Ankòn (traslitterazione del greco antico Ἀγκών) è il nome di Ancona durante la sua fase di città greca, che si svolse tra il IV e il II secolo a.C.

Ankòn
Moneta greca di Ancona (verso), con il gomito piegato e la legenda in greco antico ΑΓΚΩΝ (ANKON)
Nome originale Ἀγκών (Ankòn)
Cronologia
Fondazione 387 a.C.
Fine tra il 133 a.C. e il 90 a.C.
Causa
Amministrazione
Territorio controllato parte settentrionale del promontorio del Conero, compresa tra la cima del Monte, l'Esino e l'Aspio
Territorio e popolazione
Superficie massima 240 km2
Lingua Greco antico (Dialetto dorico)
Localizzazione
Stato attuale Italia (bandiera) Italia
Coordinate 43°35′39.12″N 13°30′12.13″E
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Ankòn
Ankòn
«Ancon dorica civitas fidei»

Fondata nel 387 a.C. ad opera di greci siracusani, e dunque di stirpe dorica, fu una delle polis più settentrionali della colonizzazione greca in Occidente. Prima dell'arrivo dei Siracusani, era un emporio greco e si pensa che il toponimo Ankòn (Ἀγκών) risalga a quell'epoca e che sia la prima testimonianza della grecità di Ancona. Con la fondazione siracusana l'emporio divenne una città di lingua, cultura ed aspetto greco, che poi mantenne a lungo, sino sino al II secolo a.C., quando già la regione circostante e l'Italia centrale erano entrate prima nell'influsso e poi nello stato romano.

Ankòn, attraverso il suo porto, mantenne rapporti intensi con i principali centri del Mediterraneo orientale, come provano le testimonianze archeologiche, numerose e significative specialmente per l'età ellenistica. Fu gradatamente assorbita nello stato romano, pur rimanendo per alcuni decenni un'isola linguistica e culturale greca[1].

Contatti con la civiltà micenea

(greco antico)
«Μετὰ δὲ Σαυνίτας ἔθνος ἐστὶν Ὀμβρικοὶ, καὶ πόλις ἐν αὐτῆ Ἀγκών ἐστι. Τοῦτο δὲ τὸ ἔθνος τιμᾷ Διομήδην, εὐεργετηὲν ὐπ'αὐτοῦ καὶ ἱερόν ἐστιv αὐτοῦ.»
(italiano)
«Dopo i Sanniti[2] c'è il popolo degli Umbri[3], presso i quali si trova la città di Ancona. Questa gente venera Diomede come benefattore, e c'è un tempio in suo onore.»
 
Frammento di vaso miceneo, trovato al Montagnolo.

La citazione dello Pseudo Scilace[4] sopra riportata è la più antica testimonianza scritta su Ancona. Essa attesta che i Greci indicavano con il nome greco di Ankòn (Ἀγκών), ossia "gomito", il luogo in cui sorse la colonia siracusana, e che vi era praticato il culto di un eroe greco: Diomede. Il toponimo è basato sul fatto che Ancona sorge su un promontorio a forma di gomito piegato, che dà origine ad un ampio porto naturale, oggi unico nell'Adriatico tra il Po e il Gargano e in età antica affiancato solo da quello di Numana, anch'esso sul promontorio del Conero, ma sul versante meridionale. Questa funzione protettiva nei confronti delle onde e dei venti era stata notata dai navigatori greci ed è alla base dell'antica frequentazione del luogo e della successiva fondazione della città[5].

La testimonianza scritta è suffragata da importanti ritrovamenti archeologici avvenuti sul Montagnolo[6] [7], colle che si trova in posizione dominante sul golfo di Ancona e le cui pendici orientali sono attualmente occupate dai rioni periferici di Posatora e del Pinocchio; la cima è invece fuori dal centro abitato.

Nell'estate del 1982, in seguito a ritrovamenti archeologici sporadici, la Soprintendenza decise di eseguire alcuni saggi di scavo, che portarono al ritrovamento di testimonianze di un abitato dell'Età del Bronzo, del periodo medio e finale, ossia dal 1600 al 1000 a.C.[6]. Insieme a vasi in terracotta con decorazione tipica della Cultura appenninica, sono stati ritrovati due frammenti di ceramica micenea; la cosa è inusuale nell'Adriatico, e, nel settore centrale e settentrionale, è tipica solo di un numero limitato di altri siti, elencati di seguito[8].

 
Luoghi legati al mito di Diomede e ritrovamenti micenei

Questi ritrovamenti testimoniano i percorsi delle antiche rotte adriatiche micenee.

Oltre ad Ancona, il culto di Diomede è testimoniato in Adriatico in vari luoghi:

Come si può notare effettuando un confronto tra i siti dei ritrovamenti micenei e i luoghi di culto di Diomede, essi a volte coincidono, come accade anche ad Ancona; questa coincidenza non è certo casuale, ma mostra che tale culto è stato diffuso proprio dai navigatori provenienti dalla Grecia, in un'epoca di poco più tarda rispetto alla Guerra di Troia, ossia intorno al XIII secolo a.C., all'epoca della diaspora micenea (tardo elladico).

In base ai ritrovamenti archeologici del Montagnolo, si può dire quindi che le popolazioni greche conoscevano e frequentavano il porto naturale di Ancona ben prima della fondazione della città (circa nove secoli prima), e che furono essi ad introdurre nella zona di Ancona il culto dell'eroe greco Diomede, ricordato dal Periplo di Scilace. Tale culto potrebbe poi essere stato rivitalizzato in occasione dell'arrivo dei siracusani che fondarono la città nel IV secolo a.C.[9].

La fondazione siracusana

(greco antico)
«Πόλεις δὲ Ἀγκών μὲν Ἑλληνίς, Συρακουσίων κτισμα τῶν φυγόντων τὴν Διονυσίου τυραννίδα; κεῖται δ'ἐπ'ἄκρας μέν λιμένα ἐμπεριλαμβανούσης τῇ πρὸς τὰς ἄρκτους ἐπιστροφῇ, σφόδρα δ'εὔοινός ἐστι καὶ εὐπυροφόρος.»
(italiano)
«Ancona è città greca, fondazione dei siracusani che fuggivano la tirannide di Dionisio; sta su un'altura che circonda il porto da Nord, ha un buon vino e un suolo fertile.»
 
Dipinto ottocentesco che raffigura il tiranno Dionisio in piedi al centro (La spada di Damocle, opera di Richard Westall del 1812).

Come è testimoniato dalla citazione sopra riportata, la definitiva grecizzazione del luogo risale al IV secolo a.C.. Fu nel 387 a.C.[10], infatti, che un gruppo di greci provenienti da Siracusa, esuli dalla tirannide di Dionisio I, sbarcarono ad Ancona e fondarono la città[11] .

Prima della fondazione siracusana, il promontorio di Ancona era comunque già abitato, da secoli, e frequentato da popolazioni greche: nell'Età del Bronzo antico esisteva un villaggio nell'area dell'attuale Campo della Mostra (o Piazza Malatesta) ed un altro villaggio dell'Età del Bronzo si trovava sul colle del Montagnolo: si tratta del sito citato nel capitolo precedente, che ha restituito i frammenti di ceramica micenea; infine, un terzo centro abitato dell'Età del Bronzo si trovava sul Colle dei Cappuccini; quest'ultimo, poi, continuò a svilupparsi sino all'Età del Ferro, diventando un centro piceno[12].

Prima della sua fondazione, Ancona era già un emporio marittimo greco-piceno, terminale della via dell'ambra, che partiva dal mar Baltico, e di quella dello stagno, che iniziava dalla Cornovaglia e dalla Germania; attraverso questo approdo i Greci si rifornivano anche di grano, ed esportavano olio e vino. Le città greche che utilizzavano l'emporio anconitano erano inizialmente Rodi, Focea, Corinto, Egina e Corfù; poi, dopo la seconda metà del VI secolo a.C. e per i successivi 150 anni, Atene; infine furono soprattutto i Siracusani a frequentare Ancona[13].

Come in tanti altri casi di fondazione (in Greco antico ktisis) di colonia, anche per Ancona i Greci scelsero dunque un luogo già da tempo da essi utilizzato ed attrezzato come scalo marittimo (in Greco antico emporion)[14], costituito da magazzini, strutture portuali ed una serie di edifici abitati da greci che conservavano le proprie tradizioni e, pur non avendo la sovranità del territorio, vivevano in piena autonomia[15].

I greci fondatori di Ancona erano greci siracusani e dunque della stirpe greca dei Dori: infatti Siracusa fu fondata dai Corinti, e Corinto è una città greca dorica[16]. Dai dori siracusani Ancona prese l'appellativo di "città dorica", che ancora oggi la contraddistingue, epiteto molto usato sia a livello colto, sia a livello popolare. Le origini greche di Ancona sono ricordate nel cartiglio posto sotto lo stemma civico: Ancon Dorica Civitas Fidei[17].

La fondazione di Ancona rientrava nel piano di Dionisio I di espandere l'influenza siracusana nell'Adriatico, e fu accompagnata dalla nascita di altre colonie greche nella sponda orientale di questo mare[18].

La localizzazione del porto è alla base della fondazione di Ancona; infatti questo scalo naturale si trova a metà della costa adriatica occidentale, quasi del tutto importuosa, e dunque rappresenta l'unico luogo ove poter riparare le navi dalle onde, dalle bocche del Po sino al Gargano. Inoltre esso si trova a ridosso di un promontorio che si spinge verso la costa dalmata, il Conero, che facilita l'attraversamento del mare, assumendo anche la funzione di traguardo visivo per i navigatori provenienti da est. I Greci diretti verso i fiorenti mercati della Pianura Padana, dunque, sin dall'epoca micenea, hanno sempre risalito l'Adriatico soprattutto lungo la costa dalmata, per poi attraversare il mare tra Zara e il Conero, raggiungendo infine gli scali padani. Dionisio, con la fondazione delle nuove colonie adriatiche, pose questa rotta sotto il completo controllo siracusano[19].

La colonia di Ancona non faceva parte della Magna Grecia, in quanto con questo termine i Greci indicavano esclusivamente la zona grecizzata dell'Italia meridionale (esclusa la Sicilia) e i Romani anche le colonie greche siciliane.

Un'esposizione (non completa) dei resti archeologici provenienti della necropoli e dalla zona archeologica del porto sono ammirabili nel museo di storia urbana, sito in Piazza del Plebiscito e nel Museo archeologico nazionale (sezione greco-ellenistica).

L'acropoli e il porto

 
Il Colle Guasco, antica acropoli secondo la maggior parte degli studiosi; dal Medioevo vi sorge il Duomo.

La tradizione storiografica localizza la città greca nel cuore della città attuale: sul colle Guasco, con l'acropoli che occupava la cima del colle; il dato trova corrispondenza nel ritrovamento dei resti di un tempio classico sotto il Duomo[20]; sulla natura di questo tempio, greco oppure italico, esiste un dibattito, esposto nel capitolo seguente. A favore della localizzazione sul colle Guasco è anche il rinvenimento di una strada basolata con resti di edifici (nella zona dell'Anfiteatro), il tutto successivo al periodo piceno e precedente l'età imperiale romana; è la più antica testimonianza della fase urbana di Ancona, finora conosciuta solo attraverso i ritrovamenti della necropoli. È riferibile quindi al periodo greco[21].

Esiste un'ipotesi alternativa, che localizza invece l'abitato greco e la sua acropoli sul colle del Montagnolo, come proverebbero testimonianze greche là ritrovate. Al Montagnolo, infatti, gli scavi parziali fino ad ora condotti hanno provato l'esistenza di un abitato che ha restituito numerosi reperti risalenti proprio al IV secolo a.C. e dunque al periodo corrispondente alla fondazione siracusana; anche in questa zona è stato rinvenuto un tratto di strada basolata[22].

In attesa di più approfondite ricerche (l'abitato ritrovato al Montagnolo è stato solo individuato ed è ancora inedito), la maggior parte degli studiosi propende ancora per la localizzazione tradizionale, ossia quella sul colle Guasco[6].

Il porto greco della città corrisponde all'area compresa tra l'attuale molo traianeo e l'attuale Lazzaretto, come concordano gli studiosi moderni[23], anche se la tradizione storiografica[24] localizzava il porto greco più a nord, nell'area attualmente occupata dai Cantieri navali.

I fondatori della città

Il passo citato sopra dello storico Strabone (che scrive tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.) dice, tra l'altro: Ancona è [...] fondazione dei siracusani che fuggivano la tirannide di Dionisio. Gli storici moderni hanno cercato di capire chi fossero questi esuli siracusani ai quali si deve la fondazione di Ancona, e ciò ha fatto sorgere varie ipotesi[25].

 
Le colonie greche in Adriatico; evidenziate in rosso quelle fondate direttamente o indirettamente da Siracusa.
 
Siracusa: l'Orecchio di Dionisio, ove, secondo la leggenda, Dionisio rinchiudeva i suoi avversari politici per carpirne i discorsi grazie ad un particolare fenomeno acustico.

Alcuni sostengono che la fondazione di Ancona sia stata opera dello stesso Dionisio, e che ciò faceva parte del suo piano di controllo delle rotte navali adriatiche, similmente alle altre colonie da lui fondate in questo mare: oltre ad Ankòn, in Italia Dionisio fondò infatti Adrìa (attuale Adria), in Dalmazia Issa (attuale Lissa) e in Albania Lissos (attuale Alessio). Dionisio inoltre favorì la fondazione, da parte dei cittadini di Paro, della colonia di Pharos (attuale Cittavecchia), nell'isola di Lesina, ove è ricordata anche l'esistenza di Dimos (l'attuale città di Lesina)[26]. La colonia siracusana di Issa a sua volta fondò Tragyrion (attuale Traù), Korkyra Melaina (attuale Curzola) ed Epetion (attuale Stobreč, sobborgo di Spalato). Tragyrion, infine, potenziò l'emporio greco di Salona. L'Adriatico, per alcuni decenni, rimase così sotto completo controllo siracusano[27]. Ciò, però, non spiega perché Strabone abbia usato l'espressione "che fuggivano la tirannide di Dionisio" (φυγόντων τὴν Διονυσίου τυραννίδα).

Altri studiosi invece pensano che, in base al passo citato di Strabone, Ancona sia stata fondata da uomini che non approvavano la politica del tiranno Dionisio il grande e per questo motivo avevano lasciato la propria città per fondarne un'altra (Ancona). Ciò, però, è in contraddizione con la politica di Dionisio, che portò Siracusa a fondare nell'Adriatico le colonie elencate sopra, volte al controllo delle rotte navali in questo mare.

Altri storici, infine, pensano che le due ipotesi non siano in contraddizione: è noto che spesso uno dei motivi della fondazione di una colonia greca è la necessità di liberarsi di uomini indesiderati nella madrepatria, inviandoli a fondare città che poi rimanevano legate economicamente e culturalmente alla metropoli d'origine. Dionisio stesso esiliò a Turii il fratello Leptine e in Epiro l'ammiraglio Filisto, quando essi iniziarono a manifestare dissenso contro la sua politica. Anche i trapianti etnici forzati erano una pratica esistente nell'ambito della colonizzazione greca; si può, tra gli altri, citare il caso di Messina, rifondata dopo la distruzione cartaginese con uomini forzatamente esiliati da Locri.

Ancona, secondo questa ipotesi di sintesi, fu fondata per un preciso disegno di Dionisio il grande, che vi inviò un certo numero di dissidenti politici, liberandosi così della loro scomoda presenza nella madrepatria, ma legandoli nello stesso lempo indissolubilmente a sé, dato che la nuova polis avrebbe potuto prosperare solo grazie ai contatti con la metropoli. Nello stesso tempo, il tiranno di Siracusa metteva un altro tassello nella sua politica egemonica delle rotte adriatiche.

C'è anche chi prova ad ipotizzare la natura del dissenso politico dei fondatori di Ankòn: forse essi erano i fuoriusciti di Siracusa che avevano riparato in varie polis della Magna Grecia e che, dopo la Battaglia dell'Elleporo, furono riconsegnati al tiranno e da questi esiliati nella nuova colonia. Altri ipotizzano invece che la natura del dissenso dei fondatori di Ankòn sia da ravvicinare a quella del fratello di Dionisio Leptine e del suo ammiraglio Filisto, esiliati perché non approvavano la politica aggressiva nei confronti delle polis della Magna Grecia[28].

I rapporti con i Galli Senoni e con i Piceni

 
Il Galata morente, copia romana da un originale bronzeo del 230-220 a.C. Presenta i tratti tipici del guerriero celtico: gli zigomi alti, l'acconciatura dei capelli, dalle folte e lunghe ciocche, la torque intorno al collo, la nudità.
 
Statua moderna che raffigura un guerriero piceno.

Pochi anni prima della fondazione della colonia di Ankòn, le attuali Marche videro l'arrivo dei Sènoni, popolazione gallica proveniente dalla provincia francese dello Champagne[29], che occuparono tutto il settore settentrionale della regione ed anche alcune zone più a sud.

I Piceni, dunque, che prima dell'arrivo dei Sènoni vivevano in tutto il territorio che oggi definiamo marchigiano, si trovarono a convivere con culture diverse, che influirono profondamente sul loro modo di vivere, tanto che gli archeologi parlano di una nuova fase della civiltà picena: la "Piceno IV", l'ultima di questo popolo italico prima della sua romanizzazione[30]. Questa fase della civiltà picena è contraddistinta archeologicamente dalla ceramica alto-adriatica, derivante per le forme dalla ceramica attica, ma con figure tendenti all'astrattismo, che ricordano singolarmente certe forme di arte moderna. Nello stesso tempo, anche l'originaria cultura celtica dei Sènoni, a contatto con Piceni e Greci, subisce un'evoluzione, dissolvendosi in in una koiné celto-greco-italica, dove l'elemento celtico rimase immutato solo per ciò che riguarda l'armamento[31].

Ankòn fu quindi un centro in cui la cultura gallica, picena e greca convivevano fianco a fianco, stabilendo rapporti di influenza reciproca e in alcuni casi fondendosi[31], come sembra sia avvenuto anche con lo stesso insediamento urbano[32].

La greca Ancona fu uno dei principali mercati di mercenari gallici, che si recavano in città per procurarsi ingaggi; i rapporti intensi tra Ancona e i Galli è testimoniata dai ritrovamenti nella zona di spade lateniane in ferro con i loro foderi, quasi tutte ritualmente piegate, e di altri oggetti celtici[33]. Diversi studiosi pensano che fu proprio ad Ancona che Dionisio il grande reclutava mercenari sènoni, per poi utilizzarli nel corso delle sue azioni militari, in Grecia e in Italia meridionale[34].

L'epiteto "Ancon Dorica"

File:Ancona-Stemma.png

L'epiteto di "Ancon Dorica" caratterizza da secoli la città e deriva chiaramente dall'origine greco-siracusana di Ancona, come chiarito sopra. L'aggettivo "dorico" è usato comunemente come sinonimo di "anconitano" ed Ancona stessa è indicata come "la città dorica". Conferma del profondo legame tra Ancona e l'aggettivo "dorico" è il cartiglio dello stemma della città, in cui compare il motto latino "Ancon dorica civitas fidei".

La ricerca storica ha cercato di risalire all'origine di questa usanza, pervenendo alla conclusione che il passo più antico in cui essa è attestata è quello di Giovenale: Ante domum Veneris, quam dorica sustinet Ancon[35]. Si pensa, però, che la fortuna del passo di Giovenale non può essere il solo motivo dell'affermazione dell'aggettivo "dorica" riferito ad Ancona; l'ipotesi più probabile è dunque che Giovenale stesso riprenda un'usanza già affermatasi nella cultura romana e poi tramandatesi nei secoli successivi, sino agli studiosi dell'Umanesimo, che la registrano definitivamente[36].

Templi

Il tempio di Afrodite

 
La scena della Colonna Traiana in cui è raffigurata Ancona e i suoi templi di Afrodite (sulla collina) e di Diomede (sulla riva del mare).
 
Resti e ricostruzione del tempio di Afrodite, secondo Lidiano Bacchielli.
 
Ricostruzione del tempio di Asclepio ad Epidauro, modello del tempio di Ancona secondo Lidiano Bacchielli.
(lituano)
«Ante domum Veneris, quam dorica sustinet Ancon...»
(italiano)
«Davanti al tempio di Venere, che la dorica Ancona innalza...»
(lituano)
«Nunc, o ceruleo creata ponto / Quæ sanctum Idalium, Sirosque apertos, / Quæque Ancona, Cnidumque harundinosam / Colis, quæque Amathunta, quæque Golgos, / Quæque Durachium Adriæ tabernam, / ...»
(italiano)
«Ora, o divina creatura del ceruleo mare, che abiti il sacro Idalio e l’esposta Urio, che dimori ad Ancona o a Cnido ricca di canneti, o ancora ad Amatunte, a Golgi o a Durazzo, taverna dell’Adriatico ...»

Secondo la tradizione storiografica, che è basata sulle citazioni riportate sopra, i dori siracusani eressero ad Ancona un tempio dedicato ad Afrodite, identificato con quello rappresentato nella scena 58 della Colonna Traiana[37][20].

L'antico edificio, di furono rinvenute le fondazioni sotto al Duomo, aveva una pianta corrispondente a quella del transetto della chiesa attuale. Tali fondazioni sono costituite da blocchi di arenaria sovrapposti; quelle perimetrali compongono un rettangolo di metri 19 X 32, hanno una larghezza di metri 2,50 e sono conservate per un'altezza massima di circa due metri. Parallele ed interne a questo rettangolo, e con pianta a Π (pi greco), sono rimaste tracce della fondazione della cella . Non tutti i blocchi di arenaria delle fondazioni si sono ritrovati; dove essi mancano, sono comunque rimaste le trincee ove erano allocati, cosa che permette di ricostruire tutto il sistema fondante del tempio e di formulare ipotesi ricostruttive del suo aspetto originario. Importante, a tal proposito, è la presenza di trincee di collegamento tra le fondazioni esterne e quelle interne, che permette di risalire al numero delle colonne di ogni lato.

Secondo le ipotesi comunemente accettate, l'edificio sacro era un periptero esastilo con l'ingresso rivolto verso sud-est, ossia verso la città e la strada di accesso all'acropoli[20].

Le ipotesi ricostruttive

In base ad alcune caratteristiche rilevabili dalle fondazioni rimaste, alcuni studiosi pensano che quello di Ancona sia stato un tempio dorico del IV secolo a.C., ossia dell'epoca della fondazione greca della città. Sarebbe stato un tempio periptero senza opistodomo, con dieci colonne sui lati lunghi, sei sui lati minori (esastilo) e due colonne in antis, ossia davanti alla cella. Tali caratteristiche permettono di inserire l'edificio anconitano nel gruppo dei templi che presero come modello quello di Asclepio ad Epidauro, costruito nel 380 a.C. circa, ossia negli stessi anni dell'arrivo dei Siracusani ad Ancona. L'ingresso era verso sud-est, ossia verso la via d'accesso all'acropoli. L'ipotesi è basata sulla misurazione delle distanze tra le colonne del tempio, deducibile dall'esame delle fondazioni; la distanza tra le colonne angolari e le due accanto era inferiore rispetto alle distanze tra le altre colonne; questa caratteristica rimanda inequivocabilmente all'ordine dorico, come soluzione del cosiddetto conflitto angolare. A sostegno dell'ipotesi che il tempio anconitano sia stato un tempio dorico, inoltre, si ricorda l'esistenza di altri templi greci dorici esastili del IV secolo a.C. simili a quello di Ancona, ossia senza opisotodomo e con numero ridotto di colonne sul lato lungo (dieci al posto delle dodici previste dagli standard più comuni) Il tempio anconitano troverebbe così confronti coevi[38].

Secondo altri, invece, il tempio sarebbe stato sempre un un esastilo periptero, ma di ordine corinzio e risalente al II secolo a.C., e dunque ad un'epoca in cui la città già sentiva l'influsso romano. L'ipotesi è basata sul ritrovamento di marchi di cava con due lettere latine ("F" e "V"), sulla presenza di un tratto di lastricato che sarebbe incompatibile con la crepidine a gradini del tempio dorico, e sulla presenza al Museo Diocesano di un capitello corinzio (e non dorico) che sarebbe appartenuto al tempio, in quanto scolpito nella stessa pietra delle fondazioni rimaste[39].

Volendo esaminare insieme le due ipotesi, è necessario comunque considerare che il tempio, nel corso dei secoli, potrebbe essere stato anche ricostruito o profondamente ristrutturato, come testimonierebbe un'epigrafe riutilizzata nella basilica paleocristiana che fu costruita sui resti del tempio pagano. In tale documento, di età augustea, si cita un rifacimento totale di un edificio, non specificato a causa della frammentarietà dell'iscrizione riportata. È però conservato il titolo di colui a cui si deve l'intervento: si tratta di un "prefectus Egypti". Sarebbe stato poi il tempio restaurato o ricostruito quello ad essere raffigurato nella Colonna Traiana e quello testimoniato dai marchi di cava di cui al paragrafo precedente[40].

La scoperta

 
Pianta del Duomo - in giallo è evidenziata l'area archeologica del tempio di Afrodite.

Nel 1932, alcuni saggi eseguiti al di sotto del pavimento del duomo permisero di intravedere le strutture di un edificio templare.

Nel 1948, in occasione dei lavori di restauro del duomo, danneggiato dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, superando numerose difficoltà fu eseguito uno scavo completo di tutto il sottosuolo, ed in effetti furono rinvenuti resti di un tempio pagano, coincidente con il transetto della chiesa (vedi immagine a fianco).

Il tempio fu subito identificato con quello citato da Catullo e Giovenale e rappresentato nella scena 58 della Colonna Traiana[37].

Alla scoperta seguì presto il primo studio dettagliato volto a comprendere la tipologia dell'edificio sacro. Tale studio ipotizzava per l'antico edificio la struttura di un tempio italico sine postico (cioè senza colonnato posteriore) del III - II secolo a.C. e con un ingresso rivolto a nord-ovest, ossia verso il mare aperto[41]. Tale ipotesi è oggi considerata superata da tutti gli studiosi, a causa di notevoli incongruenze con le fondazioni. Per comprendere il motivo della formulazione dell'ipotesi del "peripetro sine postico", è necessario rievocare il clima culturale dell'archeologia italiana della fine degli anni quaranta del Novecento. Si era in un'epoca in cui gli archeologi italiani finalmente riconoscevano all'arte romana una dignità precedentemente oscurata dal mito di quella greca. La tipologia del tempio "periptero sine postico" era in quegli anni assurta a simbolo della romanità e ciò influenzava un'interpretazione a senso unico delle strutture templari di aspetto originario dubbio. Così era accaduto anche per il tempio anconitano[20].

Dea della buona navigazione o dea genitrice

Secondo un'antica tradizione, Afrodite/Venere aveva nel tempio anconitano l'epiclesi (attributo) di "Euplea", ossia di "dea della buona navigazione", protettrice dei naviganti. La tradizione è basata sul passo di Catullo che cita il tempio di Ancona in un contesto in cui Venere appare una divinità prettamente marina; l'idea è rafforzata dalla posizione dominante sul mare dell'edificio sacro[42]. Secondo altri studi, basati sull'analisi del tempio presente nella scena 58 della Colonna Traiana[37], identificato con quello di Ancona, Venere aveva invece nel nostro caso l'attributo di Venus genetrix, ossia di "Venere genitrice". Infatti nella scena della colonna raffigurante Ancona, è posta, davanti al tempio, la statua della divinità presente nella cella, che presenta la tipologia della Afrodite "Louvre-Napoli", rappresentazione, appunto, di Venere genitrice[39].

Il tempio di Diomede

 
Scoglio di San Clemente, parzialmente inglobato nell'area dei Cantieri Navali.

Secondo un'antica tradizione, seguita anche da studiosi moderni, ad Ancona sorgeva in onore di Diomede un tempio, o un heroon, edificio sacro che era dedicato ad ecisti ed eroi che dopo la morte diventavano motivo di unione per la comunità che erigeva il monumento. La tradizione storiografica ha origine dal passo sopra citato dello Pseudo Scilace.

 
Diomede, l'eroe greco legato alla città.

Gli storici moderni identificano il tempio con l'edificio raffigurato nella scena 58 della Colonna Traiana[20]. L'edificio sacro sarebbe sorto sulla riva del mare, nell'estrema propaggine settentrionale del promontorio su cui si trova la città, che poi, a causa dell'erosione marina, diventò lo scoglio di San Clemente, ora parzialmente inglobato nell'interramento dei Cantieri navali[43].

Se il tempio di Diomede si identifica con quello rappresentato nella Colonna Traiana, si deve dedurre che il culto dell'eroe greco sarebbe stato ancora vivo in epoca romana.

La tradizione antica non è accettata da alcuni studiosi, che esaminando la frase dello Pseudo Scilace notano che in essa si usa il termine ieron, che non sempre significa tempio, ma può indicare anche un generico luogo di culto. Inoltre, tali studiosi ritengono che nella frase dello Pseudo Scilace non sia chiaro se il culto di Diomede sia proprio specificamente di Ancona, oppure, più genericamente, del popolo che abitava la regione[44].

Sulle rovine del tempio di Diomede sorse poi la chiesa paleocristiana di san Clemente, sullo scoglio a cui ha dato il nome. La chiesa resistette alle onde sino alla metà del sec. XVI[45], e dopo il crollo diede origine alla leggenda della campana sommersa[46].

Nella città greca di Ancona esistevano così due templi, dedicati a due delle figure più significative della grecità adriatica: la dea Afrofite e l'eroe Diomede, i cui miti sono tra loro intrecciati: Diomede, durante la Guerra di Troia, ferì Afrodite alla mano[47] e la dea si vendicò nel momento in cui l'eroe tronò in patria. Diomede riuscì in seguito ad ottenere il perdono dalla dea e diffuse l'arte della navigazione e l'addomesticamento del cavallo sulle coste adriatiche, dove è ricordato anche come fondatore di città

Il mito adriatico di Diomede, oltre che intrecciarsi con la figura di Afrodite, è collegato anche con i Dioscuri; i figli di Zeus e l'eroe greco sono poi legati all'addomesticamento del cavallo. La presenza nella moneta di Ancona delle stelle dei Dioscuri è a tal proposito è indicativa[48].

Testimonianze archeologiche dalla necropoli e da altri siti

 
La lekythos con Amimone insidiata da Poseidon (430 a.C.).
 
L'ambra etrusca con Afrodite ed Adone (500 a.C.).

La necropoli di Ankòn del IV - I secolo a.C. si estendeva sulle pendici meridionali del Colle dei Cappuccini e di Monte Cardeto, come provano i numerosi ritrovamenti che, dall'Ottocento in poi, sono avvenuti in zona.

IV e III secolo a.C.

Le testimonianze archeologiche antecedenti il II secolo provenienti dalla necropoli sono più scarse rispetto a quelle dei secoli successivi.

Si segnalano i seguenti reperti, perché particolarmente significativi come testimonianza dello sfarzo e dell'eleganza della società anconitana dell'epoca. Alcuni di essi sono purtroppo finiti in musei esteri.

Si segnala inoltre una lekythos a figure nere del 490 a.C. circa[54] ed una kylix a figure rosse del 500-480 a.C. circa (da ritrovamento sporadico)[54]

II secolo a.C. e prima metà del I

 
La stele di Symmachos, del tipo a colonne corinzie e architrave con metope e triglifi. L'iscrizione recita: "ΣΥΜΜΑΧΕ ΣΟΠΑΤΡΟΥ ΧΡΗΣΤΕ ΧΑΙΡΕ" (Symmache Sopatru, chrēste chaire), ossia "O Simmaco, figlio di Sopatro, o valoroso, addio!". L'uomo indossa la toga, nonostante il suo nome greco; ciò è interpretato come testimonianza del ruolo di Ancona come punto di fusione della cultura greca ed italica.

Lungo l'asse stradale di via Matteotti - corso Amendola, fin dall'inizio del Novecento, sono state ritrovate occasionalmente numerose tombe del II e I secolo a.C., contenenti reperti ellenistici. Inoltre, tra il 1991 e il 1998, nel corso dei lavori di ristrutturazione della Caserma Villarey, furono portate alla luce di più di quattrocento tombe della necropoli greca e romana, contenenti ricchi corredi testimonianti le intense relazioni di Ancona con la Magna Grecia e il Mediterraneo orientale. Si può dunque dire che, durante il II e il I secolo a.C., i frequenti contatti con la Grecia rinverdivano continuamente l'origine dorica della città e contribuivano conservarne la grecità, nonostante la romanizzazione che procedeva velocemente in tutta la regione circostante, facendo di Ancona quasi un'enclave culturale, punto di contatto tra cultura greca, picena e gallica[56].

Le tombe sono costituite da lastre in arenaria disposte a formare un rettangolo di mura coperto da un tetto a capanna. A volte le mura perimetrali sono invece in laterizio. Una parte della necropoli (sette tombe in tutto) è visitabile presso la Caserma Villarey, dove, al di sotto del parcheggio multipiano, è stata allestita un'area archeologica.

Con ogni probabilità provengono da questa necropoli quattordici stele funerarie, con scene figurate a rilievo ed iscrizione greca, non ritrovate direttamente in associazione con tombe. Le stele, la cui datazione varia dal II al I secolo a.C., sono preziose testimonianze del persistente uso della lingua greca durante la fase di passaggio verso la romanizzazione.

La struttura delle stele è quella di un tempietto, coronato da un piccolo frontone e da un acroterio, con due varianti tipologiche, descritte di seguito:

  • stele ad edicola, con due colonnine a capitello corinzio ed architrave a metope lisce e triglifi (ad esempio la stele "di Symmachos" e quella "di Damo").
  • stele a lastra rastremata verso l'alto (ad esempio la stele "di Arbenta" e quella "di Apollonio").

Le sculture delle stele rappresentano scene di banchetto, colloquio o commiato funebre, e le iscrizioni ricordano il nome del defunto, o della defunta, (al vocativo), il suo patronimico (al genitivo), e infine l'estremo saluto: chrēste chaire (ΧΡΗΣΤΕ ΧΑΙΡΕ), ossia "O valoroso (buono, amorevole, prode), addio!". Le stele greche anconitane trovano confronti stringenti con quelle dell'Isola di Delo, da cui alcuni esemplari provengono, mentre altri sono opera di botteghe di scultori locali, come prova l'uso di calcare proveniente da cave della zona anconitana[57]. Secondo altri archeologi, le stele greche di Ancona rimandano anche a quelle di Corfù, l'antica colonia di Korkyra[58].

Alcuni reperti significativi come testimonianza delle intense relazioni con il mondo greco e del benessere raggiunto da Ankòn nel II e nel I secolo a.C. ritrovati nella necropoli sono elencati di seguito. Di alcuni si ipotizza la realizzazione in botteghe di orafi locali[59]. Non si citano gli esemplari, provenienti dalla stessa necropoli, ma della seconda metà del I secolo a.C., in quanto risalgono all'età in cui Ancona è ormai una città romana.

  • Resti di una preziosa veste sacerdotale, provenienti dalla "tomba dell'augure", del II secolo a.C.; era tinta di porpora e trapuntata d'oro (sono rimasti i fili aurei); nella stessa tomba è stata ritrovata una corona in bronzo dorato e bacche di terracotta e un lituo, il bastone aurale dei sacerdoti.
  • Resti di una veste allacciata con bottoni d'oro, provenienti da una tomba femminile del II secolo a.C.[60]. L'uso di allacciare le vesti con i bottoni era rara nelle città italiche (dove si usavano invece fibule) e tipica invece della Grecia; la presenza di bottoni nella tomba anconitana mostra quindi l'adesione della città ai modi greci.
  • Orecchini di elaborata fattura e complessa forma, oggetti preferiti dalle donne dell'antica Ancona. Sono decorati con paste vitree. a volte sono identici agli elementi usati come bottoni, mostrando versatilità nell'uso. Tra gli orecchini più singolari si citano quelli con gallo[61], quelli con cigno[62], a pavoncella[63], a testa di cavallo[64] o di bue[65].
  • Anelli di fattura raffinata, come quello con ametista incisa raffigurante Achille e Pentesilea e quello in argento ed oro con l'incisione in Greco "ΠΙCΤΕΙC" (pisteis), ossia "pegno di fedeltà"[66], da intendersi come un pegno d'amore. quest'ultimo anello mostra l'uso della lingua greca come lingua quotidiana ancora nel II - I secolo a.C..
  • Oggetti d'argento, che si affiancano a quelli d'oro, precedentemente quasi esclusivi nei monili preziosi, seguendo una tendenza che parte dalla Magna Grecia e si diffonde anche a Roma. Gli argenti della necropoli di Ancona appartengono soprattutto a due categorie: oggetti per la toletta (in gergo archeologico argentum balneare) e per bere (argentum potorium); gli argenti da tavola (argentum escarium) sono invece poco rappresentati. Si ricordano gli oggetti più pregiati: spatule per mescolare cosmetici, tra quella con incisione raffigurante Afrodite anadiomene[67]; un acus crinalis del tipo "spillone-pettine" con incisione raffigurante una vittoria alata[68]; una pisside con coperchio istoriata con motivi vegetali; un urceolus (brocchetta) con ansa figurata ad attore comico, che testimonia il culto del dio Dionisio; letti funebri (klinai) con decorazioni in osso, allocati in appositi pozzetti angolari all'interno delle tombe.

La moneta

 
Recto e verso della moneta greca di Ancona.
File:Provincia di Ancona-Stemma.png
Lo stemma della provincia di Ancona, tratto dalla moneta greca.
 
Recto e verso della moneta siracusana emessa all'epoca di Dionisio I, ritrovata ad Ancona.

Le monete greche di Ancona sono le prime mai emesse nella città dorica e recano le immagini descritte di seguito.

  • Sul recto è raffigurato il profilo di Afrodite, rivolto verso destra; è coronata di mirto, pianta sacra alla dea, ha i capelli raccolti in un nodo e porta gli orecchini; è presente la sigla "Σ" (sigma o mi, a seconda del verso di lettura). L'identificazione con Afrodite è fornita dai passi già citati di Catullo e di Giovenale, che testimoniano la presenza in città di un tempio dedicato alla dea, descritto nel capitolo Il tempio di Afrodite.
  • sul verso un braccio destro nudo piegato a gomito, con la mano che stringe un ramoscello, forse di mirto, o di palma; sotto il braccio è presente la scritta ΑΓΚΩΝ (Ankon) e sopra ad esso ci sono due stelle, interpretate come la costellazione dei Gemelli, ossia i Dioscuri, protettori dei naviganti. Nel complesso, il verso della moneta è analogo ad uno stemma parlante, dato che l'immagine del braccio richiama il nome della città e le due stelle dei Dioscuri ricordano la funzione protettiva del promontorio a forma di gomito nei confronti dei flutti marini.

Quella di Ancona era la zecca più settentrionale dell'Adriatico. La datazione della prima emissione e il periodo di circolazione proposte dai vari autori variano all'interno del III secolo a.C. (dal 290 a.C. al 215 a.C.); tutti concordano nel pensare che l'emissione della moneta greca di Ancona cessò con la romanizzazione della città e l'introduzione massiccia delle monete romane. Coloro che propendono per la datazione più recente interpretano il sigma presente nel recto come iniziale di "semioncia", come è normale nelle monete romane o su quelle che risentono l'influsso romano, come sarebbe in questo caso[69]. A partire dal III e sino al I secolo a.C., la moneta greca di Ancona convive con quella romana, come provano i ritrovamenti del 2008 di via Barilari e via Podest[70].

La moneta greca di Ankòn è servita di modello per lo stemma della provincia di Ancona, nel quale il mirto e le due stelle sono sostituiti da un ramo di corbezzolo con due frutti, rappresentante il monte Conero.

Interessante come testimonianza dei rapporti tra la metropoli Syrakousai e la sua colonia Ankòn è la dracma siracusana presente nella collezione numismatica del Museo archeologico nazionale delle Marche, di provenienza anconitana. Fu emessa circa nel 380 a.C., epoca della fondazione di Ancona; essa nel recto reca la scritta ΣΥΡΑ e Testa di Atena con elmo corinzio decorato da corona; nel verso una stella marina (o Sole a otto raggi) tra due delfini. Oltre alla moneta appena descritta, emessa nel periodo di Dionisio I, altra moneta interessante moneta siracusana ritrovata ad Ancona è di un altro tiranno di Siracusa, Agatocle, con testa di Artemide sul recto e sul verso un fulmine e la scritta Ἀγαθοκλῆς (Agathoklēs), che come Dionisio era interessato al controllo dell'Adriatico[71].

 
La costellazione dei Gemelli

Il culto dei Dioscuri

La presenza nel verso della moneta della costellazione dei Gemelli, e quindi dei Dioscuri, può essere fonte di informazione sui culti praticati in città: a quello di Afrodite e di Diomede, di cui si è detto sopra e di cui ci informano gli antichi autori[72], si può aggiungere dunque anche quello dei gemelli figli di Zeus, Kastor e Polideukes, divinità benefiche e salvatrici, protettori dei naviganti nelle tempeste marine, sempre uniti nel compiere le loro gesta, che mai agivano senza prima consultarsi. Ognuno di essi, poi, aveva una specificità: Kastor domatore di cavalli ed esperto di scherma, Polideukes valente nel pugilato[73]. Le divinità legate ad Ankòn avevano tra loro dei punti in comune: il legame dei dioscuri con i cavalli li avvicina a Diomede, il cui epiteto, era, appunto, domator-di-cavalli, mentre la loro funzione di protettori dei naviganti li fa accostare ad Afrodite, nella sua epiclesi di "euplea", ossia "della buona navigazione"[74].

Mura, teatro, strade

 
Tratti di mura in opera quadrata in arenaria, interpretati come mura greche del IV o del II secolo a.C.

La tradizione storiografica ha identificato in alcuni tratti di muri antichi in opera quadrata costituite in blocchi di arenaria i resti delle mura cittadine della città greca e della sua acropoli; sono tutti situati nel colle Guasco. Si fornisce un elenco dei tratti in questione, aggiungendovi anche quelli di identica fattura scoperti in epoca più recente:

  • tratto murario di via della Cisterna, nei pressi del Palazzo degli Anziani (sulla mappa: 1);
  • tratto murario al di sotto di via Giovanni XXIII, visibili da via Vanvitelli (sulla mappa: 2);
  • tratto murario dell'area archeologica del porto romano, visibile dal passaggio pedonale che collega le due parti di via Vanvitelli (sulla mappa: 3);
  • tratto murario sottostante la chiesa di Santa Maria della Piazza, visibili nell'area archeologica della basilica paleocristiana (sulla mappa: 4);
  • due tratti murari molto vicini, situati nel giardino dell'ex Istituto Birarelli di via del Guasco (sulla mappa: 5 e 6).

Nel corso degli anni si è acceso un dibattito sulla datazione e sull'interpretazione di questi resti archeologici. Secondo alcuni studi[75], i tratti di mura sarebbero avanzi della cinta urbana del IV secolo a.C., e dunque della prima fase della colonia greca. I primi quattro tratti sarebbero pertinenti alla cinta urbica, gli ultimi due a quella dell'acropoli. Secondo altri studi[76], invece, i tratti risalirebbero invece all'età ellenistica e dunque alla fase finale della colonia greca, nel periodo della progressiva romanizzazione. Alcuni, infine, interpretano i tratti rimasti come terrazzamenti del colle Guasco; questa ipotesi non smentisce, peraltro, la precedente, in quanto tratti di mura cittadine costruiti su ripidi pendii sono necessariamente anche muri di contenimento[77].

Alcuni autori ipotizzano, con una certa cautela, che l'antica Porta Cipriana, situata tra via Fanti e via Birarelli (vedi la mappa a fianco), possa ricordare nel nome un'antica porta della cinta greca, porta dedicata ad Afrodite, nel suo attiributo di "cipria", oppure nella sua identificazione con la dea Cupra. La strada che vi inizia, infatti, portava al tempio di Afrodite. Ciò consentirebbe di ricostruire con un maggior dettaglio il perimetro delle mura[78].

Per quanto riguarda le strade, solo due lacerti sono finora venuti alla luce: un tratto di basolato nella zona dell'Anfiteatro, al di sotto di un mosaico romano, e un altro tratto basolato nella zona del Montagnolo[79].

Non è conosciuta la localizzazione del teatro greco, ma alcuni autori hanno formulato delle ipotesi: forse le mura in blocchi di arenaria presenti all'interno dell'ambitus dell'Anfiteatro romano sarebbero pertinenti al teatro greco, poi trasformato dai Romani[80], oppure l'edificio era situato nella zona del convento di San Francesco alle Scale, come proverebbe l'andamento semicircolare di via Fanti[81].

L'industria della porpora

 
Il murice comune, da cui si estraeva la porpora.
(latino)
«Stat fucare colus nec Sidone vilior Ancon murice nec Libyco»
(italiano)
«...tra questi stava Ancona, non seconda a Sidone, né alla porpora libica nel tingere la lana»

Come testimonia Silio Italico nel brano riportato sopra, ad Ancona era attiva un'industria della porpora che poteva competere con quelle famose di Sidone e della Libia. Come è noto, tale industria era basata sulla difficile lavorazione del murice, e produceva un colorante assai prezioso e ricercato, che era alla base di traffici intensi. La preziosità del rosso porpora era dovuta al fatto che per riuscire a tingere anche una sola veste occorrevano migliaia di esemplari e che era resistente ai lavaggi: solo in pochi potevano esibire in pubblico questo colore. Secondo un'interessante tradizione locale[82], in occasione della costruzione del palazzo della provincia di Ancona sarebbero state ritrovate ingenti quantità di murici, che danno supporto archeologico alla testimonianza scritta di Silio Italico.

L'industria fu attiva in città assai a lungo: nel VII sec. d.C. ancora si parla ancora della lana di Ancona[83]. Ancor oggi il murice si trova con abbondanza nel mare antistante la città (dove è chiamato ragusa), ed è anche intensamente pescato a scopo alimentare.

Silio Italico scrive in realtà nel I secolo d.C., epoca in cui Ancona era già da circa duecento anni una città romana. Alcuni autori, però, pensano che un'industria della porpora di così alta qualità non si sia potuta improvvisare e che possa quindi risalire all'epoca greca[84]

Dalla civiltà greca a quella romana

La grecità di Ancona è stata mantenuta nei tre secoli successivi alla fondazione dorica, anche quando l'influenza romana nel territorio circostante era ormai preponderante nelle Marche ed Ancona costuituiva un'isola linguistica e culturale greca, in cui convivevano anche elementi gallici (Senoni) e piceni[85].

Il passaggio tra la civiltà greca e quella romana avvenne infatti in maniera graduale, senza eventi traumatici, con una serie di tappe che, nel corso di un s\1ecolo, portarono dapprima ad una situazione di bilinguismo e di cultura mista ellenistica-romana, e poi ad una completa romanizzazione. In generale si può dire che, a causa della presenza greca, la romanizzazione di Ancona fu molto più lenta rispetto a quella del resto della regione, ossia del popolo piceno. Le tappe ricordate dagli antichi autori sono le seguenti.

III secolo a.C.
  • 299 a.C.: fu siglato un patto tra Piceni e Romani, premessa per l'alleanza piceno-romana durante la Terza guerra sannitica. Anche se sembra che Ancona non partecipò a questa alleanza, dato che non è citata dagli antichi autori, il fatto segna l'inizio della pesante influenza romana nel Piceno[86]. Nonostante l'assenza di fonti in merito, alcuni studiosi ipotizzano che Ancona sia diventata a partire da questo momento una civitas foederata (città federata), ossia una città libera ed alleata dello stato romano[87].
  • 295 a.C.: i Romani ottengono la vittoria della Battaglia del Sentino. Come diretta conseguenza della vittoria, l'Ager Gallicus Picenus, ossia il nord delle attuali Marche, viene sottratto ai Galli Senoni dove, attorno al 284 a.C.[88], viene fondata la colonia romana di Sena Gallica (Senigallia): è l'inizio dell'occupazione romana del territorio piceno. Anche in questo caso, come nel precedente, gli antichi autori tacciono su Ancona, che quindi, molto probabilmente, non partecipò alla battaglia, alla fine della quale si trovò, comunque, in mezzo ad una regione in cui l'influenza romana era sempre più determinante. Secondo alcuni autori, sarebbe da questo momento che la greca Ancona avrebbe assunto lo status di civitas foederata (città federata) dei Romani[87].
  • 269 -268 a.C.: i Piceni hanno ormai compreso che la potenza romana rischiava di schiacciare la loro libertà: Romani e Piceni si scontrano durante la Guerra Picentina, che vede la vittoria romana e la conseguente affermazione di Roma sul Piceno anche a livello territoriale; nel 247 a.C. viene fondata la colonia di Aesis (Jesi). Ancona è sempre più circondata da territori dominati dai Romani.
  • 232 a.C.: la lex Flaminia de agro gallico et piceno viritim dividundo ("Legge Flaminia sul territorio gallico e piceno da dividersi"), voluta da Gaio Flaminio Nepote, con la quale venivano assegnati lotti di terra da coltivare a coloni romani nel territorio gallico e piceno, per favorire una capillare e concreta presa di possesso di tale area da parte dei Romani. Il territorio di Ancona non è coinvolto, ma è ormai come un'isola di cultura greca circondata da centri romani.
  • 218 - 202 a.C.: durante la Seconda guerra punica, le città del Piceno sostengono i Romani contro i Cartaginesi, inviando numerosi soldati. Anche Ancona, con il probabile status di città alleata dei Romani[87], invia truppe, durante la Battaglia di Canne[89]. Ciò mostra che le sorti di Roma e quelle delle città del Piceno, compresa Ancona, sono ormai legate indissolubilmente.
II e I secolo a.C.
  • 178 a.C.: nel corso delle Guerre illiriche, i Romani ottengono da Ancona la possibilità di usare il porto come base per il controllo del mare Adriatico, allo scopo di reprimere la pirateria illirica. Si installano così nella città i duumviri Caio Furio, che controllava le coste da Ancona ad Aquileia e Cornelio Dolabella, che controllava il tratto da Ancona a Taranto[90]. Con la presenza dei duumviri e delle navi romane nel porto, la città greca di Ancona, pur mantenendo formalmente la sua indipendenza, entra definitivamente nell'orbita romana, restando però ancora per lunghi decenni di cultura greco-ellenistica, venata in modo sempre più massiccio di elementi romanizzanti.
  • 133 a.C.: deduzione di una colonia romana latina nell'agro anconitano, in seguito alla Lex Sempronia Agraria, ad opera di Tiberio Sempronio Gracco.
  • 90 a.C. - Dopo la Guerra sociale Ancona viene eretta a municipio: la romanizzazione è compiuta. Mentre il processo di romanizzazione della città progrediva, nello stesso tempo Roma conosceva la cultura greca grazie alle sempre più intense relazioni con le colonie greche d'occidente, tra cui, dopo la Battaglia del Sentino, si può annoverare Ankòn, definita dall'intellettualità romana come Dorica Ancon[91].

L'ipotesi riduzionista

Nei primi anni del XXI secolo, finalmente fu effettuato uno studio complessivo sulla necropoli anconitana del IV-I secolo a.C., che ha prodotto alcune pubblicazioni, fondamentali per conoscere le caratteristiche e le usanze della popolazione dell'epoca. Lo studio permette di ricostruire anche gli intensi contatti di Ancona con l'oriente mediterraneo. L'autore di queste ricerche è stato lodato per la sua ricerca approfondita e dettagliata, ma ha ricevuto anche delle critiche per le sue conclusioni, in cui sostiene che la colonizzazione siracusana di Ancona sia stato un evento effimero e di scarse conseguenze.

Egli, infatti, spiega le ricche testimonianze greche del II e del I secolo a.C. come espressione del desiderio della classe dominante di rivendicare una specificità culturale greca proprio nel momento della progressiva romanizzazione della città. Lo studioso spiega con la volontà di "ellenizzare" le proprie usanze una serie di dati archeologici: l'uso del greco nelle stele funerarie, l'emissione di una moneta con legenda in greco ed infine la presenza nella necropoli di una messe di reperti che testimoniano intensi contatti con il mondo greco, che non trova confronto in altre città al di fuori della Magna Grecia.

Nei suoi testi, notando la scarsità di testimonianze relative al IV e III secolo, parla della grecità di Ancona come di "un caso di tradizione inventata" e descrive l'Ancona del II e I secolo a.C. come una città di cultura fondamentalmente italica, con una componente greca che viene enfatizzata nel periodo in cui la potenza romana si sta affermando nel versante adriatico. La componente greca è ritenuta non legata alla fondazione siracusana, la cui realtà viene descritta come appannata e poco convincente[92].

Questa posizione riduzionista è legata alla necessità, condivisa da tutti gli studiosi, di superare le tante incertezze relative alla fase greca di Ancona. Cionondimeno è stata anche criticata per la sua unilateralità e per la posizione eccessivamente scettica e pessimistica nei confronti della grecità anconitana; inoltre viene rilevata la mancanza di cautela nel trarre conclusioni che smentiscono la tradizione secolare rappresentata in primis da Strabone, Pseudo-Scilace, Catullo e Giovenale. Si ricorda infine che l'onus probandi incumbit ei qui dicit (è compito di chi accusa portare le prove delle proprie affermazioni), ossia la mancanza di prove positive che sostengano l'ipotesi riduzionista, basata fondamentalmente sulla scarsità di dati relativi alla necropoli del IV e del III secolo, che potrebbe essere spiegata in altro modo: cancellazione delle testimonianze a causa dello sviluppo urbano antico, ricerche archeologiche non sistematiche e legate solo all'occasionalità, localizzazione sul Montagnolo della colonia[93].

Inoltre, altri storici ricordano che se nell'Ancona del II e I secolo esisteva davvero una tendenza ad enfatizzare la propria grecità, il fatto può essere spiegato più semplicemente come coscienza delle proprie origini, piuttosto che come esaltazione o invenzione di una tradizione inconsistente[94].

Celebrazione dei 2400 anni dalla fondazione

Nel 2013 si sono celebrati i 2400 anni dalla fondazione greca di Ancona con una serie di iniziative, sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica. Il 4 maggio (festa del patrono San Ciriaco) un gruppo di attori ha rievocato il rito di fondazione della città; lo spettacolo è stato accompagnato da un concerto e da una festa aperta alla cittadinanza[95]. Anche papa Francesco ha rivolto alla città un augurio e una benedizione particolare per l'importante anniversario[96].

Inoltre, sino alla fine del 2013 si sono tenute conferenze dedicate alla grecità di Ancona[97] e sono stati pubblicati gli ultimi studi sull'argomento[98].

Il Comune ha organizzato infine una serie di visite guidate volte a favorire la conoscenza delle testimonianze archeologiche risalenti al periodo greco di Ancona; per l'occasione è stata riaperta la terrazza del Museo archeologico, da cui si è potuta ammirare la morfologia della costa che è all'origine del nome Ankòn; inoltre, finalmente la cittadinanza ha avuto accesso alla zona archeologica del tempio di Afrodite, al di sotto del Duomo, che era chiusa al pubblico da decenni. I due luoghi sono stati chiusi nuovamente al termine delle celebrazioni[99].

Ancona greca nella letteratura

Il periodo greco di Ancona è rievocato in alcuni romanzi. Se ne segnalano due:

Note

  1. ^ Per tutto l'incipit la fonte è: Maurizio Landolfi, Ancona greca e romana, in Scultura nelle Marche, a cura di Pietro Zampetti, Nardini editore, 1993.
  2. ^ In alcuni testi, al posto del termine "Sanunitas" (Σαυνίτας), cioè Sanniti, compare il termine "Daunitas" (Δαυνίτας), ossia Dauni; secondo gli storici l'inserzione di "Daunitas" è opera di una correzione del testo originario, operata dagli antichi copisti che non conoscevano i Sanniti, ma solo i Dauni. Si veda: G. Colonna, I popoli del medio Adriatico e le tradizioni antiche sulle loro origini, in Piceni popolo d'Europa, pagina 11
  3. ^ Con il termine "Ombrikoi" (Ὀμβρικοὶ), cioè Umbri, qui si intendono genericamente i popoli italici diversi dai Sanniti. Si veda: G. Colonna, I popoli del medio Adriatico e le tradizioni antiche sulle loro origini, in Piceni popolo d'Europa, pagina 11
  4. ^ Con il nome di "Pseudo Scilace" si indica l'autore che nel IV secolo a.C. rivide ed aggiornò il Periplo di Scilace, navigatore e geografo del VI sec.a.C.
  5. ^ Maurizio Landolfi, Dalle origini alla città del tardo impero, in Ankon l. Una civiltà fra Oriente ed Europa, Ancona 1992
  6. ^ a b c Mara Silvestrini, L'insediamento dell'Età del Bronzo del Montagnolo di Ancona, in Esperia 12, 2000 (pagine 181-186). Si veda anche la descrizione del sito archeologico del Montagnolo, con immagine di un frammento miceneo.
  7. ^ Per i ritrovamenti sul Montagnolo, colle oggi alla periferia della città:
    • Enciclopedia dell'arte antica, classica, e orientale, volume "A-Carr" (pagina 223)
    • Maurizio Landolfi, Dalle origini alla città del tardo impero, in Ankon l. Una civiltà fra Oriente ed Europa, Ancona 1992.
  8. ^ Lorenzo Braccesi, Mario Luni, I Greci in Adriatico, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2004 (pagine 40 e 120). ISBN 9788882652661
  9. ^ Per tutto il capitolo: Lorenzo Braccesi, Hellenikos kolpos, supplemento a Grecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001. ISBN 9788882651534
  10. ^ La data è dedotta in base ai dati sulla colonizzazione siracusana dell'Adriatico riportati da Diodoro Siculo; l'interpretazione non è univoca e pertanto la data di fondazione oscilla tra il 387 e il 385.
  11. ^ La notizia della fondazione greca di Ancona è data dal passo di Strabone sopra citato, nell'opera Geografia, al capitolo 5, paragrafo 4, comma 2.
  12. ^ Per i tre centri abitati si veda, in generale:
    • Maurizio Landolfi, Ancona, in Enciclopedia dell'arte antica, Treccani, 1994. Consultabile a questo indirizzo.
    Per l'abitato del Colle dei Cappuccini si veda, nello specifico:
    • Delia Lollini, L'abitato preistorico e protostorico di Ancona, in Bollettino Paletnologico Italiano, X, LXV (pagine 237 - 262);
    • Delia Lollini La Civiltà Picena, Biblioteca di storia patria, 1976 (pagina 164).
  13. ^ Lorenzo Braccesi, Hellenikòs kolpos, supplemento a Grecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001, pagina 66. ISBN 9788882651534.
  14. ^ Lorenzo Braccesi, Hellenikòs kolpos, supplemento a Grecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001, pagina 81. ISBN 9788882651534.
  15. ^ Stefania Sebastiani, , Ancona: forma e urbanistica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1996 (pagina 21). ISBN 9788870629507.
  16. ^ Luca Antonelli, I Piceni: corpus delle fonti : la documentazione letteraria, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2003 (pagina 72). ISBN 9788882652425. Consultabile su Google Libri a questa pagina.
  17. ^ Statuto del Comune di Ancona, allegato B. Consultabile a questa pagina.
  18. ^ Lorenzo Braccesi, Hellenikos kolpos, supplemento a Grecità adriatica, (capitolo "Ancona"), L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001. ISBN 9788882651534
  19. ^ Lorenzo Braccesi, Grecità adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977 (capitolo II Rotta padana ed empori nautici)
  20. ^ a b c d e Tra la vasta letteratura in proposito, si veda:
    • Alessandra Coppola, I due templi greci di Ancona, in Esperia 3, 1993, pagine 189-191 ISBN: 9788870628098;
    • Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagine 49–55).
    • Lidiano Bacchielli, Domus Veneris quam dorica sustinet Ancona, in Archeologia Classica volume XXXVII, 1985 (pagine 106-137) - l'estratto dell'articolo è stato nel pubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985;
    • Nicola Bonacasa, Lorenzo Braccesi, E. De Miro, La Sicilia dei due Dionisî - atti della Settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2002 (pagina 120). Il testo è consultabile su Google libri a questa pagina
    • Lorenzo Braccesi, Hellenikòs kolpos, supplemento a Grecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001, pagina 82. ISBN 9788882651534.
  21. ^ In particolare:
    • Per il tratto di strada ritrovato nella zona dell'Anfiteatro: Gaia Pignocchi, L'abitato preromano ed ellenistico-romano di Ancona... (tutto il capitolo), in Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015 . ISBN 9788869740039.
  22. ^ Per l'ipotesi della colonia sul Montagnolo:
    • Delia Lollini, La civiltà picena, in Popoli e civiltà dell'Italia antica, V volume, 1976 (pagina 164);
    • Maurizio Landolfi, Dalle origini alla città del tardo impero, in Ankon l. Una civiltà fra Oriente ed Europa, Ancona 1992.
    Per il tratto di strada basolata:
    • Mario Pagano, Ancona greca e Taranto, entrambi in Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015 (pagina 132). ISBN 9788869740039
  23. ^ Ad esempoio Mario Luni, I Greci nel kolpòs Adriatico - i porti di Ankon e di Numana, in I Greci in Adriatico, a cura di Lorenzo Braccesi e Mario Luni, (pagina 32). Consultabile su Google Libri a questa pagina
  24. ^ Riassunta da Mario Natalucci, Ancon dorica, in Ancona attraverso i secoli volume I Dalle origini alla fine del Quattrocento, Unione arti grafiche, 1960
  25. ^ La fonte principale di questo capitolo è: Lorenzo Braccesi, Hellenikos kolpos, supplemento a Grecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001 . ISBN 9788882651534. Alle pagine 81 e 82 l'autore riassume le due ipotesi contrapposte ed espone la terza, di sintesi.
  26. ^ Poche fonti (basate su: Novak, Strena Buliciana, Spalato-Zagabria 1924 - pagina 665 e seguenti) citano questa colonia, perché la sua esistenza è basata solo su un'abbreviazione presente in una moneta, di interpretazione dubbia. Tra le fonti che ne sostengono l'esistenza: Croazia. Zagabria e le città d'arte. Istria, Dalmazia e le isole. I grandi parchi nazionali, del Touring Club Italiano (capitolo L'isola di Lesina). Tra le fonti che la negano: Lorenzo Braccesi, Grecità Adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977; (pagina 336, nota 72).
  27. ^
    • Lorenzo Braccesi, Grecità Adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977; (capitoli Ancona (e Numana), Issa e Lissos, Pharos: colonia paria, Issa e Pharos, ultime vicende dei Greci in Adriatico; solo per le colonie di Issa: pagine 309 e 320; solo per l'emporio di Salona: pagina 318);
    • Bulletin d'archéologie et d'histoire dalmate - Edizione 68 - Pagina 126 (tranne che per la colonia di Dimos).
  28. ^ Alessandra Coppola, Ancona e la presenza greca nel Piceno, in Piceni popolo d'Europa, Roma, De Luca, 1999, ISBN 978-88-8016-355-8..
  29. ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 3, 35.
  30. ^ Delia Lollini, La civiltà picena, in Popoli e civiltà dell'Italia antica, Roma, Biblioteca di Storia Patria, 1976, vol. V.
  31. ^ a b Venceslas Kruta, I Senoni nel Piceno, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, Roma, De Luca, 1999, (pagina 175). ISBN 9788880164326.
  32. ^ Gaia Pignocchi, L'abitato preromano ed ellenistico-romano di Ancona... (tutto il capitolo), in Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015 . ISBN 9788869740039.
  33. ^ Maurizio Landolfi, Continuità e discontinuità culturale nel Piceno del IV secolo a.C., in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, Roma, De Luca, 1999, (pagina 177). ISBN 9788880163558.
  34. ^
    • Luisa Franchi Dell'Orto, Eroi e regine: Piceni popolo d'Europa, De Luca, 2001 (pagina 174). ISBN 9788880164326.
    • AA. VV. I Greci in Occidente, Bompiani, 1996 (pagina 587).
  35. ^ Satira 4, 40
  36. ^ Sergio Sconocchia, Ancona greca nelle fonti antiche, in Autori vari: Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015, (pagina 24). ISBN 9788869740039.
  37. ^ a b c Sono diversi i criteri di numerazione adottati per descrivere le scene della Colonna Traiana. La numerazione qui usata è quella di . La stessa scena, secondo altri criteri, è la n° 79 (C. Cichorius, Die Reliefs der Trajanssäule, Berlino 1896-1900) oppure la n° 139 (S. Settis, A. La Regina, G. Agosti, V. Farinella, La Colonna Traiana, Torino 1988).
  38. ^ Lo studioso che per primo ha formulato l'ipotesi del tempio dorico è stato l'archeologo Lidiano Bacchielli, nell'articolo Domus Veneris quam dorica sustinet Ancona, in Archeologia Classica volume XXXVII, 1985 (pagine 106-137) - l'estratto dell'articolo è stato nel pubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985; lo stesso Lidiano Bacchielli ha poi ripreso l'argomento, con nuove considerazioni, in Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagine 49–55).
  39. ^ a b Mario Luni, in San Ciriaco: la cattedrale di Ancona : genesi e sviluppo, Volume 1°, a cura di Maria Luisa Polichetti, F. Motta Editore, 2003 (pagine 49-93).
  40. ^
    • Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagine 49–55).
    • Stefania Sebastiani, Ancona, forma ed urbanistica, della collana Città antiche d'Italia, L'Erma di Bretschneider, 1996, pagina 33.
  41. ^ Lo studioso che per primo ha esposto l'ipotesi del tempio periptero sine postico è Giovanni Annibaldi, che diresse i lavori di scavo del tempio e che fu il principale artefice della rinascita della soprintendenza archeologica marchigiana e del Museo Archeologico Nazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il testo in cui espone la sua tesi è: Il tempio dell'acropoli di Ancona, in: Manlio Marinelli, L'architettura romanica di Ancona, a cura della reale Deputazione di Storia Patria per le Marche, 1921 (pagina 150). Il testo è stato ristampato nel 1961 a cura Cassa di Risparmio Anconitana.
  42. ^ Tra i testi che sostengono che il tempio di Ancona sia stato dedicato a Venere euplea si citano i seguenti titoli ottocenteschi, poi seguiti da numerose guide della città:
    • Ancona descritta nella storia e nei monumenti, pei tipi di G. Cherubini, 1870 (pagina 74);
    • Agostino Peruzzi, Storia d'Ancona dalla sua fondazione all'anno 1532, , Volume 1, Tipografia Nobili, 1835 (pagina 18);
    • Carisio Ciavarini, Sommario della storia di Ancona: raccontata al popolo anconitano, edito dall'autore (pagina 26).
    Tra gli studiosi moderni che sostengono l'epiclesi di "Euplea" per l'Afrodite venerata nel tempio di Ancona:
    • Domenico Musti, in I Greci in Adriatico, a cura di Lorenzo Braccesi e Mario Luni, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2002 (pagina 38), Consultabile su Google Libri a questa pagina.
  43. ^
    • Stefania Sebastiani, Ancona: forma e urbanistica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1996. ISBN 9788870629507.
    • Anna Margherita Jasink, Grazia Tucci, Luca Bombardieri, MUSINT, Firenze University Press, 2011, capitolo Diomede nel medio Adriatico (pagine 234-235). Consultabile su Google Libri a questa pagina.
  44. ^ Per il dibattito sul tempio di Diomede, si veda: Sergio Sconocchia, Ancona greca nelle fonti antiche, in Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015.
  45. ^ Vincenzo Pirani, Storia della chiesa di Ancona, consultabile a questa pagina.
  46. ^ La fonte orale di questa leggenda è riportata i vari libri di Sanzio Blasi. La leggenda è altrimenti localizzata nella zona dello scoglio del Trave, circa 8 chilometri più a sud.
  47. ^ Iliade, canto V.
  48. ^ Per la connessione tra Afrodite e Diomede in Adriatico si veda:
    • Lorenzo Braccesi, Terra di confine: archeologia e storia tra Marche, Romagna e San Marino, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2007 (pagina 21). ISBN 9788882654283. Consultabile su Google Libri a questa pagina.
    Per la parte del mito di Diomede ambientata in Adriatico e nella Daunia, e per il collegamento tra Diomede, i dioscuri e il cavallo, si veda:
    • Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2004 (l'argomento è ricorrente, in questo testo). Consultabile su Google Libri
    a questa pagina.
  49. ^ Dalla tomba 406 Villarey.
  50. ^ Maurizio Landolfi, Ancona greca e romana, in Scultura nelle Marche, a cura di Pietro Zampetti, Nardini editore, 1993.
  51. ^ Il sito del Museo riporta l'immagine e la scheda descrittiva a questa pagina.
  52. ^ L'esemplare proviene dalla zona di Falconara. Si veda: Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, L'Erma di Bretschneider, 2004. (pagina 28). ISBN 9788882652777. Consultabile su Google Libri a questa poagina
  53. ^ Scheda ed immagine del reperto, dal sito del museo: si veda questa pagina
  54. ^ a b c Lorenzo Braccesi, Mario Luni, I Greci in Adriatico 2, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2004 (pagina 33)
  55. ^ Scheda ed immagine del reperto, dal sito del museo: si veda questa pagina
  56. ^ Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagina 50).
  57. ^ Per tutto questo capitolo la fonte è: Maurizio Landolfi, Ancona greca e romana, in Scultura nelle Marche, a cura di Pietro Zampetti, Nardini editore, 1993.
  58. ^ Per la somiglianza delle stele anconitane con quelle di Kerkyra, si veda: Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagina 50).
  59. ^ Per tutti i reperti elencati di seguito le fonti sono:
    • Fabio Colivicchi, La necropoli di Ancona (4.-1. sec. a.C.): una comunità italica fra ellenismo e romanizzazione, Loffredo, 2002 (Volume 7 di Quaderni di Ostrakà);
    • Nicoletta Frapiccini, Ankon dorica. Simboli di prestigio tra oriente e occidente dell'Ancona ellenistica, in Autori vari Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015
  60. ^ Tomba 384 Villarey.
  61. ^ Tomba 384 Villarey.
  62. ^ Tomba 7 Villarey.
  63. ^ Tomba 32 Villarey
  64. ^ Tomba 227 Villarey.
  65. ^ Tomba 388 Villarey.
  66. ^ Tomba 409 Villarey. La forma del sigma usata nell'iscrizione incisa nell'anello (C) è il "sigma lunato", utilizzato al posto di "Σ" nelle colonie greche; a parte la forma, esso non ha niente a che vedere con la lettera "C".
  67. ^ tomba 227 Villarey.
  68. ^ tomba 8 Villarey.
  69. ^ In generale sulla moneta greca di Ancona:
    • Marco Dubbinelli, Giancarlo Mancinelli, Storia delle monete di Ancona, edito dal Lavoro editoriale nel 2009, ISBN 978-88-7663-451-2, che riporta accuratamente tutte le tesi formulate nel tempo.
    • Stefania Sebastiani, Ancona, forma ed urbanistica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1996 (pagina 24). Testo consultabile alla seguente pagina
  70. ^ Gaia Pignocchi, L'abitato preromano ed ellenistico-romano di Ancona..., in Autori vari, Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015 (pagina 169). ISBN 9788869740039.
  71. ^ Per queste due ultime monete, si veda: Giovanni Gorini, La moneta greca in area alto e medioadriatica, in Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria delle Marche, volume 102 (1997), edito nel 2001 (pagine 16 e 17).
  72. ^ Le citazioni relative, dello Pseudo Scilace e di Strabone, sono state già riportate sopra.
  73. ^ Enciclopedia Treccani, voce Dioscuri'
  74. ^ Per il collegamento tra Ancona, Issa, i Dioscuri e la costellazione dei gemelli, si veda:
    • Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, L'Erma di Bretschneider, 2004, (pagina 196). ISBN 9788882652777.
  75. ^ La datazione delle mura al periodo della fondazione siracusana è sostenuta da autori che scrivono nella seconda metà del XX secolo, ma anche da autori che scrivono dopo il 2000. Si veda:
    • Nereo Alfieri, Topografia storica di Ancona antica, Fabriano, 1938;
    • M. Moretti, capitolo Ancona, in Italia romana: Municipi e colonie, Roma, 1945.
    • Sergio Sconocchia, Ancona greca nelle fonti antiche, in Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015.
  76. ^ Anxche in questo caso l'ipotesi è sostenuta sia da autori che scrivono nella seconda metà del XX secolo, sia da autori che scrivono dopo il 2000
    • Giovanni Annibaldi, L'architettura dell'antichità nelle Marche, in Atti dell'XI Congresso di Storia dell'architettura (1959), Roma, 1965.
    • Fabio Colivicchi, La necropoli di Ancona (4.-1. sec. a.C.): una comunità italica fra ellenismo e romanizzazione, Loffredo, 2002 (Volume 7 di Quaderni di Ostrakà).
  77. ^ Stefania Sebastiani, Ancona: forma e urbanistica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1996 (pagina 82). ISBN 9788870629507
  78. ^ Mario Natalucci Ancona antica (pagina 47).
  79. ^ Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015 . ISBN 9788869740039. In particolare:
    • Per il tratto di strada ritrovato nella zona dell'Anfiteatro: Gaia Pignocchi, L'abitato preromano ed ellenistico-romano di Ancona... (tutto il capitolo);
    • Mario Pagano, Ancona greca e Taranto (pagina 132).
  80. ^ M. Moretti, rendiconto dell'Istituto Marchigiano di Scienze Lettere ed Arti, 1929 (pagine 93-99).
  81. ^ Maurizio Landolfi, Dalle origini alla città del tardo impero, in Ankon l. Una civiltà fra Oriente ed Europa, Ancona 1992
  82. ^ Stefania Sebastiani, Ancona, Forma e urbanistica, Roma 1996, (pagina 28, nota 46)
  83. ^ M. Moretti, capitolo Ancona, in Italia romana: municipi e colonie, Volume 8, Istituto di studi romani, 1945
  84. ^ Mario Natalucci, Ancon dorica, in Ancona attraverso i secoli volume I Dalle origini alla fine del Quattrocento, Unione arti grafiche, 1960.
  85. ^ Maurizio Landolfi, Ancona greca e romana, in Scultura nelle Marche, a cura di Pietro Zampetti, Nardini editore, 1993.
  86. ^ Tito Livio scrive: Romae terrorem praebuit fama Gallici tumultus ad bellum Etruscum adjecti: eo minus cunctanter foedus ictum cum Picenti populo est. (X, 10, 13-15)
  87. ^ a b c Lo status di "civitas foederata" per Ancona è solo un'ipotesi storiografica ed è datato variamente dal 298 (alleanza con Roma durante della Terza Guerra Sannitica), al 295 (fine della Terza Guerra Sannitica) o alla fine del III secolo a.C. (Seconda Guerra Punica). Si veda:
    • Gaia Pignocchi, L'abitato preromano ed ellenistico-romano di Ancona...;
    • Roberto Rossi, La monetazione di Ankon: indizi per una nuova cronologia, entrambi in: Autori vari, Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015 (pagina 84, nota 8 e pagina 160). ISBN 9788869740039
  88. ^ Secondo Livio nel 290 a.C., secondo Polibio alla conclusione della guerra sannitica, nel 284-282 a.C.
  89. ^ Silio Italico, Punica (poema) VIII, 436-437: quos pascunt scopulosae rura Numanae,net quis litoreae fumant altaria Cuprae,nquique Truentinas seruant cum flumine turris, cernere erat: clipeata procul sub sole corusco agmina sanguinea uibrant in nubila luce. stat fucare colus nec Sidone uilior Ancon murice nec Libyco, statque umectata Vomano Hadria et inclemens hirsuti signifer Ascoli.
  90. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XIL, 1 2.
  91. ^ Lorenzo Braccesi, Dorica Ancon e problemi connessi in Adriatico tra IV e III sec. a.C, a cura di Maurizio Landolfi, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2000 (pagina 9). Consultabile su Google Libri a questa pagina. ISBN 9788882651213.
  92. ^ Fabio Colivicchi, La necropoli di Ancona (4.-1. sec. a.C.): una comunità italica fra ellenismo e romanizzazione, Loffredo, 2002 (Volume 7 di Quaderni di Ostrakà). Fabio Colivicchi, Hellenism and Romanisation at Ancona. a case of "invented tradition", in Journal of Roman Archeology, 21, 2008 (pagine 31-46). Fabio Colivicchi, Dal pallium alla toga: Ancona tra ellenismo e romanizzazione, in Ostraka (Per it. 123)
  93. ^ Per l'apprezzamento del lavoro svolto dal dott. Colivicchi e per le critiche alle sue conclusioni, si veda: Sergio Sconocchia, Ancona greca nelle fonti antiche, in Autori vari: Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015. ISBN 9788869740039.
  94. ^ Opinione di Gianfranco Paci, riportata in Ancona greca nelle fonti antiche, in Autori vari: Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015. ISBN 9788869740039.
  95. ^ Festeggiamenti per i 2400 anni di Ancona
  96. ^ Vedi questa pagina.
  97. ^
    • 27 marzo 2013: Tavola rotonda con la Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche, a cura dell'Accademia Marchigiana di Scienze, Lettere ed Arti (La fondazione di Ancona); vedi Al museo per i 2400 anni della fondazione greca di Ancona.
    • 11 aprile 2013: Ancona 2400 anni: cosa dice l'archeologia? Relatrice la prof.ssa Stefania Sebastiani. Vedi la locandina dell'evento.
    • 28 giugno 2013: Incontro con la grande Storia, con il prof. Luciano Canfora (La democrazia ateniese) - introduce il prof. Giorgio Petetti (La fondazione di Ancona); vedi Incontro con la grande Storia..
  98. ^ Autori vari: Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015 ISBN 9788869740039.
  99. ^ Le visite sono state organizzate dal dottor Sergio Sparapani, del Settore Beni e Attività Culturali del Comune, con consulenza di Giorgio Petetti. Vedi il volantino dell'iniziativa (Itinerari alla scoperta di Ancona) edito nel 2013, e il sito della Regione Marche: Per i 2400 anni dalla fondazione.
  100. ^ Joyce Lussu, Sherlock Holmes, anarchici e siluri, Robin Edizioni IT, 2000 (pagine 95-96). ISBN 9788886312561. Consultabile su Google Libri a questa pagina
  101. ^ Valerio Massimo Manfredi, Il tiranno, Edizioni Mondadori, 2010. ISBN 9788852010651. Consultabile su Google Libri a questa pagina

Bibliografia

  • Mario Natalucci, Ancon dorica, in Ancona attraverso i secoli volume I Dalle origini alla fine del Quattrocento, Unione arti grafiche, 1960
  • Lorenzo Braccesi, Grecità adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977;
  • Lidiano Bacchielli, Domus Veneris quam dorica sustinet Ancona, in Archeologia Classica volume XXXVII, 1985 (pagine 106-137) - l'estratto dell'articolo è stato nel pubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985;
  • Maurizio Landolfi, Dalle origini alla città del tardo impero, in Ankon l. Una civiltà fra Oriente ed Europa, Ancona 1992;
  • Maurizio Landolfi, Ancona, in Enciclopedia dell'arte antica, Treccani, 1994;
  • Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona, fonti e documentazione archeologica, in La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona - rilievo metrico a grande scala..., edito dall'Accademia marchigiana di scienze lettere ed arti, 1996;
  • Alessandra Coppola, Ancona e la presenza greca nel Piceno, in Piceni popolo d'Europa, Roma, De Luca, 1999, ISBN 978-88-8016-355;
  • Maurizio Landolfi (a cura di), Adriatico tra IV e III sec. a.C, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2000 (capitoli Dorica Ancon e problemi connessi, di Lorenzo Braccesi; I Galli e l'Adriatico, di Maurizio Landolfi). ISBN 9788882651213.
  • Lorenzo Braccesi, Hellenikos kolpos, supplemento a Grecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001 - consultabile a questa pagina. ISBN 9788882651534.
  • Nicola Bonacasa, Lorenzo Braccesi, E. De Miro, La Sicilia dei due Dionisî - atti della settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2002. ISBN 9788882651701;
  • Fabio Colivicchi, La necropoli di Ancona (4.-1. sec. a.C.): una comunità italica fra ellenismo e romanizzazione, Loffredo, 2002 (Volume 7 di Quaderni di Ostrakà).
  • Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, L'Erma di Bretschneider, 2004, ISBN 9788882652777;
  • Mario Luni, Ancon-Ancona e la domus Veneris sul colle di San Ciriaco, in San Ciriaco: la cattedrale di Ancona: genesi e sviluppo, Volume 1°, a cura di Maria Luisa Polichetti, F. Motta Editore, 2003 (pagine 49-93).
  • Mario Luni, I Greci nel kolpos adriatico - i porti di Ancona e di Numana, in Lorenzo Braccesi, Mario Luni, I Greci in Adriatico L'Erma di Bretschneider, 2004, ISBN 9788882652661.
  • Autori vari: Ancona greca e romana e il suo porto, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, dell'Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti; edizioni Italic, 2015. Contributi di Sergio Sconocchia, Mario Luni, Fabio Colivicchi, Francesco Prontera, Roberto Rossi, Monica Salvini, Mario Veltri, Mario Pagano, Oscar Mei, Nicoletta Frapiccini, Gaia Pignocchi. ISBN 9788869740039.