Eos); Pan, che per sedurla si travestì con un vello di pecora bianca affinché Selene vi salisse sopra; e soprattutto il mortale Endimione, il bellissimo e giovane re dell'Elide, di cui Selide si innamorò.
Secondo i Greci, Endimione fu condannato da Zeus a dormire per 30 anni in una grotta del monte Latmo, in Asia Minore; la sua innamorata lo andava a trovare ogni notte.
Secondo i Romani, invece, Selene conobbe e si innamorò perdutamente del giovane Endimione allorché lo vide addormentato in una grotta. Da questo grande amore vennero alla luce cinquanta figli; Selene però non sopportava l'idea che un giorno il suo amante potesse morire, e lo fece sprofondare in un sonno eterno per poi andare a trovarlo ogni notte. Endimione dormiva con gli occhi aperti, per poter vedere l'apparizione della sua donna.
Altre versioni meno romantiche della storia sostengono che Endimione avesse chiesto a Zeus di dormire per non perdere la sua giovanile bellezza, o addirittura per evitare che Selene rischiasse un'ulteriore gravidanza.
Fonti
- Pseudo-Apollodoro 1.2.2;
- Esiodo, Teogonia 371;
- Nonno di Panopoli, Dionysiaca 48.581;
- Pausania, Periegesi della Grecia V 1.4;
- Strabone, Geografia, XIV 1,6;
- Marco Tullio Cicerone, De natura deorum, II,27;
- Agostino di Ippona, La città di Dio, IV,23.
Note
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