L'Irredentismo italiano fu quel movimento che nacque dopo il Risorgimento perorando la "liberazione" (redenzione, appunto) delle terre ancora in mani straniere.

Dopo il 1870 fuori dai confini del Regno d'Italia rimanevano territori abitati da popolazioni italiane e considerati entro i limiti storici, geografici e culturali dell'Italia. Da più parti si lamentava soprattutto che il Trentino e la Venezia Giulia fossero ancora sotto sovranità austriaca. Si perorava quindi la ripresa delle armi contro l'Austria o si chiedevano trattative diplomatiche per spostare il più possibile i confini, su quei versanti. Nella prima fase l'irredentismo si diffuse molto negli ambienti della sinistra di ispirazione mazziniana e garibaldina, organizzandosi a seconda dei contesti: nei territori appartenenti alla monarchia asburgica, il sentimento irredentista si diffuse sotto forma di comitati clandestini presso i ceti urbani sia trentini che delle località lungo sponda orientale adriatica; nei confini del Regno si organizzarono varie associazioni, che contestavano la politica triplicista dei governi (e vennero anche contrastate dalle autorità in epoca crispina).

Durante l'età giolittiana il movimento tornò alla ribalta, sviluppando anche un filone nazionalista, che oltre al Trentino e alla Venezia Giulia, reclamava anche l'Alto Adige, e soprattutto Fiume e la Dalmazia, queste ultime nell'ambito di un disegno di egemonia italiana nell'Adriatico. Allo scoppio della Grande Guerra il problema delle "terre irredente" fu agitato dal movimento per l'intervento bellico dell'Italia contro l'Austria-Ungheria, fino alla fine del conflitto che vide l'unione al Regno di quasi tutti i territori in questione.

Diverso fu invece il discorso per le altre terre sotto altre sovranità, perlopiù la Corsica e l'ex contea di Nizza appartenenti alla Francia, la Svizzera italiana e l'arcipelago di Malta sotto dominio britannico: in questi luoghi la lotta per l’italianità fu assai più tenue, e le maggiori attenzioni su questi versanti si ebbero durante il periodo fascista.

Nel secondo dopoguerra isolati ambienti di ex fascisti, monarchici e nazionalisti tentarono di proporre - senza successo - un discorso neoirredentistico verso i territori rimasti ancora oltre i confini della neonata Repubblica: in particolare l'accento andò sui territori del confine orientale passati alla Jugoslavia e interessati dall'esodo giuliano-dalmata.

Premessa

In concomitanza con l'unità d'Italia (1861) si pose il problema dei territori che mancavano al nuovo Regno per completare l'unità nazionale. Accanto ai nodi principali del Veneto rimasto austriaco e del problema di Roma (residuo pontificio), si delinearono sempre più anche quelli delle terre periferiche, e quindi dei confini.

Note


Bibliografia

  • Gioacchino Volpe, Italia moderna, vol. 1. 1815-1898, Firenze, Sansoni, 1973.