Johann Gottlieb Fichte

Johann Gottlieb Fichte (19 maggio 1762 - 27 gennaio 1814), filosofo tedesco, continuatore del pensiero di Kant e iniziatore dell'idealismo tedesco. Fichte elimina la necessità per il soggetto della cosa in sé (noumeno), di cui parlava Kant: in questo modo la conoscenza non è più del fenomeno, ma diventa creazione del soggetto conoscente. È così che si crea l' idealismo: la realtà è un prodotto del soggetto pensante, in contrapposizione al realismo (gli oggetti esistono indipendentemente dal soggeto percepente). La sua opera più famosa sono i "Discorsi alla nazione tedesca" scritti nel 1807-8 nei quali sosteneva la superiorità culturale della Germania sulle altre nazioni e incitava il popolo tedesco a combattere contro Napoleone.
Le critiche a Kant
La prima critica di Fichte al filosofo di Konigsberg riguarda l'esistenza di un essere posto irrimediabilmente fuori dal soggetto. Tale esistenza sarebbe un limite non superabile per l'attività dello spirito e dunque per la sua libertà. Fichte considera la posizione kantiana ancora dommatica e pertanto materialista e fatalista: il soggetto è passivo e assiste da spettatore agli eventi che lo determinano. L'idealismo celebra invece la libertà e l'indipendenza del soggetto rispetto a ciò che si trova al di fuori di lui perché l'io "si fa da sè stesso". Con questo Fichte vuole affermare ancora una volta come lo spirito non è prodotto nè condizionato dall'essere. La filosofia infatti dovra descrivere le varie tappe con cui l'essere produce l'essere come momento del pensiero.
L'Io di Fichte
Il concetto di Io corrisponde al momento in cui pensante e pensato sono presenti al pensiero come la medesima cosa. Pertanto soggetto e oggetto vengono a coincidere e non hanno più una connotazione che li differenzia: è questa l'essenza dell'idealismo di Fichte. Pertanto, seguendo questa definizione e considerando che l'esperienza viene a coincidere con il pensiero assoluto, giungiamo alla conclusione che tutta la realtà finisce per risolversi nell'Io assoluto. Anche le categorie assumono un ruolo diverso: mentre per Kant esse avevano lo scopo di unificare il molteplice, per Fichte hanno lo scopo inverso di moltiplicare l'Io nella sua unicità.
Tesi, antitesi, sintesi
La prima intuizione intellettuale (tesi) è il fondamento di ogni pensiero e quindi di ogni realtà:"l'Io pone sè stesso". Questa enunciazione va analizzata e commentata: mentre la concezione comune ci farebbe pensare che prima vengono le cose e successivamente le funzioni compiute dalle stesse, Fichte è categorico nel rovesciare questa credenza. Ciò che viene comunemente chiamato cosa non è altro che un risultato di un'attività. L'io pertanto viene ad essere in quanto si autopone: l'essenza dell'io consiste proprio nell'essere autocosciente. La prima formula non basta a dimostrare la molteplicità degli Io individuali nè tantomeno l'esistenza di un mondo esterno. Ficthe giunge pertanto ad una seconda formulazione (antitesi):"L'Io pone nell'Io il non-Io". Il Non-Io rappresenta tutto ciò che è opposto all'Io ed è diverso da questo. È evidente che se questo non-Io si oppone all'Io, costituisce una limitazione a quest'ultimo. Ma sappiamo che l'Io assoluto non può tollerare limitazioni. L'Io assoluto è quindi costretto a porre un Io empirico e divisibile da contrapporre al non-Io anch'esso divisibile. Si giunge così alla formulazione della sintesi:"L'Io oppone, nell'Io, al non-io divisibile un Io divisibile"